domenica 30 aprile 2017

Babi&Step: avevo diciassette anni e cantavo "Ai cheeeen flaiiiii"

Avevo diciassette anni quando scoppiò il fenomeno Tre metri sopra il cielo, mi preparavo ad affrontare la maturità, era un periodo felice.
Avevo la stessa età di Babi, ma nessuno con cui fare le corse in moto -credo comunque che mia madre sarebbe morta- né tanto meno con cui sfondare finestre di castelli sul mare.
Anche io volevo un amore, possibilmente da film, come quello.
Il tormentone, almeno nel mio gruppo di amici, durò per un bel po', addirittura ci riunivamo la sera per vedere il film -maschi e femmine, nessuno escluso- e poi in macchina, visto che qualcuno di noi aveva già la patente (ma quel qualcuno non ero io) cantavamo a squarciagola Ai Cheeeen Flaaaaaai.
Quanto mi piaceva quella canzone, mi faceva piangere, mi commuoveva, era proprio bella. Mi faceva anche incazzare, a dire il vero, perché mi ricordava che Babi aveva lasciato Step. 
Non so quante volte avrò letto il libro e visto il film, lo conoscevo a memoria, ogni singola frase, ogni singola battuta, ogni singolo capitolo.
Avrò avuto vent'anni quando uscì il seguito, già troppo grande per appassionarsi in modo così drammaticamente romantico alla storia, ma lo vidi comunque, in fondo dai, ero convinta che Babi e Step sarebbero tornati insieme. E invece no.
Moccia, ma come ti sei permesso? Babi e Step sono l'amore, tu dovevi farli tornare insieme e invece che fai? Un disastro insomma, un disastro per tutti, meno che per i negozi di ferramenta di Roma che hanno visto impennarsi la vendita dei lucchetti da attaccare a Ponte Milvio.
Ci rimasi malissimo e mi dimenticai Tre metri sopra il cielo, il colpo subito era stato troppo forte, non doveva andare così.
Ci penso spesso all'estate della maturità, accompagnata da quella storia d'amore e dall'immagine di Scamarcio disperato sotto la pioggia.
Io sono cresciuta, ho trovato l'amore, quello vero, ma niente corse a Via dei Mercati Generali pinnando la moto. 
Nel frattempo sono diventata polemica. E mi sono anche trasferita a Roma, l'amore di cui sopra è romano de Roma, la città eterna mi ha adottata rendendomi più romanaccia di tanti altri e sono iniziato i dubbi esistenziali tipo: "Ma perché se siete di Roma nord venivate a correre con le moto a Roma sud?".
La grande guerra tra Roma sud e Roma nord io l'ho fatta subito mia, molto più del fidanzato romano.
Finché un giorno è successo: eravamo a Talenti, non so neppure perché: "Amore, lo Zio d'America, guarda".
"Ma tu come lo conosci questo posto che qui non ci siamo mai venuti?"
"Amore, ma come? Qui c'era venuto Step a picchiare non so chi"
"Chi?
"Step, amore. Quello di Babi e Step".
Era parecchio tempo fa.
"Amore, guarda gira di qua che prendiamo da Pizza Jacini".
"Ma tu come le conosci queste strade che a Corso Francia ci veniamo una volta ogni due anni e ci serve anche il passaporto per passare da Roma sud a Roma nord?"
"Ma amore, lo sai, io Roma la conosco meglio di te"
"Confessa"
"Sai, ci abitava Babi".
Silenzio. Minuti interminabili di silenzio.
Lui non può dire nulla, siamo andati a cercare a Portonaccio il bar dove hanno girato Romanzo Criminale, quindi insomma, meglio che taccia.
Ho anche individuato il ponte dove Step aveva scritto "Io e te tre metri sopra il cielo", a dire il vero.
A diciassette anni spesso si sogna il grande amore, non si è abbastanza intelligenti da capire che è meglio aspettare, che certi momenti non tornano più.
E' il pieno dell'adolescenza, si è travolti da mille cose, ci si emoziona per cose che dieci anni dopo non faranno più nessun effetto. E io, insieme a tutte le mie amiche, fui travolta da Babi e Step, non fa nessuna piega.
Certo, se avessi saputo dal principio che erano di Roma nord e che Step era tifoso della Lazio forse le cose sarebbero cambiate, ma con i se e con i ma non si va da nessuna parte.
Uno Step che abita all'Eur e tifa Roma mi sarebbe piaciuto di più.
Qualche mese fa ho scoperto che sarebbe uscita la terza e ultima parte di quella storia e mi è subito balenata in mente una cosa: "Devo sapere assolutamente come va a finire".
Ho aspettato, atteso e a trentuno anni suonati, in due giorni, ho scoperto tutto. Ho letto 718 pagine in un attimo.


