sabato 30 giugno 2018

San Pietro e Paolo: Girandola, Infiorata e problemi tecnici

Pietro e Paolo non sono i miei patroni.
Non perché io abbia qualcosa contro di loro in particolare, ma ecco, la mia patrona è Rosalia, santa protettrice di Palermo.
Però c'è un però: vivo a Roma ormai da quasi un decennio e, nonostante non sia mai stata particolarmente credente, ho una passione smisurata per le feste patronali, quindi aspetto San Pietro e Paolo come una bambina. E alla fine mi sono anche affezionata a loro.
La motivazione profondissima dietro cotanto amore è solo una: adoro i fuochi d'artificio.
Se poi i fuochi d'artificio sono a ritmo di musica vado in bordo di giuggiole.
Costringo quindi marito romano e amici romani ad andare a vedere la Girandola dei Santissimi Pietro e Paolo che un tempo era a Castel Sant'Angelo, ma che ora viene fatta dalla terrazza del Pincio.


Dall'anno scorso per accedere al perimetro di Piazza del Popolo, da dove si può assistere alla girandola, bisogna superare dei severissimi controlli per poi immettersi all'interno delle transenne.
I severissimi controlli di quest'anno consistevano in: "le faccio vedere la borsa?"
"Nzu" che sarebbe quel suono gutturale che si emette quando si vuole dire no e che, oggettivamente, rende meglio di un no secco, quindi ecco: siamo entrati con le nostre armi -ovvero bottigliette d'acqua munite di tappo- e abbiamo aspettato.

Prima della tradizionale Girandola, c'è l'altrettanto tradizionale esibizione della Fanfara dei Carabinieri a cavallo che, potete starne certi, farete un'enorme fatica a sentire, ma tanto oh, il bello sono i fuochi d'artificio, ve l'ho detto.
Quest'anno c'era anche un simpatico speaker che ogni due per tre urlava al microfono un sonoro "in alto gli schermi del cellulare" che va bene che siamo nell'era dell'internet e degli smartphone, ma insomma: un po' di rispetto per gli anziani abituati a tirare in alto gli accendini scottandosi un dito e non gli smartphone.

La girandola comunque non delude mai, per me ha un fascino infinito, sarà forse perché la terrazza del Pincio si illumina di colori (che, di base, sono il verde, il bianco e il rosso), sarà la musica, sarà la folla, sarà quello che volete, ma sono meravigliosi.




Quest'anno ci sono stati, ehm, dei problemi tecnici: a naso -sarà che il mio lavoro- hanno avuto un problema con il mixer audio, quindi ad un certo si sono interrotti.
E pensare che giusto un minuto prima avevo detto alla mia amica: "Ma non senti puzza di bruciato?".
Durante l'interruzione un sacco di gente è andata via, meglio per noi che stavamo più larghi, qualcun altro ha fischiato, io ho mantenuto la linea della solidarietà infinita verso il service perché i problemi tecnici durante un qualcosa di importante li ho avuto anche io e, vi assicuro, in quel momento ci sono due alternative: mettersi a piangere o chiamare la mamma. Visto che però, sempre per esperienza, nessuna delle due è un'opzione fattibile, tocca capire il problema e risolverlo. Poi le cazziate arrivano dopo. Oh se arrivano.

Comunque, è valsa la pena aspettare perché la parte finale dei fuochi d'artificio è stata bellissima. Come sempre, oserei dire.

E ora vi racconto un paio di cose su San Pietro e Paolo.
Si festeggia il 29 Giugno e, nonostante una legge di qualche anno fa abbia stabilito che le feste patronali vadano festeggiate la domenica più vicina al giorno in cui cadono, a Roma è festa, indipendentemente dal giorno della settimana in cui cade.
Oltre alla Girandola, c'è anche l'Infiorata: praticamente decine e decine di maestri fiorai (si, si chiamano proprio così) che compongono quadri floreali in Piazza San Pietro (che, tecnicamente, non sarebbe neanche in territorio italiano, ma questa è un'altra storia).
Parte della festa patronale si svolge anche davanti la Basilica di San Paolo (fuori le mura), dove ci sono bancarelle e feste varie.
Visto che a Roma non ci facciamo mancare niente, oltre alla Basilica di San Pietro e alla Basilica di San Paolo, abbiamo anche la Basilica di San Pietro e Paolo che fu aperta proprio il 29 Giugno di qualche decennio fa (1955) e che, cosa che probabilmente non vi interessa, è la chiesa che avrei scelto se avessi optato per un matrimonio concordatario visto che secondo me è bellissima.

E quindi, insomma, adoro queste feste patronali, mi piacciono proprio.
Anche perché, insomma, a Roma significa anche assistere ad una delle più grandi meraviglie del mondo: il centro di Roma.


Le foto sono di Samira El Bouchtaoui e sono state scattate alla Girandola del 29 Giugno 2018.
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lunedì 25 giugno 2018

Ogni oro è un'emozione: Lara Mori

L'ultima volta che mi aspettavo una medaglia e ho visto un'uscita di pedana sull'ultima diagonale del corpo libero è stata una tragedia.
Le lacrime di quella sera me le ricordo come fosse ieri e invece sono già passati due anni.
Era una gara diversa, una ginnasta diversa, un'attesa diversa, ma quell'uscita di pedana è la prima cosa che mi è venuta in mente qualche ora fa quando ho visto Lara (Mori, ndr) mettere il piedino fuori dalla pedana.

Mi piacerebbe essere abbastanza brava con le parole da poter raccontare tutte le emozioni che provo ogni volta, a cosa sono dovute tutte le lacrime -di gioia o di dolore- e a fare capire lo stato d'animo che accompagna, da anni ormai, una gara internazionale di ginnastica.
Mi piacerebbe davvero, ma so che non ci riuscirò mai. Non con tutti almeno.

