giovedì 26 aprile 2018

Palermo è amore (e anche un sacco di altre cose)

Palermo, per me, è amore.
È anche bellezza, cultura, mare, sole, cibo e un sacco di altre cose, ma soprattutto amore.
Palermo è la parte più forte di me e, come ogni parte forte che si rispetti, è quella a cui tengo di più e che solo chi ha occhi per vedere -e non solo per guardare- nota.

A Palermo ci sono nata, ci ho vissuto ventuno lunghissimi anni e ci torno quando posso, non solo perché a Palermo ci vivono i miei genitori, la mia famiglia e gli amici, ma perché mi da energie positive (e, di solito, mi regala qualche chilo in più da accumulare rigorosamente sui fianchi).
A volte la amo e a volte la odio.
È piena di contraddizioni Palermo, una contraddizione dietro l'altra.
E a volte queste contraddizioni mi fanno arrabbiare da morire.
Tante, troppe volte ho desiderato che (la mia) Palermo fosse diversa, che avesse quel qualcosa in più,  non so neanche cosa in realtà. Eppure, come ogni storia d'amore che si rispetti, non riesco ad essere arrabbiata con lei troppo a lungo.

La prima volta che ci ho portato il Marito è stata tanti anni fa e lui non era mai stato in Sicilia.
Stavamo insieme da poco più di un mese e gli avevo detto che io sarei andata e, se voleva, poteva unirsi a me. Tralascerei i problemi di stomaco che si è preso, ma preciso che la colpa è solo la sua perché se mangi quattro chili di pesce e dopo mezzora hai in una mano un cannolo e nell'altra un'arancina e la sera a cena mangi panelle, crocchè, milza, quarume, caldume, sfincione e per concludere il pasto leggere, due fette di cassata, sei l'unico responsabile dei tuoi malanni.
"Ma a te non è successo niente" mi aveva detto quella volta.
"A parte che io non ho mangiato quello che hai mangiato tu, io ho lo stomaco abituato, io mangio arancine da quando avevo cinque mesi".
Ecco, forse proprio cinque mesi no, ma insomma, ci siamo capiti.
Per avere una vaga idea di cosa si mangia a Palermo, leggete qui.
Comunque, il Marito ha amato Palermo da subito, un amore viscerale, profondo tanto che adesso -che dalla sua prima volta sono passati sette anni- non riesce ad immaginare un posto diverso per le vacanze.

Se doveste decidere di visitare Palermo, cosa che andrebbe fatta almeno una volta nella vita, vi do un paio di dritte, considerate però una cosa: due giorni non vi bastano. E non ve ne bastano quattro per vedere tutta la Sicilia, a me manca ancora un pezzo. Un piccolo pezzo, eh, ma comunque mi manca.
E, al di là che ci sono nata, ogni estate dedico almeno un mese all'esplorazione di posti vecchi e nuovi con il marito che ormai si bulla di essere un conoscitore dell'isola livello super sayan.

Se doveste decidere di  visitare Palermo, fatelo in primavera o a all'inizio dell'autunno.
A Palermo fa caldo e girare con 45° o con lo scirocco non è una buona idea.
Se invece doveste decidere di andare per il mare avete sbagliato posto.
No, non che il mare non sia bello, ma per fare una vacanza in una località di mare forse il posto migliore della Sicilia non è una città da quasi un milione di abitanti, soprattutto se nonvi piacciono gli scogli.
Si, abbiamo anche la spiaggia di sabbia a Mondello, tra una cabina e l'altra forse troverete un cm di battigia in cui sdraiarvi. Forse, eh.
Al massimo, se volete stare in una zona vicina al mare, andate a Sferracavallo e godetevi la riserva di Capo Gallo (sempre se vi piacciono gli scogli), se mai dovesse servirvi un posto in cui dormire leggetevi questo post e, se andate, dite che conoscete me. A quel punto vi attaccheranno il telefono in faccia e si fingeranno morti (no, non è vero, giuro).


Affittate una macchina. Lo dico per voi, eh.
Affittate una macchina e muovetevi con quella, Palermo ha viabilità abbastanza semplice, è fatta di parallele e perpendicolari.
Ci sono anche delle micro stradine nel centro storico, ma quelle potete tranquillarmente girarle a piedi. Gustatevela Palermo, respiratele, godetevela. Perché è tanto bella quanto stronza, lei che ha fatto andare via la maggior parte dei suoi figli.
Quei figli che quando tornano si commuovono sempre perché Palermo è un incanto.
È troppo bella per essere vera Palermo. 
Andate a guardarla dall'alto, da Monte Pellegrino.
Perdetevi a guardare il mare. Davvero, eh.

E mangiate, mangiate tanto.

Mangiate come se non esistesse un domani (ma non fate come il marito, una cosa per volta e fate passate un paio d'ore tra un cannolo e un'arancina, mi raccomando).

Palermo vi resterà nel cuore.