Ho evitato di ascoltare Sere Nere di Tiziano Ferro mentre lo leggevo solo perché tutti sostengono che l'amore di cui parlavo sopra, quello romano de Roma, sia identico a lui e, a furia di sentirlo dire, a me che questa somiglianza non la noto proprio per nulla, è cominciato a stare antipatico. Scusa Tiziano, non me ne volere.
Non vi dico come va a finire perché magari non è corretto, io ho sempre sperato che Gin si levasse dalle palle e che l'amore tra Babi e Step trionfasse, ma ecco: non vi spoilero com'è andata davvero e se sono stata accontentata.
Ho letto il libro sentendomi dare della cretina per averlo comprato, ma in fondo non mi dispiace per un paio di giorni essere tornata una diciassettenne senza pensieri, magari anche un po' cretina.
E poi, ecco, Moccia ci ha messo la mia Roma che a differenza di quattordici anni fa conosco tanto bene.
Lo sanno in pochi di quella stradina, io lo so perché La7 è il mio grande amore, grandissimo, il posto migliore dove abbia mai lavorato. Ci torno spesso e mi fa sentire bene.


Invece in tanti sanno che quella è una clinica ottima, io l'ho scelta quando Fidanzato si è dovuto operare. Avevo voluto anche io la piccola suite ed ero passata sopra al fatto di dover arrivare fino a Roma nord.



Potrei continuare all'infinito a pensare a Babi e Step, ma ho trentuno anni, loro sono cresciuti e anche io, quindi la faccio finita. Però era bello avere diciassette anni, molto bello.
Che poi magari Moccia non sarà il miglior scrittore del mondo, ma stavolta -che ci crediate o no- si è superato. Solo solo perché mi ha fatto tornare indietro nel tempo.

E adesso si può avere il film?
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mercoledì 26 aprile 2017