Lara è una ginnasta a cui sono particolarmente affezionata, mi piace lei, mi piace la sua allenatrice e mi piace persino sua madre. Mi piace la sua tenacia, mi piace il fatto che non abbia mai mollato, mi piace il fatto che sempre e comunque lei si è fatta trovare pronta, anche quando ci sarebbe stato bene un sonoro vaffanculo (scusate, ma quando ci vuole ci vuole).
Che Lara sia partita per i Giochi del Mediterraneo per vincere una medaglia -e non solo quella a squadre- era chiaro ed evidente persino al mio cane, ma ecco: tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare.
La ginnastica artistica è uno sport cattivissimo: sbagli e ciao, sarà per la prossima volta.
E non importa quante volte tu quella stessa cosa l'abbia fatte bene, hai solo un'occasione e devi sapertela giocare. E spesso non dipende manco da te se l'errore è dietro l'angolo.
Non so quanto possa essere brutto perdere una medaglia o prenderla del colore sbagliato per un errore, ma so che la tensione è a mille quando sei a casa e la gara te la stai guardando in televisione, quindi figuriamoci quando sei lì e la medaglia stai provando a vincerla con le tue forze.
Ho guardato la gara con un'ansia un po' diversa dal solito, sarà che ero in diretta telefonica con Samira -che, per citarla, adora Lara come forse nessun altro- commentando ogni singola espressione facciale. Solo che lei ad un certo punto è dovuta uscire. E io mi sono sentita abbandonata.
Poi, quando ho visto quell'uscita di pedana ho -come spesso accade in questi casi- cominciato a pregare chiunque.
Ho preso il telefono e ho mandato un messaggio alla mia amica Cristina per dirle: "Oooo ma quanto le serve per sto benedetto oro?"
"Non lo so, non si capisce niente".
E lì, mentre aspetti che esca il punteggio e che "i giudici decidano anche loro che lei ha vinto" (questa è una citazione colta, per chi la coglie ricchi premi e cotillon), non passa mai. Ma proprio mai.
Un minuto che dura tre ore.
E infine poi è arrivato l'oro, gli abbracci, i sorrisi, le lacrime, gli abbracci, un sacco di cose belle.
Ogni oro è un'emozione immensa, ma questo è un oro che mi piace particolarmente.


A Lara vorrei dire che ce lo aspettavamo, ma facile parlare dopo.
Larina te lo sei meritato, questo lo sai.
Per la tenacia, l'impegno, la forza, il coraggio che ci hai messo ogni santo giorno da qualche anno a questa parte.
Per il diploma preso frequentando una scuola pubblica nonostante gli impegni sportivi, per la festa dei diciotto anni rimasta appesa ad un filo con un biglietto aperto per Rio che non hai usato, per l'infortunio del 2015, per il doppio teso con cui sei andata ai Mondiali di Montreal.
Per il fatto che metti d'accordo tutti visto che non conosco una sola persona che non abbia detto che te lo meritavi senza se e senza ma. 
E anche per il fatto che erano mesi, tanti mesi, che non scrivevo di ginnastica artistica per un sacco di motivi e sei riuscita a farmene parlare di nuovo.
Quello che ho imparato, da quando ti conosco, è che l'importante è non mollare mai perché solo non mollando si arriva da qualche parte. E per questo non smetterò mai di ringraziarti.

Avevo scritto la storia di Lara qualche mese fa, se volete leggerla la trovate qui.

La foto del post è di Silvia Vatteroni.
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venerdì 22 giugno 2018

Nessuno è tenuto a raccontarvi i fatti propri

"La vuoi un'albicocca?"
"No, grazie"
"Ma è frutta, fa bene!"
"No, grazie"
"Ma è frutta, fa bene!"
E via così, in un loop infinito. La discussione sarà durata dieci minuti abbondanti.
Non sono tenuta a dire che l'albicocca non la voglio perché sono allergica e che non metto in dubbio faccia bene, ma agli altri, non a me (qui per saperne di più). Io vado dritta al creatore e ho idea che sarei il primo caso, dopo Lazzaro ovviamente, rispedito al mittente (per eccessivo frantumamento di gonadi, si intende).
E poi, l'ultima volta che ho rifiutato un dolce -a base di albicocche, manco a farlo apposta- spiegando il reale motivo ho subito un discorso folle tipo: "Chi te lo ha detto che sei allergica? Io sono un agente di viaggi, ma nel tempo libero mi occupo di nutrizione, quindi ti posso aiutare". 
Mio marito, quel santo, mi ha fermato prima che facessi scoppiare una rissa.

Il problema qui, però, non sono le allergie.
Il problema è che, se non ti conosco, non devi insistere nel chiedermi qualcosa. Perché la risposta giusta, in questi casi, è quasi sempre "hai rotto le palle, fatti gli affari tuoi".
E no, non solo quando vorrebbero convincere me a mangiare cibo che mi ucciderebbe. Vale per tutto. E per tutti.

Perché non fai un figlio?
No, per ora non è il momento. 
Ma sono così belli i bambini.
Ci penseremo.
Loop infinito.
Eppure quel no, per ora non è il momento potrebbe significare: "Sai, sono alla mia quinta PMA, io e mio marito siamo in crisi perché lui sostiene che io mi sia fissata, io sto malissimo per questa cosa, eppure vado avanti o almeno ci provo".
E no, non sono tenuta a raccontartelo.

Perché ti sei separata? Eravate una coppia così bella.
(Vi risparmio il loop infinito, anzi facciamo che da adesso in poi ve lo risparmio ad ogni esempio, tanto mica siete scemi e non capite).
Perché io ho un altro da dieci anni, mio marito l'ha scoperto e non l'ha presa bene oppure perché sai, mio marito mi riempie di botte da tre anni e io ho trovato la forza e il coraggio di lasciarlo.
E no, non sono tenuta a dirti manco questo.

Perché vuoi cambiare lavoro? È così bello il tuo lavoro, magari lo avessi io
Perché non mi pagano lo stipendio da sei mesi, subisco mobbing perché mi sono lamentata di questa cosa e ho avuto una crisi isterica. Che poi sai, magari le bollette si pagassero con la bellezza del lavoro e non con i soldi.
E non sono tenuta a raccontarti una storia che spero solo si risolva al più presto.

