lunedì 29 giugno 2015

(Quasi) tre anni d'amore

Era Luglio di quasi tre anni fa.
Era sera e stavamo mangiando.
Eri piccolissimo, stavi sul palmo di una mano, non eri ancora svezzato.


Qualcuno ti aveva abbandonato in mezzo ai campi.
Io ti ho portato dentro casa, mentre Papi mi diceva di restituirti al vicino.
Io ti ho guardato e ho detto quello che sarebbe diventato il tuo nome.
Sai, il tuo è un nome importante: era il nome di un cane immaginario che si era inventato Papi per fare ridere Mami una sera che era triste.
Praticamente non camminavi, ma ti acciambellavi sui piedi di chiunque.
Ti avevamo preparato una cesta con un cuscino e l'indomani mattina ti avevamo comprato il collare con il guinzaglio e le ciotole.
Dopo un mese e mezzo ti abbiamo portato a Palermo, il tuo primo viaggio via terra attraverso la Salerno-Reggio Calabria con tanto di traghettata dello Stretto di Messina.
A Palermo hai imparato a fare la pipì come tutti i bravi cagnetti.

Ti abbiamo svezzato e sei diventato grande.
Avevamo paura che diventassi enorme e invece sei rimasto uno gnappetto di dieci chili che ogni tanto ancora ti portiamo in braccio. Papi ti chiude dentro l'armadio e, dopo tre secondi comincia ad agitarsi perchè non vieni fuori e quando apriamo ti troviamo che dormi tra i vestiti.
L'unico cane al mondo narcolettico.

Per metterti il microchip abbiamo dovuto tenerti in tre, alla faccia della veterinaria che disse:"Ma si, questo è piccolino, non ci vorrà nulla per tenerlo fermo":
Lei non lo sapeva che sei un delinquente. Lei forse non lo sa che il pelo non fa il cane.


C'è stata la volta in cui sei scappato e io pensavo disperata che non ti avrei mai più rivisto. E invece ti hanno trovato, a dieci chilometri da casa, dopo due ore, mentre io ti cercavo da tutt'altra parte.
Non sono riuscita ad arrabbiarmi con te.
Chiunque ci incontra, ci ferma per dirci quanto sei bello e per chiederci se sei un segugio perché hai sempre il naso per terra e tiri come un disgraziato.
Abbiamo provato a insegnarti a camminare con calma, con risultati quasi decenti. QUASI.


Ho passato un pomeriggio a insegnarti a sederti ed è l'unica cosa che sono riuscita a fare.  Adesso sei un cane educato che si siede quando deve mangiare (o quando vuole qualcosa da mangiare), che si siede davanti la porta prima di uscire da casa, che si siede se gli fai segno col ditino.
Non mangi i salumi, ma mangi i broccoli e questa è una cosa che mi ha sempre fatto impazzire.

Hai viaggiato in lungo e in largo, con il treno, con la nave, con la macchina, ma non con l'aereo perché ovunque siamo andati, tu sei venuto con noi.


Volevamo che avessi compagnia e ti avevamo preso la sorellina, alla fine lei era diventata la mia ombra e tu stavi sempre vicino a Papi. Lei ringhiava sempre con te, ma tu eri sempre appiccicato a lei. Giocavate a chiudervi l'uno il muso nella bocca dell'altra.


Una volta avete pure litigato e Mami si è messa in mezzo,
Ma di solito vi amavate.
Quando la sorellina si è ammalata, quel giorno -il primo e l'ultimo- che aveva pianto tu ti eri messo accanto a lei nel suo cuscino e lei si era calmata.
Quando pensavamo a lei e avevamo poco tempo per te, tu sei stato bravissimo.
Avevamo paura che reagissi male -ci avevano avvisato che poteva essere un trauma- ma tu sei stato triste per un po' e poi hai consolato Mami quando piangeva.
Vorremmo tanto che tu avessi una compagnia, ma non ce la sentiamo.
Da quando non sono a casa, ogni volta che torno mi fai un sacco di feste, poi sali sul letto, ti piazzi sulla mia metà e ribadisci che ormai per me non c'è più posto. Anche se poi, la mattina, non ti stacchi da me, cerchi di venire sotto le coperte e non mi lasci nemmeno un secondo.
Tranquillo piccolino che presto saremo di nuovo tutti insieme, per sempre. Devi solo avere un pò di pazienza.
Ogni volta che andiamo a casa dei nonni, cominci ad agitarti non appena siamo vicini a casa loro e quando vedi la nonna le salti addosso per farle le feste perchè evidentemente sai che per un pò si mangeranno manicaretti e non le solite cose tristi e sane che si mangiano a casa nostra.
Hai più giochi tu che un bambino: palle, palline, peluche, animali di gomma, la porta da calcio, il canestro da basket. IL CANESTRO DA BASKET. Dai, sei per forza l'unico cane al mondo che ha un canestro da basket.
Ah, dici che lo usa Papi e che era solo una scusa il fatto che fosse per te?
Non sei mai stato un cane normale: ti abbiamo trovato arrampicato ovunque, appeso al davanzale, hai camminato sui muri per inseguire zanzare.
Sono quasi tre anni che sei con noi, sempre con noi.
E spero tu stia con noi per sempre.
Continua a Leggere

domenica 28 giugno 2015

Essere mamma

Io non sono mamma. Sono figlia. Molto figlia.
Figlia unica. Che adora i genitori. E che vive lontana da loro.
Ma non bisogna disperare, infatti la mamma è arrivata a Milano.
E' doveroso dire che i miei genitori -mamma in particolare- sono venuti ovunque io sono andata.
All'inizio era più complicato causa lavoro, poi mio padre è andato in pensione e da lì è partito il conto alla rovescia per la pensione di mia madre.
Roba che io seriamente contavo le ore, i minuti e i secondi. E due giorni dopo il pensionamento, la mamma era arrivata correndo a Roma per stare con la sua bambina, Fidanzato e Cane Gnappo (Cane Nero ancora non c'era). I miei cani (Cane Nero ovviamente non più), quando sta per arrivare la nonna, entrano in uno stato di agitazione particolare, così come l'agitazione si è sempre fatta sentire quando sbarchiamo a Palermo con la nave.
Io davvero non so come fanno i cani, ma loro riconoscevano la strada di casa dei miei e, non appena si apriva il cancello, si fiondavano giù dalla macchina correndo impazziti.
Perché loro lo sanno che la mamma è la mamma. E sanno anche che a casa dei miei si mangia meglio (e soprattutto, di più) che a casa mia. Difatti mi sono sempre riportata a casa, Fidanzato e cani grassi.


