Visualizzazione post con etichetta Sicilia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Sicilia. Mostra tutti i post

domenica 2 settembre 2018

Palermo: allergici in viaggio

Palermo, interno notte, rosticceria.
"Scusi, con che olio friggete?"
"Ma quale olio signora, friggiamo con lo strutto"
"Benissimo, grazie, allora mi dia tutto".
"Amore ma lo strutto non è un po' pesante?"
"Sempre meglio dell'olio di arachidi, non pensi?"
"In effetti..."

Mi piace mangiare e tanto anche.
Se devo scegliere una cucina che amo più di ogni altra cosa, scelgo quella della mia città natale a costo di sembrare di parte.

Quando ho scoperto di essere allergica, Palermo -dove all'epoca vivevo- non era pronta così come probabilmente non era pronto nessun altro posto: erano tempi in cui di allergie si parlava pochissimo, qualcuno conosceva la celiachia (che non è un'allergia, eh, tenetelo a mente), ma per il resto zero proprio.

Era l'estate del 2007 quando, tornando dal mare con mia madre, ci eravamo fermate a prendere un gelato, la barista aveva mentito sugli ingredienti pur di vendere un cono e io ero finita in ospedale con il labbro che mi arrivava alle ginocchia. Ai tempi non esisteva neanche la normativa sull'etichettatura dei cibi che obbligava ad evidenziare gli allergeni.
Era l'estate del 2017, appena un anno fa, quando un barista faceva casino con una paletta per il gelato e mi mandava per direttissima nel vicino ospedale (lo avevo raccontato qui).
È tutta la vita da allergica che sento minimizzare il problema, che quando chiedo qualcuno ride, che la gente dice che gli allergici devono stare a casa loro (qui trovate il mio sfogo), che dico di essere allergica e mi chiedono a cosa sono intollerante. Succede ovunque, succede sempre e comunque, ma io -testarda come un mulo- non mi sono mai arresa nel pretendere una vita (quasi) normale: non ho mai smesso di uscire, di viaggiare, di mangiare (no, non le cose a cui sono allergica ovviamente).
Sono peggiorata, gli alimenti da associare alla parola morte sono aumentati, ma io ho continuato imperterrita a pretendere questa normalità.
L'ho fatto con gentilezza, spiegando a tutti qual 'è il problema, prendendo un milione di accorgimenti e chiedendo in bar, ristoranti, gelaterie tutto quello che mi serviva sapere per capire se potevo o meno mangiare qualcosa.
Ho sviluppato un sistema di indagine di una precisione pazzesca, con domande mirate che altro che gli interrogatori ai criminali.
Una delle domande preferite è "con che olio friggete?" e ho stabilito che non dico subito qual 'è l'olio che non ci deve essere perché, sai mai, potrei influenzare la risposta, ma di domande ce ne sono tantissime. Poi osservo e tanto anche, a volte dico di si, altre volte scuoto la testa perché non mi fido e ce ne andiamo.

Dicevo: vent'anni fa Palermo non era pronta e non era la sola.
Questo non essere pronta è durato una vita o almeno a me quello è sembrato.
Poi quest'anno la svolta.

Sono entrata nella gelateria dove l'anno scorso mi avevano quasi uccisa, nessun altro forse lo avrebbe fatto e ho notato subito che hanno migliorato le cose per evitare episodi come quello che è accaduto a me. Sono più attenti, più precisi e di me, per inciso, si ricordavano.
"State attenti alla signorina, qualcuno si dedichi solo a lei".

Ho mangiato fuori spesso e volentieri e quando ho fatto qualche domanda senza inizialmente dire perché (ve l'ho detto, non voglio influenzare le risposte in un primo momento) tutti -e quando dico tutti intendo tutti- mi hanno anticipato: "Signora, è allergica, vero?"
Non mi hanno chiesto se fossi intollerante, mi hanno chiesto se fossi allergica che a voi sembrerà una piccolezza, ma non lo è.
Mi hanno, ancora prima che lo chiedessi, mostrato, spiegato, fatto vedere.
Sono stati tutti onesti, hanno controllato, ricontrollato, controllato ancora una volta.
Qualcuno che mi ha sentito chiedere ha aggiunto che le allergie sono pericolose, che le conosceva perché aveva letto qualcosa al riguardo o che conosceva un allergico. 
Quando ho chiesto qualche accorgimento particolare, in realtà lo avevano già previsto loro.
È successo ovunque, sempre e comunque.
Non avevo mai avuto la sensazione di sentirmi così sicura, così capita, così uguale a tutti gli altri clienti di un ristorante. 
Che poi, diciamo la verità: se io avessi un ristorante e arrivasse una cliente come me sarei disperata. Lo dico davvero, eh. Una che non mangia un tubo, che fa tutte quelle domande, che però ama il cibo e mangia come un bue non sarebbe il mio cliente ideale.
Sarò impopolare, ma avere a che fare con una -come me- che è un dito al c**o simile quando deve mangiare è una cosa che mi risparmierei volentieri. Cioè, quando devo fare la spesa o cucinare o andare a cena da qualcuno mi sto sulle palle da sola, figuriamoci agli altri.