Perché non ti sposi in chiesa? Sposarsi solo in comune è brutto.
A parte che brutto ci sei tu, perché non sono credente e non mi piace prendere per i fondelli il prossimo, anche se quel prossimo è qualcuno che non sono poi così convinta esista. 

Perché non mangi almeno un gelatino? Perché rovini la tua vita facendo una dieta?
Perché non lo voglio il gelatino, perché voglio stare a dieta e perché non voglio essere obesa, con tutti i problemi di salute che questo comporterebbe e rovinarmi davvero la vita (di questo ne avevo già parlato qui).

Perché non ti trovi un fidanzato?
Perché al mercato, in offerta tra le melanzane e le zucchine, non li ho trovati e quello per cui avevo perso la testa mi ha spezzato il cuore, sono stata in analisi per otto anni e non so se ne uscirò mai.

Perché lasci tuo figlio alla baby-sitter (o al nido, scegliete voi)? Perché non lo allatti?
Perché devo lavorare, se perdessi il lavoro finirei in mezzo ad una strada (e l'erede insieme a me) e non lo allatto per un qualsiasi motivo a tua scelta che ti viene in mente, tranne quello a cui stai pensando in modo insistente, ovvero che sono una pessima madre.
Che poi, fosse solo che lo lascio alla baby-sitter perché voglio andare a mangiare una pizza con le amiche quale sarebbe il problema?

Perché non dai via il cane così sei più libera?
Perché sto aspettando che diventi grasso per mangiarlo fatto in forno con le patate, pare sia gustoso.


Potrei andare avanti all'infinito. E lo dico davvero, eh.
La risposta giusta a queste domande è "fatti i fatti tuoi, non rompere le palle".
Perché nessuno che conoscete, poco o tanto che sia, è tenuto a raccontarvi i fatti propri se non vuole.
Nessuno è tenuto a dirvi una cosa che lo fa o lo ha fatto soffrire e delle motivazioni che lo hanno portato a fare una determinata scelta, giusta o sbagliata che sia. Nessuno.
E nessuno deve essere costretto a doversi mettere a nudo per dover giustificare qualcosa.
Perché, ecco, ci sono storie che non possono essere raccontate o che non si vogliono raccontare, non al primo che passa almeno e a volta manco a qualcuno con cui si ha un legame molto stretto, magari non subito, magari domani.


Gli esempi riportati sono casuali e non necessariamente accaduti a me. 
Se vi viene in mente qualche altra domanda inopportuna ditemelo, eh.
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venerdì 15 giugno 2018

Perché leggete il mio blog se non vi piace?

Stamattina mi hanno detto, cito testualmente, che "non sono nessuno", "non sono la Ferragni", che i miei post "sono una lamentela continua e sto sempre a piangermi addosso" e che "ho manie di persecuzione".
E pensate che non ho ancora scritto niente riguardo una spiacevole situazione lavorativa che mi ha colpito parecchio (e di cui, prima che qualcuno lo chieda, non è attualmente il caso di parlare). Lì si che potrei davvero essere pesante e fastidiosa.
Io non ho mai avuto questa sensazione visto che ho sempre affrontato la vita con estrema serenità, nonostante tutto, ma ecco, la vera domanda è: perché leggete il mio blog se non vi piace?
Non si può piacere a tutti, parola di una che a 13 anni era oggettivamente bruttina, non so se erano gli occhiali da vista o il culo che è sempre stato un tantino esteso. Giusto un tantino, eh. Mica che mi servivano due sedie unite per sedermi.
Certo eh, confesso che mi piacerebbe camminare per strada su un tappeto rosso mentre tutti i presenti spargono petali e sventolano palloncini rigorosamente gialli, ma no, non si può. 

Io non leggo blog che non mi piacciono, non vado al cinema a vedere film che presumo mi facciano cagare, non guardo il badminton in tv, non ho un marito che ritengo un cesso fotonico, non mangio la trippa e il fegato alla veneziana, non compro vestiti che non metterei manco al mio cane, non ho arredato casa mia in stile vittoriano per lo stesso motivo per cui non compro magliette che non metterei manco al mio cane. Potrei continuare all'infinito, ma mi sa che avete capito cosa intendo.
Se una cosa la trovo noiosa, brutta e triste non la considero.
Se trovo che un blog sia una lamentela continua non lo leggo.

A me questo blog piace, è la mia creatura, il mio pargoletto.
Non mi piacciono, invece, tutti i post: alcuni li trovo dei capolavori, altri invece ecco, ehm, non so neanche perché li ho scritti. O forse ero posseduta dal fantasma di qualcuno mentre scrivevo. Tipo Ghost quando Oda Mae cede gentilmente il suo corpo a Sam per parlare con Molly, presente, ve'?.
Ovviamente come ogni controsenso che si rispetti, tutti i post che piacciono meno a me piacciono da morire a chi li legge, mentre i miei capolavori, a cui sono anche affezionata, non li caga (quasi) nessuno.
Post a cui non avrei dato mezza lira hanno sbancato il botteghino di Analytics, post in cui credevo fermamente li ho letti io, mia madre, mio padre e forse -ma non ci metterei la mano sul fuoco- mio marito.


Detto questo: se un blog non vi piace perché cazzo lo leggete?
Se pensate che chi scrive un blog sia nessuno e che i contenuti siano un piagnisteo continuo perché vi ostinate a farvi frantumare le gonadi?
Leggete Il fatto quotidiano, no? O Repubblica. O Topolino che a me, per la cronaca, piace da morire.
Vi giustifico solo se mi leggete perché è Google a portarvi qui quando cercate cose tipo "calore polpaccio" o "porno vero": ovviamente in questi casi non è colpa vostra se mi state leggendo, ma colpa di Google, quel birbante che non capisce che se cercate porno dovrebbe indirizzarvi su YouPorn e non su NonPuòEssereVero, ma tant'è.
Se invece tornato qui a leggere in modo recidivo nonostante il frantumamento di palle provocato siete scemi, eh. Ve lo dico.