Comunque, dicevamo: la mamma è arrivata a Milano. Con due valigie: una per lei e una di cibo e regali per me.
Ho mangiato dall'aeroporto fino a casa.
Dalla valigia sono usciti fuori magicamente anche un sacco di regali, tra cui cose che, lo ammetto, potevo comprarmi anche da sola. Ma si sa, la mamma è la mamma.
Il frigo si è riempito. Io intanto, ho molestato la gente su Facebook parlando di tenerumi che, per chi non lo sapesse, sono le foglie della cucuzza (zucchina) siciliana. E no, non li vendono da nessuna parte, solo a Palermo. Con queste foglie si fa una pasta a minestra fantastica. uno dei piatti più buoni della tradizione palermitana. Poi che sia una minestra bollente e che queste foglie ci siano solo in estate è un'altra storia.
Mia madre ha portato tenerumi a chili. CHILI.
Poi mi ha portata a fare la spesa (e giuro che il frigo non era vuoto, anche se ovviamente non è pieno come quello di casa mia a Roma) e ha riempito il frigo.
Poi ha pulito sul pulito. Cioè lei dice che non era abbastanza pulito, adesso sul pavimento ti ci puoi specchiare e, ogni tanto, passa a trovarci Mastro Lindo dicendole:"Signora, lei mi manderà fallito".
Volendo ci si può specchiare anche sul parquet che notoriamente non riflette un tubo: quello di casa mia a Milano riflette tutto.
Abitando al secondo piano in una casa che da su una piazza trafficatissima, ho il problema della polvere: adesso la polvere si rifiuta di entrare perchè ha paura di mia madre.
Poi mi ha riempita di coccole.
Le avevo anche proposto di dormire abbracciate nello stesso letto singolo, ma mi ha detto"Hai trent'anni". Ne ho ventinove in realtà. Ed è un mio diritto dormire abbracciata alla mia mamma.
Ha riempito la casa di cose oggettivamente utili, ma che io non avevo avuto il tempo e la voglia di comprare, tra cui un contenitore -per portarsi il pranzo o la cena a lavoro- multistrato, diviso in dodici scompartimenti compresi quelli per i condimenti e una lattina di bibita, con tanto di posate e con la faccetta che sorride e ti augura buon appetito. Non sto scherzando, eh.
Fidanzato ha detto che lo vuole pure lui e che non è giusto. Sovente mi tocca ricordagli che la mamma è la mia. La questione di solito finisce con mia madre che dice che bisogna pensare anche a Fidanzato e io che metto il muso perchè LA FIGLIA SONO IO.
Ho trovato il vestito per il matrimonio che aspetto da mesi. No, in realtà, non sono io che ho trovato il vestito: è mia madre che ha trovato il vestito: lo ha visto, esaminato, guardato attentamente e ha esclamato:"Questo ti sta bene". E in effetti mi sta benissimo.
Io lo volevo nero, mia madre mi ha convinta a provarlo blu elettrico e aveva ragione anche qui: questo qui blu è fighissimo.
Avevo l'aria condizionata della macchina scarica e adesso funziona.
Avevo le doppie punte che stavano cominciando a camminare da sole e adesso ho i capelli perfettamente tagliati.
Dovevo fare la manicure da due mesi e adesso ho delle unghie perfette.
Non che mia madre sia meccanico, parrucchiera ed estetista insieme, eh. Ma se una cosa va fatta, si fa. Non si rimanda, come faccio io, per mesi.
"Mamma, il parrucchiere vicino casa non c'è e nemmeno l'estetista".
Avevo ragione: vicino casa non c'è nè l'uno, nè l'altro. Sono esattamente di fronte al portone, a circa otto metri di distanza, se contiamo anche l'androne del palazzo.
E ho persino una piantagione di basilico sul davanzale che, si sa, il basilico fresco è tutta un'altra cosa.

Come fai a non amarla una mamma così? Come?

Continua a Leggere

sabato 27 giugno 2015

Un'italiana d'argento: intervista a Michela Castoldi


Michela Castoldi deve ancora compiere vent'anni ed è già una campionessa di ginnastica aerobica.
Quando le ho scritto per chiederle se aveva voglia di dirmi due parole, è stata gentilissima e disponibilissima, qualità che sono difficili da trovare.
È appena rientrata da Baku, dove si è svolta la prima edizione dei Giochi Olimpici Europei con una medaglia d'argento, conquistata insieme a quello che da anni è il suo compagno d'avventure, Davide Donati.


La ringrazio per la disponibilità e le faccio qualche domanda, dicendole che se ha bisogno di un pò di tempo per rispondere non c'è -ovviamente- alcun problema. E invece lei, nel giro di pochissimo, ha soddisfatto ogni mia curiosità, ricordandomi che per qualsiasi cosa è a mia disposizione.

-Ciao Michela e ancora grazie per la disponibilità. Quali sono le sensazioni a freddo, dopo il rientro, per questa medaglia d' argento? Felicità o anche un po di amarezza x l' oro mancato che era assolutamente alla vostra portata?
(Michela e Davide erano arrivati primi in qualifica e, solo a causa di una piccolissima sbavatura, non hanno confermato il primo posto, arrivando alle spalle della coppia spagnola)
Sto ancora realizzando il fatto di aver vinto una medaglia, per noi è un sogno che si è avverato. 
Siamo molto contenti di aver portato a termine due gare di altissimo livello e soprattutto di aver conquistato la medaglia d'argento. Il nostro obiettivo era naturalmente la medaglia d'oro ma gli spagnoli hanno fatto meglio di noi, anche se solo di un decimo. In ogni caso siamo consapevoli di essere una delle coppie più forti a livello europeo e mondiale e quindi lavoreremo ancora più duramente per arrivare alla medaglia d'oro.


-Quando e come hai iniziato a far ginnastica? Immaginavi di arrivare a simili risultati?
Ho iniziato a praticare ginnastica all'età di sette anni. Facevo i corsi nella mia attuale società, Amicosport, e dopo pochi mesi la mia allenatrice, Alessandra Gariboldi, mi ha selezionata per passare all'agonistica. 
Quando ho iniziato non avrei mai immaginato di arrivare a questi livelli, ma con il passare del tempo il mio impegno e i miei sacrifici mi hanno portato ad essere quella che sono ora.

-Com'è la tua giornata tipo da ginnasta? Quanto spazio hanno lo studio, gli amici, ecc?
La mia giornata tipo si divide tra lo studio e la ginnastica: frequento il primo anno di università, facoltà di Scienze della Comunicazione a Milano. Gli orari sono più flessibili rispetto agli anni del liceo in quanto posso anche allenarmi la mattina oppure sia la mattina che il pomeriggio, in base agli orari delle lezioni.
Il tempo per gli amici è molto poco e si riduce ai weekend.

-Parliamo di Olimpiadi: come vivi il fatto che la ginnastica acrobatica, al momento, non è disciplina olimpica considerato che le olimpiadi sono il sogno di ogni sportivo?
Purtroppo la nostra disciplina non fa ancora parte delle olimpiadi ma non per questo è una disciplina minore. Noi tutti, atleti, allenatori e dirigenti, stiamo facendo tutto il possibile per rendere la nostra disciplina pronta per entrare a farne parte. Con questi giochi europei di Baku abbiamo fatto qualche passo avanti quindi ci sentiamo prossimi a vivere anche noi il sogno olimpico.




-Com'è il tuo rapporto con Davide? (Donati, ndr)
Il mio rapporto con Davide è bellissimo. Siamo molto simili caratterialmente e questo ci aiuta molto, sia in pedana che fuori. Nella ginnastica siamo due ragazzi che vanno sempre alla ricerca della perfezione in ogni movimento, risultando a volte quasi maniacali, ma è una delle caratteristiche che ci rappresenta. Siamo molto simili anche nel modo in cui eseguiamo gli esercizi e per questo risultiamo una cosa sola in pedana. Ci basta una sguardo e ci diciamo tutto, è questa la nostra forza. 
Fuori dalla pedana invece siamo due ragazzi normalissimi, che amano scherzare e divertirsi, e in compagnia di Davide non ci si annoia mai!


-Sogni nel cassetto? Obiettivi futuri?
Una parte del mio sogno nel cassetto si è avverato partecipando e vincendo l'argento ai Giochi Europei di Baku, ma il sogno più grande è sicuramente partecipare ad un'Olimpiade.
Come prossimi obiettivi abbiamo il Campionato Europeo di Novembre dove cercheremo di strappare l'oro agli spagnoli e poi il Mondiale di Giugno dove cercheremo di imporci anche a livello mondiale.



Sanno tutti che, sebbene io sia un gran chiacchierona, ho sempre un po' paura a fare queste interviste perché ho di fronte dei ragazzi e delle ragazze giovanissimi che ammiro tantissimo per la forza d'animo e per lo spirito di sacrificio che mettono in tutto quello che fanno.
Quello che mi sorprende sempre è come questi ragazzi, e Michela è una di queste, nonostante siano consapevoli di quello che sanno fare e di dove possono arrivare, mantengono sempre un'umiltà incredibile. Io non so se ne sarei capace.

Mi commuovo sempre un po' quando rileggo le interviste per farle diventare un post perché associo le parole alla persona che c'è dietro e cerco di immedesimarmi nelle emozioni che quella persona può aver provato. Ho guardato le foto della premiazione dei Giochi Olimpici Europei, dopo aver preparato questo post-intervista, e mi sono venuti i lacrimoni, quelli in stile cartone animato giapponese.


