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giovedì 8 aprile 2021

A volte ritornano (ma non per molto)

Dal giorno in cui ho traslocato, fatta eccezione per tre giorni di ferie che mi sono stati offerti per gentile concessione del mio responsabile (che non me lo dirà mai, ma presumo mi abbia visto un po' esaurita), non mi sono mai fermata.
Ad oggi non siamo ancora completamente sistemati, ad onore del vero non ho neppure la cucina a causa di un ritardo nella consegna. 
Non ho neppure tutti i lampadari, né lo specchio in uno dei due bagni, deve arrivare l'armadio della cameretta, i divani (si, due) arriveranno quando probabilmente avrò definitivamente optato per la sedia a dondolo e, quando avrei avuto bisogno di Ikea più che di ogni altra cosa al mondo, eravamo in zona rossa, praticamente per la prima volta -feste di Natale escluse- da quando esiste il sistema a colori.
Abbiamo avuto ritardi con quelli che dovevano togliere i sigilli al contatore del gas, con quelli che dovevano metterci la fibra (ricordo a tutti che io sono in smart working e la fibra mi serve quasi quanto mi serviva Ikea quando eravamo in zona rossa), con il comune di Roma che per cambiare la residenza ci sta mettendo quanto ci metto io per andare a piedi da Roma a Budapest.
Ho continuato a lavorare, ho continuato ad allenarmi, a portare fuori i cani, ad avere mille cose da fare, eppure -nonostante la stanchezza- non penso di essere mai stata così felice.

Realizzare il desiderio di una casa grande e come la volevamo non era facilissimo, vuoi perché abbiamo fatto tutto da soli, vuoi perché viviamo a Roma e a Roma fai prima a comprarti il Colosseo che non a trovare una casa come davvero la vuoi, dove davvero la vuoi, spendendo i soldi che vuoi.
Presumo sia così in tutte le grandi città, ma non ne ho esperienza visto che a Bologna e a Milano, dove ho vissuto da quando sono andata via da casa dei miei, avevo esigenze molto diverse.

Non ci sono comunque grosse novità: come tutti gli anni, è arrivato Aprile, io ho iniziato il conto alla rovescia per il mio compleanno, quest'anno la torta sarà bellissima, probabilmente persino più bella di quella dell'anno scorso (che trovate qui), forse la più bella mai avuta, anche se c'è stato un periodo in cui avevo stupende torte a forma di mucca con disegni creati apposta per me.
Non ci sarà neanche quest'anno una festa e non si potrà andare a cena fuori, ma ci sarà qualche piccolo festeggiamento e tanto mi basta. E poi ci saranno i regali da scartare (che praticamente, senza volerlo, mi sono scelta da sola).
Il lockdown, la zona rossa, la pandemia sono sempre più difficili da sopportare, tra qualche giorno mia madre subirà un'operazione delicata e io sarò a 1000 km. Se ve lo state chiedendo: si, sarei potuta andare a Palermo, ma in nessun caso sarei potuta entrare in clinica, neanche per portare un cambio di biancheria, quindi resterò lontana, pronta -in caso di emergenza- a partire di corsa.
Se è giusto o sbagliato non permettere ai familiari stretti di accedere per portare un cambio non sta a me dirlo, io stessa mi sono operata da sola lo scorso anno e ricordo molto bene con che fatica sono riuscita ad accendere il cellulare per fare squillare il telefono di mia mamma solo perché sapesse che ero viva (no, l'ospedale non avvisava nessuno), però mi dispiace. 

In questo Aprile inaspettatamente freddo, fatta eccezione per questa storia dell'operazione, io credo di avere realizzato tutti i desideri che avevo (tranquilli che comunque ne troverò di altri da realizzare) ed è curioso come questo sia accaduto in un anno segnato dalla pandemia. 
Ogni tanto penso che ci ho messo quasi trentacinque anni per arrivare a conclusione di tanti piccoli percorsi che mi permettessero di avere davvero tutto quello che volevo, compreso trovare una crema spalmabile quanto più simile possibile alla Nutella, ma che potessi mangiare (che a voi sembrerà una stupidaggine, ma io ho investito moltissime energie in questa ricerca).


Succedono ancora cose che non possono essere vere, eh: potrei raccontarvi della mamma pancina che ha portato avanti la tesi per cui le madri, in quanto tali, sono tutte grasse e sciatte o di tutte quelle persone che si fingono allergiche e che hanno la sfiga di trovare me nel loro cammino.
O di Fuffi e Mila che sono scappati di casa -aprendo la porta da soli- perché temevano che li avessimo abbandonati la sera in cui ci siamo trasferiti a casa nuova.
O della botta alla tibia che ho preso saltando su un box di legno a causa del quale mi manca -letteralmente- un pezzo di pelle dalla gamba che ormai immagino non crescerà mai più (ammesso che la pelle cresca, non ne ho idea).
O di quanto mi sia risultato difficile trovare qualcuno disposto a farsi mettere in regola per pulirmi casa.
Il problema è che il tempo per raccontare ogni singolo episodio che non può essere vero mi manca. A volte penso a questo blog, a quanto avrei voluto scrivere un post al giorno, a quanto io lo abbia sacrificato, a quanto spero sempre di trovare -prima o poi- di nuovo il tempo, a quanto non capisco dove lo trovassi prima, visto che facevo più o meno le stesse cose.
Però ci sono, cerco di esserci, rispondo ad ogni singolo messaggio o mail che mi arriva che comunque è qualcosa, no?

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sabato 9 gennaio 2021

Il lockdown ha rotto i coglioni

Sono una persona che si adatta.
Mi adatto più o meno a tutto, mi lamento poco, sorrido sempre, ma proprio sempre sempre, pure quando non c'è proprio niente da sorridere.
Sono ottimista, vedo sempre il lato positivo delle cose e cerco sempre una soluzione o un'alternativa.

Quando é arrivato il coronavirus io ero in ospedale, ricoverata.
Prima di operarmi, la mattina camminavo avanti e indietro per il reparto fermandomi a chiacchierare con più o meno chiunque ed elargendo sorrisoni a chi  non aveva preso benissimo il ricovero, trascorrevo le serate a chiacchierare e fumare davanti all'ingresso del padiglione con i giovani del reparto, mi veniva a trovare un sacco di gente, nessuno portava la mascherina, a Roma non c'erano casi, tutti avevamo appena scoperto che in Italia esiste un posto che si chiama Codogno.
Poi sono stata operata e, infine, sono stata dimessa. 
Mentre dormicchiavo sul divano di casa mia, stordita dai postumi dell'anestesia e dagli antidolorifici, veniva annunciato il primo lockdown e la gente si ammassava al supermercato aperto di notte.

Ho preso il lockdown molto sportivamente.
Dobbiamo stare a casa? Bene, starò a casa.
Non si può andare in palestra? Bene, mi allenerò a casa.
Non posso andare al ristorante? Ordinerò a domicilio?
Il sushi all you can eat é stato cancellato dalla faccia della terra? Mangerò la pizza.
Non posso vedere i miei amici? Li videochiamerò.
Non posso andare a fare shopping? Comprerò online.
Devo stampare un'autocertificazione diversa ogni due ore per uscire di casa per motivi improrogabili? Abbatterò personalmente tutta la foresta Amazzonica (o quel che ne resta) per procurarmi la carta necessaria.
Devo fare due ore di fila al supermercato per fare la spesa? Diventerò amica dei vecchietti che vanno a comprare le patate e la cipolla per ingannare il tempo.
Devo festeggiare il compleanno in lockdown? Mi procurerò la torta più bella di sempre e tormenterà amici e conoscenti spammando foto della torta in questione ovunque.
Durante il primo lockdown, che ai tempi pensavamo fosse l'unico, io stavo bene e si che uscivo di casa solo per andare ai controlli in ospedale e che ho persino vinto un secondo ricovero e un secondo intervento, completamente da sola visto che non poteva entrare nessuno e vi assicuro che, se non ci fosse stata la pandemia, io avrei fatto i controlli, non avrebbero pensato che la febbre che avevo post operatoria fosse probabilmente covid e mi sarei risparmiata un secondo intervento di quattro ore in anestesia totale che mi ha completamente distrutta.

Finito il lockdown, mi sono comunque adattata alla vita ai tempi della pandemia.
Bisogna andare in palestra con la mascherina? Mi procurerò una mascherina abbinata allo zainetto in cui infilo tutte le cose di cui non posso fare a meno durante l'allenamento.
Devo stare lontana dai colleghi al lavoro, rinunciando anche a prendere il caffè con loro? Berrò il thè, così, a caso.
Non posso viaggiare come vorrei? Riprogrammerò le mie vacanze.
Bisogna tenere la distanza di un metro? Starò a due metri.
E così via.
Ho rispettato qualsiasi regola ci venisse imposta, ho sempre portato la mascherina, mantenuto le distanze, rinunciato a qualsiasi cosa potesse essere anche solo un minimo rischiosa e siccome sono evidentemente una stronza mi sono anche presa il covid senza essere mai riuscita a capire come.

