venerdì 30 giugno 2017

Prima di partire per le vacanze

Prima di partire per le vacanze, farai un conto alla rovescia che manco i carcerati a cui manca da scontare l'ultimo mese di detenzione.
Terrai il conto -disegnando lineette- dei giorni che mancano sul muro dell'ufficio o di casa, conterai i giorni, le ore, i minuti, i secondi guardando il calendario. E sospirando.

Prima di partire per le (tanto attese) vacanze si accumuleranno tante di quelle scadenze che manco in un anno di lavoro si sono mai viste.
Avrai tanto di quel lavoro concentrato in due settimane che manco in cinque anni ne hai visto così tanto. E dovrai farlo. Da sola, perché i colleghi saranno già in ferie e ci sarà anche qualcuno che si è preso il cagotto con l'alga tossica perché, ogni estate che si rispetti, in ogni parte del mondo, c'è un'alga tossica.
E non importa se per tutto l'anno non hai preso neanche mezzora di permesso per andare a fare la ceretta o per accompagnare la nonna al cimitero e hai sempre chiuso tutto il lavoro da fare con largo anticipo: loro -le scadenze- saranno lì e farai una corsa contro il tempo per riuscire a chiudere tutto prima di prendere l'aereo. O la nave. O il pullman. O il treno. O quello che vi pare.

Prima di partire per le vacanze ti spalmerai chili e chili di Somatoline per ridurre la buccia d'arancia, proverai costumi da bagno dell'anno prima che ti faranno rimpiangere di non aver prenotato un hotel in Trentino invece che in Sicilia, in Sardegna, in Puglia o ovunque abbiate prenotato.
Ti comprerai una crema miracolosa che promette di farti avere la pancia piatta in cinque giorni e cinque notti.
Camminerai a passo svelto -che altrimenti non serve a niente- per smaltire quei 18 kg che ti restano per superare la prova costume.


Alla fine, correrai a comprare un costume nuovo (facciamo anche due, anche tre), di quelli che promettono di ridurre la pancia e i fianchi che non si sa manco come dovrebbero fare considerato che parliamo di un cm quadro di stoffa.

Prima di partire per le vacanze ti contatterà chiunque per assegnarti dei progetti fighissimi, ma talmente fighi che non lo hai neppure mai visto un progetto così figo. E quel qualcuno vorrà una risposta nel più breve tempo possibile perché deve organizzarsi, quindi finirai per leggerli la notte sti benedetti progetti.

Prima di partire per le vacanze, ti si romperà il televisore 50 pollici nuovo di zecca, dovrai chiamare l'assistenza e dovrai pregare, scongiurare, metterti a piangere affinché se lo vengano a prendere prima della data di partenza. E dovrai accertarti che qualora fosse pronto prima del tuo rientro non lo vendano all'asta della Caritas.
Avrai il frigo da svuotare perché non sia mai durante la tua assenza venga un blackout, si sciolga tutto, l'acqua gocciolante mandi in corto circuito tutto l'impianto elettrico di casa e quando tornerai ti ritroverai in una situazione di merda.

Prima di partire per le vacanze, tutte le agenzie immobiliari che hai contattato nei mesi precedenti ti chiameranno, manderanno mail, ti busseranno alla porta perché sono uscite fuori decine di case che rispecchiano i criteri che hai stabilito tre anni fa per la casa dei tuoi sogni. E ovviamente avranno tutte fretta di concludere l'affare del secolo (probabilmente per loro, ma tant'è).

Prima di partire per le vacanze ti renderai conto che hai perso il libretto sanitario del cane, requisito imprescindibile per portarlo con te, o che hai perso la tua carta d'identità (ah no, quella l'ho persa un mese prima di fare le pubblicazioni di matrimonio) o quella di tuo marito. O dei tuoi figli se ce l'hai.

Prima di partire per le vacanze ti stancherai come non ti sei mai stancata negli ultimi otto mesi, ti incazzerai, litigherai anche con il piccione che -incurante dei tuoi nervi a fior di pelle- si poggerà sulla ringhiera del tuo terrazzo.
Prima di partire per le vacanze avrai bisogno di una vacanza per riprenderti dallo stress pre ferie, ma non potrai farla e ti incazzerai ancora di più.


Su su che le ferie arrivano. Io sto contando i secondi.

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mercoledì 28 giugno 2017

Smettere di fumare: lo sto facendo bene (o almeno spero)

Smettere di fumare è credo una delle cose più difficili del mondo. Facciamo la più difficile.
Ok, forse la dipendenza da droga è peggio, ma di quella non sono molto esperta, fatta eccezione per quello che mi ha insegnato Christiane F.
Si, ho letto a ripetizione il suo libro per almeno dieci anni. Adesso ho smesso.

Era l'una e mezza di notte e guardavo le stelle in terrazza con Marito.
Ho acceso e fumato una sigaretta, senza sapere che sarebbe stata l'ultima.
Che poi chissà se quella lì sarà davvero l'ultima sigaretta della mia vita.
Quando l'ho spenta, ho detto: "Smetto di fumare" e Marito mi ha riso in faccia.
Ho preso più seriamente io la sua decisione di diventare vegetariano mi sa.

Non ho più acceso una sigaretta da quella sera e considerate che vivo con un fumatore che fuma lo stesso tabacco che io ho fumato per anni. 
Usa le stesse cartine. 
Usa gli stessi filtri.
Rolla le sigarette come le rollo io.
Considerate anche che fumo da sempre.
Per due giorni ho messo in borsa il mio portasigarette -quello che avevo perso e poi è stato sostituito da uno identico- ovviamente pieno di tutto il necessario: tabacco, cartine, filtri, accendino.
Alla fine, non l'ho neanche guardato il portasigarette, ma sapere di averlo lì mi rendeva sicura.

Mi hanno consigliato di comprare la sigaretta elettronica, sono entrata in un negozio, ho chiesto informazioni, mi sono confusa -io pensavo ce ne fosse un tipo solo, al massimo due- e sono uscita a mani vuote.
Un paio di giorni dopo ho preso un' incazzatura di quelle che ti fanno venire voglia di sparare sulla folla (no, non ho l'abitudine di sparare sulla gente, è solo per dire) e volevo fumare. 
La voglia di sigaretta è durata cinque secondi scarsi, ma non si sa mai quindi ho preso Marito, cane e portafogli e sono corsa a comprarmi sta benedetta sigaretta elettronica che no, non fa bene sicuramente, ma sapere di averla mi fa sentire meglio.
E poi ha le lucine colorate. Si puo scegliere di che colore farla illuminare, mica pizza e fichi.
Io per il momento ho scelto il color piscina, che altro non è che un turchese brillante, ma non avevo cuore  di dire alla gentile signora del negozio che il color piscina non esiste. 
E comunque il colore delle lucine posso cambiarlo in qualsiasi momento.