Sono andata al mercato con mia mamma e abbiamo trovato gente attenta e disponibile.
Ho passato quasi un'ora a parlare di allergie dal fruttivendolo: io caso umano, lui allergico alle nocciole, siamo tornati a casa pieni di frutta e verdura.

Ho trovato commovente che, in un mondo in cui ancora si chiama frutta secca la frutta a guscio e si pensa che le arachidi facciano parte della categoria, ci fosse chi da il nome giusto alle cose.
Ho anche trovato commovente nella patria di mandorle e pistacchi ci fossero comunque milioni di dolci che aspettavano solo di essere mangiati da me (senza mandorle e pistacchi ovviamente).


Ho visto mia zia dire fiera, in occasione di una cena a casa sua, che non c'erano determinate cose in casa perché sua nipote è allergica. 
E ho visto, per la prima volta in tanti anni, i miei genitori e il marito guardarmi mangiare sereni. E, in effetti, quest'anno non ci sono stati intoppi.

Qualsiasi cosa sia successa, sapere che tanti sanno e capiscono per me è un traguardo enorme.
Che questo traguardo lo abbia raggiunto la mia città mi riempie il cuore d'orgoglio.


Se vi interessa avere qualche dritta per viaggiare con le allergie alimentare cliccate qui.
Continua a Leggere

sabato 1 settembre 2018

Segesta che sembra Grecia, ma invece è Sicilia

Qualche anno fa, per caso, mi ritrovai per una selva oscura che la diritta via era smarrita a passare davanti il Tempio di Segesta con il Marito. Era sera, il parco archeologico era chiuso, ma il tempio illuminato era davvero molto suggestivo.
Da quel giorno, il Marito è entrato in fissa con Segesta che voleva assolutamente visitare, visto che evidentemente non gli era bastata la Valle dei Templi di Agrigento.
Entrambi sono posti meravigliosi, sia chiaro, ma provate ad andare con 48° all'ombra e il sole che picchia forte e poi ne riparliamo.


Comunque, dicevo che il Marito voleva assolutamente vedere Segesta e qui è necessaria una precisazioni: io sono stata a Segesta almeno una volta l'anno dai sei ai diciassette anni.
L'ultima volta che c'ero stata ero andata con la scuola: in occasione di un gemellaggio con un liceo greco, i professori avevano avuto la brillante idea di portare questi ragazzi greci a vedere un tempio ed un teatro greco visto che ovviamente ad Atene mica ce l'hanno il Tempio greco (se ve lo state chiedendo, la risposta è si, sono sarcastica). Si, ho ripetuto la parola greco un numero spropositato di volte, giusto a sottolineare l'assurdità della cosa.
Che poi per carità, magari il Tempio greco di Segesta è tenuto meglio del Partenone, io questo non lo so, ma non ho mai pensato fosse stata un'idea geniale, ma tant'è.

Anche quest'anno, come da tradizione, il Marito ha espresso in modo pacifico e per nulla insistente la sua volontà di andare a Segesta, ma la sua euforia è stata frenata dal fatto che gli ho spiegato che io, in caso di caldo afoso, valuto solo un'opzione: il bagno al mare di una durata minima di sette ore consecutive con pausa solo per mangiare il gelato.
Poi è successo che quest'anno Agosto ha pensato bene di fingersi Novembre e così siamo andati con la bellezza di 30° invece che 45° che comunque è già un buon risultato. Si gronda sudore comunque, eh, ma almeno non si stramazza morenti al suolo.