Devo però anche aggiungere delle cose.
Io, ad esempio, non ho mai pensato di essere qualcuno, in realtà devo confessarvi -qualora non lo sappiate già- che ho un lavoro che non è scrivere su questo blog. Un lavoro di quelli che il 27 del mese ti accreditano lo stipendio in banca, così come a Giugno a Dicembre ti accreditano quattordicesima e tredicesima. E anche i buoni pasto. Per dire, eh.
Mangio con quello e con il lavoro del marito. Non con le cagate le cose altamente intelligenti che scrivo.
Poi ecco, il fatto che i miei post vengano copiati mi fa girare le palle (qui vi fate un'idea al riguardo) e devo confessare che penso proprio che se nessuno li leggesse non ci sarebbe nessuno che li copierebbe, ma tant'è.

E poi Fedez non mi piace, quindi ecco, non so se mi piacerebbe essere la Ferragni.
Non credo neanche che mi piacerebbe essere criticata ovunque per la forma dei miei piedi o di qualsiasi altra parte del mio corpo, motivo per cui sono abbastanza furba -ma io posso farlo, lei no dato il lavoro che fa- da non mettere foto del culo esteso di cui sopra.
Poi ecco, magari sui suoi soldi un pensierino ce lo farei, ma visto che non le piovono dal cielo e mi sa che tocca prendersi il pacchetto completo, mi tengo la mia vita. E mio marito che io trovo bellissimo, forse perché gli dicono che somiglia a Tiziano Ferro, cosa che secondo me non è vera e, ve lo dico, quando si tratta di mio marito il mio parere conta più di quello di chiunque altro, anche se a sostenere questa cosa siete in mille e io sono una.
Al massimo, potrei considerare il parere del cane, ma lui non parla, quindi pace.

E infine devo confessarvi una cosa: la vita non è solo bella, ci sono anche cose brutte, terribili, ci sono cose per cui piangersi addosso -anche se io non sono convinta di farlo- va fatto eccome.
Ecco, ad esempio c'è chi è incastrato in un lavoro di merda e non può licenziarsi perché deve pagare il mutuo.
C'è chi un lavoro non ce l'ha proprio e non sa come arrivare a fine mese.
C'è chi non ha una casa e dorme in macchina o per strada.
C'è gente a cui vengono diagnosticati mali incurabili e l'unica cosa che può fare è aspettare la morte.
C'è gente a cui muore un figlio, cosa a cui onestamente non so se sarei in grado di sopravvivere.
C'è gente che ha, letteralmente, famiglie di merda.
C'è gente che sposa o si fidanza con qualcuno che pensa bene di sfregiarlo con l'acido. O che, se non arriva all'acido, pensa che picchiare e violentare psicologicamente chi si dovrebbe amare è cosa buona e giusta.

E senza arrivare a casi limite, ci sono situazioni in cui si sta con un uomo o una donna che magari è una persona eccezionale, ma che non si ama più, perché non si sa cosa fare e dove andare.
C'è per chi è un problema se arriva una bolletta della luce più alta del solito e contemporaneamente si rompe la lavatrice e va sostituita, magari a fine anno quando c'è pure il conguaglio delle tasse.
C'è chi non parla da anni con un genitore o un fratello e ne soffre.
C'è chi assiste un genitore disabile al 100% e non ha il supporto del servizio sanitario nazionale, magari deve lasciare il lavoro o deve trovare il modo di avere giornate da 72 ore. O magari vive a Milano e il genitore disabile è a Roma e lì tutto si complica.
Tutte cose che, scusate, non ritengo semplici. E l'elenco potrebbe andare avanti all'infinito.

Ecco, io ad esempio sono una che ha una vita felice, ma che -siccome sono un essere umano e come tale anche io ho dei problemi, più o meno gravi- non riesco (e non voglio) fare finta che la mia vita sia tutta rose e fiori, anche perché boh, non so manco com'è fatta una vita tutte rose e fiori.
Se voi lo sapete datemi due dritte, ma ho idea che se avete superato i sei anni sia difficile che lo sappiate.
Quindi ecco, se non cercate una vita tutta rose e fiori, piena solo di cose belle, questo è il posto sbagliato. 
Se cercate culi magri e sodi questo è il posto sbagliato.
Se cercate una che non abbia l'apparecchio ai denti questo è il posto sbagliato.
Se cercate una che guadagna un milione di euro al mese questo è il posto sbagliato.
Se cercare la Ferragni e Fedez, manco a dirlo, questo è il posto sbagliato.

Se invece cercate una persona con una vita normale con tante cose belle, ma anche con le cose brutte, della vita siete nel posto giusto.


Ogni esempio citato in questo blog è realmente accaduto. Magari non a me, ma a qualcuno che conosco.
Ci sono frasi, condizioni di vita, fatti che mi sono stati raccontati e che ho fatto in modo di riportare rendendo non identificabili le persone in questione.
So però che i diretti interessati sanno cosa mi hanno detto, quindi qualora sia un problema, avvisatemi e rimuoverò le frasi che vi infastidiscono.

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giovedì 14 giugno 2018

Ode ai tenerumi

I tenerumi sono le foglie della zucchina lunga che, in realtà, zucchina lunga é una gentile concessione per gli italiani. Si chiama cucuzza in realtà.
La zucchina lunga -cucuzza appunto- è lunga (giustamente) e pelosa, la peluria come quella di un bambino.
I tenerumi sono foglie, dicevo.
Le foglie più buone e più belle che mai furono create.
Con i tenerumi -gioia per il cuore, gli occhi e il palato- si prepara la pasta coi tenerumi, ricetta  estiva perché loro -amati tenerumi- si mangiano (e si trovano) solo in piena estate.
E la pasta con i tenerumi, giustamente, è una minestra. Che va mangiata bollente, sui 90° tipo.
Che è sempre piacevole in una città come Palermo mangiare una minestra bollente ad Agosto, quando fuori ci sono 45°. È una sensazione bellissima, provare per credere.
Poi grondi sudore come manco dopo quattro ore di cardio in palestra, ma vale la pena. Oh, se vale la pena.