Lucine a parte, sigarette non  ne ho più toccate. Vero è che è passata soltanto una settimana e no, non me la sento di dire tutta contenta che ho smesso di fumare che poi queste etichette definitive mettono ansia e con l'ansia viene voglia di sigarette e poi è la fine.
Io non so se davvero non toccherò mai più una sigaretta, ma lo spero.
E posso dire che, negli anni, a nulla è servito vedere le immagini terrorifiche (si dice terrorifiche?) dei pacchetti di sigarette e di tabacco, così come non è servito mio padre che mi diceva di smettere di fumare elencandomi tutte le possibili morti atroci in cui potrebbe incorrere un fumatore.
Che poi eh, di solito la spaccamaroni è mia madre.
Un fumatore sa quali sono i rischi connessi al fumo. Sa tutto, ma proprio tutto. E nonostante ciò fuma lo stesso.
È scritto ovunque, cominciano a dirtelo in seconda elementare quando una sigaretta non sai manco cosa sia,  esistono libri, depliant, qualsiasi cosa. 
Ma un fumatore è capace di ignorare qualsiasi cosa. 
Un fumatore vuole solo fumarsi la sua bella sigaretta, soprattutto  sorseggiando uno Spritz o dopo il caffè. Soprattutto dopo il caffè.
Io praticamente non prendo più manco il caffè che tanto fa male al mio fegato malconcio, sai mai che mi venga voglia do sigaretta.
L'unico modo che ha un fumatore per provare a smettere di fumare è volerlo.
(Mi sento molto sciamano della foresta con queste massime così profonde).

Una mia amica ha smesso di fumare un anno e mezzo fa circa.
Mi ha raccontato che i primi giorni tremava tanto aveva voglia di nicotina, ma mi ha anche detto di quanto è bello essere liberi da questa schiavitù, mi ha decantato i benefici per il corpo, per la pelle.
È passata una settimana e io non ho più le dita delle mani macchiate di giallo. Sono commossa. No davvero, è una cosa piccola piccola, ma mi rende felice.
Non so se è suggestione, ma mi pare persino di avere più fiato per fare le scale. E anche per camminare per chilometri con il cane.

Nell'attesa di sapere cosa succederà, vado a svapare -ho scoperto che si dice così- la mia sigaretta elettronica con dentro un liquido gusto crema pasticcera.
Si, crema pasticcera, avete capito bene.


In attesa di mangiare -a chili- le sigarette di ricotta che fanno a Palermo. Di queste credo che non mi verrà mai voglia di farne a meno.
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martedì 27 giugno 2017

Perché Anzio è famosa? E perché io consiglio di andarci?

"Perché Anzio è famosa?" è una domanda che vi siete fatti anche voi, vero?
Magari l'avete sentita nominare per caso e vi siete chiesti quando ne avevate già sentito parlare.
Avete presente quelle cose che sapete -perché fidatevi lo sapete- ma sono sepolte da qualche parte nei cassettini della memoria? 
In ogni caso, per chi non lo sapesse, Anzio è famosa per lo sbarco degli alleati durante la Seconda Guerra Mondiale. Si, è per questo che il nome vi era familiare.
Se siete poco poco meno colti, ci passava le vacanze uno tra Babi e Step -scusate, ma non ricordo chi- anche se, ecco, la Seconda Guerra Mondiale fa parte degli argomenti dell'istruzione di base.

Io comunque amo Anzio: mi piace da morire, è uno dei posti più belli del litorale romano.
Il mare è quello del litorale romano, appunto, quindi ecco, non vi aspettate chissà che cosa, però l'acqua è più pulita che altrove, la sabbia non è particolarmente scura, la spiaggia pullula di simpatici granchi pronti ad azzannarvi le dita dei piedi, si mangia dell'ottimo pesce fresco (alla faccia del marito vegetariano) e ci sono tante bellissime bancarelle (che io adoro).
Tutto questo d'estate, d'inverno dubito ci sia qualcosa, a parte il mare che dovrebbe rimanere lì, ma sai mai.

Mettici quindi una domenica pomeriggio e un'amica storica che ti conosce come le sue tasche e la malsana idea (di entrambe, eh) di voler fare una gita a Civita di Bagnoreggio sotto al sole cocente che già, detta così, provoca svenimenti e cali di pressione.
"Ma se andassimo ad Anzio?"
Considerate che lei a Roma ci è venuta a vivere da poco, eh. É venuta per me, anche se non lo dice. Erano anni che le rompevo le palle: "Ti prego, ti prego, ti prego, vieni a vivere a Roma". E alla fine, mi ha accontentata.
Comunque, alla fine Anzio fu. Mi sono giocata la carta del pesce fresco.

Io di solito vado in spiaggia, ci sono tantissimi stabilimenti uno più carino dell'altro, per due lettini e un ombrellone siamo sui 30€ che a me prende malissimo pagare queste cifre, ma tant'è.


 Se per caso non avete voglia di andare in spiaggia (sappiate che io vi capisco, fa caldo, si suda e c'è la sabbia che si infila ovunque), una buona idea può essere quella di camminare sulla spiaggia al tramonto quando non c'è praticamente più nessuno.







Se proprio non vi piace camminare sulla sabbia, una cosa da vedere c'è ed è il cimitero americano.
É davvero curatissimo, fa quasi impressione: ci sono le tombe di tutti coloro i quali sono morti lì tra il 1939 e il 1945, anche se in realtà sarà anche il cimitero americano, ma di americano non c'è seppellito praticamente nessuno, sono quasi tutti inglesi (ma questo è un dettaglio).
C'è anche un libro con le firme di tutti i visitatori, io e la mia amica ci siamo perse a leggere i commenti perché proprio prima di trovare il libro pensavamo a come -per i parenti di questo soldati- dovesse essere stato difficile venire fino ad Anzio sulla tomba dei loro cari.
E invece ci sono tanti commenti di nipoti, figli, parenti a vario titolo. Fa riflettere, ma non metto bocca sulle riflessioni di ognuno perché siamo tutti diversi. Per fortuna.


É curioso che dopo aver visitato il cimitero, arrivate in spiaggia, ci siamo trovate davanti questo soldatino abbandonato a riva.


Se avete voglia c'è anche il Museo dello Sbarco, noi però non ci siamo andate perché ci siamo lasciate distrarre dalle bancarelle piene di collane bellissime.

Il cibo merita tantissimo.
Se andate al porticciolo, ovunque vi giriate ci sono ottimi ristorantini di pesce. E il pesce merita, oh se merita.


Noi abbiamo scelto l'Asticiotto perché a me piaceva il nome. Cibo ottimo e prezzi bassissimi che per dirlo io che sono abituata a mangiare pesce in Sicilia dove praticamente te lo tirano dietro, vuol dire che si paga proprio poco.





