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venerdì 11 maggio 2018

"Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino": una delle più grandi fissazioni della mia vita

"Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino" è un libro del 1978, da cui è stato tratto l'omonimo film del 1981, nato a seguito di una serie di interviste fatte a Christiane F., una ragazzina ormai donna diventata famosa proprio perché eroinomane.
E voi direte "e sti cazzi?".
Io il libro l'ho letto a diciassette anni su consiglio di una mia compagna di classe.
Oggi che di anni ne ho trentadue, quel libro (si, sempre lo stesso) è conservato nella libreria verde pastello di casa mia. Lo rileggo in media un paio di volte l'anno, ormai lo conosco talmente tanto bene che salto qualche pagina perché tanto lo conosco a memoria.
Nella stessa libreria verde pastello è custodito il seguito di quel libro ovvero "La mia seconda vita" scritto sempre da Christian F. e da una giornalista. Questa seconda parte l'ho letta solo una volta, forse due, onestamente non me lo ricordo neanche.

Ero talmente tanto affascinata da questa storia che, quando feci la tesina per gli esami di maturità, la scelsi come argomento.
Praticamente tutta la tesina era incentrata sull'eroina e sul tema del suicidio che nel libro è un sacco ricorrente. Cose allegre insomma.
La professoressa di filosofia che mi chiede perché Nietzcshe si è suicidato resterà nella storia insieme a Christiane mi sa.
Mi ero fatta una cultura enorme sull'eroina pur non avendola neanche mai vista da vicino (e credo che non mi capiterà mai nella vita di vedere dell'eroina, ma sai mai).
Una mattina che la mia classe aveva deciso di non entrare a scuola, avevo portato i miei compagni a casa mia e ci eravamo visti il film che, ovviamente, avevo visto decine di volte.
Era così, per altro, che avevo conosciuto David Bowie.

Di questa storia ne parlavo con una mia amica, quasi per caso.
Christiane F. era talmente una fissazione che per anni -quasi dieci- avevo cercato qualcuno disposto a venire con me a Berlino per vedere i luoghi di Christiane. Non so se ci rendiamo conto dei livelli che aveva raggiunto questa "malattia", chiamiamola così.
Alla fine, a Berlino ci sono andata con il Marito che all'epoca dei fatti non era Marito, ma Fidanzato che ancora oggi mi ricorda che l'ho fatto quasi morire congelato, solo perché ho scelto un periodo dell'anno non esattamente consono al viaggio, ovvero fine Gennaio/inizio Febbraio.
Una mattina, stavamo facendo colazione in una caffetteria, lo Bild Zeitung poggiato sul bancone aveva in prima pagina un titolo abbastanza chiaro: "Brrrr-erlinen". E tutto ciò solo perché la notte la temperatura era scesa a -27°-
"Ma hai visto che titolo sul giornale?"
"Che giornale è?"
"Bild Zeitung"
"Ah, ma è il giornale che Christiane comprava per leggere notizie sui morti di overdose"
"Non c'è speranza".

Eravamo arrivati a Berlino, avevamo preso un autobus che ci portasse alla metro e io avevo subito letto i nomi delle fermate.
"Amore guarda Rudow, dove il padre di Christiane aveva una piccionaia"
"Oh guarda, Gropiusstadt, dove viveva Christiane. In due stanze e mezza"
Che poi io, cosa si intendesse con mezza stanza non l'ho mica mai capito, eh.
"Amore, quello che resta del muro è a Kreuzberg, Christiane ci ha abitato, sai?"
Che poi io, da brava italiana che non ha mai studiato il tedesco e non ne conosce una parola, a diciassette anni leggevo i nomi dei quartieri esattamente come erano scritti.
"Ah ma il nostro hotel è sul Kurfürstendamm, sai si abbrevia Ku'damm"
"Ma che ne sai?"
"Eh, perché c'era il Sound, la discoteca dove andava Christiane"
"Ah".
"L'Europa Center, qui Christiane e i suoi amici avevano scassinato una macchinetta piena di soldi"
"I grandi magazzini KaDeWe, entriamo a riparaci dal freddo e diamo un'occhiata"
"Qui almeno Christiane non ci veniva mi sa"
"In realtà con le sue amiche rubavano le borse delle signore nei bagni di questo centro commerciale"
"Ah".