Io i tenerumi li aspetto tutto l'anno e quando arrivano mia madre organizza spedizioni sacre delle amate foglie, rigorosamente pulite, lavate e custodite in pratici sacchetti.
Ricordo ancora con tristezza estrema quando il pacco contenente le preziose foglie è arrivato a destinazione svelando l'amara sorpresa: il caldo le aveva fatte marcire.
Penso di non avere mai provato un dolore simile, sentendomi per altro incompresa visto che il marito- quel mostro insensibile senza cuore- dopo anni passati insieme, non riesce a capire cosa ci sia di così bello in quella roba verde.
Persino un cavallo di mio padre aveva colto l'essenza del tenerume: avevano piantato le zucchine lunghe in scuderia, eravamo pieni di tenerumi e zucchine e lui, si chiamava Pinball (si con la n prima della b), aveva aperto -ancora non si sa come- il suo box di notte e, nell'attesa che qualcuno arrivasse, aveva morsicato ogni singola zucchina e ogni singola foglia. Non si era salvato niente. Tutto mangiato. A metà. Stronzo di un cavallo.

La pasta con i tenerumi, dicevo, é una ricetta tipicamente estiva, semplice e gustosa: servono pomodori (quelli a grappolo), tenerumi e pasta, possibilmente spaghetti tagliati.
Se non sono spaghetti tagliati non ci proverei neanche.
Come si fa, a dire il vero, non ne ho la più pallida idea (la mamma mi guida passo passo ogni volta), ma so che mia madre inorridisce guardando me e mio padre che mettiamo il parmigiano sopra la pasta coi tenerumi.
Siamo due contro uno, chi avrà ragione?


Insomma, il tenerume va amato, va atteso tutto l'inverno, va mangiato nonostante il caldo, va osannato, va fotografato, va idolatrato.
Il tenerume é la foglia più bella e buona che ci sia.
E cresce solo a Palermo. In altre città della Sicilia non sanno neanche cosa sia.
Si può provare a comprare i semi della cucuzza -sempre a Palermo-  e pregare affinché crescano rigogliose piantagioni (non se avete cavalli a portata di foglie magari), ma conosco più storie di insuccessi al riguardo che di successi.

Tutto sto pippone per dire che è iniziata l'estate e io ho iniziato a pensare ai tenerumi, ad aspettarli, a fare il conto alla rovescia.
E domani arrivano, qui da me. In quantità tali da sfamarmi per almeno un paio di giorni.

Per maggiori informazioni sul pacco terrone spedito dai genitori terroni leggete questo post.
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domenica 10 giugno 2018

Le difficoltà di una dieta

Stare a dieta è difficile, dicono.
Io ho capito che dovevo assolutamente dimagrire un paio di mesi fa e ho iniziato a cercare disperatamente qualcuno che potesse seguirmi (ne avevo parlato qui).
La verità è che, ad un certo punto, mi sono resa conto che ero ingrassata troppo: vuoi il cortisone preso in quantità enormi negli ultimi due anni, vuoi le continue trasferte che mi hanno portata a mangiare male, vuoi il fatto che a me -nonostante tutto- piace mangiare, vuoi che sono invecchiata, da quando ho conosciuto il Marito, ormai sette anni e mezzo fa, sono ingrassata di venticinque kg.
Non uno, non dieci, ma venticinque chili. Che sono una marea, sono praticamente un bambino di cinque anni.
Ero già stata a dieta un paio di anni fa, era durata relativamente poco e quello che avevo perso lo avevo ripreso, sarà che avevo sbagliato qualcosa o non ero davvero convinta, non lo so.
Stavolta la motivazione non mi manca, mi auguro duri, ma ho un marito che sostiene che visto che spendiamo dei soldi mensilmente probabilmente l'idea di pagare qualcuno per seguirmi mi farà passare la voglia di lasciare perdere, se mai mi verrà.

Sono seguita da una dietologa che ritengo eccezionale, che ha costruito una dieta su misura per me e per le mie allergie e che sostiene che la dieta non deve essere un incubo. Motivo per cui ho una serie di alimenti da cui scegliere ogni volta che mangio perché, ecco, lei sostiene che non è che ti può dire di andare a fare la spesa apposta per quel pasto, così come crede nell'importanza del pasto libero in cui anche se mangi un bue intero con contorno di piantagione di patate (rigorosamente fritte), autobotte di maionese e glassa al cioccolato per gradire non fa niente. 
All'ultimo controllo, otto settimane dopo l'inizio della dieta, è venuto fuori che ho perso sette chili che, lo confesso, a me sembravano troppi, anche perché mangio di continuo e pure troppo, ma visto che la dietologa non sono io e che ho una laurea in cinema e non in medicina mi fido.
Dicevo, in otto settimane di dieta ho perso sette chili, tutti di grasso, e parecchi centimetri, ho aumentato la massa magra e il mio indice di massa corporea non dice più che sono all'inizio dell'obesità di primo livello.
Che io non vi auguro mai -e dico mai- di leggere che siete obesi. 
Non importa se è solo la prima tacca del primo livello. 
Io ho iniziato ad immaginarmi protagonista di uno di quei programmi di Real Time in cui ci sono le persone che non riescono neanche ad alzarsi dal letto.

Comunque, dicevo: mangio, sono contenta, non mi pesa, mi vedo meglio, i vestiti iniziano ad essere più grandi, ho comprato nuovi vestiti di una taglia in meno, sono felice. Anche se, ecco, non sono neanche a metà del percorso, sono felice.

Quali sono allora le difficoltà di una dieta?
Gli altri. 
Si, gli altri. Ecco, l'ho detto.
Ho una schiera di fan fieri di me, eh.
Mio padre mi chiama per dirmi che sto benissimo un minuto si e l'altro pure; il marito -che notoriamente non si è accorto neanche di quando ho dipinto il cane di blu (no, non è vero, non l'ho fatto, è per dire, eh)- sostiene che si vede che sto dimagrendo, ma devo ancora capire se lo dice perché la mia dieta assottiglia il nostro conto in banca; mia madre mi riempie di complimenti di incoraggiamento; mia suocera (che è sarta) mi ha detto che è talmente contenta per me che ci pensa lei a stringermi tutti i vestiti e via dicendo.