Oddio, ci sposiamo davvero

Non sono nemmeno le nove di mattina di un giorno festivo che mi ritrovo a scrivere un messaggio che recita "Ho l'ansia" alla mia amica. La risposta, giunta dopo qualche ora visto che giustamente stava dormendo, era: "Per cosa?"
"Non me lo ricordo più".
All'una di notte dello stesso giorno mi sono trovata invece a digitare, con le mie dita cicciotte, un altro messaggio, ad un'altra amica che diceva: "Ti prego dimmi che sei sveglia". Ovviamente dormiva, mi ha risposto la mattina dopo, quando mi ero già dimenticata qual era il dramma che mi affliggeva. 
Immagino comunque che, in entrambi i casi, il problema serissimo che mi generava ansia fosse qualcosa tipo la sfumatura di celeste del bouquet -nel frattempo, durante la notte, ho deciso che il celeste non ce lo voglio più- o la quantità di fiori che decoreranno la torta.
Ebbene si: ci sono cascata.
Proprio io che sono notoriamente conosciuta come un mostro orribile privo di qualsiasi sentimento umano e pregna di disinteresse nei confronti di pizzi e merletti, mi sono fatta prendere dall'ansia prematrimoniale.
Le mie amiche, i miei amici, i miei genitori, mia suocera, le mie cognate e ovviamente Lui ringraziano sentitamente per questa metamorfosi grazie alla quale sono diventata completamente cretina.
Non ho smesso però di essere l'eterna indecisa cambiando idea sulle cose a distanza di mezzora, probabilmente inconsciamente convinta di avere ancora un anno davanti, quando in realtà siamo agli sgoccioli. Ma proprio gli sgoccioli veri, verissimi, manca così poco che la gente mi guarda sgomenta quando annuncio l'ennesimo cambiamento di idee, mentre io sorrido sorniona dicendo: "E va be', sono la sposa, mi è consentito cambiare idea". Probabilmente quei poveretti altresì denominati fornitori stanno pensando di avvelenarmi il cibo, la torta e persino i confetti e i croccantini del cane, ma forse l'idea dell'amore che finisce in tragedia, con tutti avvelenati, potrebbe essere persino divertente. O forse no, ci devo pensare.
Che poi insomma chi non ha cambiato idea almeno sei volte in un'ora per cosa incidere dentro le fedi? Tutti, lo so, me lo sento.
Sono comunque fiera di me perché l'ansia da matrimonio me la sono fatta venire quando le cifre del conto alla rovescia sono scese da due a una.
Insomma, non è da tutti organizzare un matrimonio in tre settimane, ma è da me. 
Nessuno dei miei amici era particolarmente turbato quando ho comunicato la notizia con così poco preavviso che effettivamente per un attimo io stessa ero un po' meravigliata da me stessa. E io so di essere una pessima persona, eh.
Intanto forse resterò senza Fidanzato, credo di fargli un tantino antipatia ultimamente, considerato che siamo passati da "andiamo a sposarci io, te e il cane in jeans" a "le bomboniere e il bouquet mi sono indispensabili per sopravvivere, bisogna solo trovare qualcuno che faccia quello che io ho pensato nella mia mente, ma che non saprei come spiegare, a tempi di record". 
O mi ucciderà nel sonno o mi ama davvero tanto, ma per scoprirlo bisogna aspettare ancora un pochino. Poco poco, lo giuro.
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mercoledì 19 aprile 2017

Genitori Vs figli quindicenni e Vs figli trentenni

A quindici anni:
"Papà va bene, accompagnami tu, ma mi lasci almeno 100 metri prima che non posso di certo fare vedere che arrivo con un vecchio"
A trenta:
"Papi, potresti avvicinarti ancora un po' all'entrata che non ho voglia di fare strada a piedi? O meglio, potresti direttamente entrare dentro al locale con la macchina per favore?

A quindici anni:
"Papà, le 2 è troppo presto, tutti i miei amici tornano a casa non prima delle 3 e non ti preoccupare che ho chi mi accompagna. Certo, è il papà dell'amica, ci mancherebbe che torno a casa con un neo patentato"
A trenta:
"Papi, potresti venirmi a prendere alle 23.30? Per favore non fare tardi. Anzi, facciamo 23,15 va. Se arrivi prima chiamami così torniamo a casa ancora più presto".

A quindici anni:
"Voglio essere autonoma e indipendente, esco con il mio motorino, non ho bisogno di nessuno io"
A trenta:
"Si lo so che ho la patente da quasi quindici anni e una macchina nuova fiammante, ma fare prima seconda mi mette di cattivo umore, quindi preferisco fare il (tuo) passeggero"

A quindici anni:
"Certo che stasera esco, è sabato, perché dovrei stare a casa come i vecchi?"
A trenta:
"Si lo so che è sabato, ma perché dovrei uscire? Sul mio divano si sta così bene. E poi metti che prendo freddo e mi viene il cagotto?"