Su circa venti portate di antipasto e due primi, sono riuscita a fotografare solo questi perché avevo troppa fame.
L'ho già detto che il pesce era buonissimo? E freschissimo? E che si paga pochissimo?

Quello che non ho detto è che il personale di sala non si è perso d'animo quando sono stati informati delle mie allergie e anzi, hanno sistemato alcune portate degli antipasti per permettere anche a me di mangiare. E credetemi che non è da tutti.

Da non sottovalutare il fatto che andando ad Anzio il fine settimana potrete anche passare il tempo  seduti sul muretto del lungomare guardando flora e fauna del luogo: le risate, in molti casi, sono assicurate.
(Lo so, sono una persona orribile, vado a mettermi faccia il muro per venti minuti).



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venerdì 23 giugno 2017

Vegetariani si diventa (rischiando il divorzio)

Vegetariani non si nasce, si diventa. E fin qui, immagino che saremo tutti d'accordo.
Amo follemente mio marito, altrimenti non lo avrei sposato. E anche qui, immagino saremo tutti d'accordo.

Io, notoriamente persona pacifica e affettuosa, do di matto quando si parla di cibo.
Mi infastidisce il fatto che non posso mangiare quello che voglio, che non posso scegliere e che sono stata obbligata ad eliminare dalla mia dieta una quantità abnorme di alimenti se non voglio morire (qui trovate la spiegazione).
No davvero, io non mi do pace: a volte ci penso meno, a volte me lo dimentico, ma di base io invidio chi può mangiare tutto. E questo lo sanno tutte le persone che mi circondano.
Siccome sono una persona pacifica, come dicevo sopra, non esprimo giudizi su chi fa scelte alimentari etiche -che per altro rispetto- anche se, sotto sotto, non me lo spiego come si possa deliberatamente decidere di rinunciare a qualcosa visto che io sono stata costretta e la vivo male, malissimo, in modo disperato.

Due settimane fa, Fidanzato ormai Marito mi ha guardata seria e mi ha detto che doveva parlarmi.
Non lo fa mai. No, non il parlarmi, il guardarmi serio.
Ho sposato un cazzone e ne sono consapevole, quindi mi sono preoccupata.
Pensavo che volesse il divorzio dopo neppure due mesi di matrimonio o che fossimo diventati improvvisamente poveri e dovessi rinunciare a investire stipendi interi su Aliexpress.
E invece no. Con tutta la calma del mondo lui mi guarda e mi dice: "Ma sarebbe un problema se volessi diventare vegetariano?"
"Ma certo che no amore mio, ci mancherebbe"
"Ah meno male, pensavo la prendessi male"
"Ma no figurati"
"Amore mio, cuoricini, bacetti, tanto amore"
"Scusa, ma perché?"
La motivazione non me la ricordo più, casomai chiedetela a lui.
Io da quel momento, con il pc ho iniziato a cercare su Google ricette vegetariane e con il cellulare avvocato divorzista. Ah, benedetto Google.
"Però non lo dire a tua madre per il momento e manco alla mia che magari non la prendono bene"

Chiaramente quando ho sentito mia madre al telefono le ho detto: "Tuo genero ha deciso di diventare vegetariano". Lei, serafica, mi ha risposto: "Ma se le verdure non le mangia".
Quando ho visto mia suocera invece le ho comunicato: "Tuo figlio ha deciso di diventare vegetariano".
"A casa mia non ci viene a mangiare. Ma da chi si è fatto convincere?" mi ha risposto.
"Ah non lo so, il figlio è tuo, comunque tranquilla: io tortellini e lasagne continuo a venirle a mangiare da te, lui facesse come gli pare".


Ed è quindi iniziata l'avventura vegetariana di casa nostra con somma gioia del cane che è verdura dipendente (traditore, è solo un traditore) e somma disperazione della sottoscritta che non sa che cucinare.
E mi è tornata la mente alla nostra prima cena fuori insieme -era il 20 Marzo 2011- quando, all'arrivo di uno stupendo piatto di salumi e formaggi, lui mi aveva guardata e mi aveva detto indicando quei bellissimi prosciutti e salami: "Puoi mangiarteli tutti tu, a me i salumi non piacciono".


Del fatto che dopo dieci giorni mi abbia anche proposto di andare a correre ne parliamo un'altra volta, eh.
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lunedì 19 giugno 2017

Dieci motivi per odiare l'estate

É arrivata l'estate.
Oh si lo so che teoricamente il primo giorno d'estate sarà il 21 Giugno e che, sempre in linea teorica, siamo ancora in primavera.
Il punto è che è solo teoria: fa caldo, caldissimo, non si respira. Le spiagge sono già affollate, i condizionatori negli uffici già accesi da un pezzo.
Io odio l'estate.
La odio dal 2005, primo anno nel mondo dei grandi perché ecco, finché andavo a scuola mica provavo solo sentimenti orribili nei suoi confronti.

E sapete perché odio l'estate?

Fa caldo: bella scoperta direte voi, ma io il caldo proprio non lo reggo. E l'afa? L'umidità? Le gocce di sudore che cadono dalla front e , annebbiano gli occhi? E la pressione bassa?
Potrei voler vivere in un forno solo se fossi un pollo arrosto. E forse nemmeno in quel caso.
E no, non sono tra quelle persone che a Dicembre si lamentano del freddo: io amo l'inverno, amo il freddo, amo il piumone, amo gli stivali, i cappelli e le sciarpe. E ho già iniziato il conto alla rovescia.

Non si sa come vestirsi: mettiti i pantaloncini e le infradito direte voi. Certo, se devo andare in spiaggia volentieri, ma in città, per andare al lavoro, voi vi mettete i pantaloncini girochiappa? Vi dico solo che la scorsa settimana sono dovuta andare a Milano per lavoro, vestita da signorina per bene, e il sudore dovuto all'afa ha fatto stingere i pantaloni marroni sulla maglia bianca.
E poi eh, la moda estiva è orrenda, senza se e senza ma.

L'escursione termica: entri in ufficio o in un negozio e ci sono 12°, esci all'aperto e ce ne sono 46°. E poi la febbre, la polmonite, la morte.

Le zanzare: non so voi, ma io ho la casa invasa. E negli anni deve esserci stata anche una carestia di sangue perché se prima non mi guardavano neanche, adesso mi pizzicano anche la punta del naso.
E vogliamo parlare delle nottate sprecate a cercare di ammazzarle ste benedette zanzare? E no, non mi sento in colpa: il loro sangue mi appartiene, lo hanno succhiato -senza farsi troppe remore- dal mio corpo.

Le lentiggini: arriva l'estate e le mie guanciotte paffute si riempiono di efelidi che sarebbero anche carine se non fosse che con i miei capelli e occhi neri non ci azzeccano niente.

