mercoledì 30 dicembre 2015

Guardandomi indietro ancora una volta: il mio 2015

Si lo so, dovrei dire che non vedo l'ora che questo anno finisca e che spero che l'anno prossimo sia finalmente l'anno buono. L'anno buono di cosa, ovviamente, non è dato sapere.
Io, però, voglio essere originale: il 2015 è stato un anno positivo, un anno bello, fatto si di gioie ma anche di dolori, ma positivo.

Era cominciato male: era il 30 Dicembre -esattamente un anno fa- quando ci dicevano che Cane Nero aveva un tumore incurabile ed era la notte tra il 16 e il 17 Febbraio quando è morta. Ho versato lacrime, tante lacrime. Ero disperata per la perdita di una compagna di avventure fedelissima. Prendetemi in giro, ma così è andata.
E se è vero che ci ho messo mesi per accettare che non c'era più, è altrettanto vero che ho imparato ad accettare che ci sono cose che non dipendono dalla nostra volontà e che, nel bene o nel male, bisogna andare avanti.
Il 2015 è stato l'anno in cui, finalmente, siamo riusciti ad avere una casa come la volevamo e dove la volevamo. È stato anche l'anno in cui ho capito quanto sia fortunata ad avere accanto una persona che mi ama. Tanto. Troppo. 
Avevo 24 anni quando Fidanzato mi disse che lui non avrebbe potuto sopportare nemmeno un giorno di distanza dalla propria ragazza. Ne avevo quasi 29 quando insieme abbiamo deciso che sarei andata a Milano. 
Il 2015, ebbene si, è stato l'anno di Milano.
E' stato l'anno della mia prima -e spero non ultima- emittente televisiva internazionale, l'anno in cui ho scoperto di sapere fare bene quello che spero sarà il mio lavoro per sempre, l'anno in cui un responsabile del broadcasting mi ha considerata una sua pari. Non per le responsabilità -e nemmeno per il conto in banca- ma va bene così. Perchè, sapete, non sempre è facile essere una donna in un mondo di uomini. 
È  stato l'anno in cui ho avuto i peggiori colleghi che potessi desiderare, grazie ai quali ho imparato che se ho resistito a loro, posso lavorare anche con Satana in persona.
Il 2015 è stato l'anno in cui ho perso degli amici -che probabilmente sbagliavo a considerare tali- ma anche l'anno in cui ho capito che ci sono persone che mi voglio bene davvero.
Il 2015 è stato l'anno in cui la ginnastica artistica mi ha regalato delle amicizie delle quali non potrei più fare a meno. E' stato l'anno in cui sono riuscita ad essere a tante gare, riuscendo finalmente a conciliare lavoro e amore per questo sport.
È  stato l'anno in cui sono riuscita a unire questa passione al mio lavoro e ad iniziare una battaglia personale per portare la ginnastica in tv. E io, questa lotta, voglio vincerla. Ho seminato e spero, quanto prima, di raccogliere. Quando non lo so, ma arriverà. Se l'ho messo nero su bianco dopo mesi e mesi di silenzio, vuol dire che arriverà.

È  stato l'anno in cui ho imparato che posso rinunciare alle feste, alle domeniche, alle serate per il lavoro, ma che la mia famiglia viene prima di tutto
Il 2015 è stato l'anno in cui ho deciso che i miei genitori verranno sempre prima di qualsiasi cosa e che si, il lavoro è importante, ma vederli più spesso è la mia priorità.
È  stato l'anno di questo blog e di tutte le persone meravigliose che mi ha portato. Persone sparse in ogni parte del mondo:Nizza, Miami, Milwaukee, in giro per l'Australia, a Berlino, in Kuwait e addirittura in Arabia Saudita.
Il 2015 è stato l'anno in cui un mio carissimo amico si è sposato, un amico di quelli che mai avrei immaginato sposato (e alla fine, si è sposato pure prima di me) e che mi ha fatto versare lacrime di gioia e commozione.  E' stato anche l'anno in cui una persona a cui voglio bene è diventata mamma, dopo tante battaglie, e anche se il mio nipotino riflessivo è in Grecia, è a lui e alla sua mamma che penso quando ho paura di non riuscire a realizzare qualcosa perchè, si, è vero che chi la dura, la vince.
È  stato l'anno in cui ho imparato che si, sono felice. E non devo smettere mai di esserlo.
È stato l' anno che è finito con una nuova emittente televisiva sotto l' albero -il mio regalo di Natale- una nuova sfida, una nuova avventura, una nuova messa in onda o forse chi lo sa, un anno in cui, oltre il buio della messa in onda, vedrò la luce di un nuovo reparto tecnico, ma questa è un' altra storia che aspetta il nuovo anno per compiersi.
Grazie a chi c'è, a chi c'è stato e chi ci sarà.



Buon 2016!!!


I post più letti del 2015:
(Cliccando sul titolo del post è possibile rileggerli per chi se li fosse persi)
Gennaio
-Vita da fuori sede
-E tu quando lo fai un figlio? Quando i bambini faranno bau
-Non sarò mai magra, ma sono bellissima
-Fidanzato, posso avere un cane?

Febbraio
-La ginnastica artistica ovvero quando seguire una passione diventa un secondo lavoro
-Ricominciare da qui
-La più forte ginnasta italiana di tutti i tempi
-Tre mesi da expat: Londra

Marzo
-Convivenza e ospedale: sette ore in sala operatoria
-#IoSonoAlmaviva
-Te lo regalo se vieni a prenderlo: storia di un minifrigo e della follia umana
-Quando (e quanto) si deve pagare per lavorare

Aprile
-Quanto costa la vita a due?
-E tu lo sai cos'è un playout?
-Di brividi e amaro in bocca ovvero anche se la diretta non c'è non mancano le emozioni
-Differenze tra i venti e i trent'anni ovvero come sono diventata vecchia senza accorgermene

Maggio
-Storia di un figlio unico: come sopravvivere alla mancanza di fratelli e sorelle
-Magari ci ripensa
-Ciao Tania
-Allergie alimentari: guida alla sopravvivenza

Giugno
-Turno di notte
-Un giorno ad Expo
-Quante cose si scoprono
-Esami di maturità

Luglio
-Ma perché ti chiami così? #2
-Lavorare la Domenica
-Cosa cerca la gente su Google
-Quando si cerca lavoro

Agosto
-L'aggressione
-Lettera aperta a Ignazio Marino
-Imprenditoria femminile: la storia di Marta e del suo B&B
-Fare la carta d'identità a Roma

Settembre
-Cosa non voglio fare
-Il rientro del terrone al Nord
-Salva una pianta, mangia un vegano. Perchè i vegani mi disturbano la digestione
-Cosa c'è dentro la mia borsa

Ottobre
-"Arrivare" ovvero la Novara Cup da un altro punto di vista
-Fare l'amore sulla finestra
-Ma dove vai se il Bimby non ce l'hai?
-Ciao Milano, non mi mancherai

Novembre
-Figliare e lavorare
-Parigi.13.11.2015: uscire di casa e non rientrarci mai più
-1998
-Ecco a cosa serve il 110 e lode

Dicembre
-Missing
-Perchè ho scelto il silenzio
-Di febbre, conferenze e paura di essere morsa
-Il cenone della Vigilia e il pranzo di Natale. A Palermo