A quindici anni:
"Mamma, io voglio uscire con le mie amiche a fare shopping, non con te"
A trenta:
"Mami, mi accompagneresti a provare quel vestito che ho visto in quel negozio? Mi fido solo del tuo parere"

A quindici anni:
"Mamma, ho bisogno di vestiti nuovi, non ho niente da mettere. Le mie amiche hanno tutte dei bellissimi vestiti e io solo stracci"
A trenta:
"Mamma, grazie per avermi comprato dei vestiti nuovi, ma dici che quella maglia che adoro ha i buchi? Non ci avevo fatto caso"

A quindici anni:
"Sono perfettamente in grado di badare a me stessa se andate via qualche giorno, datemi fiducia"
A trenta:
"Mamma, perché il mio bucato non è pulito e profumato come il tuo? E perché la mia salsa di pomodoro non ha lo stesso sapore della tua? E' un complotto contro di me?"

A quindici anni:
"Non vedo l'ora di diventare maggiorenne per andarmene di casa"
A trenta:
"Certo che non sarebbe male vivere ancora con voi"


A quindici anni (brutto, ma vero):
"Mamma, papà, vi odio"
A trenta:
"Mamma, Papà vi amo: siete la cosa più bella mia vita".

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sabato 15 aprile 2017

Aprirò l'armadio e sorriderò

Oggi i miei genitori festeggiano quarant'anni insieme. QUARANTA. 
Mia madre è qui con me, mio padre è a casa.
Ho telefonato a papà per esprimere il mio cordoglio -siamo una famiglia simpatica- mentre mamma ricordava dov'erano e persino com'era vestita. 
È curioso come una persona ricordi esattamente cosa indossasse in un determinato giorno importante, ma magari non ricordi assolutamente nulla di quello che è successo meno di ventiquattro ore prima.
Oggi ho comprato un vestito che credo non dimenticherò mai nella mia vita. E tutto secondo copione, ho pianto, riso, sorriso, piano di nuovo (che detta così sembra il comportamento di una persona con un disturbo della personalità) mentre mi guardavo allo specchio. Mi guardavo e pensavo: "Sei proprio tu", da qualche parte ci deve essere cucito il mio nome.
Dopo due ore avevo anche le scarpe da abbinarci e anche loro da qualche parte devono avere il mio nome scritto. 
Mia madre ha telefonato a mio padre per dirgli che mi ha visto davvero felice, con un sorriso di quelli che si riservano a poche cose.
Ho pensato che sono mesi che sono davvero felice e lo ripeto spesso perché sembra difficile da credere.
Lo scorso anno è stato un anno difficile, non ero mai pienamente soddisfatta e mancava sempre qualcosa.
Ci sono stati momenti belli, ma ce ne sono stati altrettanti orribili. Poi è arrivata la svolta e da lì, tutto è iniziato ad andare bene, non una cosa fuori posto. 
Tutti i progetti che abbiamo sempre fatto, un po' per merito nostro, un po' grazie a qualcun altro sono andati in porto e tutti i pezzi sono andati al loro posto. Lui me lo diceva sempre e aveva ragione.
Ho cercato qualcosa che non fosse andata bene da Natale ad oggi e non me n'è venuta in mente neppure una. Oh certo, c'è il ginocchio rotto, grazie al quale però sono arrivate delle cose positive. Molto positive. Che se mi avessero detto che un ginocchio rotto può portare a tutte queste cose, me lo sarei davvero presa a martellate molto prima. Certo, il gesso è stato seccante e ogni santo giorno faccio gli occhi dolci ai fisioterapisti -indistintamente uomini e donne- buttando lì un "ma le togliamo le stampelle?" suscitando un'ilarità tale che presto probabilmente aprirò una scuola per comici viste queste mia innata capacità di far ridere in modo disperato la gente anche quando faccio una domanda seria.
Ho imparato in questi mesi che la serenità dipende solo da noi stessi.
Ho imparato ad affrontare le cose con il sorriso, a non prendermela per nulla, ad avere sempre una parola gentile anche per chi si meriterebbe schiaffoni a due a due finché non diventano dispari.
Che poi magari non è neppure questo il modo giusto di affrontare le cose, ma visto che sta andando tutto così bene, credo che proseguirò per questa strada, con somma gioia del mio fidanzato.
Domani probabilmente mi cadrà una tegola in testa perché la sfiga sarà attratta dalle mie parole, ma io aprirò il mio armadio, guarderò il mio vestito e sorriderò di nuovo.