Tornerete a casa pensando che è un posto bellissimo e che ne è valsa la pena, quindi andateci almeno una volta nella vita. Fidatevi di me e non ve ne pentirete.

Qualche dritta su cosa vedere la trovate qui, per farvi un'idea dei mercati invece dovete cliccare qua, per farvi un'idea del nostro mare leggete questo.
Se vi interessano le nostre tradizioni leggetevi questi post:
-Santa Lucia.
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domenica 22 aprile 2018

Come festeggiare il compleanno

Domani compio trentadue anni.
A me sembrano tantissimi, ieri ne avevo ventitré e domani saranno trentadue, non so neanche come possa essere successo.

Ai trentadue anni del Marito avevo dedicato un post (che trovate qui) bullandomi del fatto che io ne avevo ancora ventinove quindi ero giovane e fresca, mentre lui era ormai vecchio, ma sempre bello.
Io chiaramente oltre ad essere sempre bella sono anche giovane e fresca. Più o meno, eh.

Ho sempre dato un'importanza pazzesca al mio compleanno tanto che domani saremo in ferie, andremo al mare, spegnerò le candeline e scarterò i regali. Tanti regali possibilmente.
Per comprendere a pieno quanto sia importante il giorno del mio compleanno basta sapere che l'ho ribattezzato -ormai un decennio fa- Gilda Day (dal mio nome, qui per saperne di più) perché è il mio giorno senza se e senza ma, anche se ho accettato di buon grado l'idea di dividerlo con un'amica che, oltre ad avermi rubato parte della scena (anche se, a rigor di logica, dovrebbe essere il contrario visto che è nata qualche annetto prima) è anche catanese.
Prima che vi venga il dubbio, si sto scherzando, ma dovete capire che sto ancora ridendo per una coltissima citazione che era più o meno così: "ci sono gli extracomunitari, i rumeni e i catanesi" uscita dalla bocca di un palermitano. Per dire, eh.

Quest'anno non ci sarà una festa.
E io ho sempre organizzato una festa per il compleanno, sono anche arrivata al punto di organizzarne due per i miei trent'anni, rinunciando però a quella dei ventinove che io quando stavo per compiere ventinove anni ero disperata all'idea che l'anno dopo avrei definitivamente tolto il numero due come primo numero della mia età, immaginando un futuro -a soli 365 giorni di distanza- decadente.
Che poi magari è un caso, ma io a trent'anni mi sono spezzata una rotula camminando
Fortunatamente non ho ancora la rughe, ma quelle mia madre non le ha a quasi settant'anni, quindi magari è genetico.

Tra i compleanni più belli ricordo sicuramente il diciottesimo, ancora oggi ogni tanto mi vengono in mente quelle cose buonissime da mangiare e la torta -gigantesca- a forma di mucca.
Oppure il ventitreesimo festeggiato a Bologna. O il ventiquattresimo, festeggiato sempre a Bologna con un meraviglioso Multicolor Party.
O il venticinquesimo, il primo passato con il Marito che mi portò a mangiare in una pizzeria a Viterbo che fa la pizza doppia. Qualche giorno fa gli ho ricordato quel posto e mi ha detto che non gli capisce come faccia a piacermi.
"Ma amore, mi ci hai portato tu!"
"Si, ma non mi è mai piaciuto, però era un posto particolare"
Ah. E quando pensavi di dirmelo amore mio stupendo?
Mi aveva regalato una G piena di brillantini che io ho perso tutti, uno per uno, dal primo all'ultimo.

Sono tante le persone che pensano che non valga la pena sprecare energie perché tanto il compleanno arriva ogni anno e in realtà si invecchia, quindi non c'è niente da festeggiare.
Il compleanno è uno dei pochi giorni solo miei, direi l'unico durante l'anno.
Mi avevano detto l'anno scorso "ma perché non vi sposate il giorno del tuo compleanno?" ed ero inorridita.
Prendere un giorno di ferie, cosa che fino a poco tempo non facevo, fa bene: svegliarsi un po' più tardi, fare colazione a letto, prendere la giornata con calma, mangiare qualcosa di diverso, andare al mare o in piscina o al lago o dove vi pare, che sia qualcosa di speciale.
Che non so voi, ma a me l'idea di svegliarmi alle 6, prendere la metro, andare al lavoro, mangiare qualcosa di triste (come il 90% dei miei pranzi al lavoro), tornare a casa stanca morta dopo aver lottato per un posto vista ascella del vicino in metro non è che mi entusiasma particolarmente, quindi se posso farne a meno perché no?
Il Marito non prende mai un giorno di ferie per il suo compleanno, ma lo prende sempre per il mio, non so se mi spiego.
Farsi un regalo e riceverne idem: perché è una coccola, perché è bello scartare qualcosa.
Spegnere le candeline e conservarle, dopo averle spezzate (io mi dimentico sempre di farlo), è un momento che amo. Oh, sarò matto, che vi devo dire?
Oggi il Marito si è ricordato che abbiamo scordato le candeline e io ho detto che non importava.
"Amò non mi dire cazzate che se non c'hai le candeline piangi come una bambina di due anni" mi ha detto serio. Che poi ha ragione, io alle candeline ci tengo. Il mio regno per delle candeline, possibilmente gialle.