Poi, ecco, c'è chi fa il possibile per sabotarmi. E, devo dirlo, non capisco manco perché.
Sono io che sono a dieta, non siete voi che non potete (e non volete) mangiare sette chili di frittura di paranza a pasto.
C'è chi mi dice che tanto li riprenderò tutti, che la dieta è sbagliata perché dentro c'è tutto, ma proprio tutto quello che può venirvi in mente (cose a cui sono allergica a parte) e che su YouTube è pieno zeppo di video in cui ti spiegano come fare a dimagrire (pare che il più autorevole di tutti sia un giornalista blogger), c'è chi mi consiglia beveroni.
C'è anche chi non passa secondo senza farmi pesare il fatto che se sono a dieta non posso mangiare fuori ogni sera, quindi che noia.
C'è chi mi dice che i soldi potrei investirli in cibo, invece di pagare qualcuno per pesarmi (a dire il vero ho anche la bilancia a casa, potrei effettivamente pesarmi anche gratis).
C'è chi insiste ogni giorno perché io faccia almeno un piccolo sgarro perché tanto non sarà una fetta di torta al cioccolato o un McBacon al giorno a farmi ingrassare.


È un continuo sindacare sulla mia scelta -assolutamente opinabile, me ne rendo conto- di non voler essere obesa, di voler tornare a mettere quei bellissimi vestiti corti di paillettes che ho comprato nel mio periodo Drag Queen (no, non nel senso che facevo la Drag Queen, ma ne ero appassionata) e di non volermi spezzare di nuovo le ginocchia che, ve lo assicuro, non è divertente (qui per saperne di più).
È fastidioso? Si, lo è, ma io sono abituata -da almeno 2/3 di vita- a guardare gli altri mangiare e a guardare letteralmente con la bava alla bocca cibo che non potrò mai mangiare (qui per saperne di più). E, se proprio vogliamo dirla tutta: ho avuto la mia ultima anafilassi quasi tre mesi fa, poco prima di iniziare la dieta. Da quando ho iniziato, non ho avuto nessuna reazione allergica, neanche un po' di prurito in gola (spero adesso di non essermela tirata, eh). È ovvio che è un caso. O forse dipende dal fatto che mangio cose molto poco elaborate, chi lo sa, ma a me piace pensare che sia un buon segno, quindi ecco: io continuo così. E poi si vedrà.
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mercoledì 6 giugno 2018

A cosa serve un blog

Vi siete mai chiesti a cosa serve un blog?
Probabilmente no, immagino non vi sia mai venuto in mente di farvi una domanda simile.
Io invece è da un paio di giorni che me lo chiedo, sarà che ho cercato il mio nome e cognome su Google e ho scoperto che praticamente tutti i risultati sono in qualche modo legati a questo blog.
E si che ho un lavoro -pure abbastanza figo secondo me- e ho fatto tantissime cose nella mia vita, ma proprio tante tante. Ho persino vinto un concorso di disegno a tema educazione stradale alle elementari, presentando un obbrobrio inguardabile che credo abbia fatto schifo anche a mia madre (ammesso che se ne ricordi), ma ecco: non c'è niente di tutto questo su Google.
C'è solo il blog, senza se e senza ma. E pensare che, quando l'ho aperto, non volevo che venisse associato in modo spudorato al mio nome perché non si sa mai, mica posso permettere che un blog invada la mia vita privata, no? 

A me in realtà lo hanno chiesto a cosa cavolo mi serve un blog, in fondo ho una vita felice, degli amici, un marito e dei genitori che mi amano. Ho anche un cane che mi lecca le caviglie per dimostrarmi che gli sono simpatica (o forse che vorrebbe del cibo vero), ma tant'è.

Ma insomma: a cosa serve un blog?
Ad un sacco di cose, ma proprio tante.


Serve a conoscere persone che altrimenti non si sarebbero mai incontrate.
Persone che magari sono diverse da noi, con cui non si hanno -almeno in teoria- chissà quali cose in comune, ma che alla fine entrano a pieno titolo nella nostra vita.
Scrivendo post sulla ginnastica artistica, mia grande passione, ho conosciuto persone che oggi sono parte integrante della mia quotidianità al punto che forse non avrei avuto una testimone e dei coni porta riso quando mi sono sposata.
Ho stretto legami che si sono rivelati estremamente importanti e che mi hanno salvata: mi viene in mente la mia amica Chiara che a Milano mi ha praticamente adottata (no Chiara, non ti sto dicendo che sei vecchia e potresti essere mia madre), tanto ha già due figli e un gatto obeso, che volete che sia una persona in più?
E l'elenco potrebbe essere infinito.
Ho scambiato opinioni con gente che vive sparsa nel globo terraqueo e ho conosciuto realtà di cui non avrei mai sospettato l'esistenza. Scambi di opinioni che spesso mi hanno fatto venire idee che si sono rivelate utili.

Ho aiutato qualcuno a fare qualcosa. Ed è una sensazione bellissima.
E questa ve la spiego: provate a cercare una qualsiasi cosa su Google, non importa quanto strana sia. Wikipedia (altresì conosciuta come l'onnipresente so tutto io) a parte, probabilmente finirete su un blog. E quello che leggerete potrebbe esservi utile.
A volte, quando qualcuno è arrivato qui cercando qualcosa, ha deciso di scrivermi per chiedermi qualcosa in più. Io, se posso, rispondo sempre volentieri.
Se poi quel qualcosa non lo so, pace.
Ho dato informazioni su uno stage curriculare (lo stesso che avevo fatto io all'università), ho fornito itinerari di viaggio, dato dritte sulla Sicilia, su Roma, sulle allergie, sulla dietologa che mi segue, sulle gare di ginnastica, su qualsiasi cosa vi venga in mente.
Certo, una volta ho risposto ad un ragazzo che voleva sapere come fare a lavorare in televisione e che alla fine mi ha mandata a quel paese perché lui voleva lavorare sui set (si, cinematografici) e io lo stavo confondendo, ma tant'è.
Non ho avuto un tornaconto, non mi interessa neanche averlo, ma la sensazione di essere un minimo utile a qualcuno è stata -ed è- molto piacevole.