Non perdo tempo a raccontare quello che mi è uscito di bocca -no, non nel senso che ho detto cose volgari- quando siamo arrivati alla stazione Zoo della metropolitana di Berlino, dove Christiane -per la cronaca- si prostituiva insieme al suo ragazzo e agli amici.


Dopo quel viaggio, la fissazione mi era praticamente passata, non so perché.
Mia madre ancora oggi, ogni tanto, me lo rinfaccia di quanto l'ho fatta impazzire con Christiane.
Dopo aver letto il secondo libro, ho praticamente smesso di parlarne in modo ossessivo compulsivo con somma gioia di tutti. Nel frattempo, il glorioso pc fisso che era ancora a casa dei miei genitori e dov'era custodita la copia della famosa tesina ha smesso di vivere, ne dovrebbe esistere una copia cartacea custodita in una cartellina verde (bosco, non pastello come la libreria), ma non so che fine abbia fatto. E mia madre, ammesso che lo sappia, si guarda bene dal dirmelo.

Berlino comunque mi era piaciuta tantissimo, al Marito un po' meno, non so perché neanche in questo caso, ma giuro che avevamo visto un sacco di cose e ci eravamo lasciati andare a riflessioni molto profonde, inevitabili quando ti trovi davanti a quello che resta del muro di Berlino.
Ho passato parecchio tempo al freddo a fare da una parte all'altra: un attimo ero a Berlino ovest e l'attimo dopo a Berlino est, pensando che in realtà quell'andare avanti e indietro era una cosa che in passato qualcuno non aveva potuto fare liberamente.
A Berlino avevo mangiato della cioccolata fantastica alla cioccolateria Fassbender, avevo passeggiato per Kreuzberg, avevo sorseggiato caffè americano insapore. 
Mi era piaciuta tantissimo Berlino. Nonostante il freddo e nonostante Christiane.

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venerdì 24 novembre 2017

Cosa fare, vedere e mangiare a Sofia

Di quanto sia rimasta affascinata da Sofia l'ho già detto abbondantemente qui.
Quello che non so se ho detto è che non sono andata a Sofia in vacanza, quindi di tempo per girare in realtà non ne avevo tantissimo, ma qualcosa ho visto perché, ecco, non sapendo se mai ci tornerò (propendo comunque per il si) volevo fare un giro.

Cosa c'è da vedere a Sofia?
Indubbiamente le chiese che sono ortodosse e sono stupende, sia fuori che dentro.
Se non vi piace l'odore di incenso, però, io eviterei di entrare perché è molto forte.
La più imponente è la cattedrale di Alexander Nevskij che è davvero meravigliosa, almeno esternamente. Dentro l'ho trovata un po' spoglia, in realtà.





C'è poi la Chiesa di Santa Domenica dove abbiamo acceso una candela, non so bene per cosa, ma l'abbiamo accesa. In tutte le chiese c'è una parte dedicata alle candele che si possono comprare lì (0,80 leva ciascuna, quindi 0.40 centesimi), accendere e piantare.



Ho visitato la Chiesa di San Nicola che è bellissima dentro e fuori, me ne sono letteralmente innamorata.



E infine, ho visto la rotonda di San Giorgio, ma solo da fuori ed è indubbiamente molto particolare. Dentro non so dirvi com'è.



Per fare il tour di queste chiese abbiamo impiegato pochissimo, sono tutte molto vicine, quindi ci si può spostare a piedi senza problemi.

Io ho preferito guardarmi intorno, però, mi piace vedere le città per quello che sono e non per quello che hanno.
Una cosa che a me è piaciuta molto è il Central Market Hall, ovvero il mercato centrale, Tesentralni Hali in bulgaro (nella prossima vita ve lo scrivo anche in cirillico): è un mercato molto pulito e ordinato, non è pieno di roba, ma è molto affascinante.
E poi, ecco, se siete italiani e avete nella vostra testa i prezzi italiani qui vi sentirete improvvisamente super ricchi.