A Michela va non solo il mio grazie, ma anche i complimenti per quello che ha fatto fino adesso insieme a Davide e un in bocca al lupo per tutto quello che ancora farà, Olimpiadi comprese.
Continua a Leggere

venerdì 26 giugno 2015

Un giorno ad Expo Milano

Alla fine, ebbene si, anche io sono andata ad Expo.
Per farlo, ho atteso l'arrivo della mia mamma che è venuta a Milano a trovarmi: eravamo entrambe curiose di dare un'occhiata e quindi abbiamo fatto armi e bagagli e siamo partite alla volta di Rho.
Noi siamo andate in treno per una questione di comodità: il passante ferroviario è abbastanza vicino a casa mia. Il biglietto del treno costa 4,40 € andata e ritorno ed è oggettivamente molto comodo visto che si scende praticamente davanti l'ingresso ovest dell'Expo (quello del Padiglione Zero per intenderci).
Appena arrivate abbiamo chiesto una cartina ai volontari che ci hanno detto che purtroppo non avevano cartine in italiano, ma solo in francese, il che per noi non era un problema perché mia mamma parla francese a livello madrelingua (e io, dai, un po' lo mastico), ma ecco quanto meno le cartine in italiano e in inglese avrebbero dovuto averle (non metto in dubbio che, in altri momenti, magari le avevano pure, ma mi riferisco chiaramente alla mia personale esperienza).
I controlli in stile aeroporto li abbiamo passati in pochissimo tempo, nonostante ci fosse davvero moltissima gente (noi pensavamo che essendo un giorno feriale ci fosse meno confusione) e così ci siamo trovate catapultate dentro Expo.
Non siamo riuscite a vederlo tutto e non escludo di tornarci, magari la sera e magari quando ci sarà più fresco.
Il primo padiglione dove siamo entrati è stato quello del Bahrein, che era pieno di piante, ma che , a dir la verità, non ci ha entusiasmato più di tanto.


Poi siamo passate al Belgio dove però abbiamo avuto un piccolo inconveniente: io, da brava bambina capricciosa, volevo assolutamente le patatine fritte del chioschetto belga. Abbiamo fatto la fila e quando siamo arrivate alla cassa abbiamo chiesto con che olio fossero fritte le patatine -visto che, causa allergie, io non posso mangiare cibi fritti con alcuni tipi di olio, tra cui quello di arachide - e una cassiera italianissima e scocciatissima ci ha risposto:"E io che ne so" Sbrigatevi!". Mia madre non l'ha presa bene, vuoi perché sa quello che mi potrebbe succedere se mangiassi qualcosa di sbagliato, vuoi perché in teoria è obbligatorio esporre la lista degli ingredienti utilizzati, soprattutto se allergizzanti. E' intervenuto un cuoco che però non parlava una parola di italiano, ma solo inglese, che per noi non è un problema, ma se fosse capitato a qualcuno che non lo parlava?
Alla fine, ho rinunciato alla patatine, ma non mi è piaciuto il fatto che in un luogo dove tutto è dedicato al cibo, non stiano attenti a queste cose.

Abbiamo girato per i vari padiglioni: Francia, Repubblica Ceca, Cina, Irlanda, Uruguay, Polonia, Olanda, Kazakistan, Malaysia, Vietnam, Azeirbaijan, Germania.
Il Brasile e la sua rete mi hanno conquistata, anche se, ecco, forse non avevo le scarpe adatte per camminare su quella rete, ma visto che sono qui a scrivere non deve essere andata poi così male.
Mi è piaciuto tantissimo anche Israele e mi hanno colpita gli spettacoli che c'erano. Certo che è stato un po' spiazzante vedere tutta quella polizia circondare il padiglione, probabilmente perchè temono di avere qualche problema.
Ho apprezzato molto anche il padiglione del riso Basmati con tanto di piccola risaia.


E infine il padiglione Italia che è davvero bello e curato.
Abbiamo deciso di mangiare italiano per evitare problemi di allergia e devo dire che non abbiamo speso poi così tanto: abbiamo preso dei panini al corner Beretta -buonissimi e pieni di salumi- a 2,50 € e poi due pizze per un totale di 22€.
L'acqua è gratuita: ci sono delle colonnine con acqua sia frizzate che naturale a disposizione di tutti, basta avere un bicchiere o una bottiglia vuota.
Inoltre, anche al corner Coca Cola, si possono prendere delle lattine gratis, a patto e condizione di sentire la storiella sulla Coca Cola: mia madre non beve Coca Cola e io non ne vado matta, quindi non l'abbiamo presa, ma se a qualcuno piace...
Sono rimasta molto colpita anche dalle opere di Dante Ferretti di cui il Decumano -ovvero il viale principale- è pieno.

Ovunque, ci sono sedie, lettini, panchine e quant'altro per riposarsi: una menzione speciale va per le sedie che girano rosse che sono fighissime davvero. Adesso ne voglio una per casa mia!
I volontari sono davvero gentilissimi e disponibili per qualsiasi informazione e gira tantissima polizia che male non fa.
Una pecca, per quanto mi riguarda, è che è vietato l'ingresso ai cani, ma comprendo che visto che non tutti i padroni sono civili, forse è meglio così.
E infine lui: l'Albero della Vita.
Io l'ho trovato stupendo, sarà che siamo state fortunate e abbiamo beccato i giochi d'acqua a ritmo di musica e i giochi di luce coi colori della bandiera italiana. Sarei rimasta lì per ore a fissarlo.
Ecco, non vi ho svelato nulla se ancora non l'avete visto, ma non potevo non raccontarvi questa giornata all'Expo.
L'Expo, tutto sommato, non è male e, secondo me, va visto.
Per chi abita a Milano e dintorni poi, una tappa è assolutamente obbligatoria, visto che è vicinissimo alla città.
Continua a Leggere

lunedì 22 giugno 2015

Ciaka

Ciaka era IL CANE.
Non un cane qualunque, ma la mia vice mamma, la sorella che non ho mai avuto, la mia baby sitter e chi più ne ha, più ne metta.
Arrivò a casa quando io avevo sei anni, ce la regalò un amico di mio padre che aveva una cucciolata di questi cani giganti, un incrocio tra un Pastore dei Pirenei e un Terranova. Un cagnolino, insomma.
I miei genitori volevano un maschio, per cui, in attesa che arrivasse, io -che avevo il compito di decidere il nome- avevo deciso che questo cane si sarebbe chiamato Ciako, sostenendo (e, vi assicuro, l'ho sostenuto per anni) che fosse un nome bellissimo. Ma proprio bellissimo, eh.
Poi arrivò una femmina e, dopo lo sconforto iniziale pensando che non avrei mai avuto un cane di nome Ciako, decisi per Ciaka, la versione femminile.
Adesso che non ho più sei anni, chiedo pubblicamente scusa a Ciaka per questo nome orrendo, anche se, a quanto pare, negli anni non sono migliorata nel dare nomi ai cani.
E' stata con noi da quando io avevo sei anni a quando ne ho avuti venti, spegnendosi un 8 Marzo mentre io ero all'università.
Era nera e buonissima, ma proprio buona buona. Ed era grande.
Si metteva a pancia all'aria e aspettava che mio padre le facesse le carezze. Poi saliva sulla sedia del giardino, mio padre le diceva "Dai, Ciaka, parla" e lei iniziava a borbottare.
Impazziva per le pesche, le rosicchiava come se non esistesse un domani e poi sputava il nocciolo completamente ripulito.
Un giorno, mia nonna mise a tavola una gigantesca parmigiana di melanzane e poi tornò a cucinare qualcos'altro. Quando torno in sala da pranzo, la parmigiana era sparita. Ma non nel senso che trovò il piatto vuoto: non trovò proprio più il piatto. Cominciarono le ricerche e nessuno sospettava di lei visto che, non solo era un cane molto educato, ma stava sdraiata tranquilla davanti la porta finestra della sala da pranzo.
Si scoprì dopo ore che la furba aveva trascinato il piatto dal tavolo alla sedia e si era servita senza farsi vedere. Poi aveva fatto sparire - ma non l'aveva mica mangiato!- anche il piatto. E non era un piatto di plastica.