E infine: in fondo celebro anche mia madre che mi ha dato la vita qualche decennio fa, quindi sono anche generosa, lo faccio per lei.
E anche mio padre che mi ripete di continuo, quando telefono a casa e dico "passami mamma", che sono anche sua figlia. 
Sono una persona generosa in fondo.


Nb. Non auguri, ma opere di bene. O meglio, non auguri il giorno prima che porta male e io sono scaramantica.
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giovedì 19 aprile 2018

Mio marito non mi aiuta

Mio marito non mi aiuta.
Avete presente, no?
Il mondo dei mariti -o compagni che siano- si divide in due: quelli che aiutano e quelli che non aiutano.
Mio marito, come dicevo, non mi aiuta.
Non mi aiuta a pulire casa, non mi aiuta a sparecchiare, non mi aiuta a buttare l'immondizia, non mi aiuta in nulla.
Posso dire che il termine aiutare, in questo caso, fa schifo?

Il motivo -banale- per cui non mi aiuta è che fa tutto lui.
E la gente non fa altro che ripetermi che sono una donna fortunata, che ho fatto bene a sposarlo, in fondo è evidente che l'ho sposato -e prima ci ho convissuto per anni- per questo. 
Perché pulisce. 
Perché butta l'immondizia.
Perché porta fuori il cane che, per altro, preferisce lui a me (sto ingrato a quattro zampe).
Perché sparecchia e lava i piatti.
E anche un sacco di altre cose.
Insomma, perché a casa sua (nostra, eh, per dire che ci abita anche lui) fa delle cose che tornano utili anche a lui.
Proprio fortunata, eh.

Mio marito quindi non mi aiuta, mio marito semplicemente si occupa di casa sua e, visto che immagino ci sia un motivo se sta con me da anni, cerca di non accollarmi tutte le incombenze della vita. Che io già sono incazzata da morire per un sacco di cose, tipo la sveglia alle 6 ogni santo giorno, tipo l'ora di metropolitana ad andare e l'ora a tornare per raggiungere il lavoro, tipo le continue trasferte che mi portano a stare lontana da casa.

Ho un marito che si rilassa a spolverare e a passare lo Swiffer, una delle cose che ci costa più mantenere in casa, considerato che spendiamo più in pannetti -umidi o asciutti che siano- che non in cibo. Per dire, eh.
Si rilassa anche a lavare i piatti. O almeno così dice. Se non fosse vero, la considero una bugia a fin di bene per evitare che a me venga anche solo l'idea di mettermi a lavare una padella piena d'olio, cosa che -lo ammetto- mi fa venire l'orticaria. E la mia pelle va preservata dall'orticaria.
Io però mi rilasso dividendo il bucato per colore e stendendo e ripiegando panni puliti (ne avevo parlato qui). Ad ognuno il suo.
E tengo i conti in casa, sono una contabile. E li tenevo anche quando eravamo poveri, cosa che mi costava parecchia fatica mentale.


Però devo confessarvi un segreto, uno di quelli a cui non crederete mai: la casa -ve l'avevo già accennato- è anche sua, ci vive anche lui, il cane lo ha voluto anche lui (no, questo non è vero, è stata una mia idea, inizialmente non supportata a pieno dal marito; provate a togliergli il cane adesso), mangia anche lui, usa il bagno anche lui, si veste anche lui e potrei continuare all'infinito.
E ho anche un altro segreto: io lavoro. Da anni, io e il marito eravamo persino colleghi tanto tempo fa.
Lavoro e sto fuori casa anche dodici ore al giorno. 
Vado in palestra.
Faccio quello che posso.
A volte la sera mi addormento sul divano perché accuso moltissimo la sveglia alle 6 e non sono un'eroina che deve lottare per difendere il pavimento dai peli del cane a costo della vita.
E quando, per una serie di motivi, non sono andata al lavoro per un periodo più o meno prolungato non è mai stato scontato che io dovessi essere la cameriera tuttofare -quella se mi serve la pago- e lui quello che mi aiuta a pulire o a buttare l'immondizia solo dopo richiesta ufficiale.

No, non sono fortunata.
Mio marito si occupa di casa sua  tanto quanto me, solo che ci dedichiamo a cose diverse.
Pulendo, lavando i piatti e portando fuori la spazzatura non sta facendo un favore a me.
Si siede anche lui sul water per fare la cacca, non solo io. E anche a lui piace che il water sia pulito.
Anche a lui piace farsi un bel bagno caldo in una vasca pulita.
E potrei continuare all'infinito.