Poi é arrivato il secondo lockdown che però non è un vero e proprio lockdown, ma una cosa a metà che non si capisce bene.
Hanno chiuso le palestre? Ho iniziato ad allenarmi all'aperto, ho sfidato il freddo comprando maglie termiche in quantità e probabilmente prima o poi mi verrà la polmonite.
Mi hanno messa in smartworking? Ho trasformato il mio salotto in un ufficio e i miei cani in segretari, nonostante la mancanza del pollice opponibile.
Non si può andare a cena fuori? Ordino la pizza (aridaje).
E potrei continuare all'infinito.
Anche stavolta ho rispettato ogni singola regola, ci sono persone che amo che non vedo da mesi, ho passato le feste da sola, continuo ad indossare la mascherina, a mantenere le distanze, ad essere ligia alle regole. 

Eppure, devo dirlo: il lockdown ha rotto i coglioni.
E ha rotto i coglioni perché non ha senso.
Attenzione: io sono convinta fermamente che l'unico modo per sconfiggere il virus sarebbe chiudere tutto -ma tutto davvero- fino a che una buona parte della popolazione non sarà vaccinata (si, sono pro vaccini), ma ho anche due neuroni -d'altronde tanti ne bastano per fare una considerazione simile- che mi permettono di capire che non è fattibile perché a quel punto la popolazione non sarebbe decimata dal virus, ma dai suicidi dovuti alla disperazione.
L'apri e chiudi però non lo capisco: oggi giallo, domani giallo rinforzato, dopodomani arancione, tra tre giorni verde a pois rossi, fra una settimana rosso a pois verde con sfumature di carta da zucchero, ma solo dalle cinque alle sette perché dalle sette e un minuto blu con sfumature di viola.
Chiusi i ristoranti e le palestre, ma non i negozi.
Vietato fare la fila all'agenzia delle entrate, ma non da Primark.
Possibile ammassarsi in Via del Corso, ma non si può andare allo stadio.
Scuola si, ma solo dai cinque a sei anni e trentasette giorni, dai sei anni e trentotto giorni no perché non si mai.
Non si può vedere nessuno, ma non proprio nessuno nessuno, magari un amico al giorno lo puoi vedere, ma solo se siete in due in famiglia, altrimenti no. 
Puoi uscire dal comune, ma solo se il comune ha meno di 5000 abitanti, quindi io non posso andare a Fiumicino da Decathlon a prendermi le kettlebell (scherzo eh, le kettlebell da Decathlon sono esaurite da centoventi mesi) che è a due passi da casa mia, ma posso andare a Roma nord che, dall'Eur e  con il traffico, ci vogliono quattro giorni per arrivarci.


Mi sono rotta i coglioni. Davvero eh.
Nonostante io sia una che si adatta, che cerca sempre il lato positivo delle cose e tutte le belle cose che ho raccontato all'inizio, io mi sono rotta i coglioni. Leggetelo detto da Aldo in Tre uomini e una gamba, tanto siamo pure conterranei.
E me li sono rotta perché tutto questo apri e chiudi, questo non sapere, non capire, non avere idea, di andare a tentoni, il non avere una linea chiara é devastante.
Perché mi manca mia madre, che è sola e non è una ragazzina.
Perché mi mancano le mie amiche, i miei amici, il programmare.
Perché lavoro e basta, nel salotto di casa mia, quindi manco esco.
Oppure mi alleno, ma molto meno rispetto a prima e questo non mi piace.
Non sono le piccole cose. Sono le piccole cose tutte insieme che sono diventate pesanti da sopportare.
E tutto questo lo dico da persona fortunata che ha sempre lavorato da quando è iniziata tutta questa storia, che non si è mai vista ridurre lo stipendio, che non è mai andata in cassa integrazione, che ha un tetto sopra la testa, che ha dei progetti che vanno avanti, però ecco, non tutti sono stati fortunati come me, anzi direi siamo in pochi a non avere perso tutto o quasi o comunque ad aver dovuto cambiare la propria vita.

E se state per dire "allora vacci te al governo a prendere decisioni" sappiate che io di lavoro faccio palinsesti e che al massimo sono in grado di mettere in onda cose, quindi no, non sta a me prendere decisioni sensate per il bene del paese.

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domenica 3 gennaio 2021

Da quando hanno chiuso le palestre: come e perché non mollare

Da quando hanno chiuso le palestre -l'ultimo giorno di apertura é stato il 26 Ottobre scorso- io non ho mai saltato un giorno di allenamento.
Mi sono allenata con il freddo, con l'umidità, con la pioggia, con il vento, all'alba, la sera, al parco, per strada, al mare. Ovunque, in qualsiasi condizione climatica.
Sono stata ferma, se vogliamo essere precisi, soltanto la settimana di sintomi da covid perché materialmente non riuscivo neanche ad alzarmi dal divano, né a mangiare. Man mano che i sintomi sono passati, ho ripreso gradualmente ad allenarmi, inizialmente a casa -finché ovviamente non é terminata la quarantena- e poi di nuovo fuori, all'aperto. 
Il primo giorno di allenamento all'aperto post quarantena, nonostante il fiato corto, credo di avere raggiunto picchi di felicità altissimi.
Non mi piace allenarmi in casa, da sola, con i cani che mi molestano ed è per questo che, nonostante tutto, preferisco allenarmi all'aperto.

Facciamo però un passo indietro: che le palestre avrebbero chiuso era, almeno per me, una certezza sin da quando era stato detto che veniva concessa un'altra settimana di apertura e poi si sarebbe deciso.
Venerdì 23 Ottobre, terminata una bellissima classe di crossfit, ho voluto scattare qualche foto con le mie fedelissime compagne di allenamento -Giulia ed Arianna- perché ero convinta che quella sarebbe stata l'ultima classe per un bel pezzo.
Il giorno dopo, sabato 24 Ottobre, sono andata in palestra -con Giulia, ma senza Arianna che lavorava- a fare i massimali. Pioveva, esattamente come oggi e, guardando fuori dalla vetrata del box, mi è presa la tristezza.
Il giorno dopo hanno confermato la chiusura delle palestre fino a data da destinarsi. Palestre che, ad oggi, sono ancora chiuse e che chissà quando riapriranno.
Lunedì 26 Ottobre ero ad allenarmi al parco con Giulia, Arianna e Valentina. 
Quando al parco ha iniziato a fare troppo freddo o non si riusciva ad allenarsi la mattina, ci siamo spostati sotto i portici dell'Eur.
In un'occasione, nonostante non stessimo facendo nulla di male, i guardiani di alcuni uffici pubblici hanno chiamato la polizia che, per la cronaca, ha detto che potevamo restare perché non sussisteva alcun reato come sostenevano i solerti guardiani (di uno degli enti che funziona peggio in Italia per altro, ma questa è solo una piccolissima polemica sterile).


"Ma come ti va?" é ovviamente la domanda che mi sono sentita rivolgere più spesso.
Ora, sarei falsa ed ipocrita se dicessi che mi va sempre. 
Ci sono volte che non mi va, che piuttosto che fare 50 burpees sul lercissimo pavimento di fronte Old Wild West dell'Eur mi farei tagliare un braccio o una gamba o qualsiasi altra parte possa essere anche solo lontanamente coinvolta nell'esecuzione di un burpee.
Credo sia questione di abitudine da una parte e di necessità dall'altra.
Io sento il bisogno di allenarmi, come più o meno chiunque sia abituato ad andare in palestra ogni santo giorno sparandosi minimo due ore di allenamento, e se non lo faccio poi sto male. 
No, non parlo di sensi di colpa perché ingrasserò, rotolerò o cose così, parlo proprio di un'esigenza fisica.
E poi sono abituata a farlo, qualche giorno fa, durante una classe di funzionale molesto, una ragazza ha detto che stava andando avanti in automatico ed é vero, ci sono giorni in cui è l'inerzia che spinge a fare i burpees di cui sopra e non solo, ma pare che i burpees siano il capro espiatorio di ogni cosa: burpees che a me, per la cronaca, piacciono moltissimo.
Inoltre, tenete in considerazione che, oltre alle amiche della palestra (inteso come conosciute in palestra, non é che se le incontro per strada fingo di non conoscerle) di cui sopra, ci sono le mie amiche di sempre con cui abbiamo fondato un club motivazionale senza uguali: se una non ha voglia, arriva un'altra a motivarla (l'altra che arriva a motivare non sono praticamente mai io). Conosco Claudia, Valeria e Nadia da sempre ed é curioso come due di noi siano a Roma, le altre due a Palermo, ma tutt'e quattro abbiamo questo amore -chiamiamolo così- per la palestra. Io, ovviamente, sono la più cafona tra le quattro.