Tra le cose che mi ha arrecato più sofferenza c'è stato indubbiamente il non potere fare la spesa lì e portare a casa la carne splendida che ho visto (che poi era praticamente tutto pollo) e i formaggi che dicevano "comprami e portami in Italia con te". Una menzione speciale va indubbiamente al banco del formaggio greco (io non so la geografia, ma che la Bulgaria e la Grecia sono attaccate lo so).
Visto che non potevo fare la spesa perché probabilmente la polizia di frontiera bulgara mi avrebbe arrestata per traffico di pollame e avevo letto che le prigioni bulgare sono tra le peggiori al mondo (meglio che non sappiate il motivo che mi ha spinto a documentarmi sulle prigioni in Bulgaria), ho investito in altro modo i miei soldi.
La Bulgaria è famosa per le rose, cosa che io non sapevo e dentro il mercato c'è questo banco che vende qualsiasi cosa vi venga in mente alle rose: ho comprato creme, saponette, qualsiasi cosa vi venga in mente. Considerate che la crema da 100 ml (maledetto bagaglio a mano) l'ho pagata 1,99 leva, praticamente un euro scarso. UN EURO.
Adesso ho crema alle rose per i prossimi dieci anni, forse quindici, ma non potevo certo lasciarla lì.
In un altro banco ho comprato delle candele fatte con il miele per il Marito che ha una vera e propria fissa per le candele: considerate che una candela grande quanto me costava circa 8 leva, quindi 4€.
Ho preso anche delle palline per l'albero di Natale che ho questa malattia che mi spinge a comprare decorazioni per l'albero di Natale ovunque vado.
Io da quel mercato non sarei mai uscita, ma non potevamo restare per sempre.

A pochi passi dal mercato centrale, c'è una via piena di negozi che va vista assolutamente.
Le gioiellerie sono una cosa stupenda (da vedere, eh): le vetrine sono piene di questi oggetti d'oro un attimo kitsch (ma poco, eh) che pesano quanto un bambino di undici anni e che loro vendono a peso.
Entri, chiedi il prezzo, loro mettono sulla bilancia e te lo dicono. L'oro è indubbiamente meno costoso rispetto all'Italia, ma al di là del gusto discutibile, è roba che pesa veramente tanto. Ma tanto tanto.
Ci sono poi negozi di pellicce stupendi, si trovano davvero pellicce di qualsiasi forma e colore e anche queste costano molto poco. Non so dirvi se sono sintetiche o meno, non ho approfondito, anche perché siamo entrati per dare un'occhiata in uno, ma non parlavano inglese, quindi qualsiasi domanda sarebbe stata superflua.
Ci sono anche tanti negozi di abiti da cerimonia e da sposa con tanto di manichini sul marciapiede vestiti da sposa. Anche lì, considerate che la moda è un tantino diversa da quella a cui siamo abituati e le collezioni degli abiti da sposa sono molto simili a quelle degli anni '80, forse anche qualcosina prima.



Ho anche dato un'occhiata ai negozi di abbigliamento che hanno anche qualcosa di carino, tipo i maglioni di lana classici da uomo, ma tanto non ho trovato la taglia del Marito, quindi non ho potuto portargli decine e decine di maglioni nuovi.
E infine: siamo entrati anche in un negozio di tessuti. Non fate domande, non importa sapere perché ci siamo entrati.





Tenete comunque sempre a mente che a Sofia costa tutto davvero pochissimo, eh.
La chicca che vi regalo è un negozio di bigiotteria che si chiama Morlan e si trova all'11 di Ekzarh Yosif. Andate e comprate tutto che ha roba bellissima e con quello che in Italia comprate una collana, lì portate a casa anche la proprietaria del negozio. Non credo troverò mai un negozio così bello e così economico, ogni sera prima di dormire rivolgo un pensiero a quella parete piena zeppa di collane meravigliose.

Se avete voglia di stare in mezzo al verde c'è un parco molto grande, il Borisova Gradina, che è davvero gigante e, ad un certo punto, diventa bosco.
In mezzo c'è un laghetto dove, almeno così mi ha detto un tassista, d'estate si fa il bagno e d'inverno si fa pattinaggio sul ghiaccio. Io sono stata a Sofia a Novembre con tanto di caldo anomalo per il periodo, quindi il laghetto si guardava e basta.