E no, non è merito di mia suocera che l'ha educato bene.
Cioò magari si, l'ha anche educato bene, ma mio marito è l'ultimo di sei figli, il piccolino di casa e ha passato tutta la prima parte della sua vita a letto, ingessato.
E mia suocera è un che nonostante abbia sei figli, quattro nipoti, una nuora e quattro generi pronti a fare qualsiasi cosa, non ti fa neanche fare il caffè in casa sua. Perché non siamo in grado dice.
Poi credo non lo pensi, ma sai mai.
Semplicemente, quando ha deciso di andare a vivere da solo (dove da solo si intende con me che in effetti sono anche parecchio ingombrante) si è reso conto subito che aveva una casa da gestire. Oltre che una fidanzata rompiscatole, si intende.

Quindi no, io non mi reputo fortunata.
Mi reputo una persona normale, con una vita frenetica come quella che ormai abbiamo tutti e che non ha nessuno intenzione di fare da cameriera ed elemosinare aiuto da parte delle persona che ho scelto. E che mi ha scelto.
Perché il peso di una casa (si, il peso perché gestire una casa è pesante) non può e non deve essere solo sulle spalle di una persona. A maggior ragione se quella persona viene scelta (da chi non sa) in base alla presenza della vagina.

E, che ci crediate o no, nessuno gli ha ancora detto che sua moglie è una pessima persona perché non lo aiuta.
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sabato 14 aprile 2018

Non sono io che devo adattarmi alla dieta, ma la dieta che deve adattarsi a me

Ho trovato una dietologa
E ci sono anche già andata.
E mi è piaciuta tantissimo, me ne sono praticamente innamorata.

Qualche giorno fa avevo scritto questo post lamentandomi perché non riuscivo a trovare qualcuno in grado di seguirmi che mi desse, per altro, una dieta sensata.
Ho ricevuto decine di messaggi, consigli, nomi che se avessi saputo che bastava scrivere qualcosa qui sul blog per trovare un medico competente e preparato, lo avrei fatto prima.
Alla fine ho scelto una dietologa (no, non una biologa nutrizionista) consigliata dalla mamma di una mia amica. 
L'input me lo ha dato il fatto che l'amica in questione ha perso moltissimo chili con questa dietologa e lo ha fatto mangiando, senza modificare completamente la sua vita in funzione della dieta.

Ed è così che ho preso appuntamento, ho preparato la mia cartella clinica e sono andata.
Ho passato una buona mezzora a raccontarle tutti i miei problemi con le allergie alimentari e quello che hanno causato soprattutto negli ultimi due anni (qui per saperne di più).
Mentre parlavo mi sono resa conto di una cosa: oggi sono diciassette anni. Diaciassette lunghissimi anni da allergica, diciassette lunghissimi anni in cui le cose sono solo peggiorate, diciassette lunghissimi anni in cui alcune volte non ho retto la situazione e sono scoppiata.

La dottoressa mi ha ascoltato, mi ha capito, ha voluto vedere tutti i farmaci che mi porto dietro (oltre alla cartella clinica composta da centinaia e centinai di fogli) con una me in versione  informatore scientifico spiegandole in base a cosa sceglievo uno piuttosto che un altro.
Poi mi ha pesata, misurata, fatto un esame del quale ovviamente non ricordo assolutamente il nome.
Quello che è venuto fuori è che si, c'è un po' di grasso, ma ho una buonissima massa muscolare.
Ovviamente mi sono gasata da morire che ecco, a qualcosa servira andare in palestra e in piscina, no?
Così come è evidente che i 10 km minimo che mi faccio ogni giorno al lavoro correndo da una parte all'altra servono anche loro a qualcosa.
E ho anche un metabolismo che lavora bene.
Ho anche un pessimo rapporto con il cibo, ma questo si sa.  È brutto da dire, ma io ho sempre fatto un'associazione tremenda tra cibo e morte (qui per saperne di più) che negli anni si è cercato di arginare, ma che a volte torna prepotente.



Tra qualche giorno sarà pronta la dieta e si potrà iniziare.
Quello che mi è piaciuto è che mi ha chiesto quali sono le mie abitudini, cosa mangio di solito, che orari ho, così come ho amato che mi ha detto che non sono io che devo adattarmi alla dieta, ma la dieta che deve adattarsi a me, cosa che a quanto pare non significa che potrò mangiare sushi sei volte a settimana, ma è comunque un buon inizio.
Scherzi a parte: la dieta deve adattarsi alle mie allergie (e mi pare il minimo), al mio lavoro, ai miei orari, alle mie abitudini. Certo qualche sacrificio bisogna pur farlo, ma stravolgere tutta la propria vita è assolutamente controproducente.
Lei ha memorizzato informazioni tipo: non metto lo zucchero nel caffè, non metto il sale quasi da nessuna parte (no, neanche nella pasta, al massimo un pizzichino), non mangio la mollica del pane (che lancio al Marito che finisce sempre per mangiare solo mollica) e via dicendo. Ognuno ha le sue fisime.
Quindi ecco, sono soddisfatta, molto soddisfatta. Soddisfattissima.