Ho ricevuto messaggi meravigliosi da persone sconosciute, che mi hanno aiutata a vedere le cose in modo diverso, ad essere più ottimista, ad avere più fiducia nel genere umano.
Ho ricevuto anche dei regali che, a detta di chi li ha fatti, erano un grazie per i sorrisi strappati e la compagnia fatta. E ogni volta mi è scesa una lacrima (si, sono una sentimentale).

Ma il lavoro più grosso, grazie al blog, l'ho fatto su me stessa.
I miei genitori e mio marito (carini loro) hanno sempre detto che non so cosa sia l'ironia. E io li ho fregati: ho costruito una cosa tutta mia sull'ironia e ho imparato a non prendermi troppo sul serio, a ridere, a non buttarmi (quasi) mai giù.

Ho imparato a gestire le situazioni più assurde senza mai diventare maleducata, al massimo viene voglia di prendermi a schiaffi, ma assicuro che è lo stesso anche nella vita reale.
Ho scritto post (questo) che mi hanno chiesto di rimuovere perché c'era chi si era sentito mortalmente offeso dalle mie parole e minacciava querele, nonostante io non avessi nominato nessuno.
Ho scritto post (questo) che mi hanno fatto vincere qualche minaccia di morte e insulti sparsi.
Ho scritto post (questo) che hanno scatenato le ire di gente che "se non lo rimuovi ti esponiamo alla gogna mediatica" con tanto di insulti che, a dire il vero, mi avevano fatto morire dal ridere.
Ho scritto post (questo, manco a dirlo) che mi hanno regalato una notorietà inaspettata e, insieme a quella, insulti a gogò (si, sono abbonata agli insulti a quanto pare), mascalzoni che si sono appropriati dei miei contenuti e qualche piccola minaccia sparsa.
E io ho tenuto botta, ho imparato a farlo perché quello che ho capito è che non devo mai -e dico mai- vergognarmi di dire quello che penso, a patto e condizione di non offendere nessuno.
Ho imparato che siamo tutti diversi ed è naturale e umano pensarla in modo diverso e se a qualcuno non sta bene, peggio per lui.
E ho imparato che le minacce non mi fanno paura.

Ho imparato a tenere botta anche davanti a cose che avrebbero fatto perdere la pazienza anche a San Pietro quando ho subito quello che ritengo essere stata una delle cose più schifose legate al blog, ovvero il plagio integrale dei miei contenuti (qui tutta la storia).
Ho imparato a non incazzarmi che tanto il modo per ottenere giustizia c'è sempre.

Sono riuscita a raccontare qualcosa di un tema che mi sta molto a cuore che è quello delle allergie alimentari sul quale c'è ancora tanta ignoranza (no, non vi sto dando degli ignoranti, è solo un dato di fatto che se ne parli poco), cercando di spiegare come si vive e cosa comporta.
Ho imparato che non c'è nulla di cui vergognarsi. Mai.

Un blog serve a tante cose e se vi dicono che i blog non servono o addirittura che sono morti non credetegli. E sappiate che un blog serve soprattutto a chi lo scrive, per tutte le ragioni di cui sopra e probabilmente molte altre che non mi vengono in mente.


Ogni post che scrivo nasce da qualcosa. Nel caso specifico questo post è nato perché il secondo risultato di Google quando si cerca il mio nome è questa intervista che mi è stata fatta qualche mese fa e che, ovviamente, avevo completamente dimenticato.
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martedì 5 giugno 2018

"State a casa vostra se siete allergici a qualcosa": di quanto dia fastidio chi soffre di allergie alimentari

"State a casa vostra se siete allergici a qualcosa"
"I bambini allergici non devono rovinare la vita dei bambini non allergici"
"Non uscite di casa se siete allergici"
"Non andate al ristorante, in viaggio, ai matrimoni, alle feste se siete allergici"
"Se io fossi allergico non uscirei, mica si può rompere il cazzo al prossimo"
"Dov'erano gli scassacazzi degli allergici vent'anni fa?"
Continuo? O basta così?
Potrei andare avanti per ore a trascrivere le frasi gentili e piene d'amore presenti sul web che ho letto di recente -e non solo- nei confronti degli allergici. Ovviamente, sono solo gli allergici alimentari a dare fastidio e a dover stare a casa loro, gli allergici agli inalanti mi pare di capire che non diano fastidio, ma se ho capito male ditemelo pure, mica mi offendo. Che tanto io non sono allergica agli inalanti e non mi sento chiamata in causa.

Sono però allergica ad un sacco di alimenti.
La diagnosi è quella di allergia alimentare grave. Sono quindi un soggetto poliallergico grave e, finché vivrò, non smetterò di parlare di allergie alimentari, quindi se la cosa vi turba fareste bene a non leggere quello che scrivo.
A dire il vero, sono anche una scassacazzi, i miei genitori e mio marito, nonché i miei amici, possono confermare, però mi sa che non c'è un nesso con le allergie alimentari. Lo ero anche prima di diventare allergica (no, non sono nata così) e lo sarei lo stesso. È che, cercate di capirmi, rompere le palle mi piace proprio.
Oltre ad essere una scassacazzi sono anche un attimo perplessa. Ma non erano i migranti, quelli che arrivano col barcone, che devono stare a casa loro? 
La differenza tra i migranti e gli allergici, mi pare di capire, è che i primi devono stare a casa loro intesa come il loro paese di nascita, gli allergici devono stare a casa loro intesa come le quattro mura della loro abitazione, quindi ecco, mi ritengo fortunata: in Italia noi allergici ci possiamo rimanere, a patto e condizione di non uscire e non arrecare fastidio al prossimo perché, se usciamo di casa, urtiamo la sensibilità altrui. E soprattutto, correggetemi se sbaglio, mi pare di capire che la cosa fondamentale sia che un allergico non debba avere una vita come quella degli altri. Il perché non l'ho capito, ma tant'è.