Ho dovuto cambiare un sacco di cose e adattarmi ad altre cose: pensare di poter fare le stesse cose che facevo in palestra é ovviamente impensabile.
In primis, ho dovuto comprare maglie termiche come se piovesse, adesso ho più maglie termiche che jeans. Tutte uguali, praticamente tutte dello stesso colore che presumo -quando prima o poi tutto questo sarà finito- mi darò in faccia.
Ho anche iniziato ad usare i guanti, io che sono sempre stata una fautrice dei calli, se non altro perché le mie nobili mani non le poggio sul marciapiede lercio manco dopo morta E comunque si, l'ho fatto (di non usare i guanti un paio di volte intendo) e poi mi faceva schifo toccare il volante della macchina per tornare a casa, visto che le mani erano nero nero fuliggine manco di mestiere facessi lo spazzacamino.
Allenarsi all'aperto comporta anche un tipo diverso di respirazione a cui bisogna abituarsi e un adattamento al terreno che no, non é neanche lontanamente paragonabile al gommato della palestra.
Ho cambiato tipologia di allenamento: se prima non saltavo una classe di crossfit e avevo una predilezione per i pesi pesanti, termine che mi piace tantissimo, adesso ho dovuto fare ciao ciao con la manina a pesi pesanti e massimali, visto che il massimo che sono riuscita ad avere, in termini di ghisa, sono circa trenta chili che sono utili, utilissimi, ma nulla a che vedere con i pesi che utilizzavo prima (e che chissà se sarò ancora in grado di utilizzare).  Ho imparato cose nuove, mi sono soffermata sulla mobilità, ho stabilizzato cose a cui davo poca importanza o per le quali non avevo tempo. sto facendo tanto corpo libero, sto migliorando su cose che mai avrei pensato di migliorare.
Da due mesi a questa parte, per altro, non ho praticamente più avuto lividi, escoriazioni, dolori di varia natura e via dicendo, il che mi viene da pensare che sia una cosa positiva. Non mi sono neanche più data attrezzi in faccia, in questo caso nel vero senso della parola (qualche mese fa, mi sono data un bilanciere  carico in faccia e ha fatto male, molto male, sento ancora il sapore del sangue in bocca se ci penso).
Ho cambiato obiettivi, non sul lungo termine ovviamente: se prima l'obiettivo era aumentare sempre e comunque, adesso è diventato mantenere e perfezionare. No, non é la stessa cosa. Si, mantenere è più difficile che aumentare. 
Nell'ultimo anno ho perso sette chili senza volerlo perché è così che funziona: controllando l'alimentazione (che non significa fare la fame, significa bilanciare i macro, poi le calorie sono soggettive) e allenandosi tanto succede. Tuttavia devo fare presente una cosa: ho la galleria del cellulare piena di foto che servono a me per rendermi conto dei cambiamenti che faccio (ma che in piccola parte ho pubblicato qua e là sui miei social). Cambiando obiettivi, ovviamente è cambiato anche il fisico, seppur siano passati solo due mesi. Se in meglio o in peggio non lo so, l'obiettivo fisico ormai è secondario, ma oggettivamente è cambiato e questa é una cosa che bisogna tenere in considerazione.

Come e perché non mollare e continuare ad allenarsi?
Se non si è capito da quello che ho scritto prima, lo spiego in due parole.
Come? Cambiando obiettivi e allenamento, se la situazione attuale non permette di continuare lo stesso tipo di allenamento di prima. Possibilmente con un coach -o istruttore che dir si voglia- che vi segue. Io il mio coach non smetterò mai di ringraziarlo, se non altro per avermi aiutato in questi due mesi a superare paure che mi facevano dire "io questo non lo farò mai" relativamente a cose che poi effettivamente ho fatto, anche con parecchia soddisfazione.
Se state pensando che siete impegnatissimi e non avete il tempo, sappiate che io lavoro nove ore al giorno, ultimamente sei giorni su sette e non più cinque su sette, che ho una casa e una famiglia e in questo momento un sacco di cose a cui pensare (vedi post precedente), eppure continuo ad allenarmi. E fidatevi che non sono Wonder Woman e me ne guardo bene dal diventarlo.
Ho persino le unghie lunghe e curate, quindi immaginate (in riferimento ad una tizia che mi disse che se hai le unghie curate non puoi allenarti con i pesi, cosa che non capirò mai, ma tant'è).
Perché? A meno che non abbiate vent'anni, se vi fermate per un mesi, poi riprendere sarà difficilissimo, oltre al fatto che -e questo vale a qualsiasi età- stare fermi è tempo perso, un po' come quelli che dicono che vogliono il culo sodo e la pancia piatta e poi stanno sul divano pensando che tanto è un obiettivo così lontano che non vale la pena, quando basterebbe solo iniziare e poi il resto viene da se.
Ma anche perché, in questo periodo un po' così, aiuta a staccare la spina. Mi è capitato spesso di essere triste o arrabbiata e di riprendermi completamente dopo un'ora di allenamento fatto bene.

Io voglio tornare in palestra, sia chiaro.
Non vedo l'ora di varcare la soglia, di abbracciare un bilanciere olimpico, di farmi la doccia in palestra, di uscire da lì con i capelli bagnati in pieno inverno sperando di non rimanerci secca.
Tanta gente che conosco ha detto che in palestra non ci vuole più tornare, che preferisce questa tipologia di allenamenti all'aperto che fanno aumentare la socialità tra persone (questo é vero, lo confermo), ma io no. Io voglio la palestra, senza se e senza ma.
Ho smesso di scherzare sull'argomento perché mi sono resa conto che non è sicuramente tra le priorità, nonostante al di là di chi -come me- in palestra ci va solo per allenarsi, c'é tanta gente che in palestra ci lavora, che ne è proprietaria e via dicendo e che rientra in quelle categorie a cui si sono chiesti e chiedono sacrifici su sacrifici senza dare una certezza che sia una.

Questo post lo dedico a tutte le persone menzionate in questo post: Giulia, Arianna, Valentina, Nadia, Valeria e Claudia (ultima nell'elenco, ma prima nel cuore, lo preciso se no si arrabbia), ma anche a tutti quelli che -in questi due mesi e un pezzettino- hanno condiviso con me allenamenti, freddo, pioggia, gioie e dolori.

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domenica 29 novembre 2020

E infine lo smart working

Qualche giorno fa sono tornata al lavoro.
O meglio: ho ricominciato a lavorare, ma non sono tornata al lavoro, visto che il mio nuovo ufficio é il salotto di casa mia.
Dopo quindici giorni dal tampone positivo e da sintomi che mi fanno affermare sempre con più certezza che non si tratta affatto di una semplice influenza, ho acceso il pc, timbrato l'entrata e mi sono messa a lavorare. 
Il covid mi ha lasciato stanca e debilitata, oltre che priva di olfatto e gusto e con un paio di chili in meno persi in quattro giorni (no, non è una buona cosa perdere due chili in quattro giorni, è più o meno una tragedia), ma ho ripreso subito con ritmi serratissimi.
Il periodo è quello che é, si lavora tanto, pure troppo e, per venire incontro ad una serie di esigenze aziendali, ho detto si a fare per un periodo un turno spezzato, con tre lunghissime ore di pausa pranzo e al sesto giorno. Se vi state chiedendo se mi pagano tutto, la risposta é ovviamente si, io gratis non mi alzo neanche dal divano, questo più o meno da sempre.
La prima settimana di lavoro è finita ieri alle 20.00 e qualche spiccio e io volevo più o meno morire.


A me lo smart working non piace.
Mi piace svegliarmi la mattina, farmi la doccia, vestirmi e fare anche due ore di macchina, che tanto trascorro ascoltando musica e ascoltando messaggi vocali (santo bluetooth).
Mi piace arrivare al lavoro, prendere il caffè con i colleghi, fare due chiacchiere, scherzare, cazzeggiare, almeno quanto mi piace -ad un certo punto- mettermi le cuffie e non ascoltare più nessuno.
Mi piace, staccare ogni tanto prendendo caffè, chiacchierando o semplicemente facendo due passi intorno al palazzo per sgranchirmi le gambe.
Non mi piace passare dal letto al tavolo del salotto, con il pc e un sacco di altra roba in mezzo alla casa tutti i giorni, tutto il giorno.
L'altra notte mi sono svegliata disturbata da una luce perché avevo lasciato il monitor acceso che era esattamente in traiettoria con il mio sguardo.
Lavorando da casa, inoltre, non ho praticamente più pause vere perché quando vado in pausa faccio partire la lavatrice, stendo i panni, li rientro, imbastisco il pranzo o la cena, pulisco il bagno (si, ho fatto anche questo!), spazzo, passo lo straccio e ad altri sei milioni di cose che vi vengono in mente. E questo sia che faccio una pausa di quindici minuti, sia che sto in pausa tre ore. Non mi siedo mai, ieri in pausa pranzo mi sono messa a trasportare cose pesantissime dal garage a casa e viceversa.
E poi aggiungerei anche che ho una marea di vestiti, ma proprio tanti, tutti bellissimi (ok, prima che lo dica qualche amica lo dico io: qualcuno ha una bellezza opinabile, ma a me piacciono) che stanno lì dentro l'armadio e che probabilmente, ora che potrò riutilizzarli, saranno passati di moda, visto che in casa sto sempre in tuta (si, sono bellissime pure le mie tute, ma n on é uguale) e che ieri ho persino lavorato con il pigiama di Paperina.
E infine ci sono i cani - e non solo loro- che, mentre lavoro, mi saltano in braccio perché mi vedono a casa e non riescono a capire che sto lavorando. Anche per loro, considerato che consumano più di un'Alfa Romeo a benzina.
Ah, e mi mancano i colleghi, mi mancano le chiacchiere, vero che abbiamo 3000 gruppi Whatsapp e che comunque ci sentiamo, ma non é la stessa cosa.
Non so quando finirà lo smart working, a dire il vero certe volte temo che non finirà mai, al massimo magari tra qualche mese si tornerà ad andare in ufficio ogni tanto, il che mi fa sorridere se penso che in teoria -fino ad un anno fa- sarebbe stato impensabile poter lavorare da casa.
La scelta (non mia, si intende) é stata fatta a causa dell'aumento dei casi e della paura che chiudessero tutto a causa di eventuali casi in azienda, creando problemi serissimi.
Nel mio caso specifico, essendo debilitata dal covid, é stata fatto una scelta per tutelare il mio stato di salute il più possibile.