Cosa c'è da vedere a Segesta?
Segesta è un parco archeologico, si trova a Segesta-Calatafimi, in provincia di Trapani, a meno di 80 km da Palermo. C'è proprio l'uscita autostradale per Segesta e si finisce letteralmente in bocca al parco archeologico.
Tenete a mente che Segesta è praticamente solo il parco archeologico e Calatafimi è il paese.
All'interno del parco archeologico ci sono un Tempio e un teatro greco. E poi c'è un sacco di natura, se vi piace il genere.
Bisogna munirsi di scarpe comode perché si cammina sullo sterrato e sul brecciolino e forse camminare lì con le scarpe con tacco a spillo non è una buona idea (lo preciso perché ne ho viste parecchie di donne taccomunite rischiare di cadere e rompersi l'osso del collo).








Sono abbastanza certa che un tempo si potesse parcheggiare nel parcheggio del parco archeologico, ma adesso non si può più fare. Adesso c'è un parcheggio convenzionato a meno di due km con un servizio navetta compreso nel prezzo.
Per parcheggiare una macchina si pagano 5€ e tutte le persone a bordo possono prendere la comoda navetta senza aria condizionata.
Se state pensando di parcheggiare sulla strada sappiate che non si può perché tutta la zona ha il divieto di sosta e di fermata, quindi l'unica soluzione è questo parcheggio.

L'ingresso al parco costa 6€ e si può restare quanto si vuole.
Il Tempio è a pochi passi dall'ingresso e merita tutte le attenzioni del mondo.
È immerso nel verde e nel silenzio.








Il Teatro invece è a 1250 metri dall'ingresso, con un dislivello di circa 500 metri.
C'è un comodo servizio navetta, il biglietto costa 1.50€ a/r e onestamente vi consiglio di prenderlo se fa caldo.
Ho visto gente salire a piedi sotto il sole con passeggino e neonato e non mi è sembrata una buona idea. Considerate che lungo la strada non c'è assolutamente nulla: né un bar, né un bagno, né tanto meno un filo d'ombra. Se cominciate la salite poi dovete finirla o tornare indietro.
Dalla cima si vede un paesaggio meraviglioso, si scorge anche il golfo di Castellammare del Golfo (non si chiamerebbe così se non fosse un golfo, no?) ed è davvero uno spettacolo.
Noi siamo rimasti parecchio tempo a goderci la pace e il silenzio, il Marito era contento come un bambino a cui è stata regalata la Play Station 4 e io mi sono goduta un posto che avevo si visto decine di volte, ma che forse -sarà stata l'età- non avevo apprezzato abbastanza.




Consiglio di andarci? Si, ma eviterei i periodi di caldo afoso, ve l'ho detto che con il caldo io valuto solo bagno al mare e gelato.
Consiglio anche di andare a vedere gli spettacoli al teatro che ci sono per tutta l'estate e che sono molto suggestivi.


Se volete leggervi la battaglia dello scorso anno tra l'andare a Segesta e l'andare a Erice, cliccate qui.

Continua a Leggere

venerdì 24 agosto 2018

Complesso Vulcanico dell'Etna: e tu ci sei mai stato sulla Luna?

L'Etna è un vulcano e questo credo lo sappiano tutti.
È anche il vulcano più grande d'Europa ed è attivo: praticamente ogni tanto si sveglia, butta fuori un po' di lava incandescente e poi si rasserena fino all'eruzione successiva.
Il caso vuole che questo vulcano più grande d'Europa, nonché molto attivo si trovi in Sicilia, quindi non potevamo non andarci.
A voler essere sinceri, io c'ero già stata a dodici anni e di quella gita ricordo solo sabbia e cenereivulcaniche di differenti colori in base ai materiali in essa contenuti. Non so se questo ricordo è reale o una distorsione della mia mente, ma tant'è.
Il Marito invece non c'era mai stato e, ovviamente, voleva assolutamente andarci. Credo che lo abbia detto per almeno cinque anni e, ogni anno, è stato amabilmente rimbalzato perché il vulcano è sicuramente bellissimo, ma il mare -almeno per me- lo è di più. 
Quest'anno, magnanima come sono, mi sono lasciata convincere.


L'Etna si trova a ridosso di Catania e dista da Palermo, il nostro campo base, circa 250 km, poco più di tre ore di macchina. Ci si arriva percorrendo l'autostrada A19, noi abbiamo preso l'uscita per Misterbianco e seguito le indicazioni: ad un certo punto comincia una salita di poco meno di 30 km che termina in bocca al vulcano (o quasi). 
All'inizio della salita c'è la fabbrica Condorelli, quella di torroni e torroncini che oserei dire è famosa ovunque, e io non ho potuto fare a meno di immaginare un'eruzione gusto torroncino con mandorle e pistacchi ovunque (si, ho molta fantasia).
Ad un certo punto si entra all'interno del Parco dell'Etna, ma non illudetevi: ci saranno ancora diversi km da fare prima di arrivare a destinazione.