Mangiava la pasta col parmigiano, nel senso che bisognava metterle una spolverata di parmigiano sopra la pasta -guai a mischiarlo- e quando lei l'aveva leccato tutto mugolava finché non le veniva servita un'altra spolverata. Alla fine, mangiava un kg di parmigiano e 20 grammi di pasta.
Dopo qualche tempo, mio padre portò a casa un Husky bellissimo ma estremamente stronzo.
Tutti noi pensammo che Ciaka sarebbe stata contentissima di avere finalmente un'amichetta con cui giocare: finì che l'Husky passava tutto il suo tempo a mollo o a escogitare nuovi metodi per saltare la recinzione di casa nostra: prendeva la rincorsa dal giardino e saltava il cancello, alto circa due metri.
Ciaka mugolava, le aprivamo il cancello e l'andava a recuperare.
Il giorno che disgraziatamente ci hanno rubato l'Husky -e non l'abbiamo mai più ritrovato- credo che abbia tirato finalmente un sospiro di sollievo.

Non contenta, però,  un giorno -avevo quindici anni- ebbi la grande idea di raccogliere un gattino lasciato abbandonato da qualche delinquente dentro un sacchetto dell'immondizia davanti ai cassonetti. Non sapendo dove portarlo, lo portai a casa e mia madre esordì con un: "Un gatto assolutamente no, Ciaka lo sbrana".
In effetti, all'inizio non era proprio contenta, ma con tanta pazienza, lei e il gatto -di nome Miao perché appunto noi in famiglia abbiamo dei problemi nel dare i nomi- diventarono amici: il gatto le passeggiava addosso, le rubava il cibo e lei, paziente, gli faceva fare qualsiasi cosa.
Agli altri gatti che ogni tanto si infilavano nel nostro giorno, li inseguiva con la bava alla bocca.
Quando sono diventata grande e uscivo da sola, lei mi aspettava sveglia davanti la porta di casa, nella veranda che dava sul davanti della nostra villa. Quando rientravo, la accarezzavo un pò e poi lei faceva il giro del giardino e se ne tornava nei suoi appartamenti dall'altra parte della casa.
Se io non tornavo lei non si muoveva: la trovavo lì a qualsiasi ora, che fosse mezzanotte o le cinque del mattino.
E poi un giorno se n'è andata via
Quando è arrivato Cane Nero e dovevo scegliere il nome, mia mamma mi disse:"Perchè non la chiami Ciaka? O ti sembra un nome troppo importante?". Io le risposi che di Ciaka ce n'era una sola e non sapevo se era il nome adatto.
Chissà se Cane Nero e Ciaka sarebbero andate d'accordo.

Continua a Leggere

domenica 21 giugno 2015

Google: cosa cercano le persone?

Che la gente cercasse cose strane su google lo sapevo. O quanto meno, lo immaginavo.
E per cose strane, sia chiaro, non intendo ricerche pornografiche o cose simili.
Il caso vuole che la piattaforma che ospita questo blog, ci tenga a informarmi su come le persone arrivino sul mio blog, quindi ho a disposizione delle belle statistiche che posso consultare in qualsiasi momento che mi informano di cose tipo: hai tot.visitatori dall'Italia, tot. dagli Stati Uniti e via dicendo; i tuoi visitatori sono arrivati qui dal sito tal de tali; i tuoi visitatori per arrivare qui hanno cercato sul motore di ricerca le seguenti cose. E qui mi si è aperto un mondo.


Ecco quindi qualche perla con cui il popolo del World Wide Web è arrivato sul mio blog:

-Ho fatto la pipì nel letto per fare uno scherzo.
A parte che mi chiedo a quale post ti abbia rimandato questa ricerca, perchè? Chi è che fa la pipì nel letto per fare uno scherzo? E soprattutto, chi era il destinatario di questo scherzo?

-Figlio unico è triste?
Tristissimo. E depresso anche.
E' risaputo che i figli unici siano dei depressi cronici.

-Cesto della biancheria sporca pieno di feci.
Ti prego, chiunque tu sia, dimmi su che post sei finito. Voglio saperlo!
E soprattutto: ma perchè hai il cesto della biancheria sporca pieno di feci? E poi, feci di chi?

-I miei genitori sono le persone migliori.
Anche i miei se per questo.
Ma ho il sospetto che se cerco una cosa del genere su google, non comparirà la foto di mio padre e di mia madre con sorriso a trentadue denti (ovviamente per la gioia di avere una figlia come me).

-Collega che te lo mette in quel posto.
Di sicuro, sei una persona educata. Se io avessi cercato una cosa simile, avrei utilizzato ben altri termini.
E comunque benvenuto nel club: sai quanti ce ne sono di colleghi così?
Io comunque, grazie al cielo, al momento dei miei colleghi non mi posso proprio lamentare.

-Differenze tra figlio unico e con fratelli.
D'altronde, si sa, tutti i figli unici sono uguali e tutti i figli fratellomuniti sono fatti allo stesso modo, quindi cercando una cosa simile avrai un elenco dettagliato delle caratteristiche dell'una e dell'altra categoria.

-Ginnastica, Cane Nero, Cane Gnappo blog.
Questa non fa ridere. E non è nemmeno strana.
Però mi commuove perchè chiunque tu sia, è evidente che stavi cercando proprio me.

-Ho ventinove anni e sono vecchia.
Dai su, anche io scherzo sul fatto che non sono più giovincella, ma da qui a dire vecchia ne passa.
Vecchi si è dopo i novantanni o giù di lì.

-Genitore anziano sorella non mi supporta.
Ecco, la differenza tra i figli unici e quelli con fratelli: i figli unici sanno che qualsiasi cosa dovesse mai accadere ai propri genitori, dovranno occuparsene da soli; i figli con fratelli e sorelle, invece, non lo sanno, ma alla fine, spesso, si ritrovano soli comunque.
Sappi che, chiunque tu sia, mi dispiace per te. Non è bello quando sangue del tuo sangue se ne frega.

-Conviventi e ospedale.
Probabilmente, volevi sapere se ti avrebbero fatto entrare o meno o cose simili.
Spero che la mia esperienza ti sia stata utile e, in ogni caso, auguri di pronta guarigione.

-Come diventare una ginnasta importante.
Ehm, importante in che senso? Nel senso che vuoi vincere le medaglie o che vuoi andare in televisione? Se la risposta è la seconda, non leggermi mai più.

-Tovaglie banco frutta e verdura.
Questa non l'ho capita, se qualcuno me la spiega, ve ne sarò grata per sempre.

E per oggi è tutto.

Continua a Leggere

Turno di mattina

Esiste un turno che merita maggiori attenzioni e considerazioni, ovvero il turno di mattina, meglio conosciuto come gravissimo crimine contro l'umanità.

Il turno di mattina inizia alle 6.00 o alle 7.00, dipende dalle emittenti. Nel mio caso, inizia alle 7.00, ma prima anche io avevo il turno di mattina alle 6.00. E siccome il mondo è ingiusto, nella maggior parte dei casi, si fanno tre o quattro mattine di fila.
Io inizio a lamentarmi almeno una settimana prima, esprimendo tutto il mio malcontento, tanto che ho un capo che quando qualcuno ha bisogno di fare una mattina dice sempre di chiedere a me un cambio che tanto nel 200% dei casi regalerò mattine come se non esistesse un domani.
Da un punto di vista di colleghitudine è il turno più importante perchè devi dare il cambio a chi ha fatto la notte che giustamente se ne vuole andare a casa a dormire, quindi se di solito per gli altri turni c'è abbastanza tolleranza se si ritarda di qualche minuto, la mattina questa tolleranza viene un attimo meno. E chi ti aspetta potrebbe ucciderti -possibilmente causandoti enormi sofferenze- se non arrivi puntuale.