Io sto bene, ho -come dicevo- degli strascichi, ma è assolutamente normale, sarebbe stato strano il contrario.
Quando ho fatto il tampone molecolare di controllo, prenotato tramite sito della Regione Lazio, senza attendere chiamate o altro, ho potuto scegliere il drive in che preferivo (ho scelto sulla base della velocità con cui davano il risultato, visto che avevo letto che alcuni erano più lenti di altri), nel giro di praticamente un giorno -ora più, ora meno- avevo il risultato e, sulla base del risultato, sono potuta tornare a vita normale.
Le prime due cose che ho fatto sono state tornare ad allenarmi all'aperto e fare la spesa al supermercato, visto che la spesa online sarà anche comoda, ma anche no se posso scegliere.
Ho trovato la gestione della Regione Lazio e del mio medico di base ottima, sono stata in costante contatto con loro, in particolare con il mio medico e, per qualsiasi dubbio o peggioramento, non mi sono mai sentita abbandonata o altro. Ho tremato solo quando mi si è prospettata l'ipotesi del ricovero, ma solo perché non sarei stata poi così contenta di finire in ospedale, ma questo credo sia normale.
E questo é, niente di più, niente di meno.


Per leggere il mio post sul covid, con tutti i dettagli di come l'ho vissuto, cliccate qui.
Se invece volete sapere quali sono, secondo me, i pro e i contro di lavorare da casa cliccate qua.
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domenica 15 novembre 2020

Il covid non risparmia nessuno (ma proprio nessuno nessuno)

Una settimana fa ero al lavoro a prendere monitor, pc e un sacco di altre cose che mi sarebbero servite per iniziare a lavorare da casa. Una scelta un po' affrettata e non senza difficoltà, dovuta ai sempre più numerosi contagi da covid.
Stavo bene, benissimo: saltellavo e ridevo come sempre.
Quella stessa notte avevo la febbre, che non scendeva manco con le bombe e dolori ossei pazzeschi.
È iniziata così la mia avventura con il covid.
La mattina dopo ho avvisato il mio responsabile e il mio medico di base, con la febbre che non scendeva, i dolori che aumentavano, un mal di testa feroce, gli occhi che mi bruciavano.
Alle 16 ero in fila al drive in di Fiumicino per fare il tampone.
Ho scelto di andare a Fiumicino perché é l'unico drive in in cui non é necessario prenotare, basta fare la fila. Avevo pensato di andare privatamente, ma tutti i laboratori che ho chiamato avevano dei tempi d'attesa troppo lunghi, quanto meno per me che fino al giorno prima ero al lavoro e avevo necessità di sapere se ero o no positiva.
Il tampone rapido é risultato positivo e io ho pianto. Sono scoppiata a piangere perché non ci potevo credere, ho chiamato mia madre e ho rifatto la fila -stavolta più breve- per  fare il tampone di conferma.
Alla fine della fiera, non solo ero positiva, ma pure con una carica virale altissima.
Tornata a casa ho fatto mente locale e ho avvisato tutti quelli che potevano essere entrati in contatto con me, che erano stati negli stessi posti dove ero stata io. 

Da lì sono iniziati quattro giorni bruttissimi perché no, no e ancora no: il covid non é un'influenza
E ve lo dice una che l'influenza ce l'ha tutti gli anni, più volte l'anno.
Dolori così brutti io non li ho mai avuti e non ho neanche mai avuto bisogno di stare attaccata al saturimetro con il medico che mi chiedeva i parametri ogni mezzora dicendomi che se la saturazione fosse scesa ancora avrebbe chiesto il ricovero.
Per quattro giorni non ho avuto nemmeno la forza di spostarmi dal divano al letto e soprattutto mai nella vita io ho smesso di avere fame, eppure stavolta io non ho mangiato. Mi sono sforzata, perché così mi é stato detto di fare, ma non ci sono riuscita.
Da ieri sto meglio, la saturazione é buona, io ho di nuovo fame e piano piano sto ricominciando ad avere forza. Nulla a che vedere con la forza che ho di solito, eh.
Ripetete con me: il covid esiste e non é un'influenza

Come me lo sono presa? Ad oggi non lo so, non ne ho idea e forse, a questo punto, non lo voglio nemmeno sapere.
Ormai da un po', le mie giornate erano allenamento la mattina presto e lavoro il resto della giornata.
Avevo scelto di non vedere praticamente nessuno, tanto gli amici non scappano e di non fare praticamente più nulla.
Ho sempre portato la mascherina, rispettato la distanza, mi sono lavata e disinfettata fino allo sfinimento,  non prendevo manco più l'ascensore a casa perché non si sa mai, eppure questo non mi ha evitato di contagiarmi e di passare una settimana più o meno di merda.
Sono una che adora abbracciare, che adora il contatto fisico, eppure mi sono trovata ad abbracciare soltanto i cani perché era giusto così.
Non prendo mezzi pubblici, non sono entrata in bar e ristoranti, la palestra é chiusa, quando mi alleno mi tengo a distanza dalle mie compagne di allenamento (che, per la cronaca, sono risultate negative al tampone).
Tutte queste accortezze non sono bastate.
Tra qualche giorno dovrò fare il molecolare di controllo e, se sarà negativo, potrò tornare alla mia vita che, a quel punto, sarà fatta solo di allenamenti a debita distanza e smart working visto che al lavoro per il momento non tornerò (e chissà quando potrò tornarci).


Sono allenata, ho un fisico forte fatto quasi totalmente da massa magra, la mia unica patologia sono le allergie alimentari, non ho ad oggi altri problemi, eppure questo non mi ha risparmiata.
La mia fortuna é stata quella di non avere avuto complicazioni e di non essere finita in ospedale intubata.
Trovo una grande fortuna anche quella di avere avuto vicino -tramite cellulare- tante persone che mi vogliono bene e che mi hanno regalato sorrisi e amore anche a distanza e una madre che ha cercato di starmi il più vicino possibile anche a distanza e che, fidatevi, ha passato dei momenti abbastanza brutti sapendo che stavo male.

Se mi avessero detto che mi sarei contagiata non ci avrei mai creduto, ma nessuno é immune. Nessuno. E dico sul serio, eh

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sabato 17 ottobre 2020

Questo Ottobre fuori da ogni controllo

Ottobre é un mese che mi piace da sempre.
Non fa caldo, ma non fa nemmeno freddo.
Non si suda, ma non si congela (io comunque preferisco sempre il freddo al caldo):
Le giornate sono ancora lunghe, ma non troppo.
Ci sono un sacco di cose da fare, ricomincia praticamente tutto dopo l'estate.
Si lavora, ma senza impazzire, non ci sono mille scadenze, quindi -salvo rari imprevisti- si riesce a gestire tutto.
Nel mio caso, si comincia a pensare al Natale, che é vicino, ma non troppo, quindi senza frenesia.
Ottobre mi fa anche pensare ad una frase di ormai dodici anni fa, sulle sfumature delle foglie di autunno, detta durante una serata bolognese, quando ero una studentessa fuori sede poco più che ventenne.


Questo Ottobre 2020 ovviamente é fuori da ogni controllo
.
A Roma fa freddo e piove sempre. Vestiti che sono sicura di avere messo lo scorso Ottobre sono troppo leggeri, ho già provato i riscaldamenti (lo faccio ogni anno al primo freddo, da quando a Bologna ci ritrovammo con i termosifoni non funzionanti) e ho anche avuto la tentazione di lasciarli accessi. Di solito li provo a Novembre inoltrato.
È effettivamente ricominciato più o meno tutto, ma siamo in attesa della nuova stagione de "Il decreto", quindi a breve -molto a breve- scopriremo se chiuderanno di nuovo. Pare che chiudano le palestre e, anche se stavolta sono preparata, non ne sono molto felice. Se vi state chiedendo come faccio ad essere preparata, durante e dopo il lockdown ho comprato un sacco di cose, quindi non sarò costretta ad utilizzare bottiglie d'acqua e improbabili kettlebell realizzate con zaini pieni di cose. Ovviamente non ho a disposizione gli stessi carichi che ho in palestra, anche perché forse -se lanciassi un bilanciere come faccio in palestra- sfonderei il parquet ed é meglio evitare.
Non ho mai lavorato così tanto, non ad Ottobre quanto meno, non sono mai andata così di corsa. Ho incastrato le giornate al centesimo, roba che se succede un imprevisto di trenta secondi mi va a fanculo tutta la giornata. Sono talmente presa da mille cose -non per scelta, non faccio che ripetere che vorrei essere milionaria e vivere di rendita- che ho dimenticato tutti i compleanni di Ottobre, che non sono compleanni qualsiasi. Praticamente mi sono ritrovata a chiedere ad amici molto amici "Scusa, ma che mi sono dimenticata di farti gli auguri?" perché non solo mi ero scordata il compleanno, ma anche se avevo effettivamente fatto o meno gli auguri.
Ho più o meno deciso cosa fare a Natale, ma resta l'incognita: chiuderanno le regioni? Sarà possibile spostarsi? Se ci si sposta, poi si resta bloccati? E io sono una che le cose le programma, i dubbi non fanno per me. Non sapere fino all'ultimo le cose mi da fastidio da sempre, ma tant'é.