E no, stavolta niente colori sgargianti. Giuro.


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domenica 9 aprile 2017

La mia prima gara (dell'anno)

Dopo un mese e quattro giorni da prigioniera del mio ginocchio, quantità infinite di lacrime versate per tutte le cose a cui ho dovuto rinunciare, lamentele infinite per qualsiasi cosa, sono resuscitata.
E per un motivo validissimo oserei dire.
(Considerate che le gite a fare visite, lastre e fisioterapia non le conto come libera uscita). 
Certo, solo per una giornata, ma è meglio di niente, no?
C'è una doverosa premessa: di solito, quando a Settembre esce il calendario della gare di ginnastica dell'anno successivo in territorio italiano, con una precisione quasi chirurgica, comincio a calcolare -facendo equazioni estremamente complesse tra distanza, palazzetto, periodo dell'anno per decidere a quali andare e a quali no: ce n'è una che non mi perderei per nulla al mondo (il Trofeo Città di Jesolo), le altre le valuto. Almeno in teoria.
Finisce sempre che quando manca qualche settimana alle gare che ho depennato, manco fossi bipolare, cambio idea.
Alla fine le faccio tutte, ma proprio tutte.
La prima gara di solito è a Febbraio, quindi arrivati ai primi di Aprile ho presenziato ad almeno tre o quattro gare con somma felicità e soddisfazione.
Quest'anno il lavoro e soprattutto il ginocchio mi hanno impedito di andare alle gare e la situazione è stata più o meno la seguente: io che piangevo, i miei amici che cercavano di farmi sentire lì con gesti che mi facevano piangere ancora di più per la commozione, i miei genitori e Fidanzato che cercavano di consolare l'inconsolabile. 
Quando dissi che la ginnastica è un secondo lavoro e che sono squilibrata non stavo scherzando. Chi mi conosce ha imparato ad accettarmi per quello che sono: una pazza completa. Provate a chiedere a chi segue con me un Europeo, un Mondiale o -peggio- un'Olimpiade, quello di cui sono capace. 
Ieri si è svolta la Serie A di Roma, io ho pregato, supplicato, mendicato guardando con occhi affranti i miei medici e i miei fisioterapisti di darmi il permesso che alla fine è arrivato, con raccomandazioni e avvertimenti.