Il trucco:  minuti preziosissimi persi a creare un make-up adatto alla stagione che dopo tre ore è completamente liquefatto. E no, non c'è waterproof che tenga.
E lo smalto? Che pare che se non hai lo smalto sulle unghie dei piedi in estate non sei nessuno. E quindi via a ritoccare smalto che si scheggia solo a guardarlo da Giugno a Settembre.

Il mare: ecco, il mare non lo odio, sarà che ho dei geni siciliani. Mi piace andare al mare, almeno sulla carta. Solo che: la fila infinita per strada che per percorrere dieci km ci vogliono quattro ore, la sabbia, le meduse, le alghe, i pannolini e gli assorbenti galleggianti, due lettini e un ombrellone 30€. Devo continuare?



L'abbronzatura: pare che se non sei abbronzato d'estate, non sei nessuno (come per lo smalto). C'è stato un periodo in cui diventavo nera come il carbone. Adesso no. Adesso il sole si nasconde quando mi vede, con il risultato che sono bianca cadaverica sempre. É una bella tonalità di bianco però, devo ammetterlo.
In compenso, la cellulite da mettere in mostra con il costume da bagno ce l'ho sempre e per sempre.

Le ferie: o meglio, il piano ferie. Avete mai fatto un piano ferie? Urla, liti, minacce di morte perché Agosto lo voglio io, Luglio non si tocca e a Settembre non ci devi pensare neanche.
Leggende metropolitane narrano di aziende costrette a chiudere a causa dei dipendenti che si  sono accoltellati nel vano tentativo di trovare un accordo per le ferie estive.

I locali estivi: sarebbero anche belli, lo ammetto. Ma solo se non avessi un locale di questi sotto casa che mi tiene sveglia con la sua musica assordante tutte le notti, produce blocchi stradali che non mi consentono di tornare a casa e la polizia che lo controlla con decine di posti di blocco lì davanti  non decidesse regolarmente di fermare me invece degli ubriachi che escono da lì.

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giovedì 8 giugno 2017

Tutti potremmo dimenticare nostro figlio in macchina

Non ho figli. Al momento non ne voglio, non sono pronta e non so se lo sarò mai.
Mio marito, da un po' di tempo a questa parte, dice che, se mai avremo un figlio, sente che sarà una femmina. Dice anche lo stuzzica l'idea della femmina. Credo che sarebbe un buon padre, molto migliore di me come madre.
Sono spesso stanca. Altrettanto spesso vado di corsa, ci sono periodi che non mi fermo mai. A volte i pensieri mi tormentano. In quei momenti vorrei solo dormire, ma non posso.
Segno tutto sul calendario: le scadenze, gli appuntamenti, le visite mediche. Il calendario è davanti al frigorifero, quindi non posso non vederlo: ogni volta che bevo un po' d'acqua o preparo da mangiare, lui è lì a ricordarmi cosa devo fare.
Eppure mi dimentico tante cose: dimentico quello che mi dice il Marito, dimentico di comprare qualcosa, dimentico di chiamare qualcuno, perdo il burro cacao e la pinza per i capelli. Me ne ricordo improvvisamente dopo ore, ho come un'illuminazione. A volte mi sento in colpa per quello che dimentico, altre no.
Anche il Marito a volte è stanco e anche lui dimentica qualcosa.
Cerchiamo di ricordarci a vicenda le cose.
Una volta abbiamo dimenticato il cane: tornavamo da una passeggiata con i nostri due cani, siamo entrati in casa sia io che lui, uno dei due cani è entrato con noi e l'altro no. Dopo un po' ci siamo resi conto che mancava, ci guardavamo intorno, la chiamavamo, ma non arrivava. Abbiamo aperto la porta di casa e l'abbiamo trovata sul tappeto davanti la porta, sdraiata, che aspettava soltanto che qualcuno si ricordasse di lei. L'abbiamo coccolata, ci siamo sentiti in colpa, non siamo riusciti a capire come fosse stato possibile che noi tre fossimo entrati e lei fosse rimasta fuori e ancora oggi che lei non c'è più a volte ricordiamo quell'episodio e ci chiediamo come sia potuto succedere.
La verità è che può succedere di dimenticarsi qualcosa. Si, può succedere anche di dimenticarsi un figlio, così come noi ci siamo dimenticati il cane.
Voi direte che un cane non è figlio, io vi rispondo che lei era la mia vita e che il principio per le quali ci sono donne e uomini che dimenticano in auto i loro figli è lo stesso identico per cui io e Marito abbiamo dimenticato il cane fuori dalla porta.
Succede. Non dovrebbe succedere, ma succede.
Succede che la mente si offuschi. Li chiamano eventi dissociativi o disconnessioni mentali, io non ho idea di quale sia la corretta definizione medica per questo fenomeno, ma so che succede.
Ed è tremendo, è atroce, è una cosa pazzesca, ma succede.
E io non riesco a condannare questi genitori. Non riesco neppure lontanamente ad immaginare come ci si possa sentire quando ti dimentichi tuo figlio, il tuo bambino, che magari hai disperatamente voluto, cercato e quel fagottino muore. 


Non posso immaginare il dolore dei due genitori e i sensi di colpa di chi dei due ha avuto quella dimenticanza fatale.
Non voglio neppure immaginare quanto possa essere atroce morire di caldo dentro una macchina, magari sotto al sole rovente di Agosto, non lo voglio sapere, voglio tenere la testa sotto la sabbia. 
Non riesco a giudicare, non riesco a dire "Aame non succederebbe mai" e non solo perché non ho un figlio. Semplicemente non posso escludere che una cosa del genere, se avessi un frugoletto, possa capitare a me. O a mio marito che sono convinta sarebbe un padre meraviglioso.
So che non ho più vent'anni, che cerco di incastrare tutto, che corro, che ho tanti pensieri. E so anche che a volte dimentico qualcosa.
Ve lo ricordate com'era avere vent'anni? Io dormivo poco, facevo tante cose, lavoravo, studiavo, uscivo e non dimenticavo praticamente niente. Poi non so cosa sia successo.
So che ogni giorno faccio tantissimi gesti automatici, a cui non penso neppure. Li faccio e basta. E so che forse, se avessi un figlio, diventerebbe un gesto automatico anche metterlo in macchina la mattina, accompagnarlo all'asilo, andare a lavoro, poi andare a riprenderlo e così via in una successione automatica di gesti.
So che a volte uno di questi gesti automatici sfugge. E potrebbe essere una tragedia immensa.
A volte la tragedia viene evitata, altre volte no. E quando non viene evitata, credo che l'unica cosa da fare sia rimanere in silenzio e non dire mai: "A me non sarebbe successo", perché credetemi che è un attimo. E quell'attimo potrebbe bastare.
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mercoledì 7 giugno 2017