Giusto un'ora fa stavo dicendo a Samira che potremmo andare agli Assoluti di ginnastica artistica, appuntamento che mi é sempre piaciuto particolarmente (non come Jesolo, Jesolo resta la mia gara preferita in Italia) visto che sono a Napoli, quindi il viaggio é breve e poi a Napoli si mangia da paura e io ho comunque sempre fame e voglia di cose buone, quindi sarebbe una trasferta tendenzialmente perfetta, però non sappiamo se sarà possibile, se ci potremo spostare, cosa succederà e via dicendo. E questo non é bello. Alla fine siamo giunte a conclusione che manderemo richiesta di accredito e vedremo (no, al momento sono gare per cui non é previsto pubblico, si può accedere solo con accredito e no, non tutti possono chiedere l'accredito).

Insomma, é un periodo un po' così, dopo un'estate di tana liberi tutti (io non ero d'accordo), sembra un autunno con un sacco di limitazioni e incertezze. Se mi concedessero lo smart working forse sarei un pochino più felice, proprio io che lo smart working non l'ho mai amato (qui per saperne di più) e non solo perché forse correrei di meno, ma perché sono più preoccupata causa covid adesso che non sette mesi fa.
Aggiungiamo poi che ogni, da sempre, io ad Ottobre inizio ad avere il naso che cola come i bambini, ad avere la tosse, l'influenza e ad essere febbricitante. È così da sempre, eppure quest'anno questo é un problema e immagino non ci sia bisogno di spiegare perché.

E quindi si va avanti, io trascuro sempre di più questo blog, nonostante di cose da raccontare ne avrei tantissime, ma sono certa che arriverà il giorno che tornerò a scrivere come prima. 
Se ci sarà un nuovo lockdown di sicuro non avrò più scuse.

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venerdì 3 luglio 2020

Andare in vacanza ai tempi del coronavirus: come, quando e perché

Io non so cosa sia successo, ma ieri c'erano i primi casi di coronavirus -che a Roma sembravano lontanissimi- e domani é praticamente Agosto.
Nel mezzo c'é stata una lunga, infinita quarantena o almeno quella che, mentre la stavamo vivendo, a molti é sembrata tale. Io in quarantena mi sono operata, ho festeggiato il compleanno con la torta più bella di sempre (qui potete ammirarla) e, tutto sommato, sono stata molto bene.
Nessuno pensava alle vacanze, pensavamo di andare al mare ed essere rinchiusi tra quattro pareti di pexiglass per non rischiare di entrare in contatto con la saliva e il sudore del vicino di ombrellone. E manco con la sabbia dei pestiferi ragazzini che la lanciano addosso alle persone come se non esistesse un domani, creando un terribile effetto panatura a causa degli oli e delle creme solari. 
A proposito: lo sapete che il nome del pexiglass (che é, quanto ho capito, un nome commerciale) sarebbe polimetilmetacrilato? Io l'ho scoperto otto secondi fa, frame più, frame meno.
Poi la quarantena é finita, piano piano abbiamo ricominciato ad uscire, ad andare a cena fuori, a fare colazione al bar, a fare shopping (io no, ne ho fatto abbastanza dal divano durante il lockdown), a vedere gli amici. Chi non ha lavorato, ha ripreso a lavorare, chi ha lavorato ha precisato cose tipo "io lavoravo anche durante la quarantena, eh". E poi si é iniziato a pensare alle vacanze.
Andare in vacanza ai tempi del coronavirus sembrava impossibile, difficile, chissà se riaprono, polemiche sulla Grecia che non vuole gli italiani, Ostia che é più bella di Mykonos, tenetevi la pita che noi abbiamo la carbonara (d'altronde chi non mangia carbonara tutti i giorni in piena estate?). il Papeete é più bello del Tropicana, al Papeete c'avete solo Salvini, soooolo Salvini, c'avete solo Salvini (scusate, in quest'ultimo caso sto immaginando la possibile risposta di un greco che si sente dire che Ostia é più bella di Mykonos che poi eh, io a Mykonos non ci sono mai stata, ma i Cancelli di Ostia li ho ben presente).
E ancora polemiche perché in Lombardia ci sono i laghi, nel mare della Sicilia e della Puglia ci sono le meduse e comunque meglio il Pirellone del Teatro Massimo, ora chiamo De Luca con il lanciafiamme se i lombardi si avvicinano al sud, solo che poi De Luca il lanciafiamme lo ha riposto nel momento esatto in cui il Napoli ha vinto la Coppa Italia quindi é un cazzo e tutt'uno.


Poi é arrivato il bonus vacanze, da spendere in Italia, tutto in un'unica struttura, ma non vale perché non é giusto che i single solo 150€ e le famiglie 500€, ci sono le famiglie monocomposte e poi non si capisce come mai il cane, il gatto e il pappagallo (no, non quello con il trauma cranico di Enzo Salvi), la mucca che tengo in giardino perché il latte del supermercato ha il 5G non possono usufruire di sto benedetto bonus vacanze. Insomma, che due coglioni ste vacanze post quarantena, non trovate?

Comunque, io vado in vacanza.
Quasi un mese di meritate vacanze tra Luglio e Agosto, qualche giorno a Settembre e una settimana a Dicembre. Le prime due in Italia, la terza all'estero. A meno che non ci sia un'altra quarantena che me lo impedisca ovviamente, ma mi auguro di no e comunque per il momento preferisco non pensarci.
E no, non ho richiesto il bonus vacanze forse perché inconsciamente non trovo corretto che i miei due cani, che vorrebbero tanto andare a Bau Beach, non possano richiederlo solo perché non hanno il pollice opponibile e camminano su quattro zampe invece che su due gambe.
Ho pensato a lungo (quanto meno per i miei standard, quindi tipo dieci minuti) se andare o no, mi sposterò in macchina (anche perché i cani, che gli piaccia o no, vengono in vacanza dove dico e in qualche modo dovrò spostarli), terrò tutte le precauzioni del caso, ma no, non voglio rinunciare alle vacanze estive.
Lo scorso anno non le ho praticamente fatte, fatta eccezione per dieci giorni a Palermo (lo avevo raccontato qui), l'ultimo anno é stato impegnativo e ho davvero voglia di staccare e soprattutto ho voglia di farlo a lungo o, quanto meno, quanto più a lungo il lavoro permette.
Credo sia giusto fare vacanze in Italia, almeno in questa fase e, al di là del fatto che io le ho sempre preferite in estate, se questo può servire a dare una piccolissima mano all'economica ben venga.
Credo anche che, dopo lo stress da quarantena -che io non ho avuto, ma non sono sola al mondo- una vacanza non possa che fare bene.
Credo che sarà bello riabbracciare gli amici, cosa che -a causa della pandemia- pensavo che non sarei riuscita a fare per quest'anno. Abbracciare ad un metro di distanza, si intende.

E poi ho una voglia di mare che mi si porta via e no, non credo che il mare di Ostia sia bello.
Forse più bello di quello di Torvaianica, ma -se posso- ne faccio anche a meno.

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giovedì 11 giugno 2020

Andare in palestra con la mascherina

Andare in palestra con la mascherina é una cosa che non avrei mai pensato di fare in vita mia.
Tre anni fa, quando sono entrata nella mia palestra per la prima volta, avrei potuto immaginare di andarci con un ginocchio scemo (cosa che in effetti ho fatto, qui vi fate un'idea di come stavo quando mi sono iscritta), con la schiena dolorante, piena di lividi (che in realtà mi faccio proprio in palestra), imbottita di cortisone, ma non con la mascherina. 

Quando é venuto fuori che le palestre avrebbero riaperto, la mia palestra si é premurata di mandare mezzo milione di mail con le date di riapertura di ogni singolo club -considerato che non in tutte le regioni hanno riaperto lo stesso giorno- e di tutte le norme da seguire.
Bisogna prenotare qualsiasi cosa, ma quello lo si faceva anche prima: la differenza sostanziale é che adesso si prenota anche l'accesso alla sala pesi e al box.
Bisogna mantenere le distanze, ma quello é una cosa che ci ripetono costantemente manco fossimo lobotomizzati (ma forse un pochino lo siamo se é necessario ripeterlo così spesso).
Si può usufruire degli spogliatoi, fare la docce, ma non si può usare l'area relax, quindi niente sauna, niente bagno turco, niente idromassaggio e non so quale altra diavoleria sia presente nell'area relax visto che credo di esserci entrata due volte a dir tanto.
Bisogna farsi misurare la temperatura prima di accedere e, come ovunque, sopra i 37.5° non si accede.
Non sono convintissima che i termoscanner funzionino a dovere considerato che un giorno, secondo loro. avevo la temperatura a 33.1°, quindi o ero morta e non lo sapevo (e sono resuscitata) o c'é qualcosa che non va in questi aggeggi malefici.
E poi bisogna portare la mascherina.
Si accede solo con la mascherina, si entra nello spogliatoio con la mascherina, si sale al piano superiore -dove ci sono la sala pesi, il box e le varie sale- solo con la mascherina.
Quando ci si allena si può togliere la mascherina, ma quando ci si sposta da un attrezzo all'altro o comunque ci si muove nell'area di allenamento bisogna indossarla.
C'é anche chi passa per ricordarti di indossare la mascherina, tanto che la parola che sento più spesso durante la mia permanenza in palestra é mascherina.
Mascherina. Mascherina. Mascherina.
Ovviamente, ogni volta che si utilizza qualcosa, fosse un manubrio o un tappetino, bisogna igienizzarlo, portando la mascherina. Perché se igienizzi il manubrio e nel frattempo gli sputacchi sopra non va bene.