Man mano che si sale, la temperatura scende: in autostrada c'erano circa 32° e, quando siamo arrivati al parcheggio dell'Etna, ce n'erano 21°.
Il parcheggio è in parte a pagamento e in parte gratuito, se non erro la tariffa giornaliera è di 6€, ma noi -per una volta- siamo stati fortunati e abbiamo parcheggiato senza pagare.
Dove c'è il parcheggio (quota 1900 metri), ci sono anche parecchi negozietti, l'ingresso ai crateri Silvestri, il famoso Rifugio Sapienza che costituisce la base della stazione sciistica  (si, sull'Etna si scia) e infine c'è -appunto- l'ingresso alla funivia dell'Etna.
Considerate che tutte queste cose, piste da sci comprese, sono state distrutte dalla lava almeno una volta.




È necessario fare una doverosa premessa: se siete allenati, avete delle buone scarpe da trekking e magari anche i bastoni, non avete problemi con il dislivello e siete in grado di camminare su sabbia  e ceneri vulcaniche potete anche farvela a piedi.
Io non avevo previsto di andare sull'Etna, quindi il meglio che ho trovato erano le Air Max che restano le scarpe più comode della storia secondo me, ma di sicuro non sono scarpe da trekking.
Sono discretamente allenata e lo stesso vale per il Marito, ma ecco: camminare con il dislivello sulla cenere vulcanica non ci è sembrata un'idea geniale, quindi abbiamo optato per la funivia.
La funivia ha un costo a/r di 30€ a persona, è aperta dalle 9 alle 16.15 e non si ferma mai (durante l'orario di apertura ovviamente). Con la funivia si arriva ad un rifugio (quota 2500 metri) con bar e terrazza panoramica. Ci sono dei monitor che in tempo reale mostrano le condizioni meteorologiche della cima dove si trovano i crateri Sommitali ed è possibile noleggiare giacche a vento e scarponi (me ne sono accorta al ritorno ovviamente).
Per la cronaca, io sulla funivia -mentre salivamo- me la sono fatta sotto.











Uscendo dal rifugio ci sono delle jeep per continuare a salire e, anche in questo caso, siete liberi di scegliere se prendere la jeep o andare a piedi.
Il costo della jeep è di 15€ a/r a cui si aggiunge il costo della guida (che è obbligatoria) di 9€.
Con la jeep si arriva alla Torre del Filosofo (quota 2900 metri) e si prosegue a piedi per esplorare i crateri Sommitali, fino ad un altezza massima di 2950 metri.


La temperatura percepita a quell'altezza era di circa 12° e vi assicuro che passare da 32° a 12° con un paio di shorts non è esattamente una cosa simpatica. La fortuna ha voluto che mia madre, santa donna, ci avesse obbligato a portare felpe e quant'altro per proteggerci dal freddo, io probabilmente non ci avrei mai pensato (e infatti non ci avevo pensato).


Noi abbiamo trovato una guida uguale a Messner, forse aveva giusto i capelli un po' più chiari.
Il paesaggio che si trova davanti è pazzesco, se vi piace il genere: sembrava di stare sulla Luna.
Non che io sia mai stata sulla Luna sia chiaro, ma la sensazione è quella, non chiedetemi perché.










Cosa abbiamo imparato visitando l'Etna?
Che a 2900 metri ci sono circa quattro crateri attivi e trecento inattivi: i crateri inattivi non si riaprono, semmai se ne apriranno di nuovi.
L'ultima eruzione, quando siamo andati noi, era avvenuta nell'Aprile 2017, ma è notizia fresca fresca di un'eruzione di Agosto 2018 che, a saperlo prima, ci saremmo organizzati per andarla a vedere visto che il Marito era tremendamente entusiasta all'idea di un'eruzione (io no, ma credo sia superfluo sottolinearlo).
La lava contiene ferro, tant'è che il colore rossastro della sabbia vulcanica è dato dal ferro che, esposto all'aria umida, si arrugginisce. Io ho riso mezzora pensando fosse uno scherzo della guida, ma pare sia vero, eh.
Toccando in alcuni punti, quelli da cui esce un po' di fumo, la sabbia è caldissima, quindi -se siete scemi come me- vi gaserete un sacco.
L'Etna cambia continuamente altezza e dimensione in base alle eruzioni e alle conseguenti colate di lava, l'ultima volta che lo hanno misurato era 3350 metri. Viene da se che viene misurato di continuo ed è anche monitorato costantemente, sapete com'è.