Sempre per lo stesso motivo, ci sono sempre due persone a fare la mattina perché se uno disgraziatamente non arriva perché sta male, fa un incidente o qualsiasi altra tragedia, c'è un'altra persona.
Per essere a lavoro alle 7.00 io mi sveglio alle 5.30. CINQUE E TRENTA. Ovvero notte fonda.
Quando andavo alle 6,00 mi svegliavo alle 4.30, praticamente al tramonto della sera prima.
Che poi, la prima mattina è pure carina, vedi sorgere il sole, senti gli uccellini cantare e il mondo pare anche carino.
Dalla seconda mattina in poi, gli uccellini vorresti accopparli con un lanciafiamme, la gente che alle 6 chiacchiera per strada o al bar ti da urto al sistema nervoso e il sole potrebbe anche non sorgere.
Alle 10.00 hai ovviamente una fame che ti mangeresti anche un porco sano che forse risulterebbe indigesto a causa dei dodici caffè già presi in quelle tre ore di lavoro.
A mezzogiorno, la fame ti sta uccidendo lentamente e quindi inizia la litania:"Andiamo a mangiare?".
Dopo pranzo, arriva l'abbiocco post pranzo che manco gli altri venticinque caffè che nel frattempo hai preso ti possono dare una mano e cominci a contare le ore, i minuti e i secondi che ti separano dal tuo letto.
"Ma come? Fai il risposino pomeridiano?"
"Si e non solo: a volte ho dormito fino a ora di cena, mi sono svegliata, ho cenato e sono tornata a dormire maledicendo il turno di mattina"
Il turno di mattina è anche quello in cui si lavora di più e il che andrebbe benissimo se solo non odiassi il mondo. Ed è anche il turno in cui ti relazioni con un sacco di persone, per fortuna nella maggior parte dei casi solo telefonicamente perché ci sono quelli degli uffici.
Quelli degli uffici sono delle figure mitologiche che lavorano a orario d'ufficio quindi da lunedì a venerdì, dalle 9,00 alle 18,00 salvo rarissimi casi. Loro arrivano alle 9,00 belli pimpanti e ti telefonano:"Facciamo questo? E quest'altro?"
Sempre super attivi, felici, sveglissimi. Ditemelo, come fate? Svelatemi il segreto!
E poi succede anche che ti dimentichi che non sei più giovane e la sera prima di un turno di mattina decidi di uscire: bevi una birra, torni a casa alle 2,00 e la mattina dopo vorresti solo morire.
A me succede sempre: puntualmente esco, non guardo l'orologio e l'indomani vorrei prendermi a schiaffi.
Se considerate anche che io ho una sindrome ossessivo compulsiva che mi impedisce non solo di arrivare in ritardo, ma che mi fa anche essere sempre in anticipo perché sai mai il traffico, una sparatoria, qualsiasi altra tragedia, io devo arrivare in tempo. Quindi a volte dormo tre ore. E accuso, eccome se accuso.


Nota: ammetto però che la mattina tutti ma proprio tutti i tecnici che ho conosciuto lavorano con il quintuplo dell'attenzione che già di solito è molto alta. Sarà che si ha paura di addormentarsi?

Se invece vi interessa il turno di notte, leggete qui.
Continua a Leggere

mercoledì 17 giugno 2015

Esami di Maturità

Sono passati undici anni. UNDICI.
Quel che basta per far si che gli esami di maturità siano completamente diversi da come li ricordo io.
Era Giugno 2004.
Il primo giorno dei miei esami di maturità pioveva tantissimo e vi assicuro che a Palermo non è così frequente
La professoressa di filosofia, dopo averci terrorizzati per anni, aveva detto chiaramente che se ci fossimo presentati con un filo di pancia scoperta, ci avrebbe rispediti a casa e l'esame l'avremmo fatto l'anno dopo.
Non penso di essere mai andata a scuola così coperta, nonostante fosse Giugno: jeans, maglia che arrivava fino ai fianchi, un maglioncino di cotone che sai mai la maglia si alzi e si veda un lembo di pelle.
Il tema di letteratura era su Montale. Penso di non aver letto nemmeno letto la traccia.
Io scelsi un saggio breve sul tempo e presi il voto più basso mai preso in un tema negli ultimi cinque anni, ovvero 10/15 che equivaleva più o meno alla sufficienza. Lo presi come uno smacco incredibile: io che avevo sempre preso voti dal 7 e mezzo in su nei temi, adesso arrivavo a malapena alla sufficienza? Ma guarda te!
Il tema più gettonato fu quello sull'amicizia.
Di quel primo giorno di maturità ricordo che ci sequestrarono i cellulari -ai tempi gli smartphone comunque non esistevano - e che la prof. di filosofia (sempre lei) portò pacchi e pacchi di grissini, quelli grossi col cimino, che si trovano praticamente solo a Palermo.
Ero seduta a primo banco, tanto non avevo nulla da copiare.
C'era chi aveva le cartuccere con milioni di temi minuscoli. Io no perché almeno i temi li sapevo scrivere. Il problema sarebbe arrivato dopo.
Quando sono uscita da lì, venne a prendermi mia madre che, sentendo le tracce al tg, aveva indovinato il mio tema.

Del giorno dopo, quello della seconda prova, ricordo che potevamo scegliere se fare il compito in inglese o in francese. Credo che la possibilità di scegliere fosse solo per noi del liceo linguistico, quelli del classico di solito non scelgono e sono tutti terrorizzati dall'idea di fare la seconda prova in greco, invece che in latino.
Di questa seconda prova ricordo pochissimo, se non che la prof. di filosofia (si, sempre lei, quella cattivissima) portò le arancine. I grissini evidentemente non erano stati abbastanza soddisfacenti.
Quindi, ecco, del mio esame di maturità, io ricordo il cibo che portarono i professori.
E comunque, inglese lo passai con 15/15, a riprova che a quanto pare cinque anni di liceo linguistico a qualcosa sono serviti.
La terza prova (esiste ancora?Qualcuno lo sa?) fu una strage.
Sbagliammo tutti la domanda di fisica: era una domanda sul telescopio o sul binocolo, una cosa del genere. E tutti demmo la definizione contraria: del tipo, la domanda era sul binocolo? Noi rispondemmo con le caratteristiche del telescopio. O viceversa, non me lo ricordo.
"Ma com'è che tutti hanno sbagliato la stessa domanda?"


Dopo tre giorni avevo l'orale e non studiai un granchèé ma io avevo studiato durante l'anno quindi in questo ero agevolata.
Sento persone dire che l'esame è stata una formalità. A me mi hanno letteralmente tartassata. E non solo a me, anche ai miei compagni di classe.
Raffica di domande su qualsiasi cosa, l'unica che fu clemente fu la prof. di scienze che era una santa donna tanto che ci chiese un argomento a piacere. A tutti. Probabilmente si era rassegnata alla nostra scarsitudine nelle materie scientifiche, non lo so.
Persino la prof. di matematica, che per cinque lunghi anni, aveva avuto pena di me e mi aveva interrogata il 10 Giugno di ogni anno per darmi la sufficienza e non rovinarmi una media abbastanza alta, mi fece fare un esercizio. E immagino il suo stupore quando scoprì che, ebbene si, quell'esercizio lo sapevo fare.
Credo fosse la forza della disperazione perché, un minuto dopo che ero uscita da lì, non sapevo nemmeno quale fosse la domanda che mi aveva fatto, figuriamoci la risposta.
Sotto i vestiti avevo il costume, si vedevano anche i laccetti sbucare dal colletto della maglia (anche qui, ero assolutamente copertissima, sai mai mi fanno tornare l'anno prossimo per un pò di pancia che si vede).

Il mio esame di maturità si concluse con una domanda da un milione di dollari:"Ma tu lo sai perchè Nietsche si è suicidato?"
Ah, perché si è suicidato?
Ho alzato bandiera bianca.
Era sempre lei, la prof. di filosofia.
Il giorno dopo il mio esame orale, si presentò con due ore di ritardo -molto strano per lei che arrivava sempre quattro ore prima e non contemplava i ritardi - perché la notte le avevano rubato la macchina.
Migliaia di studenti maltrattati si saranno messi a festeggiare. All'epoca anche io pensai che in fondo in fondo se lo meritava. Adesso, a distanza di undici anni, mi dispiace.