Il primo giorno di riapertura, effettivamente, tutti avevano la mascherina.
Credo di aver visto anche i tapis roulant con la mascherina.
Tutti ligi, precisi, ho visto addirittura gente fare i clean con la mascherina, giuro.
Tutti igienizzavano tutto, una roba fantastica, forse un pochino paranoica per carità, ma tant'é.
Poi si sono rotti il cazzo, per dirla alla francese.
La gente adesso si toglie la mascherina quando ancora deve finire di fare le scale che portano al piano superiore e le lancia in giro, tanto che -a meno che non siate me e non abbiate una collezione di mascherine lavabili dalle fantasie più disparate e utilizzate le mascherine chirurgiche- ci sono enormi possibilità che arriviate con la vostra e ve ne torniate a casa con quella di Rocky Balboa. O quella di Paige se preferite.
Tra una settimana al massimo immagino ci saranno i falò di mascherine nel piazzale davanti l'ingresso, più o meno come il falò di reggiseni di qualche decennio fa, a rivendicare il sacrosanto diritto di infettarsi come e quando ci pare.


Inizialmente, non erano ripresi neppure tutti i corsi, m a solo alcuni.
Adesso é ripreso più o meno tutto, con qualche piccola differenza rispetto a prima, ma tutto sommato il coronavirus sembra solo un lontanissimo ricordo (e non lo é, io lo so che questa cosa ci fregherà).
Alle solite attività io ho aggiunto anche la boxe (ormai passo il 90% del mio tempo libero in palestra, ma tant'é), non so manco cosa mi abbia spinto a farlo, però mi piace. 


Io, di mio, odio la mascherina.
La metto perché devo, ma mi alleno senza, anche perché probabilmente -conoscendomi- andrei in debito d'ossigeno per condizionamento psicologico da mascherina indossata, ma io mi tenevo alla larga dalle persone in palestra pure prima, quindi non faccio testo.
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giovedì 28 maggio 2020

La fine della quarantena

La quarantena é finita da ormai dieci giorni e sembra quasi che il coronavirus non sia mai esistito, almeno qui. L'unica cosa che me lo ricorda sono le mascherine e qualche sporadica fila al supermercato: fila che ormai non supera più i dieci minuti.
Ero convinta che la fine delle restrizioni avrebbe portato ad un aumento pazzesco dei contagi e ad una chiusura ancora più serrata, invece sbagliavo e spero -dico davvero- di continuare a sbagliarmi.

Sono andata dal parrucchiere e dall'estetista, ho preso appuntamento per tre tatuaggi, sono tornata in palestra, ho rivisto gli amici -anche se ancora ne manca qualcuno all'appello- e la vita ha ricominciato a scorrere più o meno come prima. Tra due giorni andrò per la prima volta a cena fuori e da lunedì tornerà praticamente tutto uguale a prima, con la differenza che quando ci eravamo fermati avevo addosso vestiti invernali e adesso ho quelli estivi. Ho anche qualche chilo in meno, ma era prevedibile, e un sacco di mascherine bellissime.



Una cosa che continuo a dire é che a me la quarantena non é pesata poi così tanto, per alcuni versi non mi é proprio dispiaciuta e a casa mia sono stata più che bene. E no, non ho una casa grande, prima che vi venga in mente di dirlo né tanto meno ho la piscina in terrazzo (anche se stavo pensando di comprarne una gonfiabile, ma questa é un'altra storia).
Ho programmato le vacanze, in Italia, anche se ho ancora il dubbio che non sarà possibile farle, ma diciamo che man mano si vedrà.

Non credo che da tutta questa storia ne siamo usciti migliorati, eh.
Ho visto, in questi due mesi, gente impazzire perché non poteva andare in metro. Giuro.
Sarà che io i mezzi pubblici li ho sempre odiati, ma la mancanza della metro non l'ho proprio capita. Capisco la mancanza degli amici, dei genitori, dei nonni, persino quella del cornetto e cappuccino al bar, ma non quella della metro.
Ho sentito tatuatori arrabbiarsi perché venivano considerati meno importanti dei medici e non era giusto.
Sono tatuata, non vedevo l'ora di poter fissare gli appuntamenti di cui sopra (uno in particolare, fuori regione), ma non ho capito il nesso tra le due professioni.
Ho letto complotti che in confronto le scie chimiche sembrano quasi una cosa plausibile.

Ho però provato un sentimento misto di compassione (lo so, la compassione non é una bella cosa) e solidarietà verso tutti quei liberi professionisti, quei proprietari di negozi e via dicendo che non potevano lavorare. Avevo il timore che qualche attività non riaprisse perché non tutti sarebbero stati in grado -e non per colpa loro- di superare questa chiusura forzata.
Sotto casa mia é solo una l'attività che non ha riaperto, le altre si e ogni volta che passo davanti quella saracinesca, sarà che conoscevo i proprietari -come credo sia normale nel proprio quartiere- mi prende un po' male. Erano un padre e un figlio che avevano aperto da relativamente poco, mi sono chiesta che fine avessero fatto, ma non ho avuto il coraggio di chiedere ai negozianti intorno.
Ho ricominciato a fermarmi a fare due chiacchiere con i negozianti qui intorno quando passo, per due mesi ho salutato solo i ragazzi della pizzeria, praticamente gli unici che erano aperti, anche se solo per il domicilio prima e per l'asporto poi.

Non mi convince del tutto il fatto che c'è davvero tanta gente, io non credo di avere mai visto così tanta gente in questo quartiere, al parco sotto casa non si può proprio camminare e sono anni che abito qui, se fosse stato sempre così probabilmente me ne sarei accorta.

Questi due mesi e mezzo di lockdown a me hanno portato bene, ho ricevuto solo buone notizie, dalle più piccole alle più grandi. Una in particolare, ricevuta il giorno del mio compleanno, mi ha praticamente svoltato la quarantena e un pochino anche la vita, ma ce ne sono state altre che mi hanno resa particolarmente felice e, insomma, io l'ho sempre detto che il karma esiste e, in effetti, non si é smentito neanche stavolta.

Mio padre mi ha raccontato per tutta una vita le cose che io studiavo sui libri di storia, il mio nove in storia a scuola e il trenta all'esame di storia contemporanea all'università li devo in buona parte a lui.
Mi raccontava il dopoguerra, gli anni del boom economico e un sacco di altre cose e -devo dire- che un conto é leggere le cose sui libri di storia, un altro é sentirle raccontare da chi se le ricorda.
Mi sono chiesta spesso cosa avrebbe detto mio padre del coronavirus, del lockdown e via dicendo, ma mi sono anche detta che un giorno magari racconterò io queste cose ai miei figli come lui faceva con me. Che forse questo é un pensiero stupido, ma é stato davvero il pensiero più ricorrente di questi due mesi e mezzo.


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venerdì 24 aprile 2020

Compleanno in quarantena: Rainbow Cake e palloncini colorati

Se qualche mese fa mi avessero detto che avrei festeggiato il compleanno in quarantena non ci avrei mai creduto.
Così come, se mi avessero detto che avrei festeggiato il compleanno subito dopo aver subito una seconda operazione nel giro di quaranta giorni, non ci avrei creduto.

Sono stata operata, di nuovo, due giorni prima il mio compleanno: ho avuto un rigetto, quindi é stato necessario e anche abbastanza urgente. Questa volta l'intervento l'ho accusato, ma é normale considerato che il secondo intervento nel giro di così poco tempo. 
Sono stata dimessa praticamente subito, con mille raccomandazioni, mille controlli previsti e mille dolori e gonfiori. E, appena tornata a casa, era il mio compleanno.

Ho sempre amato festeggiare (qui vi fate un'idea), ho sempre amato le grandi feste, possibilmente a tema, ho sempre amato essere circondata dalle persone a cui voglio bene.
Quest'anno é andata diversamente a causa della quarantena. Che poi, se non ci fosse stata la quarantena, non so quanto sarei stata in grado di festeggiare considerato che sono un rottame dolorante e febbricitante, con i punti che tirano, i dolori al viso e una quantità di farmaci in corpo che sono arrivata al punto di mettermi le sveglie per ricordarmi quando devo prendere cosa (e si che io di solito ho buona memoria). Però, é stato bello comunque.
È stato bello perché ho ricevuto un'infinità di auguri, sotto forma di messaggi, chiamate e soprattutto videochiamate. È curioso come tutte le persone che di solito festeggiano con me mi abbiano videochiamato (e no, non sono una che di solito fa videochiamate, ma stavolta ci stavano).
Ho ricevuto due buone notizie, di quelle che ti svoltano la giornata, e che ho considerato due regaloni di compleanno inaspettati.
Ho ricevuto una composizione di palloncini rosa e gialla, io che ho sempre detto che prima o poi me la sarei fatta fare e ovviamente non lo avevo mai fatto.
E poi c'era lei, sua maestà la Rainbow Cake che credo sia la torta più adatta a me. Bella come il sole. Praticamente ho atteso tutto il giorno in momento della torta solo per lei.