Come organizzare un matrimonio in venti giorni (e rimanere vivi)

Mettiamo che un giorno vi prenda il matto e decidiate di organizzare il vostro matrimonio in venti giorni. Credetemi che succede, eccome se succede.
Ecco allora una non troppo breve guida su come e cosa fare passo dopo passo.
Da cosa si parte? Qual è la prima cosa da fare?
-Telefonare (o andare di persona) al proprio comune per chiedere informazioni circa le pubblicazioni che si, sono obbligatorie e senza non potete sposarvi.
Nel mio municipio i tempi di attesa per fare le pubblicazioni sono di circa un mese.
Serve una marca da bollo da 16€ se siete entrambi residenti nello stesso comune, due marche da bollo da 16€ se residenti in comuni diversi. Bisogna dare i propri dati e pensano a tutto loro. Ovviamente bisogna avere una carta d'identità valida per poter fare richiesta di pubblicazioni.
Per gli stranieri, per i divorziati e per non so chi altro servono anche altri documenti.
Noi abbiamo fissato la data delle pubblicazioni senza avere la più pallida idea di quando volessimo sposarci: avevamo un paio di date in mente, ma nulla di sicuro.

Mentre aspettavamo di fare le pubblicazioni, non avendo una data (ma magari voi siete più decisi di noi), cosa abbiamo fatto?
-Scegliere le fedi: per noi erano molto importanti, eravamo orientati su una cosa (e lo dicevamo da sempre) e chiaramente alla fine abbiamo scelto un'altra cosa. Siamo andati in sole due gioiellerie e abbiamo scelto subito il modello che ci piaceva e che stava bene ad entrambi dato che volevamo avere la fede identica. Dopo aver scelto, ci siamo rivolti direttamente al rappresentante UnoAerre (che, appunto, è il marchio delle fedi che abbiamo scelto) e le abbiamo ordinate.  Sono arrivate in circa dieci giorni e a quel punto per fare incidere la data (e qualsiasi altra cosa) bisognava aspettare quanto meno di sceglierla sta benedetta data. A posteriori, di ritirare le fedi (abbiamo aspettato circa 24 ore da quando abbiamo detto cosa ci volevamo inciso) e controllare che fosse tutto ok se ne sono occupati i miei genitori, mentre io continuavo a ripetere: "Ma l'incisione è giusta, vero?".
Al cuscino portafedi per la cerimonia ci ha pensato una delle mie cognate.
-Fare la lista degli invitati: io l'ho scritta e riscritta almeno dieci volte perché puntualmente mi dimenticavo qualcuno. Alla fine, nell'ultima versione della lista che serviva per il catering, avevo dimenticato gli sposi.
-Guardarsi intorno: per farsi un'idea, seppur vaga, di come muoversi una volta che si sarà scelta la data. Noi, per non smentire la fama di matti che ci precede, ovviamente non l'abbiamo fatto.