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lunedì 28 dicembre 2015

La lontanzanza, sai, è come il vento

Sono nata a Palermo e sono andata via.
Non sono l'unica, ho visto andare via, ad una ad una, quasi tutte le persone che conoscevo. Chi per studiare, chi per lavorare, chi per seguire l'amore.
A Palermo non ci è rimasto nessuno.
Conoscevo tantissime persone a Palermo, tra la scuola, la pallavolo, gli amici di amici che poi sono diventati amici, l'università. Adesso non conosco più nessuno, la comitiva da quaranta persone con ogni giorno una new entry non ce l'ho più.
Poi ho abitato a Bologna e, tra lavoro e università, anche lì conoscevo tante persone. Adesso a Bologna di quelle persone non c'è rimasto quasi nessuno.
Adesso sono a Roma, dove ho fatto più fatica a farmi degli amici, ma alla fine, ce l'ho fatta.
Intanto, sono passata da Milano dove qualche amico me lo sono fatta e, in più, ho ritrovato vecchi amici.
Se c'è una cosa che odio di questo mio vagabondare sono le persone che lascio, sparse per il mondo: persone che vedo poco o che, in molti casi, non rivedrò mai più.
A volte vorrei averle tutte qui le persone a cui voglio bene e che mi fanno stare bene.
Si, lo so, ormai c'è Skype, Whatsapp, Facebook e tenersi in contatto è facile. Ma a me manca il vederle quando e come voglio queste persone.
Se vado da una parte, ne ho vicino solo alcune, ma non ci sono gli amici di casa mia.
 Se sto a Roma, non ci sono quelli che a Roma non ci vivono.
Ho un'amica a Soresina -si, proprio quella della Latteria Soresina, ho un'amica a Genova, una a Brescia, un amico e un'amica a Firenze, un amico -eravamo compagni in prima elementare- a Londra.

E un amico a Istanbul.
E poi un'amica Piacenza, che non è proprio come Piacenza perchè come dice lei intorno a casa sua non c'è niente.
E la lista potrebbe essere infinita.
Poi ci sono gli amici a Milano e a Bologna, quelli a Roma e qualche superstite a Palermo. E un pò del mio cuore ce l'ho anche a Brescia.

Io queste persone non le vedo quando voglio. E questo mi fa male.
Si si, la conosco la storia che dice che l'amicizia, se è vera, resiste alla distanza. E confermo che spesso è così, ma io vorrei riuscire ad essere in tutti questi posti contemporaneamente: vorrei andare al Colosseo, poi girare l'angolo e trovare il Duomo, fare il bagno a Mondello e infine, ovviamente, bere il latte delle mucche soresinesi.
Vorrei non avere sempre una scadenza: quando parti? quando arrivi? quanto resti?
Poi, ecco, adesso c'è l'amica -quella che vive fianco a fianco con le mucche a Soresina- che ha finito da qualche giorno la casa (che sarebbe casa sua, ma lei la chiama la casa, che fa tanto film horror e io mi adeguo) e io questa casa l'ho vista solo in foto. Ogni angolo della casa: in costruzione, finita, con la luce del sole, con la luce artificiale, al buio, fai un salto, fanne un altro, fai la riverenza. Però non ci sono mai entrata, non mi sono mai seduta sul suo divano e forse non lo farò mai. Perchè, ecco, Soresina non è che mi viene proprio di passaggio.
Se non fossi andata via da Palermo forse adesso avrei un gruppone di amici come quello che avevo a sedici anni. Forse non avrei persone care sparse per l'Italia e, nel peggiore dei casi, per il mondo.
Forse, non lo so. E preferisco non saperlo.
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lunedì 21 dicembre 2015

Il cenone della Vigilia e il pranzo di Natale a Palermo

Il primo Natale da fidanzati -ormai qualche Natale fa- eravamo a Roma.
Io ero disperata -"voglio il brociolone di mamma, è un mio diritto averlo"- ma non si poteva fare altrimenti.
E quindi, finì che il cenone della Vigilia consisteva  in una portata -durata della cena: venti minuti- e il pranzo di Natale consisteva in due portate, 80 grammi di primo a testa e poco secondo che i grassi saturi, si sa, fanno male.
C***o sono i grassi saturi?
Io da brava invitata ho mangiato, ringraziato, sono tornata a casa e ho detto mai più.

L' anno dopo portai Fidanzato a Palermo e fu così che venne sancito che, nei secoli dei secoli, finchè morte -o una bionda alta 1,90 com una quinta di seno- non ci separerà, il Natale si passerà a Palermo. Anche Santa Lucia, Santo Stefano, Capodanno e l' Epifania, se possibile.
Fidanzato non era preparato psicologicamente al Natale siculo, non era nemmeno abituato a festeggiare sia la vigilia che il giorno di Natale, ma noi l'abbiamo tranquillizzato, gli abbiamo spiegato che qui Babbo Natale porta in ogni casa una fornitura annuale di Malox e Biochetasi e che doveva stare sereno. Pensiamo a tutto noi.


Io ho il padre veneto e, di conseguenza, anche due zie venete, quindi il cenone della vigilia è rigorosamente veneto. Veneto sicilianizzato perché se è vero che altrove ci sono due micro portate e poi tutti a casa, da noi no. Si mangia. Per ore. Giorni. 
Si comincia con una ventina di antipasti vari che cambiano ogni anno. Ed è stata dura spiegare al Fidanzato che no, non è l'intero cenone, ma solo gli antipasti. 
Poi ci sono i tortellini in brodo, di solito tre piatti a testa più pesca direttamente dalla pentola nel dopo cena con mia zia che insegue i piccoli di casa chiedendo per riscaldare sti benedetti tortellini. Alle due di notte.
Comunque. Poi c'è la faraona, il cappone, l'arrosto di vitello e il maialino al vino, accompagnati dalla peverada che è una specie di contorno a base di fegatini di pollo. FEGATINI DI POLLO PER CONTORNO, avete capito benissimo. E le patate. E l'insalata. E il baccalà. E i cardi in pastella. 
E poi il panettone. E il pandoro. Riempito con la crema di mascarpone. E il tiramisù, che voi non lo sapete ma il tiramisù è un dolce veneto e qui si passano le tre settimane precedenti al Natale a cercare il mascarpone fresco che a Palermo -per onor di cronaca- non esiste.
E la cassata, sia classica che a forno.
E i cannoli. Che Natale è senza cannoli?
E le noci, i bagigi, le mandorle. Io sono allergica a tutte queste cose, quindi devono scegliere -Fidanzato compreso- se mangiare la frutta secca o stare vicino a me. Scelgono sempre la frutta secca.
E il torrone.
E poi ancora tortellini.  Torrone inzuppato nel brodo dei tortellini.
Caffè, ammazzacaffè, vodka alla menta.
Niente domande sulla vodka alla menta, grazie.
Il cenone finisce di solito intorno alle 3 di notte. Tanti cari saluti e ci vediamo domani. Intorno alle 14, non prima che almeno ci viene fame.
 Fidanzato, la prima volta, ha pensato che, a quel punto, il giorno dopo brodino o, al massimo, latte e biscotti.
E difatti il menù del giorno di Natale prevede antipasti a mai finire: tartine, salmone, cocktail di gamberi, salsiccia secca, formaggi, salumi, una renna intera.
Anelletti al forno e lasagne che -sempre per onor di cronaca- fa la sottoscritta.
Salsiccia e carne al sugo.
Brociolone ripieno. Molto ripieno. C'è più ripieno che carne.
Cotolette. Che magari a qualcuno non piace l'altra carne.
Calamari affogati.
Funghi a cotoletta, che tanto a che si frigge la carne tanto vale friggere qualche altra cosa.
Patate.
Broccoli. Che sarebbe quello che voi  chiamate cavolfiore, visto che quelli che voi chiamate broccoli, noi li chiamiamo sparacelli.
Insalata.
Chi c***o la mangia l'insalata a Natale non si sa.
Pandoro. Panettone. Tiramisù. Cassata. Cassata al forno. Crostata.
Noci. Bagigi. Mandorle. Torrone.
Torrone bianco, nero, al pistacchio, al limone, all'arancia, in salsa di renna.
Caffè, ammazzacaffè, vodka alla menta.
Ore 19: fine del pranzo.
Ore 20: mio cugino grande chiede uno spuntino. "Zia, ho fame". Gli altri venti commensali si accodano allo spuntino. Si ricomincia a mangiare.
Biochetasi.
Quest'anno c'è una novità: sono stati invertiti i giorni. Vigilia a casa dei miei, Natale a casa degli zii.
Mia madre ha commentato il cambio affermando:"Così abbiamo più tempo e possiamo cucinare qualcosa in più".
Mia zia ha detto che quest'anno avrebbe cucinato un po' meno. Aveva stilato un menù con due portate in meno rispetto al solito. Poi, ogni giorno, ha chiamato per dire che aggiungeva roba e, alla fine, ci sono dieci portate in più rispetto al normale.
Io ho deciso che, ai dolci, quest'anno si sarebbe aggiunta la zuppa inglese. Ho girato tutta Palermo per trovare l'Alchermes e finalmente una sera sono tornata a casa esibendo il mio trofeo, ovvero la bottiglia di Alchermes che tutti conoscevano, ma nessuno aveva e che mia madre voleva sostituire con il Marsala.
Io avevo anche proposto l'after: mangiamo dalle 20,00 del 24 alle 20,00 del 25 e vediamo che succede: mi hanno risposto proprio "E per la colazione come facciamo?"