Non ho ricevuto, per la seconda volta di fila, gli auguri di compleanno di mio papà, lui era sempre il primo, a mezzanotte spaccata i primi auguri erano sempre i suoi. Per essere preciso, si sintonizzava sul televideo e appena scattava la mezzanotte il mio telefono stava già squillando.
So comunque che in qualche modo papà era presente.
È stato un compleanno atipico, l'ho detto, ma tutto sommato ero contenta di essere a casa e non in ospedale: se già gli ospedali non sono il posto più bello del mondo, posso assicurare che in questo momento é davvero brutto essere ricoverati ed operati. Io ero sola, nessuno poteva (giustamente) entrare in reparto per nessun motivo. E se non é facile per chi é in ospedale, é probabilmente peggio per chi é a casa ad aspettare. Mia madre mi ha poi detto che tutte quelle ore in cui non ha avuto notizie (perché io ero in sala operatoria) sono state molto pesanti.

Mi sono comunque ripromessa di festeggiare come si deve quando sarà possibile, dovessi aspettare mesi.
E quindi, tanti auguri a me, per questi trentaquattro anni che boh, non so come sia possibile avere già trentaquattro anni, ma questo é.
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domenica 12 aprile 2020

Pasqua in quarantena

È arrivata questa Pasqua in quarantena.
Sarà un Aprile e un inizio di Maggio in quarantena, stando alle ultime direttive, e va bene così.
Mi dispiace non festeggiare il compleanno come ho sempre fatto, ma avrò comunque la torta che volevo e anche questo va bene così, sarà per l'anno prossimo. E poi, insomma, me l'aspettavo di non poterlo festeggiare, non ho mai pensato un secondo che si potesse tornare ad una vita semi-normale subito dopo Pasqua, quindi nessuna sorpresa.


A me non é cambiato molto, la mia routine é stata sconvolta solo in parte e - a dire il vero- é stata sconvolta più dalla frattura e dall'operazione (qui per saperne di più) che non dal resto.
Probabilmente, se non mi fossi dovuta operare, sarebbe rimasto quasi tutto invariato, fatta eccezione per estetista e parrucchiere, per la palestra e per le cene fuori (che mi sono sempre concessa in grandi quantità). Cose che mancano, eh, ma di cui -in linea di massima- riesco a fare a meno, visto che comunque non sarà per sempre.
Io continuo a pensare che prima o poi si tornerà alla normalità, ci vorrà molto tempo, ma prima o poi accadrà e va bene così. 
Martedì mi diranno -almeno si spera- se devono riaprirmi o meno, si é infettata la cicatrice, non sono riusciti a capire come e, per il momento, hanno deciso di imbottirmi di cortisone e antibiotico, sperando di non dovere effettivamente riaprire. Ecco, dover tornare in ospedale, essere eventualmente operata di nuovo, non mi piacerebbe molto, indipendentemente dal coronavirus e dalla situazione attuale degli ospedali. Sospendere le visite operatorie a causa dell'emergenza sanitaria, a quanto pare, é una cosa che non doveva essere fatta stando a quanto hanno ammesso qualche giorno fa, diciamo che ci hanno provato ed é andata male. Io, ovviamente, quando mi hanno detto che non dovevo farle e che tutto era rimandato a data da destinarsi, mi sono fidata senza mettere minimamente in dubbio quello che diceva un medico che, nella mia testa, ne sa sicuramente più di me. Adesso non tocca che sperare che avere sospeso le visite non porti ad ulteriori rotture di scatole.

Qui si continua -o, per meglio dire, si é ripreso- a lavorare e ad avere più o meno la solita routine.
Dormo un po' di più, quello si.
Si esce per portare fuori i cani, il tempo necessario per i bisognini (Fuffi accusa, lui adora stare fuori ore e ore, correre e via dicendo, a Mila non frega un tubo, lei é un cane da cuccia e da divano), ci si allena, si mangia regolare che va bene tutto, ma io non voglio ingrassare cinque chili al mese.
Si continua anche a pulire casa e a fare le lavatrici. Leggevo ieri che, da quando é iniziata questa storia, molte persone non hanno più grande necessità di lavare i vestiti e, giuro, questa non l'ho capita. Ora, a parte che é un'attività che a me ha sempre rilassato (ne avevo parlato qui), io continuo a cambiare lenzuola, asciugamani, mutande e calzini, oltre ovviamente ai vestiti, quindi quello che si sporca continua a dover essere lavato, ma non so se magari sono strana io.
L'idea della spesa continua ad essere la cosa che più mi manda ai matti, ancora nessuna consegna online trovata, quindi mi sono dovuta arrendere ad andare al supermercato, fare la fila, fare la spesa più in fretta possibile perché mi dispiace perdere tempo. Sono però riuscita ad ordinare alcune cose, tipo quelle per l'igiene personale, online. Almeno quello.

E infine: Buona Pasqua, anche se per molti é una Pasqua diversa dal solito (di come io di solito trascorro la Pasqua, ne avevo parlato qui anni fa).


Ah, dimenticavo: se siete nati ad Aprile come me leggetevi questo post.


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lunedì 6 aprile 2020

Un mese dopo l'inizio della quarantena

Questo, per me, tutto sommato non é un brutto periodo.
Attenzione: quello che sta accadendo in Italia -e nel mondo- é indubbiamente una tragedia, sotto un milione di punti di vista, non credo ci sia bisogna di sottolinearlo, né di spiegare quali sono gli aspetti -personali e collettivi- più tragici, mi affido all'intelligenza delle persone.
Io però sono abbastanza serena
Sto a casa e non mi lamento.
Riesco più o meno a fare tutto da casa, lavoro compreso, quindi va bene così.
L'unica cosa che non sono riuscita a fare é la spesa online, non so da voi, ma qui trovare una consegna disponibile é impossibile. Oh, a dire il vero qualche giorno fa avevo trovato una disponibilità di consegna per due giorni dopo, ho riempito il carrello, ero felicissima all'idea di non dover mettere il naso fuori per almeno tre settimane, salvo poi accorgermi, in fase di pagamento, che di default era rimasto salvato un indirizzo che avevo utilizzato per la consegna della spesa a Milano qualche anno fa. Su Roma, ovviamente, non c'era alcuna disponibilità (e presumo che chi la disponibilità la cercava su Milano, non l'abbia trovata, ma tant'è), ringrazio comunque di essermene accorta prima del pagamento e non dopo considerato che a quel punto non avrei saputo cosa fare.

Le strade qui intorno sono tornate ad essere vuote solo oggi, negli ultimi giorni non era così.
Abbiamo avuto il piacere di vedere al parco sotto casa (abito in una zona molto verde di Roma e il mio terrazzo affaccia su un parco molto carino) persino i ragazzini con lo slittino che, ve lo giuro, non li avevo mai visti neanche quando ha nevicato un paio di anni fa (ma magari sono tonta io, il che potrebbe essere molto probabile).
Credo si sia generata un po' di confusione con la storia che era consentito fare due passi con i bambini che, almeno sotto casa mia, é stato interpretato con "andate e assembratevi tutti", salvo poi tornare all'ordine quando sono fioccate le multe.

Ho perso un paio di kg, riesco a mangiare bene e a seguire il mio piano alimentare, riesco ad allenarmi. Si, mi manca la palestra e mi manca il mio preparatore, mi manca avere un obiettivo (avrei dovuto fare la Spartan Race e un paio di altre gare che ovviamente sono saltate), ma prima o poi si tornerà alla normalità.
Probabilmente la cosa che mi manca di più della mia routine é il centro estetico dove vado a fare le mani, non solo per le mani in sé, ma perché mi è sempre piaciuto uscire dal lavoro e andare a fare due chiacchiere con le ragazze mentre sceglievo l'ennesimo smalto improponibile da mettere, ma torneranno anche loro.
Gli amici sono sempre presenti, io e la mia amica del cuore (scusate, é tanto romantico dire così) siamo tornate ad avere tempo per fare le cretine insieme, seppur tramite telefono, visto che -di solito- i nostri orari di lavoro non combaciano mai. E quando dico mai intendo davvero mai.
In generale, mi sono accorta che non é sufficiente una pandemia per allontanarci dalle persone a cui vogliamo e che ci vogliono bene. 

Cosa succederà dopo? Ah boh.
Chissà quando torneremo alla normalità e se questa normalità sarà la stessa di prima.
Io non so come sarà, quando finirà, se finirà.


Ho fatto qualche progetto, di quelli che non hanno una data per essere realizzati, anche perché di certezze ce ne sono ben poche.
Qualcuno chiede "quale sarà la prima cosa che farete quando si potrà uscire di nuovo?" e io boh, non so rispondere a questa domanda, non mi viene in mente nulla. Al momento, l'unica cosa che ho deciso in modo preciso é come festeggiare il mio compleanno in quarantena. Quest'anno ho scelto una torta colorata e diversa dal solito.