Se invece avete voglia di vita notturna dovete andare nella zona universitaria, dove sta lo Studentski Grad. Ci sono locali di ogni tipo, pienissimi e, qualora vi interessasse, a Sofia -come credo nel resto della Bulgaria- si può fumare all'interno dei locali. In uno di questi locali, il Modera Cafè, abbiamo pagato otto birre e una vodka lemon 21 leva, quindi circa 10,50€. Le birre erano quelle grandi, eh.
È una zona piena di vita, a qualsiasi ora della notte: trovate da bere, da mangiare, qualsiasi cosa vi venga in mente.

Ecco, a proposito di mangiare: io a Sofia ho praticamente osservato il digiuno perché il cibo confezionato aveva gli ingredienti scritti solo in cirillico -che io non capisco- e spiegare le mie allergie non è stato semplice, quindi non so cosa ci sia di tipico da mangiare. Ho visto tanto riso, patate, formaggio e carne, ma appunto non so dirvi molto.
Ho fotografato dolci in giro però che sembravano anche molto invitanti.





E devo anche dire una cosa: l'ultimo giorno abbiamo deciso di andare in un ristorante italiano vicino l'Armeec Arena, che è il posto in cui ho passato più tempo durante la mia permanenza a Sofia, che si chiama Da Massimo: il proprietario, Massimo appunto, è di Perugia e nel suo ristorante si mangia da paura. A Sofia, ebbene si, ho mangiato la carbonara più buona del mondo e si che un paio di carbonare nella mia vita le ho mangiate. Considerate che dopo il primo piatto, che era anche bello abbondante, ne abbiamo ordinati altri da dividerci in due.
Ottimi anche gli antipasti e i dolci, insomma una spettacolo.
Oh, lo so che non si dovrebbe mangiare italiano all'estero, ma considerato che io ero digiuna (qui per farvi un'idea del motivo) da un po' e non ero manco l'unica ad esserlo, è stata una scelta saggia, tanto più che si mangia come in Italia, se non addirittura meglio che in molto ristoranti del bel paese.

E questo è quanto, se vi dovesse venire in mente di andare a Sofia e vi servisse qualche informazione, chiedete pure.
Io intanto, in attesa della prossima puntata, ringrazio Roberta e Giada, che non sono state le uniche compagne di avventura di questo viaggio (degli altri però ve ne parlerò in separata sede), ma che sono state preziosissime.
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mercoledì 22 novembre 2017

Sofia: capitale del fascino e delle contraddizioni

Sofia, capitale della Bulgaria, mi ha rubato il cuore. È stato un amore quasi a prima vista, ci sono rimasta troppo poco forse, ma i colpi di fulmine esistono eccome e questa storia ne è la prova.


Non avrei mai pensato di andare in Bulgaria, non sono andata in vacanza in realtà, ma ho deciso che ci tornerò prima o poi e mi porterò dietro il Marito.
L'arrivo a Sofia è stato curioso, ho volato con Bulgaria Air, ho dovuto fare gli stessi controlli che si fanno per andare in altri continenti e non avevo la più pallida idea di cosa avrei trovato lì perché mi era mancato il tempo di dare un'occhiata in giro.
L'unica cosa che ho fatto in aeroporto prima di salire sull'aereo è stata quella di cambiare i soldi e riempirmi il portafoglio di leva bulgari. Considerate che 1€ vale circa 2 leva e che con 2 leva ci fai un sacco di cose. Giuro che è vero, eh.

Sono arrivata a Sofia in tarda mattinata, c'è il fuso orario (un'ora avanti rispetto all'Italia) e, per non confondermi (si lo so, sono un disastro), non ho cambiato l'ora nell'orologio da polso che non tolgo mai, quindi alla fine mi sono confusa lo stesso.
L'aeroporto di Sofia, la prima cosa che ho giustamente visto considerato che non mi hanno lanciata di sotto con il paracadute, mi ha lasciato perplessa: é un aeroporto piccolino e c'era pochissima gente (sull'aereo saremo stati in quindici, hostess e piloti compresi).
La prima cosa che salta agli occhi è l'alfabeto cirillico
Avete presente quando sapete una cosa, ma non ve ne rendete davvero conto finché non ce l'avete davanti?
Ecco, io sapevo che il bulgaro non utilizza l'alfabeto latino, ma non ho pensato a quanto potesse essere strano arrivare a Sofia, trovare tutte le scritte in cirillico e non capire un tubo.