Il Marito e il cane hanno fornito tutto il loro supporto morale per la dieta, il che sarebbe bellissimo se non fosse che dovrei avercela con loro perché mangiano e non mettono su un etto.
Se io mangiassi quello che mangiano loro, diventerei un bue, ma tant'è.
E adesso non ci tocca che attendere la dieta e vedere che succederà.

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mercoledì 11 aprile 2018

Ho sposato un romanista (e non lo odierò mai abbastanza per questo)

Mio marito è romano di Roma. E romanista.
Per quest'ultima cosa non lo odierò mai abbastanza.
Perché, ecco, mio marito mi ha insegnato ad amare la Roma all'urlo di "la Roma non si discute, si ama". 
Mio marito, sempre lui, mi ha trasformata nella prima delle tifose.
Non lo dice, ma so che è felice di avere una moglie con cui discutere di calciomercato e che dice frasi tipo: "non leggo i nomi sulle maglie, ma so come sono messi in campo, per questo li riconosco".
É un po' meno fiero di me quando dichiaro ai quattro venti che Nainggolan è l'unico uomo al mondo per cui lo lascerei e non tanto perché teme di ritrovarsi senza moglie, ma perché sostiene -ovviamente sbagliando- che non è possibile che mi piaccia così tanto proprio quello lì. 
Per correre corre, per essere forte è forte, ma secondo lui non è bello.
Mi sembra evidente che non capisce un tubo.

Comunque il punto non è questo.
Il punto è che non odierò mai abbastanza mio marito perché mi ha fatto amare una squadra che, nella maggior parte del tempo, ti fa venire voglia di prendere a pizze in faccia i giocatori uno per uno.
E che ti fa soffrire. Perché la Roma ti fa soffrire quasi sempre, sarà che è l'eterna seconda, saranno i dieci pareggi di fila di qualche tempo fa in campionato, sarà la finale di Coppa Italia persa con la Lazio che va bene tutto, ma perdere con la Lazio no.
O forse sarà anche che certe volte scendono in campo (i giocatori, eh) con una supponenza che ti fa arrabbiare, chi lo sa, però essere romanisti è difficile. Molto difficile.
Si soffre senza se e senza ma. Si soffre e basta.

Ma ecco, ci sono serate come quelle di ieri sera per cui vale la pena tifare Roma.
Quello che non sapete è che il Marito, quello romano di Roma, ieri sera era allo stadio a vedere il quarto di finale di ritorno di Champions League: Roma- Barcelona.
Lo stesso marito mi aveva rincoglionita dicendo che era ingiusto e immorale che avessero messo in vendita i biglietti prima della gara di andata che tanto sarebbe stata miseramente persa e che per i blaugrana sarebbe stata una partita di allenamento, quindi al massimo dovevano regalarli. 
Gli ho spiegato decine di volte il motivo per cui il suo discorso non aveva senso e, serafica, gli ripetevo "Non succede, ma se succede che fai? Non vai a vedere la semifinale immagino visto che fai questi dicorsi".
Mi ha mandata a quel paese. No davvero, mio marito mi ha mandata a quel paese.
Lui intanto aveva il biglietto e io no visto che gli avevo detto: "Sarò a Milano per lavoro, inutile che lo prendi anche per me".
Poi invece ero a Roma, arrabbiata come una biscia perché il quarto di finale contro il Barcelona meritavo anche io di vederlo, solo che quando ho saputo che ci sarei stata i biglietti erano solo un lontano ricordo.

Ieri sera io sono rientrata a casa, ho fatto una doccia, ho preparato la cena e mi sono piazzata sul divano con cane al seguito. 
Che poi eh, quando io ci sono partite con andata e ritorno non so fare i conti. É la triste storia della mia vita. Quindi mi ritrovo a chiedere sempre e comunque quanti gol servono con elenco dei risultati possibili. Una povera cretina insomma.

Quello che non avevo previsto è che sarebbe stata una notte magica, come la Roma, e forse voi che non seguite il calcio  e non siete romanisti penserete che sono una matta, ma questo è.
Adesso capisco il mio amico Dario, siamo amici da una vita, siamo nati a distanza di tredici giorni l'uno dall'altra e lui è romanista da sempre che, ecco, un romanista a Palermo non si era mai visto prima, ma lui è sempre stato fedele, fedelissimo e innamorato della Roma. Ha il cuore mezzo giallo e mezzo rosso lui. Dario, sappi che io il caso del motorino che ti eri fatto dipingere di giallorosso quando avevamo diciassette anni me lo ricordo bene.
Comunque, ecco, è stata una notte magica, ve l'ho detto: sola a casa, col cane a pois bianchi e neri che mi azzannava le caviglie ad ogni urlo e il mio amico Max con cui parlare tramite Whatsapp. Delirando.
Ad un certo punto mi ha detto che se non ci fosse stato quel mangialumache di Gonalons forse ci avrebbe creduto. Poi al rigore mi ha detto che si stava sentendo male. A Max ho mandato un messaggio vocale urlando al fischio finale dell'arbitro. Ed era di Max il primo messaggio che ho letto stamattina, inviato ieri sera quando io dormivo già da un pezzo, in cui mi diceva che stava andando a Trigoria. 