E se vi state chiedendo perché chiedo il permesso e rispetto i divieti, beh ecco: le ginocchia mi servono ancora per qualche annetto ed essendo messe maluccio, magari magari ascolto il parere di chi di ossa malconce ne sa più di me.
E così mi hanno portata alla gara, avevo tanto di autista e portaborse, assistenti, dispensatori di affetto. Oh, sembro esagerata, ma giuro che è vero.
Ho scoperto che andare ad una gara con le stampelle è divertente. Non per la fatica boia, eh.
Toglietevi lo sfizio, prima o poi, di girare per un campo gara con le stampelle, zompettando cercando di non spaccarvi qualcos' altro (io ne sarei capace).
In primis, non sarete gli unici con le stampelle. C'erano almeno altri quattro stampellanti
"Tu che ti sei fatta?"
"Io rotula, tu?"
"Io tendine, menisco e via dicendo"
Ovviamente, gli altri stampellanti erano tutti ginnasti che hanno sfidato la gravità, quindi magari dire "ho spaccato una rotula  camminando" creerà un pochino di imbarazzo.
Chiunque vi chiederà cosa è successo. Oh certo, lo chiedono anche i vicini di casa e i conoscenti, ma qui saranno la risposte ad essere diverse.
"Anche io ho rotto un ginocchio tot.anni/mesi fa"
"Io non ho rotto una rotula, ma i legamenti, il menisco, la tibia, il tendine, qualsiasi osso più o meno conosciuto vi venga in mente"
"Ma ti sono già venuti i calli alle mani per le stampelle?"
"Quando ti operi?"
"Ti insegno un trucco per camminare con le stampelle per fare meno fatica"
E procedete pure a fantasia.
Ci sarà anche qualcuno che dirà:
"Che terapia stai facendo?"
"Eh, il muscolo ci metterà ancora un bel po'"
"Se portavi le lastre, davo un'occhiata"
È bello sapere di non essere soli. Mi ha ridato coraggio. Anche se, ecco, preferirei che non si rompessero. E preferirei anche non rompermi io.
Ero felice come una bambina, la prima gara dell'anno -con un nuovo codice per altro- mi ha restituito il buonumore.
E devo dire una cosa: io sono una gran lamentosa, se qualcosa non va ad una gara rompo le scatole come una zecca succhia sangue.
Questa è stata una gara organizzata benissimo, impeccabile, perfetta. Non c'era praticamente una falla nell'organizzazione. E credetemi che di gare perfette ce ne sono poche.
Io mi sono impegnata per fare amicizia con le ancelle e i centurioni, d'altronde siamo a Roma e non potevano mancare.
Il bodyguard che mi ha permesso di muovermi dalla sala stampa al piano zero si chiama Alessio, qualcuno gli dica che lo ringrazio per l'assistenza.
Grazie a chi mi ha aperto la strada, ha trovato l'ascensore, mi ha permesso di muovermi liberamente.
Grazie a chi ha organizzato in questo modo la gara: anche se grazie l'ho già detto di persona, una volta in più non guasta mai.
Grazie a chi mi ha dato il permesso di andare.
Grazie agli amici perché senza di loro non sarebbe stato possibile. E no, non sto esagerando.




Grazie a chi mi ha detto: "È bello averti qui".
Grazie anche a chi ha detto: "Sei una gnocca anche con le stampelle". So che magari non è del tutto vero che sono gnocca, figuriamoci poi con le stampelle zoppicante, ma è stato bello.
Grazie a chi mi ha portato l'acqua, il caffè e la cioccolata.
Grazie a chi si è premurato di reggermi le stampelle quando dovevo fare qualcosa e prima che mi venisse scattata una foto che, effettivamente, le foto con le stampelle sono bruttine.
Se un giorno dovessi smettere di emozionarmi ogni volta che vedo una cerimonia d'apertura di una gara...no dai, quel giorno non arriverà mai. Lo so.



Adesso so perché mi viene vietato di fare praticamente qualsiasi cosa: le ginocchia sono gonfie, doloranti e non si muovono (sia il ginocchio scemo che l'altro), le mani hanno dei calli brutti brutti brutti e mi è anche venuta la febbre.
Domani il medico e il fisioterapista mi diranno: "Hai visto?".
Almeno però ho riso e sorriso. E tanto anche.
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martedì 4 aprile 2017

Se sei nato ad Aprile

Sono nata un mercoledì di fine Aprile, alle 12.05, con calma, molta calma che dormire la mattina è importante. 
Mi piace Aprile, mi è sempre piaciuto, ma c'è un ma.
Se sei nato ad Aprile, sognerai di festeggiare il compleanno in giardino, all'aperto, ma non in casa che cribbio no, è stato inverno per mesi, adesso bisogna stare fuori casa. E invece no: pioverà sempre.
Perché se è vero che Marzo è pazzo, Aprile è completamente squilibrato.
Piogge torrenziali, nubifragi. Ovviamente fino ad un attimo prima di iniziare i festeggiamenti. A quel punto sarà subito Equatore.
Se sei nato ad Aprile, penserai di passare il compleanno indossando una bella gonna senza collant. Col nubifragio, chiaramente, arriverà il freddo polare fino a quando non uscirai di casa per i festeggiamenti: a quel punto vale la regola di cui sopra e sarà caldo torrido in dieci secondi, ma a quel punto non potrai toglierle perché "tanto fa freddo, che mi depilo a fare? ".
Credo che sia per questo che regalo stipendi interi all'estetista pur di non avere un pelo neppure a Novembre.
Se sei nato ad Aprile, la natura ti regalerà uno spettacolo meraviglioso con i suoi alberi in fiore, le piante rigogliose dopo i mesi invernali, ma se sei allergico a pollini e simili, invece di festeggiare, passerai il compleanno starnutire.