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venerdì 18 dicembre 2015

Quando me la sono fatta sotto

Il karma non esiste. O se esiste è proprio infame
Ho scritto questo post e, la notte stessa, ho avvertito delle fitte al seno, che poi sono diventati dei dolori molto forti. Toccavo e sentivo qualcosa, ma non capivo cosa. E non capire cosa, mi ha messo un pò di paura. Ok, diciamo la verità: me la sono fatta sotto.
Erano le due di notte, sono stata brava, non ho svegliato nessuno.
La mattina dopo ho comunicato a Fidanzato il problema e gli ho detto che il pomeriggio sarei andata dalla dottoressa, fanculo gli impegni, il lavoro, qualsiasi cosa.
Ho chiamato mia madre che mi ha detto che sicuramente non era quello che pensavo io, lei mi conosce, sa bene che il mio grado di tragicità è molto alto.
Stranamente però nessuna tragedia, ho preso e sono andata a farmi vedere. 
Dalla dottoressa mi ha accompagnato mia cognata, è stata lì con me ad aspettare, è entrata con me, mi ha accompagnato poi a comprare le medicine che mi sono state prescritte e mi ha detto che si, avrei trovavo in fretta posto per fare tutti i controlli che la dottoressa mi ha prescritto.
E lì, lo ero terrorizzata e mi sono letteralmente ca***a addosso -che non sarà chic dirlo, ma è la verità. Perchè ok tutte le belle parole, ma se non c' era niente, non mi avrebbe prescritto mezzo milione di controlli.
So di essere una buffona e la prima cosa che mi è venuta in mente non è stata, che ne so, che potrei avere un tumore, che potrei dovermi operare.
Quelle sono cose scontate e va bene così.
Ho pensato ai miei capelli: sono sempre troppo avanti con i pensieri io, dovevo ancora fare i controlli e già pensavo non alla eventuale diagnosi nefasta, non ad un'eventuale operazione, ma ai miei capelli che sai mai mi tocca fare la chemio e mi cadono e io non sono pronta per un'evenienza del genere, soprattutto adesso che è inverno e io ho davvero bisogno dei miei cinque kg di pura lana merinos per proteggermi dal freddo, dalle intemperie e dagli sguardi indiscreti.
E intanto, insomma, ho iniziato una cura per sfiammare, in attesa degli esami che, udite udite, sono riuscita a prenotare nell'arco di pochissimi giorni.
A fare gli esami strumentali ci sono andata accompagnata da tutta la famiglia -madre, padre e Fidanzato- e, alla fine, è venuto fuori che non è nulla di grave.
No, non sono entrati tutti in comitiva con me, è venuta dentro solo la mamma che, si sa, la mamma è sempre la mamma. Ma erano lì fuori, ad aspettarmi e a sostenermi qualora, sai mai, le notizie non fossero state buone. 
Si, è vero, devo tenere il problema sotto controllo, fare tra qualche mese nuovi controlli e vedere che succede, ma no, non sto morendo.
Il senologo mi ha chiesto se avessi mai fatto un' ecografia. No, non l'avevo mai fatta.


Ho sempre rimandato, posticipato, scordato. E ho sbagliato.
La prevenzione è importantissima, va fatta assolutamente. Sempre.
E no, non bisogna aspettare di superare i quarant'anni come ho sentito dire.
Quindi fate sempre prevenzione, non fate come me che mi sono ritrovata a prendere uno spavento enorme.
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mercoledì 16 dicembre 2015

Di febbre, conferenze e paura di essere morsa

Ieri avevo la febbre.
Viene da se che, avendo la febbre, ero a letto in punto di morte, circondata dai miei cari che cercavano di convincermi che sarei sopravvissuta e che no, i dolori ossei non avrebbero avuto la meglio su di me. Nessuno rispettava la mia volontà di procedere con l'estrema unzione, ma tant'è.
Stamattina stavo meglio, dopo aver ingerito Tachipirina come se non esistesse un domani nel tentativo di salvarmi la vita, quindi sono andata a fare una conferenza.
Conferenza è come l'hanno definita loro, io appena ho sentito la parola conferenza e visto un'aula gremita di ragazzi, volevo simulare uno svenimento, fare chiamare l'ambulanza e tanti cari saluti.
Ho rifletutto a lungo su come vestirmi e, alla fine, ho ceduto al mio solito abbigliamento: jeans, una maxi maglia e stivali -il tutto accompagnato da unghie natalizie e  occhiali da sole, nonostante la pioggia (e no, non metto gli occhiali da sole quando piove perché sono sborona, ma perché sono troppo pigra per togliermeli quando mi accorgo che sta piovendo). Io ci ho provato ad apparire come una persona adulta, ma niente: è più forte di me. Avevo vent' anni l' altro ieri, in fondo.
Mi hanno presentato come dottoressa che, diciamoci la verità: io so che è vero e che in teoria sono una dottoressa, ma faccio fatica a crederci pure io.
La Dottoressa che vi parlerà di comunicazione.
Io continuavo a guardarmi in giro nel tentativo di capire chi fosse questa dottoressa che avrebbe parlato di comunicazione e solo dopo un' attenta occhiata ho capito che, ebbene si, stavano parlando di me.
E quindi mi sono giocata il cavallo di battaglia: Mtv e 16 anni e incinta Italia.
Solo che loro erano cento o forse duecento e io una, per giunta malata e quindi ero terrorizzata, avevo paura si alzassero dalle poltrone di questa aula magna, mi mordessero, mi mangiassero il cuore e quella roba lì che notoriamente fanno gli adolescenti.
Solo che poi li ho guardati meglio e ho notato che non sono poi così diversi da come ero io dieci anni fa, quando andavo a scuola. Ho pensato a quanto amassi queste occasioni in cui almeno non eravamo costretti a stare in classe a fare lezione, a quanto mi piaceva quando potevamo stare anche con altre classi che si, nell'altra classe c'è sempre il ragazzo che ti piace.
Alla fine, dopo che ho parlato per un'oretta di Mtv, di televisione, di messa in onda, di affollamento pubblicitario, di personaggi famosi, di 16 anni e incinta, di Quattro Matrimoni, di blog e di qualche altra menata, mi hanno anche fatto delle domande. A me.
Quindi forse qualcosa di interessante l'ho detta. Mi hanno chiesto come si fa a lavorare in tv, se serve essere raccomandati, quanto si guadagna, perché ho l'accento romano, se è tutto vero quello che si vede.