Volendo, si può arrivare anche a quota 3300 metri con un'escursione organizzata che dura circa cinque ore, di cui quattro ore e mezza di cammino, per la quale è obbligatoria (ovviamente) una guida esperta, scarpe da trekking, bastoni e un minimo di esperienza che noi, ad esempio, non abbiamo.
È assolutamente fatto divieto andare in alcune zone da soli, ci sono tantissimi cartelli che lo dicono, anche se ovviamente le guide oltre a fare, appunto, da guida, facevano anche da cani da guardia visto che è evidente che non tutti sono in grado di leggere i cartelli.
Sarebbe anche vietato spostare sassi -piccoli o grandi che siano- di lava, ma abbiamo avuto il piacere di osservare un piccolo selvaggio biondo che lanciava i sopra citati sassi sulla gente e infilava quelli che gli piacevano di più sui Tupperware che mamma e papà si erano portati da casa. Che fai non te la porti a casa un po' di lava come ricordo della gita sull'Etna?
Mamma e papà del selvaggio biondo erano entusiasti e emettevano gridolini ad ogni lancio del pargolo prodigio, ma sono bambini e vanno assecondati, eh.

Ricapitolando: per fare un'escursione di questo tipo noi abbiamo impiegato, da quando abbiamo parcheggiato l'auto, circa cinque ore.
Il costo totale a persona è di 54€ per funivia, jeep e guida.
Vale la pena visitare l'Etna? Secondo me si, merita davvero tantissimo, in fondo non capita tutti i giorni di avere la Luna a portata di mano.

L'Etna è un posto da vedere, scoprire e amare, c'è anche dell'altro oltre a questo come ad esempio il parco avventura per i più piccoli, il bosco di betulle bianche e l'hotel sepolto dalla colata di lava, ma sarà per la prossima volta.
Continua a Leggere

domenica 19 agosto 2018

Riserva delle Isole dello Stagnone a Marsala: quello che ci regala la natura

La riserva delle Isole dello Stagnone si trova a Marsala, provincia di Trapani, ed è, secondo me, un posto meraviglioso.


Il marsalese, ma più in generale il trapanese, è una delle zone più belle della Sicilia: non solo il mare è splendido, ma ci sono tantissimi posti affascinanti da vedere. 
La riserva dello Stagnone è uno di questi posti.
Quando siamo arrivati, io sono rimasta a bocca aperta per lo spettacolo che mi sono trovata davanti.

Ma cosa è lo Stagnone?
È una laguna dove l'acqua è alta al massimo un metro e mezzo e su cui sono sorte quattro isole: Isola Grande (conosciuta anche come Isola Lunga), Scuola, Santa Maria e Motia (che in realtà si chiama San Pantaleo, Motia è il nome antico, ma io l'ho sempre chiamata così). Quest'ultima è probabilmente la più conosciuta.
Gli ingressi dello Stagnone dal mare sono Capo San Teodoro e Capo Boeo.
Noi ci siamo arrivati via terra seguendo le indicazioni per l'imbarco per Motia.


Noi siamo andati in una mattinata di brutto tempo e, tocca ammetterlo, probabilmente la vista sarebbe stata molto più mozzafiato se ci fosse stato un po' di sole, ma questa è un'estate sfigata dal punto di vista metereologico, quindi pazienza.
Dal nostro campo base a Palermo, la riserva dello Stagnone dista circa 110 km, quindi un'oretta e mezza di strada.
Se vogliamo dirla tutta, noi ci siamo finiti perché io volevo assolutamente vedere le famose saline rosa di Marsala che si trovano all'interno della laguna e che, in realtà, si chiamano saline Ettore e Infersa e che sono, credo, una delle cose più spettacolari che la natura ci ha regalato (si, con l'aiutino dell'uomo probabilmente, ma senza natura ci sarebbe stato poco da fare).


Abbiamo deciso di fare il giro in barca della laguna che costa 10€ a persona e dura un'oretta circa con tanto di guida a bordo.