Io ci ho provato a decifrare qualcosa, mi ci sono messa d'impegno, ma se non si ha un minimo d'infarinatura al riguardo sarà impossibile capire qualcosa.
Però, ecco, siccome sono tanto scema, ho anche pensato: "Parleranno tutti inglese, quindi non c'è problema".
Sbagliavo anche in questo caso.
Mi sono avvicinata ai taxi e ho accennato un timido: "Salve, dovrei andare in questo posto" in inglese per sentirmi dire :"No English". Ho mostrato l'indirizzo, scritto sia in inglese che in bulgaro, e sono salita sul taxi.
Il tassista sembrava uscito da un film anni '80, consultava l'equivalente del Tutto Città mentre guidava e io mi sono limitata a mandare un messaggio a chi mi aspettava per dire che non sapevo se sarei mai arrivata a destinazione, ma che comunque ero in terra bulgara che era comunque già un buon risultato.

I tassisti sono indubbiamente una delle cose più simpatiche di Sofia: abbiamo preso moltissimi taxi che tanto costano poco e abbiamo trovato un solo tassista che parlava inglese. 
L'esperienza personale non fa certo statistica, ma è curioso che abbiamo trovato diversi tassisti che parlavano spagnolo. E uno indubbiamente capiva l'italiano, anche se ha negato fino alla morte.
Abbiamo beccato un tassista che si è arrabbiato con noi in bulgaro, ma non sapremo mai cosa ha detto. Che poi magari ci stava dicendo che eravamo bellissime, eh.
Abbiamo beccato anche un tassista che ci fatto ascoltare il cd di Eros Ramazzotti, uno che ci ha spiegato che l'Italia è tutta bella tranne Napoli perché a Napoli guidano male, uno che ci ha detto che l'alfabeto greco è incomprensibile (che io sarei anche d'accordo, però da che pulpito) uno a cui ho dovuto prestare il mio cellulare perché il suo navigatore non funzionava e uno a cui ho dovuto direttamente indicare la strada, visto che notoriamente le strade di Sofia per me non hanno segreti.
La conclusione a cui sono giunta è che il tassametro va a tempo, circa 0.70 leva al minuto. 
La corsa che ho pagato di più è costata 20 leva, percorrendo circa 15 km e restando bloccata nel traffico per più di un'ora (si, Sofia è molto trafficata).
Una sera ho pagato una corsa 2,50 leva, mi sono vergognata e ho lasciato al tassista un sacco di soldi di mancia perché mi pareva inverosimile pagare 1,25€. Si, magari sono scema, lo so.

Sofia non è una bella città
Non fraintendetemi, non sto dicendo che è brutta, è che non colpisce per la sua bellezza. 
Sofia colpisce perché è affascinante. Ha un fascino pazzesco questa città, ma proprio pazzesco, inspiegabile.


Quando sono arrivata in centro ho pensato di essere a Beirut durante la guerra civile. Si, è un luogo comune, ma sono rimasta un po' spiazzata. Tante case pericolanti e tante persone che sembravano uscite da un film di almeno trent'anni fa, forse anche qualcosina in più.



La cosa più curiosa è che a pochi metri dalle case pericolanti, ci sono negozi di lusso e chiese meravigliose.




E cosa da non sottovalutare, nel raggio di cento metri, a Sofia, ci sono una moschea, una sinagoga e una chiesa ortodossa. Trovate un'altra città in cui succede una cosa simile.




Quando poi sono finita in una zona molto lussuosa mi sono resa conto del divario che esiste tra alcune zone e altre: grattacieli e hotel sfavillanti da una parte e catapecchie dall'altra.
Io continuavo a guardarmi intorno pensando a quanto è pazzesca questa città, quanto è diversa da tutto quello che ho visto.