Un'insegnante mi ha anche rimproverata perché non voleva passasse il messaggio che non servisse la laurea. E le ho dovuto spiegare che no, non serve la laurea per fare questo lavoro. Forse per fare il medico si, probabilmente anche per fare l'avvocato, ma non per fare il tecnico di messa in onda.
L'avevo già detto, ma forse non mi stava ascoltando.
Mi piace parlare di messa in onda, mi piace proprio. Mi piace parlare di televisione, mi piace fare conoscere questo mondo.
Un ragazzo mi ha detto che ho fatto due cose buone oggi: parlare di televisione e trasmettere un pò di ottimismo. Mi ha ringraziata perché non sono andata a raccontargli che c'è la crisi e che non hanno la minima speranza.
Che poi io sono ottimista perché se non lo fossi -almeno un pochino- sarebbe una tragedia.
Gli ho raccontato di come ho iniziato io, di come sono andate le cose. A qualcuno piacerebbe lavorare in tv, a qualcun altro piacerebbe scrivere.

Mi hanno anche portato un pezzo di torta. Con le nocciole. E non l'ho potuta mangiare.
Ma chi se ne frega se non l'ho potuta : la torta me l'hanno portata e mi sono quasi commossa.
E questi ragazzi vorrei vederli tra dieci anni, vedere come saranno, vedere se riusciranno ad arrivare dove vogliono arrivare,. E qualunque sia il loro sogno, io mi auguro davvero che ce la facciano.


E anche se sono venuta male in questa foto, se non ho potuto fare una foto con tutti, se la febbre non mi ha lasciata in pace, è stato bello incontrare questi ragazzi e queste ragazze. Molto bello.


La scuola superiore in questione è l'Istituto Tecnico Professionale Gaetano Salvemini di Palermo.
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sabato 12 dicembre 2015

Una sorellina per Cane Gnappo

Siamo molto amanti degli animali in questa casa, forse troppo, in particolare dei cani, ma gli altri non li disdegniamo con un'eccezione per i rettili per i quali non riesco a provare amore e simpatia.
Da sempre, raccogliamo animali abbandonati e cerchiamo una soluzione che, in alcuni casi, è stata tenerceli noi e in altri chiedere un aiuto esterno.


Non siamo particolarmente fighi, è una cosa che fanno in tanti e alla quale -tra l'altro- mi piacerebbe dedicarmi di più, se solo avessi il tempo. Siccome il tempo non ce l'ho, avrei già bisogno di giornate di 48 ore così, faccio quello che posso.
Un po' come tutti, insomma, che il tempo ormai non ce l'ha quasi nessuno.
Visto che abbiamo questo amore smisurato per cani e affini -in particolare per il nostro cane perché si sa, ogni scarrafone è bello a mamma sua- cercano sempre di farci adottare qualche cane che, per carità, è una bellissima cosa, se no non avremmo avuto in casa non uno, ma ben due trovatelli, ma a volte, se non si fa una cosa c'è un motivo. 
Io sono molto educata, spiego perchè adesso non è il momento -un pò come la questione figli.
Cane Gnappo merita una sorellina, lo sappiamo. Sappiamo che gli manca Cane Nero, così come manca anche a noi .
Ultimamente hanno provato ad appiopparci un cane buonissimo bravissimo stupendissimo, il miglior cane del mondo. Non lo metto in dubbio eh, ma in questa casa non bastano foto e belle parole. In questa casa, qualsiasi cane entrerà, non sarà mai scelto da noi, ma da Cane Gnappo. 
Dai, magari un pochino anche da noi.
Se lui non va d'accordo -e non è difficile che accada visto che ha un caratteraccio come la mamma umana- niente. 
Quando arrivò Cane Nero è stato lui a sceglierla e difatti è stato un amore fraterno di quelli che difficilmente ho visto in vita mia. Lui la voleva e quindi l'abbiamo voluta anche noi.
Si, lo so che ci sono tanti cani da salvare, ma visto che questa casa è anche di Gnappo, lui è parte integrante di queste scelte, nel limite canino della cosa.

E' successo che, va beh, posso anche anche pensarci a prendere una sorellina, con calma, con i dovuti modi e con le dovute accortezze.
Poi Cane Gnappo si è fatto male, è stato morso, gli hanno sfondato la calotta cranica ed io ero molto preoccupata. Aggiungiamo che era stato morso anche Fidanzato e che ero preoccupata anche per lui e il quadretto è completo.
Il giorno che Cane Gnappo è stato morso ho ricevuto messaggi molto insistenti da questi che volevano farmi adottare un cane e io, educata come sempre, ho risposto che ero fuori casa -ovvero in clinica veterinaria- e che non era il momento giusto per contattarmi. 
Ho spiegato che cane e Fidanzato erano stati morsi e che ero molto preoccupata, mentre i due, per altro, si contendevano le mie attenzioni in una sfida all'ultimo abbaio.
Si, abbaia anche Fidanzato a volte.
Insistenze su insistenze per avere i miei dati perché loro devono organizzarsi.
Guarda, magari è meglio se ci risentiamo domani, oggi proprio no, sono tutti moribondi in questa casa, non mi sembra il caso di mollare un Fidanzato  e un cane malati per andare a casa, accendere un pc e inviarti due dati, ma niente.
E già lì, lo ammetto, mi sono stranita perché se il fatto che un cane stia parecchio male non ti tocca minimamente, qualche domandina me la faccio.
Dopo qualche tempo, mi contatta telefonicamente una ragazza, dicendo che vuole venire a vedere casa mia per vedere se è adatta ad un cane.
Le spiego che, mio malgrado, non sono a Roma e starò via per qualche giorno, ma che tornerò il giorno X e  che se vuole possiamo sentirci per quella data. Sparisce. 
Poi mi ricontatta dicendo che deve venire di corsa a casa nostra -per vederla- così mi danno un cane da adottare.
Guarda, io ho orari particolari, dobbiamo accordarci, io posso darti la mia disponibilità e se vuoi ci vediamo. 
Mi chiama continuamente, a tutte le ore, in modo insistente. 
Le spiego che, in certe situazioni -tipo al lavoro- non si può stare attaccati al cellulare e mi chiede costantemente di chiedere un giorno di ferie nel giorno che dice lei e poi di chiedere altre ferie per andare a prendere un cane a quasi 1000 km dopo un paio di giorni.
Contatto delle persone che conosco, che avevano dato il mio numero a questa ragazza e spiego che non è esattamente così che si fa, che non si può chiedere ad una persona insistentemente di mettersi in ferie, magari durante un periodo lavorativamente complesso e che soprattutto bisogna quanto meno venirsi incontro. 
La tizia insiste, il giorno che voleva prendessimo le ferie, mi manda un sms con scritto che dopo un'ora sarebbe stata a casa nostra. E ovviamente a casa nostra non c'era nessuno, nemmeno Gnappo che ha una vita sociale molto più figa della mia.
Le dico che io sarò a casa per la tal ora. Ovviamente sparisce.
Forse ha capito che questa insistenza e questa poca professionalità mi sta indisponendo.