Quando siamo andati a fare le pubblicazioni, io con le stampelle e lui  morto di sonno dopo una notte al lavoro, abbiamo chiesto quale fosse la prima data utile per sposarsi. 
Le pubblicazioni devono rimanere affisse (ormai online, io ho fatto un milione di screenshot senza un motivo) per 8 giorni + 3 giorni per le opposizioni, ma bisogna fare i conti con eventuali feste e capire da quando effettivamente partono. Valgono 180 giorni, dopodiché bisogna rifarle.
La prima data utile a noi non piaceva, quindi abbiamo chiesto se la sala comunale che ci interessava fosse libera il venerdì seguente. Mentre le funzionarie comunali ci guardavano sconvolte, abbiamo scoperto che non solo c'era la possibilità di sposarsi quel giorno, ma che era disponibile l'orario che piaceva a noi. Data scelta, io e Fidanzato nel panico. Conto alla rovescia di venti giorni e mezzo iniziato. E a quel punto?
-Avvisare chi si vuole invitare: le prime a saperlo sono state le nostre mamme, a cui lo abbiamo detto subito di persona ed entrambe c'è mancato poco che collassassero, probabilmente all'idea di avere due figli talmente sciroccati da organizzare un matrimonio in così poco tempo.
Per fare le partecipazioni e distribuirle non c'era il tempo materiale, quindi abbiamo usato WhatsApp e le telefonate, ad alcuni è stato detto a voce. Ovviamente tutti hanno reagito con un quasi svenimento perché, ecco, non lo aspettavano così di botto. "Ma me lo dici così?" è stata la risposta più diffusa tra i nostri invitati.
-Rispondere alle domande inopportune: nel giro di pochissimo sono stati parecchi a sapere del nostro matrimonio (anche se la data l'abbiamo detta solo agli invitati e pochi altri perché ci piaceva l'effetto sorpresa) e diverse persone hanno sentito il bisogno di chiamarmi o scrivermi per chiedermi se fossi incinta e se ci stessimo sposando per questo. Dopo sei anni e passa di convivenza. 
Roba che mia nonna, classe 1932, che ha prima fatto una figlia e poi si è sposata facendosi portare le fedi dalla pargola (mia madre) era più avanti di tanta gente nel 2017.
-Scegliere la location: in venti giorni, soprattutto nel periodo che va da Maggio a Settembre, sarà abbastanza difficile trovare un posto disposto ad ospitare un pranzo o una cena di un matrimonio, ma cercando cercando qualcosa potrebbe uscire fuori. Noi avevamo a disposizione una location privata con tanto di giardino e abbiamo optato per quella. E lì è iniziato il difficile, visto che bisogna pensare a tutto, ma proprio a tutto tutto (carta igienica compresa).
-Scegliere i testimoni: io la mia testimone l'avevo già scelta e ne era al corrente, solo che non sapeva quando ci saremmo sposati (ma tanto non lo sapevamo neanche noi), il che non era una cosa da sottovalutare considerato che vive a 600 km da me.
L'ormai Marito non aveva detto neanche a me chi voleva come testimone e l'ho scoperto nello stesso momento in cui lo ha scoperto lui (il testimone).
-Scegliere paggetti e damigelle: io ho voluto solo il paggetto che mi portasse le fedi e la scelta è caduta in modo abbastanza naturale su mio nipote di dieci anni, gliel'ho chiesto e mi ha detto: "Zia, va bene, ma solo se non ti sposi in Chiesa".
-Scegliere il catering: ho girato per catering con mia madre, visto che il quasi sposo aveva qualche problemino a lavoro a causa dell'assenza improvvisa di una collega. Ho definito in linea di massima il menù, chiesto preventivi e ho atteso delle risposte. Abbiamo scelto io e l'allora Fidanzato il menù definitivo a 15 giorni dal matrimonio, abbiamo versato una caparra e stabilito le cose di massima.
-Scegliere i vestiti: io ho impiegato una mattinata a scegliere tutto, ma sapevo di non volere il classico abito da sposa con cui mi sarei sentita a disagio. Volevo un abito corto e possibilmente a ruota. L'ho trovato al terzo negozio in cui sono entrata, l'ho provato e ho detto: "Voglio lui!". La scelta del coprispalle da abbinare è stata più ardua, ci ho impiegato circa mezzora. Le scarpe le avevo adocchiate in un negozio sotto casa, sono andata a provarle (il negozio aveva appena chiuso, ma la gentile proprietaria ha riaperto per me) e le ho prese. L'intimo l'ho scelto in dieci minuti. All'ultimo momento ho comprato un paio di calze perché sai mai che piova, ma sono ancora impacchettate.
Lui ha fatto impazzire me e altre diciotto persone: ha ordinato la camicia rigorosamente su misura e con tanto di iniziali dal suo camiciaio di fiducia (tempo di consegna della camicia di solito: un mese; tempo di consegna per la camicia del matrimonio a cliente abituale da dieci anni: cinque giorni), ci ha impiegato un pomeriggio per scegliere il vestito e le scarpe, poi ci ha ripensato ed è andato a cambiare la giacca, poi ci ha messo una settimana per decidere se papillon o cravatta, poi mi ha delegato l'acquisto delle calze, poi sono state prese le misure per le modifiche dell'abito, poi le prove (ad un certo punto ho smesso di contarle), poi non gli ho spaccato la testa solo perché sono buona (e molto innamorata).
Ad una settimana dal matrimonio avevamo tutto, la camicia di Lui era pronta tre giorni prima.
-Scegliere i vini: spesso sono compresi nel catering, ma mio padre è veneto e quindi abbiamo delegato a lui l'arduo compito di sceglierli, ordinarli dall'azienda vinicola di fiducia e farli arrivare a destinazione. Quattro giorni prima avevamo tutto.
-Scegliere la torta: ho contattato una cake designer molto brava dopo un paio di giorni di ricerca e ho scelto più o meno il tipo di torta al telefono. Io e l'allora Fidanzato siamo poi andati da lei circa dieci giorni prima del matrimonio per concordare bene tutto. La scelta del ripieno mi ha riempita di dubbi per ore e ore, non parliamo poi della grandezza della torta e delle decorazioni.
-Comprare piatti, bicchieri, tovagliati e affini: molti posti li affittano e alcuni catering li comprendono. Io volevo delle cose del colore che dicevo io, fatte come dicevo io e quindi ho ordinato tutto su internet, pagando a peso d'oro le spedizioni veloci e pregando che tutto arrivasse in tempo.
-Le bomboniere: noi non volevamo la classica bomboniera, avevamo un'idea un po' particolare che però è stata apprezzata. Ordinate su internet, con la solita spedizione rapida pagata oro. Ordinate otto giorni prima.
-Trucco e parrucco: io ho chiamato il miglior parrucchiere della mia zona circa dieci giorni prima, ho spiegato cosa mi serviva e quando e sono andata da loro una settimana prima, su appuntamento, per mostrargli i miei capelli, da me definiti una massa di pelo di pecora informe, e contestualmente ho fatto una prova sia dell'acconciatura che del trucco, scegliendo una loro Mua per facilitarmi la vita.
-Ceretta, unghie e trattamenti estetici vari: mia nipote e la mia vicina di casa sono entrambe estetiste, ma in generale i centri estetici sono ovunque.
-Il bouquet: una mia amica ha cercato per me delle idee di bouquet su internet, poi tre giorni prima sono andata con mia madre dal fioraio sotto casa e lo abbiamo ordinato. La mattina del matrimonio è andata la mamma a ritirarlo.
-Allestimenti vari, centrotavola e affini: se ne sono occupate le mie cognate che hanno più fantasia e più voglia di fare di me per queste cose e il risultato finale era meraviglioso. Ordinati tra i dieci e gli otto giorni prima. È stato tutto fatto a mano, ma non so bene i tempi.
-Coni portariso: non sono indispensabili, ma secondo me sono stupendi. A me li ha confezionati una mia amica, la stessa amica che si è occupata dei palloncini a cui non potevo assolutamente rinunciare e che mi ha sopportata per tutta la durata dei preparativi. Erano pronti una settimana prima (ha impiegato circa due sere) e ,due giorni prima il matrimonio, io ho lavato e fatto asciugare il riso e riempito i coni.
-Photoboot: va tanto di moda, ma non è indispensabile. Ovviamente noi non potevamo farne a meno. Ovunque su internet si trova il materiale per allestirlo e anche qui vale la regola della spedizione rapida che costa un sacco.
-Il fotografo: inizialmente non lo volevo, ma non avevo fatto i conti con il fatto che ho tanti, troppi amici fotografi (no, non fotografi improvvisati, ma fotografi veri). Sono stati in parecchi ad offrirsi volontari tanto che mi sono sentita un po' Kate Middleton.
Alla fine avevo non uno, ma ben due fotografi che, conoscendomi più che bene, mi hanno detto: "Pensiamo a tutto noi". E per quello che ho visto finora la parola capolavoro non basta per definire quello che è venuto fuori.
-La musica: ci hanno pensato le mie cognate visto che io non me n'ero completamente ricordata.
-Scegliere l'hotel per la mia testimone (o, in generale, per chi viene da fuori): tenete bene a mente che le distanze sono relative, per me che vivo a Roma l'hotel scelto era vicinissimo, ma proprio tanto tanto vicino, per lei che abita a Soresina (si, dove c'è la Latteria) era lontanissimo (però era bellissimo, eh). C'est la vie!
-L'addio al celibato/nubilato: noi non lo abbiamo voluto, ma per una settimana di fila siamo stati invitati a cena praticamente da chiunque per festeggiare l'imminente matrimonio.

Una volta finito di preparato tutto, gli ultimissimi giorni abbiamo dovuto rifinire le cose.
-Chiedere le conferme: e questa è roba semplice perché ce le hanno date spontaneamente.
-Fissare le ultime cose con il catering: orario di inizio e fine servizio, numero dei camerieri e altre piccole cose.
-Preparare la location: io ho sistemato solo alcune cose insieme a mia madre e a mia suocera, al resto ci hanno pensato le mie cognate.
-Mandare i documenti al municipio: questo varia da comune a comune, noi abbiamo dovuto consegnare i moduli con la scelta dei testimoni e copia dei loro documenti d'identità e il modulo indicante la scelta del regime patrimoniale.
-Chiamare o scrivere a chi ci ha mandato un regalo o un biglietto o qualsiasi altra cosa: noi abbiamo preferito ringraziare man mano che arrivavano le cose, casa nostra è stata sommersa da regali e biglietti d'auguri nonostante avessimo detto esplicitamente di non volere nulla.
-Fronteggiare gli imprevisti: io sono finita in ospedale a quattro giorni dal matrimonio e, alla fine, erano tutti in ansia tranne me. 