E andò così.
Il 25 Giugno 2004 ero felicemente maturata. Come una pera.
84/100. Un po' pochino per me che a scuola ero sempre andata bene, non avevo mai avuto un debito formativo che fosse uno e l'unico 6 che avevo in pagella era quello in matematica (in realtà, all'ultimo anno, invece del solito 6, in pagella comparve un bel 7 in matematica che non so se sia stato frutto di un errore della prof. o un premio per averci quanto meno provato, ma di essere troppo scema per arrivarci).


Continua a Leggere

giovedì 11 giugno 2015

L'estate di ieri e quella di oggi

Io non so se altrove è così, ma qui a Milano l'estate è arrivata in modo prepotente.
Se vogliamo, è pure un pò cafona quest'estate milanese che si è palesata con un caldo torrido che mi ha fatto sudare pur stando ferma.
Quando arriva l'estate, da qualche anno a questa parte, provo pure un po' di sano fastidio visto che la passo a lavoro -prendiamo quasi sempre le ferie a Settembre- e in città dove il mare più vicino, beh dai chiamarlo mare mi sembra un po' eccessivo.
Ma non è sempre stato così, quindi tocca fare un attimo un passo indietro.
Io sono nata a Palermo, quindi per me l'estate non è dal 21 Giugno al 21 Settembre come per tutti i comuni mortali, ma dal 15 Giugno al 15 Settembre, che segnano la durata della stagione balneare.


La stagione balneare viene annunciata dal frenetico montaggio delle cabine azzurre a Mondello, che tutti odiano,ma grazie alle quali tutti noi piccoli palermitani abbiamo imparato ad arrampicarci e anche a fare un po' i teppisti. E a sentirci grandi bevendo Coca Cola, ma tant'è.
Se non ti sei arrampicato almeno una volta su quelle cabine, non hai vissuto insomma.
Se mi chiedessero adesso di arrampicarmi lì sopra, probabilmente testarda come sono lo farei, ma poi dovrebbero portarmi di corsa al pronto soccorso con una decina di fratture scomposte a entrambe le gambe (e forse anche alle braccia e a un paio di costole, giusto per non farsi mancare nulla), quindi evito di fare queste cose.
Poi di fatto io in spiaggia a Mondello non ci andavo mai, ma dal 15 Giugno al 15 Settembre andavo alla Torre che era -ed è, visto che esiste ancora- uno stabilimento balneare con mare, piscina, cabine (ma non azzurre) e un muretto dove ho trascorso la maggior parte della mia infanzia e adolescenza controllata a vista dai bagnini che, dopo anni, ci conoscevano tutti, mentre i genitori prendevano il sole, facevano il bagno o più semplicemente spettegolavano.

E alla Torre che ho conosciuto lei ed è alla Torre, giusto per citarne una, che abbiamo vinto la nostra prima e unica gara di cucina: adesso che sono passati decenni posso anche svelarvi che la pasta frolla con cui era fatta quella stupenda crostata al gelo di mellone era caduta per terra, ma non c'era tempo di rifarla. E l'aveva anche leccata un po' il cane, ma si sa, sono tutti anticorpi.
Finito il periodo Torre, quando avevo circa quindici anni, è iniziato il periodo in cui estate era andare a casa di un amico che aveva uno casa con scivolo a mare all'Addaura o, in alternativa, una casa con piscina. E poi la sera fare casino andando in giro con quei pochi amici che avevano già la patente.
Ovviamente io la patente l'ho presa dopo tutti gli altri e il motorino non avevo il permesso di prenderlo dopo le 20, quindi mi portavano in giro gli altri. Mi sembrava di avere il mondo in mano ad andare in giro con la macchina, pure se la macchina non era la mia.
E poi è arrivata l'estate della Maturità: io leggo in giro di gente che ha passato l'estate sui libri, a studiare per sto benedetto esame di Maturità. Io il 25 Giugno di ormai undici anni fa ero bella che maturata e tanti cari saluti. Poi quell'anno, a causa di qualche sciopero, l'università iniziò il 25 Ottobre e quindi mi feci quattro mesi di vacanza: mare, mare, mare e il mio primo vero fidanzato, che poi durò pochissimo, ma sto ragazzo lo portò ancora nel cuore perché era davvero carino.
Quattro mesi di mare, anzi facciamo tre mesi e mezzo se no poi uno dice che al sud non facciamo un tubo. La verità è che io non avevo davvero un tubo da fare, in attesa di iniziare l'università .a parte studiare per i test di ammissione all'università, ma non studiai niente e li passai lo stesso,quindi va bene così- quindi mi sono goduta l'estate. E lì è finita la pacchia.
Università uguale esami fino a fine Luglio quindi studiavo, studiavo, studiavo e poi ricominciavo a studiare ad Agosto per gli esami di Settembre quindi a mare ci andavo pochissimo, almeno fino a quando non mi sono trasferita a Bologna e ho dichiarato guerra alla sessione di esami di Settembre perché io dovevo andare a mare, quindi ciao: a fine Giugno facevo fagotto e me ne tornavo a casa mia a fare il bagno. Ero nera come la pece e secca come un'acciuga (ok, magari un'acciuga grassa, ma tant'è), uscivo tutte le sere e se non andavo a mare per un giorno impazzivo.

Fino a quando con il primo lavoro serio è finita la pacchia sul serio -evidentemente quando credevo fosse finita, mi sbagliavo- e le mie ferie sono diventate pochissime. Adesso l'estate la passo quasi sempre a lavorare, le ferie le faccio d'estate e nel frattempo ho creato un mostro: Fidanzato non va al mare a Roma.
"Che schifo: io al mare a Ostia e a Fregene non ci vado, vacci tu se vuoi"
"Ma amore, perché non ci vuoi andare?"
"Io vado al mare solo in Sicilia"
"Ah"
"Fidanzato, scusami, ma tu non frequenti la Sicilia da quando stai con me?"
"Si, ma che c'entra? Io vado al mare solo in Sicilia!"
Ecco, appunto, ho creato un mostro.
Continua a Leggere

mercoledì 10 giugno 2015

Soddisfazioni ovvero quando ho convertito il mondo

Ecco, forse suona un po' arrogante.
Magari non ho convertito il mondo intero, ma ci sono delle soddisfazioni nella vita. E vanno raccontate.
Questo è un anno importante, un anno in cui io - e non solo io, credetemi- sono particolarmente ansiosa, come tutti gli anni in cui c'è il mondiale qualificante. Brutte annate quelle del Mondiale qualificante: vedo fratture e distorsioni ovunque. vedo paesi che prima non avevo nemmeno considerato tirare fuori ginnaste che fanno cose che voi umani.... avete capito, no?
Cioè, ma tu chi sei? Da dove salti fuori? E soprattutto cosa vuoi?
Insomma, è un momento difficile.


E di solito, la questione è anche fastidiosa perchè c'è chi non capisce.
Ma quest'anno è diverso: vuoi che, per cause di forza maggiore, ho visto gli Europei in una situazione estrema. circondata da gente che mi chiedeva:"Ma abbiamo una nazionale italiana di ginnastica?".
Vi prego, fulminateli subito.
"Ehm, si abbiamo una nazionale di ginnastica artistica"
In realtà, abbiamo nazionale maschile femminile, junior, senior, ma non sprecherò il mio fiato.  Se non lo sai, è un problema tuo.
Ma, vuoi che ci siamo giocati fino alla fine due medaglie, vuoi che evidentemente so essere convincente, alla fine sono arrivate le prime domande timide:"Ma come funziona?"
Vuoi saperlo davvero? E allora io te lo spiego, partendo dall'inizio.
"Ma, aspetta, è lo sport di Nadia Comaneci?"
"Si, esatto, è quello" (allora c'è una speranza per tutti)
"Ma Nadia Comaneci era italiana?" (però a volte la speranza non va data proprio a tutti tutti)

Corso avanzato di ginnastica artistica in sei lezioni, tenuto dalla sottoscritta. Figo, eh?
I miei studenti erano un pò titubanti, devo essergli sembrata proprio pazza, ma alla fine bisogna tirare fuori le armi giuste. Video su video: ovviamente video in cui vinciamo un sacco di medaglie.
Partiamo dal 2006 che abbiamo vinto un sacco di cose. Poi andiamo avanti.
Passiamo alle rapine a mano armata.