Cane Gnappo non avrà una sorellina. 
Non avrà di certo una sorellina procurata chissà dove da persone che non hanno a cuore la salute degli animali, nè tanto meno una sorellina catapultata in casa nostra senza nemmeno aver fatto qualche prova di compatibilità con lui. Anche perché se disgraziatamente non vanno d'accordo, che faccio? Butto la sorellina? O butto Cane Gnappo? Li lego al gardrail in autostrada? O, nel caso, li lascio sbranare in casa? Così eh, per sapere.
La curiosità per casa nostra la capiamo anche: abbiamo una casa fighissima ed è giusto così, ma magari non è la priorità. 
Ovviamente, chiedevano dei soldi. 
E io che sono contraria a comprare i cani -salvo esigenze davvero particolari-  non è un segreto.
Se l'insistenza è dovuta a quello, non lo so. 
Se il poco interesse per i cani stessi è dovuto a ciò che muove il mondo non lo sapremo mai.


E quindi niente sorellina per lui che ancora non si è ripreso del tutto dal trauma di aver visto morire la sua di sorellina. 
E' un cane unico, come d'altronde io sono figlia unica e sono sopravvissuta benissimo alla questione. 
E, in fondo, sono quasi convinta che a lui piaccia essere cane unico: Cane Nero gli rubava la pappa dalla ciotola, lo buttava giù dal divano per hobby, lo cazziava di brutto se faceva qualcosa non di suo gradimento, gli scippava l'osso dalla bocca. Lui adorava lei (e lei, in fondo, adorava lui), roba che probabilmente ho il cane con la sindrome di Stoccolma e non ne sono a conoscenza.
Sicuramente, Cane Gnappo è un cane scemo ed è per questo che da Cane Nero si faceva fare davvero qualsiasi cosa e lei, come tutte le femmine, se ne approfittava in modo  indegno.

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giovedì 10 dicembre 2015

Quello che serve in una casa

Sono quasi cinque anni che abbiamo una casa insieme, io e Fidanzato.
La nostra prima casa era un bilocale arredato, in pratica di nostro c'erano solo i piatti e le pentole. Eravamo andati a comprarli il giorno che ci eravamo trasferiti, il resto delle cose -asciugamani e lenzuola- erano quelle che avevo nella mia stanza in affitto.
Fidanzato aveva portato da quella che era casa sua un accappatoio arancione, la tv, la Play Station e una collezione di sciarpe delle varie squadre di calcio.

Poi, piano piano, cambiando, casa abbiamo iniziato ad avere qualcosa di nostro.
Per scegliere i mobili ci ho messo tantissimo tempo, sembra facile, ma non lo è perché oltre a tenere conto dei gusti, bisogna tenere conto anche delle misure delle varie stanze. Le misure le ho prese con un metro da sarta visto che da anni dico che comprerò un metro rigido e non lo faccio mai.
Alla fine, la camera da letto ci è stata regalata, noi l'abbiamo scelta, ma non l'abbiamo pagata. Un regalo dei miei genitori. E' la prima camera da letto che avevo scelto, ma non fidandomi nemmeno di me stessa, né tanto meno dei miei gusti, ho girato tutti i mobilifici del mondo prima di scegliere lei che, durante il pellegrinaggio per negozi, era rimasta sempre nel mio cuore.
La parete attrezzata è stata la scelta più complessa, visto che Fidanzato voleva convincermi a prenderne una lilla, manco fosse casa della mucca della Milka. Con tutto il rispetto per il lilla, ma io lo so che mi sarei stufata subito e avrei scorticato il muro a mani nude pur di toglierla di mezzo dopo nemmeno un mese. Alla fine, la parete attrezzata è stata scelta bianca. Bianco lucido per essere precisi, visto che io ho un debole per il bianco lucido.
Poi è stata la volta del tavolo e delle sedie, la scelta di Fidanzato era stata pessima, quindi anche in questo caso, in modo assolutamente democratico, ho scelto io.
Il divano che volevo io era un mega sofà bianco e verde acido e mentre io lo guardavo adorante, Fidanzato minacciava di lasciarmi e di non farmi vedere più il cane. Alla fine, quando ci siamo ritrovati quasi d'accordo, io ero lì che dicevo "lo prendiamo" senza manco fare un consulto finale per paura di ripensarci  e magari anche litigare per un divano.

Il lampadario del salotto è un atto osceno in luogo pubblico: è un lampadario di quelli che hanno le nostre mamme, a goccia lo chiamo io, solo che invece che essere, che ne so, di cristallo, è di plastica multicolore. Io lo trovo stupendo, Fidanzato vorrebbe fiondarlo fuori dalla finestra, ma tanto di fatto non lo accendiamo mai perché, tenetevi forte, fa troppa luce. La piantana che invece utilizziamo l'ha scelta lui, io la volevo arancione, lui rossa e alla fine, rosso è stato.
Gli altri lampadari della casa non esistono visto che sono banali plafoniere, anche se, se fosse per me, riempirei di lampadari plasticosi e multicolore tutta casa, maledicendo l'inventore delle plafoniere che saranno pure comode, ma diciamoci la verità: sono un insulto al buon gusto. O quanto meno, al mio gusto, il che è pure peggio.


In una casa, si sa, ci vogliono un mezzo milione di cose, uno pensa che è a posto con quelle due cosette essenziali e poi scopre che più passa il tempo, più si cominciano a ritenere indispensabili cose di cui fino a l'anno prima si ignorava esistenza.
Per avere un asse da stiro ci ho messo quattro anni e mezzo, la scarpiera è stato un parto lungo nove mesi e, nel frattempo, in preda a raptus maniacali, ho comprato aggeggi indispensabili per la cucina che manco Cracco. Ad oggi, però, non ho un passapomodoro e non ho nemmeno un servizio di piatti degno di essere considerato tale.
Le posate me le mangia il cassetto, quindi a casa mia aggiungi un posto a tavola che c'è un amico in più non è fattibile perché non ci bastano le forchette. Le ricomprerò, forse un giorno.
Ho però un mezzo milione di presine, arnesi per fare dolci in stile Il boss delle torte (esiste? o era Il boss delle cerimonie?)), persino una formina per gli hamburger, ma non un piatto da portata. Per dire, eh.
Non ho nemmeno una tazza decente se per questo. Sono anni che aspetto di trovare delle belle tazze e, alla fine, utilizziamo due tazze orribili di Ikea, quelle che costano 50 centesimi per intenderci, una azzurra e una di un improbabile arancione cacca sciolta dopo aver mangiato la vellutata di zucca inguardabile.
Ho però una trentina di coppie di asciugamani (e ovviamente utilizzo sempre le stesse) e più copripiumini io che il negozio Ikea all'Anagnina. Di sicuro, ho tutti quelli che negli anni hanno messo in commercio. E otto cuscini sul letto che comportano innumerevoli lamentele da parte di Fidanzato che non apprezza le mie composizioni artistiche. Il cane però si che apprezza, lui si che mi capisce.

Negli anni, abbiamo comprato quadri, soprammobili, tappeti, scendiletto in pelle (finta ovviamente) di pecora, un attaccapanni a forma di albero, farfalle tridimensionali da parete, omini tridimensionali che si arrampicano sui muri, una testa gigante di Lego, un mappamondo in scala 1:56.000.000.000 (o qualcosa del genere), un portapenne a forma di televisore, ma non abbiamo le tende. E io, impicciona come sono, sbircio sempre dentro le case del palazzo di fronte, non rendendomi conto che visto che non le tende anche loro probabilmente fanno lo stesso.

È incredibile come dopo quasi cinque anni non ho ancora tutto quello che dovrei avere, come manca sempre qualcosa. Ogni tanto faccio due conti -io che sono una contabile nata- e mi rendo conto che in una casa piccola come la mia ci sono tutte queste cose e che di conseguenza sono stati spesi un sacco di soldi. E ancora troppo ne vanno spesi, anche se, ci metto la mano sul fuoco, mancherà sempre qualcosa. SEMPRE.