Mentre la Roma batteva il rigore, quello che ha aperto le speranze (perché ecco, non ditemi che a quel punto non ci avete sperato anche voi) io ero in ginocchio con la testa tra le mani spalle al televisore con il cane che mi guardava perplesso. Molto perplesso.
Gli ultimi cinque minuti che poi sono diventati nove avevamo tutti una crisi d'ansia pazzesca perché la Roma è così. La Roma può distruggere tutti i tuoi sogni al 94'. O anche al 98' quando c'è (98' senza supplementari, sia chiaro) e un romanista lo sa. 
Al fischio finale ho iniziato a urlare, mi ha chiamato il marito piangendo. Si piangendo, roba che non ha pianto neanche il giorno del nostro matrimonio mentre io non smettevo di lacrimare copiosamente.
Sono partiti i fuochi d'artificio sotto casa e considerate che io abito a più di venti km dallo stadio.

Io lo so che sembra una cazzata, eh. Me ne rendo conto, ma vorrei farvi notare che io sono la stessa persona che ha pianto disperata quando Vanessa Ferrari ha perso la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Rio de Janeiro (qui per saperne di più). E non c'è stato verso di farmi calmare per ore.

Ho pianto per l'ultima partita di Totti, anche se -lo ammetto- sono una di quelle che ha detto che era diventato un peso per la squadra. Scusa Francè, davvero. 

E comunque non me l'aspettavo. Non avrei mai potuto pensare che la Roma battesse una delle squadre più forti del mondo in rimonta e che andasse in semifinale di Champions League.
No, non me l'aspettavo proprio.
Sarebbe stato un sogno, eh, ma i sogni non sempre di realizzano.

Insomma, a casa nostra siamo romanisti, di quelli che vanno allo stadio, di quello che amano profondamente la propria squadra. Abbiamo il cane a pois bianchi e neri che abbiamo sempre chiamato lo juventino, ma questa è un'altra storia.
A casa nostra ieri sera è stata una serata pazzesca, dal rigore in poi perché prima, ecco, non è che ci avessimo creduto molto, eh.
Ho un padre che prima di ogni partita della Roma mi scrive che dovremmo chiuderci in casa con le tapparelle abbassate e che, durante la partita, mi chiama per chiedermi se il marito è ancora vivo. 
Ho un marito che è un disfattista incredibile.
Ho un marito che ieri sera ho sentito felice come un bambino. E tanto mi basta.
E forse, dico forse, mi ha fatto un grande regalo, quindi non posso odiarlo: mi ha regalato l'amore per la Roma che è una delle cose più belle che potesse fare. Si, anche se si soffre sempre.


Ah no, non mi basta, c'è qualcosa da aggiungere, prima che lo diciate voi ve lo dico io: ci sono sicuramente cose molto più importanti di una partita di calcio, avete ragione, ma io tutta la vita a piangere perché il mondo fa schifo non la posso passare, quindi gioisco per queste cose. E lo farò per sempre.
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lunedì 9 aprile 2018

Devo mettermi a dieta (e non ho ancora trovato un dietologo)

Devo mettermi a dieta.
O meglio: mi serve un dietologo che sia in grado di creare una dieta su misura per me tenendo conto di tutti i miei problemi con il cibo (qui per saperne di più)
Io mangio poco, ma mangio male.
No, non nel senso che mangio schifezze, ma non ho -e non avrò mai- una dieta equilibrata perché sono troppe le cose che, per forza di cose, non posso mangiare.
Me ne sono fatta una ragione, va bene così.
Un paio di anni fa avevo perso parecchi chili, poi ho iniziato a stare male, malissimo e nessuno capiva cosa avessi, ad un certo punto mi avevano persino detto che avevo una massa tumorale e non l'avevo presa molto bene. Diciamo pure che avevo iniziato a piangere disperata pregando mia madre di venirmi ad assistere nei miei ultimi giorni di vita. Era metà Dicembre e io pensavo che non sarei arrivata a Natale, invece è passato un anno e mezzo e sono ancora qui. Senza massa tumorale aggiungerei.


Comunque, negli ultimi due anni è stato un continuo entra ed esci dagli ospedali, un'angoscia senza fine, farmaci come se non esistesse un domani e soprattutto lui: il cortisone.
Mi hanno riempita di cortisone esattamente come si riempie un tacchino negli Stati Uniti per il giorno del Ringraziamento. Ci mancava solo che mi mettessi a goglottare (si, il tacchino goglotta, giuro).
Il risultato di sta rottura di scatole è che sono gonfia. 
E sono anche, ad onore del vero, ingrassata. A darmi il colpo di grazia è stato sicuramente il ginocchio rotto che ecco, due mesi spiaggiata tra divano e letto non è che mi abbiano esattamente fatto benissimo.