Ed infine il giorno prima, quello più difficile di tutti.
Io ho sistemato parecchie cose con mia madre per la cena, non mi sono mai fermata finché alle 19, seduta sul terrazzo di casa mia intenta a fumare una sigaretta con il quasi Marito, è arrivata mia madre che mi ha guardata in faccia e mi ha detto: "Adesso puoi piangere". E mentre io piangevo disperata, il quasi Marito rideva di me dicendo al cane: "Guarda la mamma come piange, è proprio cretina!".
La sera abbiamo recuperato la testimone, l'abbiamo portata in hotel e ci siamo concessi una capatina al bar io, lo sposo e miei genitori.
Ho dormito tutta la notte, idem Lui e se qualcuno non ci avesse svegliati (la solita santa mamma) non ci sarebbe stato nessun matrimonio.
Abbiamo deciso di dormire insieme a casa nostra o meglio non abbiamo mai neppure pensato di dormire separati perché viviamo insieme da troppo tempo e ci sembrava naturale così.
Il giorno del matrimonio è stato perfetto, molto più bello di come lo avevamo immaginato e tornando indietro vorrei che fosse tutto uguale.
Organizzare un matrimonio in venti giorni è fattibile, ma bisogna tenere a mente due cose: che è quasi indispensabile l'aiuto e il supporto delle persone care (amici o parenti o chi volete voi) e che le spese che normalmente si sostengono in tanti mesi saranno concentrate in pochissimi giorni. E di soldi ne andranno via tanti, molti più di quelli che avrete immaginato, tant'è che qualche giorno dopo il matrimonio -se avrete cuore di controllare il saldo del conto corrente- vi scoprirete improvvisamente poveri.


Nb. Noi ci siamo sposati civilmente, non conosco i tempi e i documenti richiesti per celebrare un matrimonio concordatario in Chiesa ed è per questo che non ne accenno minimamente.

La foto del post è di Samira El Bouchtaoui.




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martedì 6 giugno 2017

Quando qualcuno ti dice che il suo tempo vale più del tuo

Una persona mi ha detto: "Il mio tempo vale più del tuo".
Con il solito aplomb che mi contraddistingue ho abbozzato un sorriso e mi è stato ribadito, a brutto muso: "Il mio tempo vale più del tuo, fidati che è così". Sono seguite banali motivazioni, esposte con quel misto di arroganza e maleducazione, che non mi sono preoccupata di stare a sentire. 
Il mio tempo, quello professionale, ha un costo e quel costo non lo decido io: per un dipendente c'è un prezzo stabilito da quegli odiosi contratti collettivi nazionali di settore. Non sempre sono giusti forse, ma quello è. Per i liberi professionisti esiste un prezzo stabilito dal mercato e anche quello probabilmente non sempre è giusto.
Quello è il prezzo dato al tempo e alle competenze di ciascuno di noi. 
Ma quanto valgono le 24 ore della mia giornata?
Ci sono state volte, nella mia vita, in cui ho avuto paura di morire. Prima di perdere completamente la ragione, sapevo che se qualcuno non fosse intervenuto nel giro di pochi secondi, io sarei morta.
E quei secondi valevano così tanto che credo sia impossibile quantificarlo.
C'è stata quella volta in cui si erano confusi e mi avevano detto fischi per fiaschi e ho pensato che la mia vita, nel giro di poco tempo, sarebbe finita. Ero terrorizzata, avevo chiamato mia madre in lacrime dicendole che volevo passare con lei il Natale che avremmo dovuto passare lontane per questioni lavorative, volevo lei e mio papà vicino a me perché. In quel momento, pensavo di non poter sprecare il mio tempo lavorando o facendo qualsiasi altra cosa.
Oppure quella volta in cui ci dissero che se Fidanzato ormai Marito non si fosse operato, avrebbe probabilmente perso l'uso delle gambe. Non il giorno dopo, neppure un mese dopo, ma prima o poi si. Ed era iniziata una corsa per trovare un medico il cui tempo eravamo disposti a pagarlo a peso d'oro. Il tempo di quel chirurgo, a cui sono ancora oggi molto legata, per me valeva più di qualsiasi cosa al mondo.
O ancora quella volta in cui abbiamo scoperto troppo tardi il tumore della mia Milly: ci siamo maledetti per mesi per non avere avuto abbastanza tempo. Il giorno che è morta avevo avuto un imprevisto, ero stata fuori casa per ore per non concludere nulla. Se fossi rimasta a casa con lei, sarei stata ore ad accarezzarle la testa. E so che quel tempo che avrei potuto dedicarle, per lei sarebbe stato preziosissimo.


Il tempo che passo con i miei genitori, che vedo troppo poco e che non sono eterni, vale tantissimo, ma proprio tanto. E so che per loro, il tempo che posso dedicargli, nonostante la mia vita sia ormai a parecchi km da loro, vale più di tutto l'oro del mondo.
Per mio marito, il mio tempo vale tanto. Per me vale tanto il suo. Sarà che ci sono stati periodi in cui ero lontana da lui per lavoro, sarà che ci sono stati periodi in cui, a causa dei turni, ci incrociavamo appena. Ogni attimo passato insieme è prezioso, il nostro tempo è qualcosa di importantissimo.
Per il mio cane, il tempo che passo a lanciargli una pallina o a correre con lui all'area cani o ad accarezzargli il collo vale più di un milione di croccantini. Non so se vale più di un pacco di biscotti a forma di osso, ma mi informerò.
Per i miei amici, il mio tempo è prezioso e per me è prezioso il loro. Dedicarci del tempo ci aiuta ad essere le persone che siamo, nel bene e nel male.
Il regalo più bello che abbiamo ricevuto per il nostro matrimonio è stato il tempo che le persone che ci vogliono bene ci hanno dedicato. Tanto tempo, tantissimo, solo per farci vivere un sogno. Ed è quello che mi fa sentire una persona fortunata.
Ogni buongiorno, buonasera, grazie, per favore, prego che ho detto in vita mia, per il quale ho usato quei tre secondi del mio tempo, ha regalato un sorriso al ragazzo del bar sotto casa che spesso la gente manco saluta, alla commessa del negozio che si prende ogni giorno gli scleri dei clienti, al signore dell'autolavaggio dove portiamo le nostre macchine. Così come tutti i buongiorno, per favore, grazie che mi hanno detto hanno spesso e volentieri regalato un sorriso a me, che magari in quel momento ero nervosa per un qualsiasi motivo. Tre secondi per un sorriso.
Il mio tempo lavorativo vale oro per l'azienda che mi paga, per i colleghi che saranno alleggeriti da qualche incombenza, per l'amministratore delegato che magari vedrà aumentare il fatturato dell'azienda. 
Ogni secondo che spreco lo tolgo a me stessa e alle persone che mi vogliono bene. Lo tolgo alla mia famiglia, ai miei amici, alle mie passioni, al mio lavoro.
Ogni secondo perso è un secondo che non mi tornerà indietro, vorrei averne sprecati molti meno di secondi della mia vita, eppure l'ho fatto.
E il mio tempo è preziosissimo, né più né meno come quello di ogni persona che incontro ogni giorno.
Non permettete mai a nessuno di dire che il suo tempo vale più del vostro. Mai.
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sabato 3 giugno 2017