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mercoledì 9 dicembre 2015

Apnea

Abbiamo incontrato un amico di Fidanzato. Io non lo conoscevo, è uno di quegli amici con cui ci si perde di vista perchè la vita a volta va così. Mi ha conquistata con due battute, simpatico, a modo.
Si sono messi a parlare di tanti amici comuni: chi si è sposato, chi ha avuto figli, chi si è trasferito, chi ha comprato casa, chi ha aperto un'attività. Cose normali quando si cresce.
"E Gino che fine ha fatto?" ha chiesto Fidanzato ad un certo punto.
"E' in ripresa, adesso sta meglio"
"Perchè? Che ha avuto?"
"Un tumore".
Non conosco nemmeno questo ragazzo, ma mentre loro parlavano, ho fatto due conti ho pensato che avesse più o meno l'età di Fidanzato, poco più di trent'anni.
Gino ha una bambina, si è sposato da poco, subito dopo essersi operato, mentre faceva la chemioterapia.
Ho immaginato la paura di questo ragazzo, quella di sua moglie, che oltre ad essere una compagna di vita e anche la mamma di sua figlia. Ho immaginato anche il sollievo quando gli hanno detto che era guarito e ancora la paura che si ha prima di ogni controllo. La paura di sentirsi dire:"Lei è di nuovo malato" che penso non abbandoni mai chi è passato.
La parola tumore fa paura a tutti. Quando la sento mi si gela il sangue nelle vene.
Un tempo ero convinta che i tumori colpissero solo le persone anziane -non che ovviamente sia una cosa bella, che colpissero chi conduceva uno stile di vita sbagliato. Mi sbagliavo: i tumori non guardano in faccia nessuno, giovani, vecchi, belli, brutti, ricchi e poveri.
Camminavo con il cane e pensavo a quanto  tempo perdiamo, alle corse di ogni giorno, alle incazzature che prendiamo, ai musi che mettiamo.
Pensavo alle persone con cui litighiamo per delle sciocchezze che poi, con il tempo, diventano grandi. Pensavo a quelle volte in cui vorremmo chiamare una persona con cui magari abbiamo discusso o che semplicemente abbiamo perso di vista e non lo facciamo perchè ormai è passato troppo tempo. E quel tempo, continua a scorrere, creando una frattura spesso insanabile.
Pensavo ai genitori che non parlano con i figli, alle sorelle che non parlano con i fratelli.
Pensavo alle occasioni a cui abbiamo rinunciato, magari contro voglia, ma perchè in quel momento pensavamo che ne avremmo avute ancora: ai treni che sono passati e su cui non siamo saliti.


Pensavo anche che si guarisce. Si prende paura, la vita si ferma per un attimo, si va in apnea, ma si guarisce. E la vita riprende.
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martedì 8 dicembre 2015

Lo chiamavano Babbo Natale (ma in realtà erano mamma e papà)

Quando ero bambina, scrivevo la letterina a Babbo Natale.
Lo farei anche adesso se avessi qualcuno che mi prendesse sul serio, ma pare che io adesso sia troppo grande per queste cose.
Un anno avevo scritto la mia bella letterina, avevo scritto l'indirizzo sulla busta -qualcosa tipo Via delle Renne, Polo Nord- e l'avevamo spedita. Al costo di un francobollo da 750£, mi era arrivata a casa la sua risposta. Di Babbo Natale in persona, cosa credete?
Non mi aveva inviato i regali richiesti -quelli ovviamente li aveva messi sotto l'albero- ma mi aveva mandato cartoline natalizie, una letterina affettuosa e qualche altra stupidaggine.
Il mittente non era Babbo Natale -solo perché era in incognito ovviamente- ma Poste e Telecomunicazioni, ovvero le moderne Poste Italiane.
Dubito che facciano una cosa del genere anche al giorno d'oggi, ma questa cosa la ricordo con immenso piacere. Adesso che sono grande, mi chiedo se avessero assunto qualcuno solo per rispondere alle letterine indirizzate a Babbo Natale o se a turno si, a ricoprire questo compito, ci si mettessero i dipendenti, invece di smaltire la fila allo sportello.

Babbo Natale aveva la stessa carta da regalo del mio negozio di giocattoli preferito, Girigogolo, che adesso ha chiuso. Quando mi sono resa conto che al suo posto c'era un negozio di accessori ho avuto un mancamento. Era un negozio bellissimo, piccolino, ma bellissimo. E Babbo Natale si serviva da lui, a riprova del fatto che era proprio un bel negozio e alla faccia degli elfi e della fabbrica di giocattoli al Polo Nord.


Un anno, avevo girato e rigirato il pacco che mi aveva portato Babbo Natale fino a scoprire che dentro c'era Stickermania, un affare che serviva per creare sticker con cui ho giocato davvero tanto e che immagino alla fine sia stato regalato a qualcuno o ingoiato da mostri della cantina di casa.
Di altri regali di Natale non ho memoria.
I regali più belli, in realtà, li portavano i morti, lasciandoli direttamente davanti il cancello di casa, senza passare dal camino.
Quello che mi ha sempre stupita è che il camino fosse in soggiorno, l'albero di Natale in salotto, quindi sto povero Babbo Natale doveva fare il giro della casa per trovare l'albero visto che non gli lasciavamo nemmeno mezza indicazione per raggiungere la meta.
A casa mia, quella che divido con Fidanzato, di alberi ne sono già passati tre: il primo era bianco e ancora oggi Fidanzato mi rinfaccia quell'albero bianco chiedendosi chi è quel genio che ha messo in commercio, cito testuali parole, una schifezza simile. 
Il secondo era l'albero che finirà a casa dei miei genitori, un capolavoro dell'arte natalizia scelto da Fidanzato, ma che secondo me è troppo basso.
Il terzo -quello attuale- è un albero di 180 cm (io lo volevo da 210, ma sono dovuta scendere a compromessi col poco natalizio Fidanzato) viola, argento e bianco. Ci sarebbe anche un po' di azzurro e blu, ma poco. Sotto l'albero non possiamo mettere i regali perché quando ci abbiamo provato, Cane Gnappo li ha scartati e trascinati per tutta casa, quindi, visto che non riusciamo a spiegargli che i regali può anche aprirli lui, ma deve quanto meno aspettare la Vigilia di Natale, abbiamo rinunciato. I regali si nascondono dentro l'armadio, al riparo da cani indiscreti.
Avendo un certo gusto nello scegliere le cose più trash del fiorente mercato delle decorazioni natalizie, abbiamo pure messo un bel tubo di luci in terrazzo. Gli unici del palazzo ad averlo fatto, ma tant'è.
Siamo anche gli unici ad avere messo una bella ghirlanda sulla porta.
E abbiamo appeso anche un filo di luci sul muro, nel caso in cui il resto non bastasse.
Manca solo la letterina a Babbo Natale, ma genitori e Fidanzato mi hanno già spoilerato i regali, quindi mi sa che per quest'anno non ci provo nemmeno a convincerli che anche io ho diritto a scrivere sta benedetta letterina.

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lunedì 7 dicembre 2015

Ma il Giubileo è a Roma?