Guardare video, imparare nomi di ginnaste -anche quelle che si sono ritirate che male non fa, imparare nomi degli elementi. Va beh dai, magari questa è difficile, cominciamo a imparare la differenza tra, che ne so, un salto teso e uno avvitato che non mi pare una cosa troppo complessa.
Poi impariamo a contare gli avvitamenti.
Finché i miei studenti, che a quel punto erano gasatissimi, erano pronti per vedere i video interi delle finali olimpiche, una per una.
"Ma perchè piangono?"
"Eh, perchè non hanno vinto"
"Ma se sono sul podio, come fai a dire che non hanno vinto?"
"Cioè, hanno vinto (momento di panico vero, ho iniziato a sudare freddo, ma non hanno vinto la medaglia che volevano, quelle che piangono hanno vinto un argento"
"Ma è una medaglia olimpica"
Ok, forse vedere tutte le finali olimpiche per intero in un'unica giornata è troppo per un novellino, ma non ci avevo pensato.
"Passiamo alle finali mondiali? Per intero ovviamente!"
Ci sono cose per cui, evidentemente, i miei studenti non sono ancora pronti.
E poi è arrivata la domanda fatidica: i miei studenti - e giuro che non ho costretto nessuno, sono loro che hanno chiesto -  in realtà un minimo di conoscenza della ginnastica ce l'hanno, anche se evidentemente non ne erano consapevoli.
"Ma queste ginnaste sono quelle di Ginnastiche?"
A parte che sarebbe Ginnaste e non Ginnastiche, ma questo è un dettaglio su cui volendo posso soprassedere, a quel punto tocca spiegargli un po' di cose. E prenderli a pugni nelle gengive spiegare pacificamente che non tutte le ginnaste della nazionale sono presenti in Ginnaste e non tutte le ginnaste di Ginnaste sono in nazionale. Questo è stato un po' un tasto dolente, ma credo di esserci riuscita.
E volete mettere la grande, enorme, gigantesca soddisfazione quando li ho trovati a documentarsi da soli?
Adesso attendiamo con ansia i Giochi Olimpici Europei di Baku, manca poco e qui siamo tutti pronti.

Le foto del post sono di Silvia Vatteroni

Continua a Leggere

lunedì 8 giugno 2015

Turno di notte

Succede sempre.
"Che lavoro fai?"
"E fai i turni di notte?"
"Si"
"E non hai paura? La tua vita non è tremenda? Riesci a dormire di giorno? E poi: perché fai i turni di notte?"


Ma partiamo dal principio: i turni di notte vengono fatti da un sacco di gente, basti pensare a medici, infermieri, forze dell'ordine. E poi ci siamo anche noi: quelli che lavorano in televisione. O nelle radio. E anche un sacco di altra gente.
E' un turno come un altro, ma che personalmente trovo stupendo.
Cosa succede durante un turno di notte? Si lavora, ecco tutto. Molto meno rispetto ai turni diurni, soprattutto perché gli altri reparti -quelli con cui ci relazioniamo giornalmente- non ci sono. Loro lavorano di giorno.
Poi, ovviamente cambia da televisione a televisione: ci sono tv dove si è in diretta anche di notte e quindi la mole di lavoro aumenta e emittenti dove il turno di notte è un lavoro di controllo in cui devi essere operativo solo se succede qualcosa.
Generalmente, si è da soli per quasi tutta la notte: quando si arriva, nella maggior parte dei casi a mezzanotte, c'è un collega che dopo  un'ora e mezza o due ore va via e la mattina dopo arriva qualcuno  una o due ore prima della fine del turno di notte. Il fatto che si rimanga da soli per più o meno tempo dipende dalle emittenti, dalla programmazione e da un sacco di altre cose.
La solitudine comunque fa bene, eh. Un turno di notte da sola vola, un turno diurno da sola -capita molto raramente, di solito in seguito a tragedie, epidemie e pestilenza - non passa più e ti viene solo voglia di dare testate contro il muro. O spegnere tutto e scappare, cosa che però pare non si possa fare.

Stare da sola in un bunker pieno di monitor fa paura? Dipende.
Di norma, io non ho paura e poi, voglio dire, ci sono le guardie che soprattutto se sanno che c'è una giovane donzella indifesa si accertano di continuo che non ci siano mostri ed ectoplasmi.
Se poi hai la fortuna, come me, di avere colleghi che immaginano pazzi che sfondano tutto -muro di cinta e cancello gigante che la notte sta chiuso- e lanciano bombe incendiarie o camionisti che sfondano le vetrate a bordo del loro tir per farci sapere che, ebbene si, anche loro esistono, ogni tanto la paura può venire.
A me è successo di lanciare un urlo acutissimo perché avevo visto un'ombra malefica sulla porta a vetri. Non credo di avere mai avuto così paura in vita mia. Peccato però che l'ombra fosse la mia e che stavo infartando per niente.

Ma la notte si dorme?
Probabilmente, qualcuno che durante il turno di notte  dorme esiste. Io, anche volendo, non ci riesco.
A parte che ditemi voi come si fa a dormire con le luci dei monitor che ti bucano il cervello e poi se succede qualcosa? Bisognerebbe dormire con l'ansia che succeda qualcosa -probabilmente nel pieno della fase rem- e che siccome stai dormendo non te ne accorgi.
Ho lavorato in un posto dove i super capi, a volte la notte, facevano le improvvisate per vedere se la gente dormiva. No, ma non sei stronzo eh. E non perché la notte si debba dormire -d'altronde se le notti te le pagano profumatamente un motivo ci sarà- ma perché dai, fiducia zero.
Il punto è che per lasciare una persona sola di notte con in mano un'intera emittente televisiva ti devi fidare. Ti devi fidare perché, sai mai, che uno impazzisce e manda in onda film porno a ripetizione (che poi, va beh, anche se impazzissi, sarebbe troppo faticoso inserire a palinsesto tutti sti film porno e desisterei) o, nella migliore delle ipotesi, spegne tutto e se ne va. O fa un festino con donne nude, alcol e droga.
Poi per carità, se lavori a TeleMozzarella magari non è nemmeno troppo un problema spegnere tutto e andarsene, ma appunto dipende. In Italia, in linea di massima, i primi otto canali del digitale terrestre sono i più importanti e poi a seguire ci sono gli altri.

Ma se lavori di notte, poi di giorno riesci a dormire?
Ricordo ancora un giorno, era l'estate del 2013, in cui smontavo dalla notte. Ero andata a dormire alle 9 del mattino, Fidanzato era uscito dopo pranzo per andare a lavoro. Alle 19, genitori e Fidanzato avevano quasi allertato i carabinieri visto che non avevo dato segni di vita e non rispondevo al telefono di casa (il cellulare, chiaramente, era spento).
Alle 19.30, appena sveglia, trovando milioni di sms e chiamate, ho richiamato preoccupata:"E' successo qualcosa?"
"Ma che fine avevi fatto?"
"Ehm, io stavo dormendo, mi sono appena svegliata e adesso faccio colazione".
Quindi si, direi che si dorme e anche bene.
Non mi è ancora successo di non riuscire a dormire dopo un turno di notte, nonostante i rumori, la luce, le avversità del mondo. Ma conosco un sacco di gente che subisce seri traumi a causa della sveglia che suona quando è ancora buio per il famigerato turno di mattina, meglio conosciuto come il male del mondo, ma di quello ne parliamo un'altra volta.

Continua a Leggere

sabato 6 giugno 2015

Lavorare gratis? Ma anche no!

Pare che Jovanotti (si proprio quello che cantava Bellaaaa come una mattina, come l'acqua cristallina, ecc ecc) abbia detto che lavorare gratis possa servire per fare esperienza.
Poi è venuto fuori che non aveva detto proprio così, ma che aveva raccontato di quando lui lavorava alla sagra del bombolone -dai, ma sei serio?- in cambio di qualche mancia e si divertiva un mondo, quindi chi se ne frega dei soldi. Aveva tredici anni o giù di lì, quindi giustamente dei soldi non gli fregava un tubo.
Ecco, io sono una di quelle persone che è estremamente contraria al lavoro non retribuito e non è che mi interessi granché del motivo per il quale si lavori gratis.
E no, non sono d'accordo nemmeno se hai 18 anni e nemmeno se ti sei appena diplomato/laureato.
E' vero è necessario fare esperienza, un lavoro non si impara sui banchi di scuola, nè tanto all'università, ma esistono molteplici modi per imparare un mestiere senza farsi sfruttare.