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lunedì 30 marzo 2020

La (mia) vita al tempo del coronavirus

Ultimamente non ho scritto sul blog, nonostante di tempo -come tutti- ne abbia parecchio a disposizione. Il motivo, banale, é che ho preferito Facebook e Instagram, social -quest'ultimo- che non avevo mai considerato granché. Grazie ad Irene e Linda, due amiche, ho scoperto il meraviglioso mondo delle storie e adesso non so se tornerò mai indietro.

La quarantena -o lo stare a casa che dir si voglia- procede più che bene.
Le giornate passano, non ho la smania di uscire a tutti i costi e, a dirla tutta, farei volentieri a meno di uscire anche per quelle cose per cui sono costretta ad uscire, ovvero portare i cani a spasso e fare la spesa, due attività che non ho mai amato particolarmente.
Non mi é neanche presa la voglia di cucinare pizza e dolci come se non esistesse un domani e non perché mi manca il lievito -che qui ormai non si trova più- che ho in enormi quantità in casa (non so neanche come mai, forse lo avevo trovato in offerta e lo avevo comprato), ma perché continuo a mangiare normalmente, seguendo la mia dieta.
Al momento, quelle poche volte che sono andata al supermercato ho trovato tutto quello che mi serve, senza isterismi, e non ho visto gente riempirsi i carrelli di carta igienica, acqua e via dicendo. Spese normali e, almeno per quanto mi riguarda, fatta esattamente come prima, sia per quello che compro, sia per frequenza.


Ogni tanto mi capita di leggere di persone che dicono agli altri di stare a casa, facendo la spesa ogni tre giorni come fanno loro e mi sono chiesta che cavolo comprano ogni tre giorni, io non saprei manco cosa scrivere nella lista della spesa, sarà che avendo avuto sempre poco tempo (e odiando, appunto, fare la spesa), non sono mai andata più di una volta a settimana se proprio ero costretta. E mangio eh, eccome se mangio, credo di essere una delle persone che mangia di più tra quelle che conosco.
Continuo -o meglio ho ripreso da relativamente poco- gli allenamenti, ovviamente non in palestra, ma a casa. E si che a casa non ho nulla se non una corda per saltare, che la mia vicina di casa mi ha lasciato davanti la porta, e un elastico che mi aveva dato il personal trainer. Per il resto, mi adatto utilizzando bottiglie d'acqua come manubri, zaini pieni di bottiglie d'acqua come kettlebell, comodini, sedie e via dicendo. 
Ieri ho anche cominciato a correre. In terrazzo. Faccio avanti e indietro, probabilmente chi mi vede dai terrazzi di fronte pensa che io sia completamente scema, ma non ho grandi alternative.
Se i cani mi intercettano mentre corro, mi vengono dietro e iniziano a correre anche loro.

Ho imparato -più o meno- a farmi il semipermanente alle unghie dopo aver comprato un kit con fornetto bellissimo (che, a mia volta ho consigliato a chi, come me, é semipermanente dipendente), ovviamente il risultato non é manco paragonabile a quello dell'estetista (che mi manca tantissimo, ma tant'è), ma prima o poi tornerò da lei. Ho tre colori in croce, quindi momentaneamente ho rinunciato ai miei amati colori fluo.
Ho fatto a casa anche il colore ai capelli, prima o poi dovrò tagliarli che quando hai un caschetto corto i capelli si tagliano praticamente ogni mese, ma amen, prima o poi si tornerà alla vita normale, io di sicuro non mi azzardo a tagliarmi i capelli da sola, considerato che dubito che le forbici Ikea vadano bene.
Costruisco Lego, adesso sono impegnata con il Castello Disney, 4080 pezzi di felicità e sto cercando di decidere quale Lego voglio regalarmi per il mio compleanno, ce ne sono due che sono arrivati in finale e, conoscendomi, probabilmente alla fine li prenderò entrambi.
Gioco con i cani, Fuffi (qui per saperne di più) passa il suo tempo appiccicato a me, una roba imbarazzante, praticamente non si stacca mai. Mila (qui per saperne di più) invece preferisce stare appiccicata a mia madre che é qui ormai da un mese abbondante, probabilmente perché mia madre le allunga cibo sottobanco che da me non prenderebbe mai.

In questi giorni, avrei dovuto fare un controllo post operatorio che ovviamente é stato rimandato a data da destinarsi. La cicatrice é dura e dolorante, adesso si vede più di prima, ma vero é che é praticamente un mese che non riesco a truccarmi, presumo che se mai tornerò a truccarmi riuscirò a coprirla. Ogni tanto la guardo e mi viene da piangere, altre volte la guardo e penso che in fondo non é manco così brutta e che i chirurghi sono stati davvero bravi (cosa che é oggettivamente vera).

Sotto casa mia non c'é praticamente anima viva, ogni tanto dal terrazzo vedo passare qualcuno con il cane, i negozi sono tutti chiusi, fatta eccezione per il fruttivendolo, il panificio e i due  supermercati. 
Nessuno canta più dal balcone, niente flash mob, niente di niente, il che personalmente mi va anche bene.
Un mio amico, giusto ieri sera, mi diceva che secondo lui tra quindici giorni, ordinanza o no, la gente uscirà perché molti sono andati completamente fuori di testa stando a casa, nel senso che non distinguono più cosa é giusto e cosa no. Io a casa tutto sommato ci sto bene, sono convinta che non sarà per sempre, quindi va bene così.


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venerdì 20 marzo 2020

Cronache di una pandemia

C'è il Coronavirus.
Una settimana fa circa é stato dichiarato lo stato di pandemia.
Sembra tutto incredibilmente surreale.
Tutto potevo immaginare, ma non che mi sarei trovata a vivere una cosa del genere.

Mio padre mi raccontava la Seconda Guerra Mondiale e il dopoguerra per farmi imparare la storia, io un domani racconterò a mio figlio il coronavirus: per lui saranno pagine di storia che non gli andrà di studiare, per me saranno ricordi di vita vissuta.
Il giorno che mi sono fratturata la faccia (qui per saperne di più), il 25 Febbraio, l'ambulanza mi ha portata in un pronto soccorso incredibilmente semivuoto, si diffondevano le prime notizie di questo virus che, almeno fino a quel momento, sembrava riguardasse solo una parte d'Italia e -inutile fingere il contrario- sembrava quasi che da noi, a Roma, non dovesse arrivare mai. 
Il giorno che sono stata dimessa dall'ospedale, il 4 Marzo, mentre dormicchiavo sul divano di casa mia, probabilmente senza avere ancora smaltito completamente l'effetto dell'anestesia del giorno prima (si, mi hanno tenuta in ospedale più prima che dopo l'intervento), veniva emanato il primo decreto del Presidente del Consiglio. 
Quel giorno -il 4 Marzo- è stata l'ultima volta che ho visto Roma come sono sempre stata abituata a vederla.
Con la faccia dolorante e chiusa in casa a prescindere perché nel pieno di un post operatorio abbastanza doloroso, guardavo il telegiornale, assistendo ad assalti ai treni, ai supermercato aperti tutta la notte, ai distributori automatici di sigarette.
La prima volta che sono uscita di casa da quel 4 Marzo, obbligata ad andare in ospedale, Roma era completamente diversa dall'ultima volta che l'avevo vista: le strade deserte, l'ospedale praticamente deserto, le attività chiuse, le file ai supermercati. Non che non lo avessi visto in tv, ma un conto é vederlo in televisione, un altro conto é vederlo con i propri occhi.


Ho paura?
Si, per tante cose.
Per me stessa, ovviamente, che ho un sistema immunitario scemo e sono da settimane sotto antibiotico e altri farmaci, non per scelta ovviamente.
Per mia madre, che non é più una ragazzina.
Per tutte le persone a cui voglio bene, sparse per l'Italia e non solo. Buona parte delle persone che conosco che fanno il mio stesso lavoro o comunque lavorano nello stesso settore (qui vi fate un'idea) continuano ad andare al lavoro perché di sicuro la tv non si ferma e, ancora più di sicuro, non fermi broadcast operations (é il reparto, si chiama così in qualsiasi emittente televisiva io conosca).
Per l'Italia intera perché stanno morendo persone, tante, troppe e la percezione di quanto grave sia la situazione io ho cominciato ad averla soprattutto quando tantissime persone che conosco hanno cominciato ad avere amici, parenti o conoscenti in terapia intensiva o, peggio, dentro una bara.
E no, non mi interessa se si parla di ottantenni con patologie pregresse: una vita é una vita (scusate la precisazione, ma ne ho lette tante di cose che dicevano "E vabbé, c'aveva ottantanni").
Per quello che succederà dopo: perché se è vero che prima o poi finirà, chissà quando, é altrettanto vero che probabilmente ne usciremo -come paese- con le ossa rotte in termini di perdita di vite umane, economicamente e psicologicamente.

Sto cercando di non perdere l'ottimismo e l'ironia, la reclusione non mi pesa nonostante sia abituata a fare mille cose, forse anche perché sarei dovuta stare a casa comunque (e questo, credetemi, aiuta), faccio comunque un sacco di cose a casa che mi aiutano a passare il tempo (e magari ve le racconto, ogni giorno, sia mai possano dare a qualcuno qualche idea su come passare il tempo).
Io non lo so se andrà tutto bene, ci sono giorni che penso di si, altri che penso di no, ma davvero non si può fare niente altro che aspettare.
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