Le piccole cose che ci rendono felici

Quando non scrivo per periodo più o meno lunghi mi sento in colpa. Vorrei trovare una giustificazione, spiegare, ma la verità è che -almeno in questo caso- motivi per cui non ho scritto nulla non ce ne sono.
Semplicemente quando avevo il tempo non avevo la voglia e quando invece avevo la voglia, mi mancava il tempo. Ed è stato così che decine di post sono rimasti scritto soltanto nella mia testa. E me li sono anche già dimenticata se per questo.
Succede che se non scrivo mi arrivano mail e messaggi di gente preoccupata perché sono tristemente nota per essere quella a cui succedono le cose più assurde, tipo quando mi sono rotta il ginocchio senza accorgermene o quando finisco in ospedale in shock anafilattico e alla fine si spaventano tutte tranne me, visto che ho fatto mio il detto di mia nonna (ma sicuramente anche delle vostre nonne) che l'erba tinta non muore mai. O almeno spero non muoia mai.
Ho rincorso per tantissimo tempo la serenità e mi mancava sempre qualcosa. Qui a Roma in questi casi si dice che manca un soldo per fare una lira  e credo che mai definizione fu più azzeccata: mi è sempre mancato quel soldo. Solo che non lo sapevo.
Il problema è che quando va tutto bene c'è poco da raccontare.
Se racconti qualcosa di felice poi ti dicono che lo fai solo per metterti in mostra e bisogna anche mettere in conto che ho lettori a cui sto palesemente sulle palle -e hanno ragione eh, certe volte mi sto sulle palle da sola solo che non posso mandarmi a cagare, sbattere la porta e andarmene perché verrebbe con me anche quella che parte con cui ho litigato- che mi lancerebbero anatemi a ripetizione. E va bene che il soldo per fare una lira lo abbiamo trovato, ma magari non è il caso di mettersi a sfidare la sorte.
Quello che ho capito, però, è che se sei felice attiri felicità. 



E' questa felicità sta anche nelle piccole cose, piccolissime, quelle a cui di solito non diamo retta.
Quando ho ricominciato a guidare ero felice. E si che io ho sempre odiato guidare, ma adesso mi piace. Che poi non guido neppure male, è proprio che a me il traffico ha sempre fatto diventare matta.
Quando ho montato il Kenwood che mi è stato regalato ero felicissima, tanto che gli ho anche dato un nome. Fidanzato ormai Marito e amici mi hanno presa per squilibrata, ma in fondo non hanno tutti i torti.
Ero felice persino quando mi hanno consegnato l'apparecchio per i denti, l'ho sempre desiderato da bambina sfrantando le gonadi al mio dentista e alla fine sono riuscita a realizzare anche questo desiderio. Chiaramente anche in questo caso sono stata considerata squilibrata e anche stavolta mi sono resa conto che hanno ragione.
Sono felice quando la portiera del mio palazzo bussa alla porta con un pacchetto considerato che ho ordinato online tutti i vestiti anni '50 disponibili sul mercato che, se pensavate di volerne uno, sono spiacente ma li ho comprati tutti io.
Ero felice quando siamo andati a cena fuori con un ex collega -si, di entrambi, dei tempi in cui io e Fidanzato ormai Marito lavoravamo insieme- e ho pensato con un sorriso felice a quel periodo passato a TeleCavallo (che non si chiama davvero TeleCavallo, è il soprannome affettuoso che gli avevo dato). E credetemi che per pensare con un sorriso a TeleCavallo ce ne vuole.
Ero felice ieri sera quando mi sono messa a letto: sono convinta che tutte le famiglie abbiano una piccola routine della sera, quando vanno a letto.
La nostra è semplice: Fidanzato ormai Marito prende l'acqua dal frigorifero che io se non ho l'acqua accanto quando dormo do di matto, io vado in bagno, poi passo dalla cucina, recupero un biscotto grande o due piccoli per Cane Gnappo e ci mettiamo a letto.
Cane Gnappo mangia i suoi biscotti, sposa i cuscini con il suo muso gigante, sai mai che ce ne sia qualche altro nascosto (lo ammetto, per un periodo gli ho nascosto i biscotti ovunque: sotto i cuscini, sotto i tappeti, nei cassetti) e, quando lui ha finito si può dormire.
Ieri sera ho pensato bene di spruzzarmi il repellente per le zanzare che a dire il vero mi mordono di rado, ma quest'anno deve esserci penuria di sangue gustoso perché provano a mordere anche me, quindi tocca tutelarsi.
Non l'avessi mai fatto: Cane Gnappo è impazzito, fuggendo sotto al letto, piangendo, ululando alla luna, abbaiando, nascondendo il muso sotto al lenzuolo.
E siccome io sono la sua amata mamma umana che tanto gli vuole bene ho ben pensato di brandire la confezione del repellente contro di lui. Non ho spruzzato niente, eh. Gli ho solo mostrato la confezione, in fondo non è colpa mia se è un cane scemo.
E' finita con me che ridevo con le lacrime e non riuscivo a fermarmi, il cane disperato e il Fidanzato ormai Marito che mi ha sequestrato l'oggetto incriminato accarezzando il cane e dicendogli che la mamma è brutta e cattiva e non deve darmi retta. Io so di essere una brutta persona, ma Cane Gnappo era buffo, molto buffo, buffissimo, quindi la colpa è sua.
Ho continuato a ridere come una matta per venti minuti buoni, finché non ha cominciato a ridere anche il Fidanzato ormai Marito, quindi alla fine la situazione era la seguente: io ridevo del cane, lui rideva di me e il cane ci guardava disgustato.
Ed ecco, ero serena come non mai. Per un cane terrorizzato da uno spruzzo.
Credo che questa cosa mi stia sfuggendo di mano, quasi quasi era meglio quando ero sempre incazzata. Almeno per gli altri che non dovevano assistere a queste scene.

E comunque ve lo dico: tutte queste cose che girano per il verso giusto non possono essere vere, probabilmente c'è la fregatura da qualche parte, ma non pensiamoci.

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