Comunque, io sono una che non mangia granché, ho proprio un pessimo rapporto con il cibo (e credo anche ci averne ben donde), però evidentemente serve qualcuno che mi dica cosa mangiare e quando.
Ho anche perso qualche chilo ultimamente, sarà stata la palestra credo, però ecco: non sono soddisfatta.
A darmi la spinta a cercare un dietologo è stato questo post che ho letto una sera per caso e che, giuro, mi ha dato una motivazione assurda.
Ho iniziato la ricerca e ho trovato una nutrizionista che -ammetto- mi aveva anche colpito positivamente. Sbagliavo. Oh, se sbagliavo. Che poi non era neanche un medico dietologo è venuto fuori alla fine, ma una biologa nutrizionista.
Niente di strano se non fosse che a chi ha patologie legate al cibo, una dieta va prescritta da un dietologo.
Comunque, io parto sempre, in casi del genere, spiegando che ho dei problemi di allergie alimentari gravi. Molto gravi. Gravissimi.
Spiego tutto -anche se non mi piace farlo- con una precisione che stupisce anche me.
La prima cosa che non mi è piaciuta è stata "eh, ma una dieta senza legumi non si può fare, non puoi provare a mangiarli?"
No, non posso. Perché ok che voglio dimagrire, ma non voglio farlo da morta. Per dire, eh.

La seconda cosa che non mi è piaciuta è stata la manifesta intenzione di inserire nella dieta cibi praticamente introvabili in un comune supermercato. Che io ci credo che siano più buoni e più salutari, ma forse andare a cercare la pasta di kamut aromatizzata all'avena potrebbe farmi desistere dal fare la dieta.
Per di più, io compro solo determinati tipi di pasta e lievitati vari che non contengano grano che, lo so, pare brutto, ma non ci posso fare nulla.
"I prodotti confezionati sono il male".
Non lo metto in dubbio, ma io la pasta in casa non c'ho tempo di farla ogni giorno. E manco la pizza. E manco il pane.
Mi piacerebbe eh, se posso la farei volentieri, ma non saprei davvero quando.

La terza cosa che non mi è piaciuta riguarda i miei orari.
Io faccio colazione alle 6, pranzo intorno alle 13,15, ceno intorno alle 21,30.
La colazione è molto presto e la cena molto tardi, lo so, me ne rendo conto, ma questi orari non li ho scelti io.
Se fosse per me, mi sveglierei la mattina alle 11, ma non posso. E, per onore di cronaca, mi lamento ogni santo giorno di questa cosa. Ho sempre odiato il turno di mattina e adesso praticamente faccio solo questo (si, ne ho approfittato anche stavolta per lamentarmi).
E, sempre se fosse per me, eviterei volentieri di tornare a casa alle 21, ma non ho grosse alternative.
La proposta della dietologa è stata di cenare alle 18, in metropolitana, e la sera cucinare per il Marito e bere una tazza di latte.
Ora, forse sono troppo esigente io, ma già pranzo fuori casa, l'idea di cenare alle 18 seduta in metro (ammesso e non concesso di riuscire a sedermi) non mi alletta moltissimo. Così come non mi alletta l'idea di cucinare per il marito (che, sempre per onore di cronaca, è perfettamente in grado di prepararsi la cena) e guardarlo mangiare. Anche perché, quelle rare volte che riusciamo a cenare insieme, è un momento bellissimo, in cui -oltre a mangiare- parliamo, ci raccontiamo quello che è successo e via dicendo. Insomma, è un momento per stare insieme.
E quindi, ecco, non mi va bene rinunciare a questo momento in favore di una cena consumata a ora di merenda in metropolitana.

Ho un'idea -forse sbagliata- per cui una dieta deve essere studiata sulle esigenze di chi sta a dieta che se deve diventare tutto troppo complicato logisticamente alla fine uno si stufa e non la segue.
Quindi, ecco, sono alla ricerca di un/una dietologa più pratica che non mi chieda di cenare in metro e che non mi faccia fare tutto a mano la notte. Ce la farò?

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giovedì 5 aprile 2018

Sono rientrata a Roma per restarci (e ho ricominciato a dormire)