È che abbiamo dovuto portare d'urgenza la macchina all'auto lavaggio perché, stupidi che non siamo altro, l'avevamo parcheggiata a Piazzale della Radio e, dopo quaranta minuti, l'avevamo ritrovata completamente ricoperta di cacche di piccione. 
Non so se avete presente le cacche di piccione, ma sono biancastro verdognolo e fanno molto schifo.
Con la macchina ricoperta di cacche, senza vedere un tubo, eravamo dovuti tornare a casa in fretta e furia che non si sa come abbiamo evitato incidenti a raffica a causa della visuale ridotta e io avevo avuto i conati di vomito per tutto il viaggio perchè, se è vero che non faccio una piega quando  devo raccogliere la cacca del mio cane, quel tappeto di escrementi mi aveva un attimo turbato l'intestino.
E quindi, dopo il lavaggio d'emergenza per cui abbiamo dovuto pagare anche un salato sovrapprezzo perché la cacca era davvero tanta, ci è venuta la brillante idea di andare in centro, ma non con la macchina che, si sa, sul Longo Tevere c'è l'allarme piccioni e non si può parcheggiare e una distesa di cacca ci era bastata e avanzata.
E allora abbiamo preso la metro.
O meglio, volevamo prendere l'autobus che porta alla fermata metro più vicina, ma dopo 40 minuti di attesa e l'autobus non pervenuto, abbiamo pensato di andare in macchina a questa benedetta fermata metro.
Scettica che non sono altro, pensavo che avremmo aspettato tantissimo e invece dopo soli cinque minuti eccola lì la metro, in tutto il suo splendore.
Siamo scesi a Termini che è l'unica stazione metro dove si può cambiare con l'altra linea  e arrivata alla banchina mi è venuto il freddo per la distesa di gente che c'era.
La metro è arrivata e avendo, a volte, un notevole di dietro, mi si è aperta la porta proprio davanti e ho pensato di essere civile e attendere che la gente scendesse perchè, che io sappia, si fa così, ma sbagliavo. Sbagliavo perchè nel frattempo la gente spingeva da tutte le parti e io tenevo stretta la mano di Fidanzato per paura di perderlo.
Finalmente, scesi tutti, siamo riusciti a salire o meglio sono riuscita a salire perchè la porta mi si è chiusa addosso, ho dovuto mollare la mano di Fidanzato e lui è rimasto a terra. 
E quindi, in compagnia dei militari diciottenni che devono difendere Roma dagli attentati, mi sono ritrovata alla fermata di Piazza di Spagna ad aspettare che, con molto comodo, arrivasse lui con la metro successiva. Io volevo sedermi sulla gradinata di Trinità dei Monti che tanto mi piace, ma niente: l'hanno blindata.

Giusto una passeggiata e dopo un pò abbiamo pensato di tornare a casa, prendendo la metro A stavolta da Piazzale Flaminio -praticamente a Piazza del Popolo- e quindi abbiamo iniziato a percorrere l'infinito sottopassaggio di sta benedetta metro, finchè non ci hanno cacciati perché la metro l'avevano chiusa. Così, a caso. O almeno, se c'era un motivo a noi non l'hanno detto, ma ci hanno detto che avremmo trovato tanti, tantissimi bus sostituivi.
E difatti, dopo un'ora abbondante ad aspettare il bus sostituivo che non si è mai visto, abbiamo preso l'unico autobus che portava più o meno nella direzione in cui dovevamo andare noi.

Solo che siamo rimasti abbagliati dal Vittoriano che io amo e volevamo tanto entrare dentro visto che era aperto e siamo scesi dall'autobus, tanto a quel punto, da lì, avremmo potuto prendere la metro B che ci avrebbe portati a casa.


Io guardavo l'Altare della Patria e Fidanzato fotografava i marciapiedi ricoperti di cacche di piccione visto che, a quanto pare, vedere la sua adorata macchina ricoperta di escrementi gli ha cambiato la vita in modo irrimediabile.

E dopo una romantica passeggiata ai Fori Imperiali, meglio conosciuti come cantiere di non si sa quali lavori, con tanto di vista sul Colosseo nel quale risplende, da anni, una vistosa impalcatura (e hanno pure buttato una bella colata di cemento sui sanpietrini che, si sa, sono brutti e danno fastidio se si cammina con le scarpe con i tacchi), siamo scesi in metro alla fermata Colosseo.
E lì, meraviglia della meraviglie: un dipendente cacciava due zingarelle che stavano borseggiando i turisti, invitandole non troppo cortesemente ad uscire dalla metro.
Vuoi vedere che ci tocca fare il viaggio in metro senza nemmeno una zingarella borseggiatrice?
Ovviamente no, ce n'erano ben quattro che puntavano borse e portafogli, con la gente che a momenti le ammazza di botte e io, intanto, mi chiedevo chi cavolo me lo ha fatto fare di andare in centro, di prendere la metro e di non restarmene a casa mia che Roma sarà anche la città più bella del mondo, ma abbiamo evidenti problemi logistici e forse è meglio starsene a casa fino a data da destinarsi.
Ah, tra ventiquattro ore comincia il Giubileo e noi, come vedete, siamo pronti. 
Mai stati più pronti di così.
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venerdì 4 dicembre 2015

Missing: di quanto mi manca il mio cane nero

Era Dicembre dell'anno scorso quando mi sono accorta che qualcosa non andava. Avevi un'anca gonfia e mi ero preoccupata. 
Ti avevo portato dal veterinario e dalle lastre che ti aveva fatto non si capiva bene cosa avessi.
C'era stato un giorno in cui avevi pianto parecchio, la prima e l'ultima volta nella tua vita.
Io, quel giorno, avevo piazzato il tuo cuscinone al centro del tappeto, ti avevo coperta con un plaid viola e ti avevo messo vicino la ciotola dell'acqua. Quella sera avevo bollito il pollo che tu adoravi, ma per fartelo mangiare avevo praticamente dovuto costringerti.
Avevo passato la serata a pulire il pollo, un pezzetto per te e uno per il tuo fratellino.


Era iniziato da lì il nostro calvario. Da lì avevi iniziato a prendere tantissime pillole ogni giorno che io nascondevo tra un pò di prosciutto o un pezzetto di wurstel.
Avevamo passato quei giorni di Dicembre ad aspettare gli ulteriori controlli.
Un giorno ero tornata a casa e saltavi. Saltavi e muovevi la coda, come sempre. E io avevo pensato che stava passando tutto.
Ti portavamo continuamente a fare una visita o un controllo e non sembravi poi così grave. E io ero convinta che ti avremmo guarito, che saresti stata con noi per sempre.
La sera della Vigilia di Natale avevi la febbre alta, tremavi e io ti avevo tenuta vicino a me, coperta dallo stesso plaid viola con cui ti avevo avvolta quel giorno che era iniziato il nostro calvario.
Ti misuravo la febbre e chiamavo mia madre che era a cena con un sacco di veterinari.
Il giorno di Natale eravamo rimasti a casa io tu e il fratellino. Papi era a lavoro ed era tornato al volo per pranzo. Avevo arrostito una fettina di carne, pensando che quello non era un vero Natale, ma non avevo avuto cuore di lasciarti da sola, stavi male e si vedeva.
Quando Papi era tornato a casa, vi eravate messi tutti e tre a dormire sul letto, eravate bellissimi. La mia bellissima famiglia, metà umana e metà pelosa.  Vi avevo scattato una foto.
Poi dopo due giorni, eravamo partiti per andare a Palermo.