Io però vi stupirò.
Si, ho recepito il messaggio: gli allergici devono stare a casa loro e non rompere il cazzo, ma vi voglio stupire lo stesso.
Mi chiamo Gilda, ho 32 anni e sono allergica dal 14 Aprile 2001. Che poi magari il mio sistema immunitario faceva schifo pure prima di quella data, ma questa è la data della mia prima anafilassi, quindi conto da lì. 
Sono quindi un soggetto allergico da 6261 giorni (l'ho calcolato con un programmino, eh, che io mica sono così brava a contare), ovvero 17 anni, un mese e 22 giorni.
In effetti, vent'anni fa non rientravo nella categoria degli allergici, ma sono abbastanza certa che il reparto ospedaliero che si occupa di noi che rompiamo il cazzo esistesse già.
Sono seguita in un ospedale pubblico, centro per la cura delle malattie allergiche ed immunologiche gravi, quindi -ebbene si- vengo seguita a spese del sistema sanitario nazionale che, udite udite, mi da anche due iniettori di adrenalina gratuitamente. Un iniettore costa circa 80€, soldi che in effetti ricadono sulla collettività, però volevo tranquillizzare tutti: sono anni che pago le tasse -anche i miei genitori e mio marito le hanno sempre pagate- e non mi danno 35€ al giorno per comprare sigarette e I-phone, sarà forse che ho smesso di fumare e preferisco i Samsung, non saprei.
Ma la cosa davvero sconvolgente e che non sto a casa, segregata, a piangere pensando alle cose che non potrò mai mangiare e che mi piacevano anche.
Ho un lavoro e spesso vado in trasferta, anche all'estero (qui avevo raccontato del mio primo giorno in trasferta a Stoccolma ad esempio).
E prima di avere un lavoro, ero una studentessa fuori sede, vivevo lontana da casa condividendo un appartamento con altre persone. Si, loro erano perfettamente sane, non avevano un sistema immunitario idiota.
E sono anche andata a scuola, eh.
Ho un marito e quando ci siamo sposati abbiamo avuto -ebbene si- una cena di nozze con tanto di torta a piani. Io del mio banchetto di nozze (si chiama così, no?) potevo mangiare tutto, ho scelto apposta il menù. E la torta era buonissima, eh. E anche bellissima.
Che poi, a dire il vero, non ricordo neanche quando ho detto a mio marito, all'epoca fidanzato e ancora prima "tizio con cui uscivo, ma che non era classificato in alcun modo", che ero allergica. 
Mi ricordo bene di avergli detto che mi piacciono i bassotti e che il mio colore preferito è il giallo, ma no, non mi pare di avergli mostrato la mia cartella clinica al primo appuntamento. E, ovviamente, il primo appuntamento, era al ristorante.
Ebbene si, continuo a dire cose sconvolgenti, ma devo dirlo, tenetevi forte: gli allergici -si anche i poliallergici gravi- vanno al ristorante, vanno a matrimoni (si, regaliamo anche la busta pure se non possiamo mangiare l'intero menù e quindi in teoria dovremmo avere lo sconto sull'importo da regalare), ai battesimi, alle feste di laurea, ai compleanni, al cinema.
E si certo: a volte capita che un ristoratore (o un gelataio o un pizzaiolo) dica che per noi non c'è nulla da mangiare, che non può escludere la contaminazione e allora non mangiamo senza rompere le scatole. Potrei fare l'elenco di tutte quelle volte che sono rimasta digiuna, che ho dovuto cambiare posto, che mi sono adattata perché sono consapevole che il problema è il mio e che non sempre è facile.
Ho anche degli amici che mi invitano a pranzo o a cena a casa loro e cucinano per me. Certo, qualcuno si fa prendere dal panico, ma di base non mi lasciano digiuna. E si vede eh, se sono a dieta perché in evidente sovrappeso ci sarà un motivo.
È che mi piace mangiare. Trovo che mangiare sia una cosa meravigliosa, al pari del sesso.
Si, anche gli allergici fanno sesso, magari in alcuni casi evitano di farsi spalmare addosso la Nutella (o di leccarla se spalmata addosso a qualcun altro) o di decorarsi i capezzoli con le fragole, ma fanno sesso eccome.
Possiamo anche avere figli, nella speranza (almeno nel mio caso) che non diventino come noi, questo si, non lo nego. Pare che ci sia un fattore ereditario e sinceramente, se mai avremo un figlio, mi auguro che se proprio deve ereditare qualche problema di salute, lo erediti dal Marito (qui vi fate un'idea di quello a cui mi riferisco), ma tant'è.
L'ho già detto che viaggiamo anche? Io adoro viaggiare, fosse per me -se fossi ricca e non dovessi lavorare- non farei altro che viaggiare. Oltre a mangiare e a fare sesso, si intende.

C'è un'altra cosa che vi stupirà: se mi incontraste per strada, non capireste mai che ho un sistema immunitario cretino. Non sospettereste mai che c'è una lista infinita di cose che non posso mangiare, che ho un bellissimo beauty case con due iniettori di adrenalina in borsa (motivo per cui utilizzo borse grandi e ho rinunciato tempo or sono alle pochette) e altri farmaci, che a volte mi butto giù, ma poi mi ritirò su, che ho passato un sacco di tempo in ospedale tra day hospital e ricoveri, che mi hanno anche intubata e che a volte è difficile.
Quello che vedreste è una persona normale, esattamente come chi non è allergico, con un sacco di capelli neri, delle odiose lentiggini causate dal sole, che ride e che è felice. E che non ha nessuna intenzione di smettere di vivere una vita il più normale possibile solo perché allergica.


Io non voglio chiudermi in casa, non voglio smettere di lavorare o di viaggiare, non voglio piangermi addosso.
E se vi danno fastidio gli allergici che, per la cronaca, non vi tolgono nulla, a casa stateci voi. Con la faccia al muro.

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