Sofia è stata un colpo di fulmine che mi ha fatto dimenticare subito Amsterdam (qui per saperne di più).
È affascinante e contraddittoria Sofia. Mi ha rubato il cuore, insomma, ma questo l'ho già detto.
Sofia mi ha lasciata a bocca aperta, mi ha stupita, mi ha intrigata ed è riuscita a farmi dire: "voglio tornarci", cosa che dico abbastanza di rado.

E di cose da dire ce ne sono ancora tante, giuro che ve le racconto con calma, come sempre.
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lunedì 20 novembre 2017

Zaanse Schans: mulini a vento, zoccoli e galletti

Zaanse Schans è il posto più bello che abbiamo visto durante la nostra vacanza ad Amsterdam. No, non sto scherzando: ci è piaciuto tantissimo, sarà anche un po' turistico, ma è davvero meraviglioso.



Zaanse Schans è una piccola località famosa per i mulini a vento a circa venti minuti di treno da Amsterdam. Io volevo assolutamente andarci, anche se non ricordo neanche come ne sono venuta a conoscenza.





Dalla stazione centrale di Amsterdam bisogna prendere il treno in direzione Uitgeest e scendere alla fermata di Zaanse Schans.
Il biglietto del treno, andata e ritorno in giornata, costa 7,20€ e la cosa simpatica è che la stazione ferroviaria è a ridosso di una fabbrica di cioccolato, quindi appena si scende arriva questo profumo meraviglioso di cioccolata che tiene compagnia per tutta la camminata, circa dieci minuti abbondanti, per arrivare dalla stazione al piccolo villaggio in cui ci sono, appunto, i mulini. 

Noi abbiamo beccato una giornata grigia e molto fredda, immagino che se ci fosse stato il sole sarebbe stato ancora più bello, ma credetemi che è comunque meraviglioso.
Il villaggio di Zaanse Schans ha queste casette bianche e verdi molto carine, ponticelli di legno e tanti mulini (che un tempo erano molti di più, ma tant'è).




I mulini a vento sono tenuti benissimo e alcuni possono essere visitati. Noi siamo entrati nel mulino dove un tempo veniva prodotto l'olio di arachidi (fortunatamente non lo producono più, altrimenti non sarei neanche potuta entrare) e siamo saliti su.





Ovviamente, nel momento in cui sono arrivata sul tetto del mulino, dopo aver salito una scaletta ripidissima, ho quasi preso una pala in testa, ma sarebbe stato esattamente nel mio stile l'essere trasportata d'urgenza in un ospedale olandese con la testa squarciata dalla pala di un mulino a vento.


Il prezzo d'ingresso del singolo mulino è di 4€, ma nel nostro caso era compreso nella I Amsterdam Card (qui trovate qualche info al riguardo).
Quando siamo usciti dal mulino, il Marito ha pensato bene di sedersi su una panca di legno per fumare una sigaretta ed è stato avvicinato da un paio di galletti che volevano fare amicizia.
Mentre io me li immaginavo al forno, lui chiacchierava amabilmente con i galli che però da lui volevano solo del cibo che ovviamente non avevamo.


Oltre ai mulini, per cui è il caso di fare parlare le foto visto che sono troppo belli e le parole sono superflue, a Zaanse Schans ci sono altre cose che vale la pena vedere. I galletti che vogliono mangiare sono indubbiamente tra queste cose, ma c'è anche dell'altro.

C'è un negozio che vende la cioccolata -calda o fredda- più buona che io abbia mai bevuto. Si prende un bicchiere, si seguono le indicazioni che prevedono il mettere del cacao in polvere, dello zucchero di canna e un bicchierino piccolissimo di latte, si mischia e poi si passa dalla signora che gestisce il tutto per farsi mettere, a piacimento, latte caldo o freddo e per farsi eventualmente condire la cioccolata. Io ci ho fatto mettere dei marshmallow fantastici, il Marito ha preso dei tartufi di cioccolata ripieno di crema di lamponi. Roba leggera, insomma.




C'è una sorta di fattoria con annesso un negozio che vende formaggio fantastico: ho assaggiato un formaggio di capra affumicato buonissimo, ma così tanto buono che ancora me lo sogno la notte.
In ogni caso, credo avessero almeno cinquanta tipi diversi di formaggio, quindi se vi piace il formaggio questo è il posto giusto.