Sono rientrata a Roma. Per restarci.
Avrei dovuto continuare con le trasferte fino a metà Aprile, forse addirittura fino a fine Aprile, ma alla fine un martedì a pranzo mi hanno detto che dovevo rientrare subito.
Gli ultimi giorni prima della partenza sono stati tremendi -c'è stato un problema dietro l'altro- e non ho fatto altro che piangere. Sono seria, eh.
Venerdì scorso, alle nove del mattino, non sapevo ancora se sarei riuscita a partire o no. Genitori e Marito erano in trepidante attesa.
Ad un certo punto, saranno state le dieci, ho mandato un messaggio per dire: "Cerco di capire come si arriva in autostrada e vi chiamo".
Da lì, è iniziato il lunghissimo viaggio verso casa.
Lunghissimo perché, vuoi che era venerdì santo, vuoi che ero stanca e non dormivo da tre giorni, ci ho messo tantissimo.
Che poi, a pranzo, ho anche trovato il simpaticone che mi ha chiesto di lasciargli il posto dove, dopo mezzora a cercare, avevo messo la mia fedele macchina. "Abbiamo fame e dobbiamo andare in bagno" mi ha detto. Io invece mi ero fermata per contare le mattonelle del pavimento dell'autogrill.
Ad un certo punto, ho anche fatto un'altra sosta per chiudere gli occhi mezzora.
Ho la patente da quasi quattordici anni, è più di un decennio che faccio viaggi in macchina da sola guidando per ore e ore, ma stavolta ho sentito la necessità di fermarmi e riposarmi perché, mi sono detta, che a casa non ci sarei arrivata.
Che poi, non so voi, ma quando faccio tanti km in autostrada, ogni volta che leggo il nome di uno svincolo mi vengono in mente tutte le cose che si mangiano in quel determinato posto e mi viene fame. Praticamente ho viaggiato morendo di fame pensando a tutte le cose buonissime che avrei potuto mangiare in Emilia-Romagna e in Toscana.

Quando ho iniziato a vedere i cartelli per Roma mi sono sentita sollevata, quando ho visto il casello di Roma nord ho pensato "è fatta", anche se non era fatta manco per niente visto che da quel casello a casa mia ci sono più di 50 km, con tanto di G.R.A. nel mezzo. 
Stavolta non ho pianto come tre anni fa perché in fondo era tutto completamente diverso. Lì ero molto provata per una serie di motivi, non ultimo il mio primo switch e il famoso licenziamento collettivo per chiusura ramo d'azienda (qui per saperne di più, ma occhio che questo post ha un carico emotivo non indifferente). Sta botta il rientro a casa ha segnato solo la fine delle trasferte.
Quello che so, ora come allora, è che Milano non fa per me.
Non so se è un caso, ma a me Milano ha sempre creato problemi, magari il problema sono io, chi lo sa, ma ecco: sto meglio a casa mia.

Insomma, sono arrivata a casa, il Marito non c'era e ho scaricato le valigie (due trolley di cui uno praticamente vuoto) e ho pensato che ero finalmente felice.
Il Marito -ve l'ho detto- non era a casa, ma al lavoro e l'unica cosa che gli avevo detto era stata: "Amore, io non credo riuscirò a preparare la cena".
Mi ha risposto: "Sti c***i della cena, io voglio te". E lì, come mi succede spesso, ho pensato che ho sposato l'uomo giusto, quanto meno per me.
Ho aperto la porta di casa e il cane è impazzito, giustamente erano tre settimane che non mi vedeva.
Da quel momento in poi, non sono più riuscita a scollarmelo di dosso, ad un certo punto me lo sono ritrovata che mi fissava mentre facevo la pipì.
"Nano, io ti amo, ma potrei almeno fare la pipì in pace? Io mica ti guardo mentre inondi di liquido giallognolo gli alberi del quartiere, eh".

Una delle cose più belle di quella giornata, casello di Roma nord a parte, è stato sicuramente riabbracciare il marito.
Lo stesso marito che per giorni ha esaudito ogni mio desiderio, non che normalmente non lo faccia eh, ma davvero mi sono sentita una principessa.
E quella sera, finalmente, ho dormito come un sasso. E lo stesso ho fatto la sera dopo, svegliandomi solo perché cane e marito mi hanno portato la colazione a letto (si lo so, il cane non ha il pollice opponibile quindi di fatto non può avermi preparato il caffellatte, ma insieme alla colazione è arrivato anche lui a svegliarmi, quindi merita di essere nominato).
Casa mia, le mie abitudini, il Marito, il cane, Roma. 
Ho fatto lunghe passeggiate per Roma insieme al Marito, mi sono guardata intorno e ho pensato che è bellissima e che profuma di casa come nessun altro posto al mondo.


Ieri sono tornata anche in piscina, la mia piscina, con il fondo chiaro come piace a me (qui per saperne di più) e mi sono sentita davvero felice. Che poi, in realtà, non sarei dovuta andare in piscina, ma avrei dovuto seguire un corso in palestra, poi ho visto l'acqua, ho sentito il profumo del cloro, ho pensato a quanto mi piace quella piscina e non ho resistito a farmi una lunga nuotata rigenerante.

E insomma, è ricominciata la routine romana che, al momento, prevede la sveglia alle 6 e l'uscita da casa entro e non oltre le 6.50: a me che ho sempre odiato il turno di mattina pare un crimine contro l'umanità uscire di casa a notte fonda, ma l'importante è che io sia a casa. Tutto il resto è rumore bianco.

Che poi, sembra quasi che io sia andata in guerra, ma sarà che è stato un periodo difficile, sarà che ultimamente non sono stata benissimo, ero davvero stremata e tornare a casa per restarci mi ha davvero resa felice.
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