Durante l'università io feci un tirocinio -avete presente quei tirocini che ti danno crediti formativi senza i quali non puoi laurearti?- ovviamente gratis. Faceva parte del mio percorso di studi.
Potevo scegliere tra diverse opzioni e scelsi una cosa estremamente figa, infatti andai a lavorare alla Mostra del Cinema di Venezia.
Avevo 22 anni, avevo già svolto diversi lavoretti -tutti pagati per altro- ma quella era la primissima esperienza in quello che speravo sarebbe diventato il mio settore. Ho una laurea specialistica -abbastanza inutile a dir la verità- in Cinema e Televisione e quindi cosa meglio di quell'esperienza?
E poi dai, ho conosciuto un sacco di gente fighissima e super famosa.
Ho lavorato? Si, tantissimo: dormivo due ore a notte, adesso non so nemmeno se riuscirei a fare una cosa simile. Lavoravo e poi andavo anche alle serate per vip.
Ricordo ancora con una certa emozione l'incontro a una di queste serate con Tinto Brass. La sagra del viscidume insomma, ma una grande esperienza di vita.
Mi sono divertita? Si, da morire.
Ho imparato qualcosa? Si, moltissimo. E qualcosa di quello che ho imparato lì mi è servita tanto per quello che è venuto dopo: la resistenza allo stress, ad esempio.
Hai avuto qualcosa in cambio? Si, i crediti formativi che mi servivano per laurearmi. Senza, ciao laurea. Quindi ok, non ho avuto una retribuzione, ma avevo tutto in regola -assicurazione compresa- e poi dovevo farlo per forza.

Dopo questa esperienza, che ancora per altro compare nel mio cv e la gente fa ooooooo quando la legge -perchè si sa, la Mostra del Cinema fa sempre un certo effetto- mai più lavorato gratis.
Però, c'è un però.
Quando lavoravo durante gli studi, ovviamente, guadagnavo poco: dovevo imparare, non avevo esperienza o comunque ne avevo poca e giustamente quello che guadagnavo era commisurato alla mia esperienza.
Quando ho finito di studiare e ho trovato il mio primo lavoro full time: non sapevo nemmeno che esistesse quel lavoro, come la maggior parte delle persone. Ho imparato grazie a qualcuno che mi ha insegnato. Avevo un contratto regolare con ferie, malattia, permessi e via dicendo, ma un inquadramento contrattuale abbastanza basso. Giustamente direi.
Negli anni, continuando a fare sempre lo stesso lavoro, anche se in posti diversi, il livello contrattuale è aumentato perché avevo più esperienza.

Non voglio fare la figa, sia chiaro. E' per dire che il lavoro va pagato. SEMPRE.
Poi ovviamente meno esperienza hai meno ti pagheranno, su questo sono d'accordo, ma meno ti pagheranno non significa che mi devi dare 20 euro e una busta di patatine, ma magari mi dai il minimo salariale previsto dal contratto collettivo di quel settore merceologico, facendomi per esempio un contratto di apprendistato. Tutti i lavori hanno un settore merceologico. Poi, man mano che acquisisco esperienza e competenze magari mi aumenti lo stipendio, mi promuovi e via dicendo.

Si lo capisco, per molti sarebbe un sogno. So che non per tutti funziona così e mi dispiace.
So che molti lavorano senza una retribuzione,
Ma sono convinta che, in parte, dipenda anche da noi. Noi inteso come collettività, sia chiaro.
E vi spiego perchè.
Oltre all'esperienza, quando lavoriamo, ci mettiamo il nostro tempo, il nostro impegno. A volte ci mettiamo le competenze che abbiamo acquisito studiando a scuola o all'università, che non saranno mai come le competenze acquisite lavorando, salvo rarissimi casi, ma comunque sono competenze.
Quel tempo e quell'impegno li togliamo ad altro, che sia la famiglia, un hobby, una passione o qualsiasi altra cosa.
Io ho una sola vita e il mio tempo non lo regalo. Non so quantificare esattamente quanto possa costare il tempo di una persona, sono convinta che il mio di tempo, ad esempio, in alcuni casi valesse un pò di più e in altri un pò di meno: ci sono stati periodi della mia vita in cui magari non avrei avuto un tubo da fare se non avessi lavorato e magari avrei passato le giornate a bighellonare sul divano, altri periodi in cui il mio tempo era preziosissimo, quando Fidanzato era in clinica ad esempio.
In generale, quindi, non so attribuire in modo assoluto un valore al mio tempo, ma sono sicura che ce l'ha. Così come il mio impegno che cerco di mettere in qualsiasi cosa faccio, anche quando vorrei spaccare tutto e scappare lontana (ebbene si, a volte succede).

Hanno offerto anche a me un lavoro non retribuito, anzi in pratica avrei dovuto pagare io per avere l'onore di lavorare lì. Ho rifiutato, ma probabilmente, visto che dubito di essere l'unica a cui è stata offerta questa grande opportunità, qualcun altro ha accettato.
E finchè ci sarà qualcuno che accetta, ovviamente queste proposte verranno sempre fatte.
"Sempre meglio di stare a casa a rigirarsi i pollici".
Io lavoro non solo per l'esperienza (e anche perchè non so stare a casa a non fare nulla), ma anche per un tornaconto economico. Sarei ipocrita se dicessi che lavoro solo per la gloria. E se devo rimetterci francamente sto a casa: coltivo i miei hobby, le mie passioni, passo del tempo con le persone a cui voglio bene. Non guadagno, ma non spendo per andare a lavoro. E mantengo la mia dignitià.
Perché, ebbene si, io sono convinta che lavorare gratuitamente, comporti una perdita di dignità, oltre che di autostima. Se fossimo davvero indispensabili -come a volte fanno a credere a chi lavora gratis- ci pagherebbero per non farci andare via. Perché lo sanno bene che, prima o poi, chi lavora gratis se ne va: perché ha trovato un lavoro finalmente retribuito o anche solo perché si è stufato.
Tra l'altro, sono dell'idea che presentarsi ad un colloquio dicendo "ho lavorato gratis, facevo uno stage non retribuito e roba simile" faccia pensare a chi ci sta facendo quel colloquio che saremo sempre disposti a lavorare gratis.
E accettando un lavoro non retribuito mettiamo nelle condizioni altri di trovarsi nella condizione di scegliere se lavorare gratis o non lavorare perchè tanto, anche se io sono più bravo, più intelligente, più qualsiasi altra cosa di te, tu lavori gratis, non costi nulla.


Qualcuno mi dirà che se si è disperati si accetta di tutto.
Io aggiungo: se si è disperati si accetta di tutto, purchè sia retribuito.
Perchè se si è disperati significa che si ha la necessità di avere un'entrata, sia per pagare l'affitto o il mutuo che sia, le bollette, per mangiare, per mantenere un figlio o un genitore o qualsiasi altra cosa.
E su questo sono d'accordo: c'è stato un periodo in cui ho inviato curriculum per qualsiasi cosa perchè comunque ho una casa da mantenere e delle spese da affrontare, per cui uno stipendio mi serviva.
Avrei potuto chiedere a mamma e papà è vero. Ho dei genitori che mai si sognerebbero di farmi mancare qualcosa, ma non tutti hanno questa fortuna. Alcuni hanno dei genitori che non possono permettersi grandi cose o, più semplicemente, i genitori non li hanno più.
E poi, non vedo perché i miei genitori dovrebbero mantenermi se decido di farmi sfruttare da qualcuno che non mi paga per lavorare.

Se volete farvi sfruttare è un vostro diritto, ma pensate sempre al danno enorme che causate a chi di farsi sfruttare non ha nessuna voglia. Non sarete schiavi, visto che magari scegliete volontariamente di lavorare gratis, ma stronzi si, lo siete.


Continua a Leggere