Ti avevamo portato dallo zio. Io, Papi e il mio papà. Io mi fido di mio zio, è un bravissimo veterinario ed ero certa che mi avrebbe detto che non era nulla. E invece mi aveva detto che avevi una massa che non gli piaceva e aveva cominciato a fare delle telefonate. Ci aveva spedito da un oncologo.
L'oncologo ti aveva addormentata, rasato il pelo e ci aveva detto che nel giro di poco avremmo avuto la risposta. Io e Papi eravamo andati a cercare un bancomat e quando eravamo tornati era sveglia che ci aspettavi. Mio padre piangeva.
Ho visto le tue lastre, guardavo le lastre e poi guardavo Papi. Poi guardavo i vetrini, poi riguardavo Papi. Era il 30 Dicembre. Il tumore ti stava mangiando viva: ti aveva preso il bacino, un'anca e parte della coda. Potevamo tentare l'operazione, ma era una follia perchè non potevamo tagliarti a metà e saresti probabilmente morta sotto i ferri. Allora, abbiamo tentato la chemioterapia.
Undici pillole al giorno. La nostra giornata era scandita dalle tue pillole.
Mettevo la sveglia per la prima, mi mettevo i guanti perchè i farmaci chemioterapici devono essere maneggiati con cura. Poi facevamo la terapia complementare, tutto il giorno, tutti i giorni.
Io ti tenevo lì con me, tu stavi sempre vicino a me.
La sera di quel 30 Dicembre ero in macchina con Papi, stavamo parlando e poi lui era scoppiato a piangere dicendomi che non era giusto. Mi aveva promesso che ti avremmo salvata e lui ha sempre mantenuto ogni promessa, non mi ha mai detto una bugia, ha sempre fatto il possibile per vedermi felice.
La mattina dopo, all'alba, mia madre ci aveva svegliati perché nevicava. Ci eravamo svegliati e avevamo guardato la neve cadere dalla finestra. Poi vi avevamo portati fuori, te e il tuo fratellino. Avevo scattato una foto a voi tre, belli come sempre. In quella foto, tu hai lo sguardo triste.
La sera ti avevo portata in braccio, le tue zampe non erano più forti come prima.
Io ci credevo che ti avremmo salvato, l'ho creduto ogni giorno.
L'oncologo mi aveva detto che dopo tre mesi dall'inizio dalla chemioterapia, avremmo fatto il punto della situazione. Il tumore tre mesi non ce li ha lasciati. Sei morta tra le mie braccia dopo un mese e mezzo, lottando, provandoci in tutti i modi.
Due giorni prima che morissi, quando lo sapevo che era questione di poco, ti avevo cucinato le tagliatelle al ragù. Le avevi mangiate di gusto e io pensavo che eri bellissima.
Non c'è stato un solo giorno in cui non ti ho pensato. Ogni sera quando ci mettiamo a letto penso che ti mettevi sempre in mezzo a me e Papi per prendere le ultime coccole della giornata e poi, quando dicevamo che era ora di dormire, scendevi dal letto e ti mettevi sul tuo cuscinone posizionato dalla mia parte del letto. 
C'è stata quella notte in cui pioveva a dirotto e io, all'improvviso, avevo sentito qualcosa di peloso. Ero addormentata e non capivo. Ti eri infilata sotto le coperte, avevi poggiato la testa sul cuscino e ti eri appiccata a me. Ero scoppiata a ridere.
C'è stata quell'altra volta che non ero riuscita a portarti fuori a causa del diluvio, pioveva tantissimo e ti eri rifiutata di uscire dal portone piantando le zampe per terra. "Milly, guarda che non puoi fare la pipì fino a domattina". Avevi girato le zampe e te n'eri andata.
C'è stata quell'altra volta che Papi pensava di averti persa perchè ti si era staccato il guinzaglio e ti aveva trovata davanti la porta di casa, comodamente sdraiata sullo zerbino.
Volevi sempre stare al sole sul terrazzo, anche quando c'era troppo caldo. Prendevi il sole e guardavi fuori.

Ho sempre pensato che tu fossi un genio. Eri un genio. Mai conosciuto un cane così intelligente. 
Non era stato amore a prima vista tra me e te. Era un amore che era nato a poco a poco ed era diventato enorme. Mi ero innamorata di te e tu di me. Era un amore che sarebbe dovuto durare una vita. Ed invece non è stato così.
Quando è iniziato Dicembre, Papi mi ha promesso che quest'anno sarebbe stato bellissimo, che avremmo passato delle belle feste, un bel Natale. E che tu saresti stata sempre con noi.
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giovedì 3 dicembre 2015

Lettera aperta ai venditori telefonici

Cari venditori telefonici,
io capisco che il vostro è un lavoro. So anche che molti di voi preferirebbero fare altro -e come darvi torto- e che magari hanno studiato tanto e fatto sacrifici, ma di meglio non hanno trovato.
È per questo che rispondo alle vostre telefonate, vi sto a sentire e con estrema educazione vi dico che non mi interessa. Quindi io mi chiedo: perchè mi richiamate il giorno dopo, quello dopo dopo e quello dopo ancora? 
Quando vi dico che ho già una linea telefonica con internet, la luce elettrica, il gas, Sky mi dite che volete i dati della mia bolletta? Perché mi dite che mi farete risparmiare quando, credetemi, io pago di luce e gas praticamente solo le tasse perchè in casa non c'è mai nessuno?
Pago bollette delle luce da 20 euro a bimestre e bollette del gas che se superano i 30 euro mi sento una sprecona, di cui rispettivamente 19,99 euro e 29,99 euro sono tasse. Cos'altro c'è da risparmiare?
E poi, vi dirò: io i gestori di luce e gas me li sono scelta con attenzione, ci ho perso le giornate. Lo stesso vale per il gestore telefonico che è lo stesso da sempre e che non intendiamo cambiare visto che internet fotonico che trasferisce i file su Marte alla velocità del suono alla modifica cifra di un milione di euro al mese non ci interessa. E comunque a noi piace il nostro gestore telefonico, sia quello del telefono di casa, sia quello dei cellulari che, per altro, è lo stesso.
Voi mi chiamate a ora di pranzo quando o sto lavorando -e capirete bene che quando si è lavoro non si può stare al telefono- o sono a casa che cucino il pranzo, quindi con una mano tengo il cucchiaio di legno, con l'altra tengo a bada il cane che regolarmente si frega il cibo dal ripiano della cottura, con l'altra ancora -quella immaginaria- parlo al telefono (quello con cui non sto parlando con voi) per rassicurare mia madre che non ho la febbre, non ho finito i soldi, non ho preso un'incazzatura di dimensioni epiche a lavoro. 
Oppure mi chiamate alle 9 di sera quando o sto lavorando -per cui vale come sopra- o sto cucinando -sempre come sopra- o sto facendo una delle milioni di cose che disgraziatamente devo fare ogni giorno per mandare avanti baracca e burattini. O sono sul divano moribonda.


Non mi interessa il trading online, che non so nemmeno cosa sia, non mi serve il Folletto, non mi serve il Bimby, non voglio Mediaset Premium in abbinamento a Sky che se fosse per me leverei anche quello, non voglio comprare vini, né tanto meno formaggi. 
Non mi servono nemmeno le creme anti cellulite e antirughe che comunque devo sniffare, toccare, spalmare prima di comprare. 
Non mi serve un'enciclopedia né un dizionario. Se mi servissero, vi garantisco che andrei in negozio e me li comprerei.
Quando poi vi arrabbiate perché vi dico che non mi serve nulla, ringraziandovi per il pensiero manco mi aveste regalato una fornitura di palette di ombretti per i prossimi dodici anni e mi insultate, è inutile che mi richiamate il giorno dopo perché a quel punto difficilmente vi risponderò.
Se poi mi chiamate dieci, quindici volte di fila, anche se vi ho detto "no, grazie" io penserò che siete scemi, anche perché, credetemi, non sono bipolare e non cambio idea dalla sera alla mattina.
E ripeto: io capisco che è il vostro lavoro. Lo capisco davvero e vi stimo perché io non so se riuscirei a fare un lavoro a provvigione dove per guadagnare due soldi dovrei chiamare ininterrottamente persone che nella migliore delle ipotesi dicono no e nella peggiore mandano a fanculo, ma capirete bene che siete troppi e chiamate troppo spesso.

Tanti cari saluti
Con affetto
Una che si è rotta le scatole

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