C'è anche un negozio di zoccoli olandesi molto caratteristico
Centinaia e centinaia di zoccoli tutti insieme io di sicuro non li avevo mai visti. E di certo non avevo mai visto degli zoccoli tempestati di diamanti di cui, però, non ho guardato il prezzo.





Zaanse Schans è indubbiamente un posto abbastanza turistico (anche qui abbiamo trovato tantissimi italiani per altro), ma merita davvero perché è molto affascinante quindi io consiglio assolutamente di andarci.
La maggior parte delle persone che lavora nei negozietti, ricavati nelle casette intorno ai mulini, indossa i tipici costumi olandesi ed è comunque parecchio folkloristico.
L'ho già detto che se andate ad Amsterdam dovete assolutamente fare una capatina a Zaanse Schans? Si è capito che è un posto che ci è piaciuto tantissimo?
Nel caso in cui non fosse chiaro, lo ridico: andate a Zaanse Schans che è davvero un posto bellissimo.

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domenica 19 novembre 2017

L'Amsterdam Arena che presto diventerà la Johann Crujff Arena

"Amore, sai che nella I Amsterdam Card è compreso il tour dell'Amsterdam Arena?"
"Si, ma tanto ci andavamo lo stesso, no?"
"Certo amore!"

Sono anni che io e il Marito giriamo per stadi e, se in Italia l'unico stadio concepito come gli stadi europei è lo Juventus Stadium (che però è, al momento, l'unico stadio di proprietà della società), nel resto d'Europa gli stadi sono quasi sempre visitabili grazie a veri e proprio tour.


L'Amsterdam Arena, che a breve si chiamerà  Johann Crujff Arena, è lo stadio della Ajax, la squadra di calcio di Amsterdam che credo non abbia bisogno di grosse presentazioni.
Lo stadio è raggiungibile con la metro 54 che si prende alla stazione centrale di Amsterdam, la fermata è Bijlmer-Arena. In ogni caso, se avete dubbi chiedete e vi indicheranno la metro corretta da prendere (noi eravamo un po' confusi perché dalla stessa banchina si prendono varie linee di metro).

Il tour dell'Amsterdam Arena dura un'ora abbondante, ci sono tour ad orari precisi e si viene accompagnati da una guida che parla inglese.
Il costo è di 14,50€, ma -come ho anticipato- nel nostro caso era compreso nella I Amsterdam Card (qui trovate qualche info al riguardo).
Avevo letto in giro che all'interno dello stadio non è possibile fare fotografie, ma in realtà la guida -gentilissima e molto disponibile- ha detto che non c'erano problemi e che potevamo fare tutte le foto e i video che volevamo.

Il tour dello stadio parte dalla mixed zone in cui ci sono i due loghi dell'Ajax: la prima versione rappresenta una figura della mitologia greca -Aiace Telamonio- mentre la seconda rappresenta sempre lui, ma in versione stilizzata. Gli undici tratti che compongono il disegno rappresentano gli undici giocatori in campo (a me questa cosa ha affascinato parecchio, non so a voi).


Sul pavimento ci sono tre stelle giganti visto che l'Ajax ha vinto, ad oggi, 33 campionati e, per ogni dieci vinti, ha preso una stella.

L'Amsterdam Arena è divisa in piani, collegati da un sistema di scale mobili futuristiche (si lo so, forse non è il termine migliore, ma mi piaceva), ovunque sulle pareti fotografie dei giocatori che hanno fatto la storia dell'Ajax. I più fotografati sono indubbiamente Crujff, Van Basten e Ibrahimovic. O forse è il figlio piccolo di Ibrahimovic (si, è una battuta per pochi e forse non fa nemmeno ridere, me ne rendo conto).

Quando siamo entrati nel campo, con in sottofondo l'inno dell'Ajax, è stato bellissimo.


Se siete frequentatori dello stadio, in particolar modo dello Stadio Olimpico di Roma che è quello dove vado io, potrete immaginare l'emozione di vedere uno stadio in cui gli spalti sono attaccati al campo e non è necessario portarsi dietro il binocolo per vedere qualcosa, oltre alla bellezza di uno stadio senza barriere.
Gli spalti sono tutti rossi, fatta eccezione per la tribuna vip che è blu (che magari è un dettaglio inutile, ma mi piace osservare gli accostamenti cromatici, non prendetemi in giro).