Volendo, si può decidere di scendere a Motia, che è al centro esatto della laguna dello Stagnone, per vedere il museo e fare un giro dell'isoletta: accedere all'isola ha un costo di 9€. Se si scende, poi si può tornare sulla terraferma con un qualsiasi traghetto di linea, ma non aspettatevi chissà che traghetto, sono barche piccoline eh.



Si può anche pagare il traghetto che porta direttamente a Motia senza fare il giro della laguna, ma non ho idea di quanto costi.
Io a Motia non volevo scendere perché ci ero già stata parecchie volte con la scuola, quindi ne ho fatto volentieri a meno, quindi l'abbiamo vista dal mare.




Quello che non sapevo è che, ad oggi, Motia conta circa dieci residenti. Chi sono questi residenti? Sono i dipendenti dell'isola che, qualche anno fa, hanno avuto la possibilità di prendere lì la residenza, anche se -da quanto ci hanno detto- nessuno di loro abita effettivamente sull'isola. I dipendenti custodi hanno casa lì dove stanno solo durante il loro turno di lavoro: l'isola non viene mai lasciata da sola, c'è sempre qualcuno, sia d'estate, sia d'inverno.
Un tempo c'era una strada che collegava Motia a Birgi (si, dove sorge l'aeroporto di Trapani) e che è adesso è una strada sommersa: in barca si vede ancora e ci sono anche delle pietre che sono state messe in verticale dagli abitanti dell'isola circa 200 anni fa per orientarsi.


La cosa più bella dello Stagnone, secondo me, sono le saline rosa.
Ora, con il brutto tempo, il rosa si vedeva e non si vedeva, fortunatamente ad un certo punto è uscito il sole e ci ha regalato uno spettacolo meraviglioso.










Abbiamo potuto vedere gli operai al lavoro per estrarre il sale, ma da quanto ci ha detto la guida questo processo di estrazione non è assolutamente conveniente dal punto di vista economico e continua ad essere fatto solo per questioni, ehm, turistiche. Non so se questa cosa sia vera o meno, prendetela con le pinze.












Il sale che viene estratto è sale integrale biologico, ha un costo di vendita di circa 1€ al chilo e ammetto che io sono ignorante e non sapevo manco che esistesse il sale integrale. Pare comunque che sali allo stesso modo del sale normale, ma ecco: io non metto neanche il sale nella pasta tra le lamentele del Marito, quindi -appunto- non sono esperta di sale.
Un tempo (ovvero fino allo scorso anno) si poteva accedere alle saline rosa anche dal mare, ma visto che non ci meritiamo niente, adesso l'accesso è chiuso: pare che i turisti lasciassero mozziconi di sigarette e rifiuti di altro tipo nelle vasche, quindi adesso ci attacchiamo.
So che l'acqua all'interno delle saline è molto oleosa, ma lo so solo perché me lo hanno detto, io non ci sono mai entrata.
Volendo, si possono visitare a piedi con la guida: il costo è di circa 15€.










La guida con cui abbiamo fatto il giro in barca ha detto: "basta pagare e si può fare tutto", non so se in questo tutto è compreso anche il lancio del mozzicone.
Il mulino invece si può visitare gratuitamente e, in alcuni momenti, è possibile vederlo in funzione, cosa che a noi non è successa.


Dove ci si imbarca, con vista mulino e saline, c'è un locale che si chiama Mamma Caura e che è consigliato per l'aperitivo con tramonto in omaggio.





Noi non abbiamo aspettato il tramonto, ma ci siamo fermati a pranzo, tanto la vista è bella comunque.
Sono un po' disorganizzati (e me lo avevano detto), ma lo spettacolo vale la disorganizzazione.
In due: un tagliere di tonnara (salatissimo, se come me non amate il sale, lasciate perdere), un pane consato tipico della zona, acqua, una lattina di coca-cola, una genovese con la crema e due caffè 25€ che a me sembra una cifra ragionevolissima, non so a voi.

La riserva dello Stagnone merita tantissimo e lo dico davvero, quindi se siete in zona fateci una capatina.



Qualche giorno fa, dopo aver scritto questo post, hanno detto a mia madre che sono razzista verso i marsalesi e che dovrei rimanermene a Roma. Precisando che non sono romana, ma siciliana, il punto è solo uno: se un posto ha delle pecche -più o meno gravi- non ho affatto paura a dirlo; se invece un posto è bello, merita ed è organizzato bene io lo dico e consiglio anche di andarci. Ed è quest'ultimo il caso della riserva dello Stagnone.
Continua a Leggere