Sugli spalti, all'altezza dei corner, ci sono le famose tre croci di Amsterdam che simboleggiano i tre eventi nefasti della città: peste, alluvione e incendio. È stato proprio allo stadio che ho imparato la storia delle tre croci, salvo poi fare caso che queste tre croci sono praticamente ovunque.
La cosa più spettacolare dell'Amsterdam Arena è il tetto. Si, il tetto che si apre e si chiude in base alle varie esigenze. La struttura del tetto secondo me è bellissima e trovo geniale il fatto che si possa chiudere ed aprire a piacimento.
Noi l'abbiamo trovato chiuso, considerato che la temperatura non era delle migliori e il freddo, l'umidità ed eventualmente la pioggia potrebbero rovinare il campo.



La guida ha chiesto se qualcuno avesse domande, nessuno dei nostri compagni di tour (quasi tutti italiani, manco a dirlo) ne aveva, ma ovviamente io ero pronta con la mia domanda da un milione di dollari, domanda nata dopo ampia discussione sulla questione con il Marito che ha una grande fortuna: una moglie che ama il calcio quasi quanto lui.
"Scusami, non capisco se l'erba è sintetica o meno, sembra finta, ma ho dei dubbi che qui abbiano messo l'erba finta"
"È ibrida"
"In che senso?"
"90% vera, 10% sintetica" e a seguire super spiegazione su come funziona la manutenzione del campo con me con gli occhi a cuoricino che pensavo "oh, come siete avanti voi olandesi su queste cose, noi in Italia abbiamo le zolle d'erba che saltano nei campi di calcio e, ogni tanto, si gioca anche nei campi di patate".

Da lì ci siamo spostati poi nella sala regia, io e il Marito ovviamente guadavamo estasiati per ovvi motivi (qui per saperne di più). È stato qui che abbiamo scoperto alcune cose interessanti: in primis che oltre alle telecamere per le dirette delle partite di calcio, hanno un sistema di controllo con telecamere piazzate nei punti nevralgici della città per evitare che eventuali tifosi facciano casino in giro. Questa cosa mi ha fatto sorridere pensando ad un episodio di un po' di tempo fa in cui dei tifosi olandesi hanno praticamente distrutto Roma (qui per saperne di più). Non erano tifosi dell'Ajax però.


Infine, abbiamo scoperto che il settore ospiti è collegato ad una galleria che porta direttamente alla metro e da lì ti accompagnano in aeroporto o in stazione di modo che dopo l'eventuale partita ti levi subito dalle scatole e non te ne vai in giro a fare danni.
La guida ha però precisato che la galleria è stata usata solo tre volte in occasione di partite della Uefa (non ricordo se Europa League o Champions League, non me ne vogliate).

Abbiamo poi visitato la sala stampa, in cui si fanno le conferenze pre e post partita, con tanto di spiegazione su chi si siede dove.


E infine, la parte che a me ha commosso di più: lo spogliatoio. Si, commosso e adesso vi spiego di più.
Al di là dell'ordine che regna sovrano, la guida ha richiamato la nostra attenzione sulla sedia di Abdelhak Nouri, un centrocampista ventenne dell'Ajax che io non conoscevo, è stato considerato a lungo una promessa.


Nouri, qualche mese fa, durante una partita amichevole, ha avuto un'aritmia cardiaca. È stato soccorso, poi portato in ospedale, ma ha riportato danni gravi e permanenti.
Nouri, a vent'anni, non solo non tornerà a giocare a calcio, ma le sue condizioni non miglioreranno mai.
Aveva scelto il numero 34 per la sua maglia perché voleva vincere il trentaquattresimo scudetto dell'Ajax.
Il suo posto è ancora lì, anche se lui non tornerà. E questo è il calcio che mi piace, anche se so che  su quella sedia non ci sarà il suo nome per sempre.

Prima di andare via, abbiamo fatto ancora anche una visita alla sala dei trofei, con coppe, maglie, articoli di giornale. Io però pensavo ancora alla storia di Nouri.


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