Se sei nato ad Aprile riceverai un sacco di regali estivi che, ora che sarà arrivato il momento giusto per usarli, ti sarai dimenticato di possederli: ho ricevuto più borse da mare, costumi da bagno e creme solari io in anni e anni che una testimonial Parah o quello che è, mentre il freddo polare di cui sopra ti costringono ad indossare ancora il cappotto.
Se sei nato ad Aprile, il segno zodiacale sarà Ariete o Toro e ci sarà sempre qualcuno, ad un certo punto, che ti dirà: "Hai le corna ahahahahahaha". Non fa ridere, ma vaglielo a spiegare.
E comunque, se sei Toro -come nel mio caso- i problemi saranno ben altri e di sicuro molto più seri.
Se sei nato ad Aprile e disgraziatamente il compleanno cade durante il week-end, dovrai festeggiarlo il martedì dopo perché è il mese delle gite fuori porta. Oppure lo festeggi facendo una gita fuori porta con un fidanzato, un marito, i genitori, chi ti pare e ci sarà qualcuno che si offenderà perché non l'hai considerato i festeggiamenti.
Ma soprattutto: se sei nato ad Aprile, a Dicembre dell'anno prima controllerai in modo spasmodico il calendario, soprattutto se sai che il compleanno potrebbe cadere più o meno nel week-end.
"Quando è Pasqua? Quando? Ditemelo! Devo saperlo". 
E, se sei come me, tirerai un sospiro di sollievo quando scoprirai che per quest'anno te la sei scampata, tocca a qualcun altro festeggiare al pranzo con i parenti fino al decimo grado, scartando uova rischiando anche che si dimentichino di farti gli auguri.
Se invece la sfiga ha colpito, comincerai a rosicare, esattamente come faccio io quando mi capita perché si, io voglio mangiare le uova di cioccolata, ma non il giorno del mio compleanno. E non voglio dividere con nessuno i miei festeggiamenti.
Se sei nato ad Aprile, oltre che a Pasqua, devi fare i conti con i ponti, soprattutto alla fine che tra 25 Aprile e 1 Maggio è sempre rischioso. Poveri i nati nell'ultima decade.
E infine: se sei nato ad Aprile, probabilmente mi piaceresti, mi piacciono i nati ad Aprile.


Nb. Quest'anno il mio compleanno non cade il giorno di Pasqua, ma cade la domenica del ponte del 25 Aprile. Le previsioni meteo dicono che potrebbero esserci degli acquazzoni. C'est la vie.

La foto del post è di Samira El Bouchtaoui.



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lunedì 3 aprile 2017

Quando vi trovate davanti una persona allergica

La prima volta che sono entrata in un reparto di allergologia in sala d'aspetto eravamo in quattro: io e mia madre, una ragazza un po' più grande di me e sua madre. Lei stava peggio di me, era già a quel livello a cui io sarei arrivata dopo anni.
Avevo quattordici anni e me lo ricordo come fosse ieri. Per mia madre, il fatto che io -nota mangiona di qualsiasi cosa, gambe di tavoli comprese- fossi allergica a qualcosa era una sorpresa.
Negli anni, nelle sale d'aspetto, la gente è aumentata. 
Prima di allergie non ne parlava nessuno, poi ne hanno cominciato a parlare in troppi e si è fatta confusione.  Io affronto l'argomento con un certo fastidio verso il prossimo.
Sono un soggetto allergico grave. Nei miei quindici anni abbondanti di allergie (festeggio sedici anni da allergica tra undici giorni) sono peggiorata notevolmente, a cadenza quasi regolare.
Ad oggi, sono circa trecento gli alimenti  che non posso assolutamente ingerire.
No, nemmeno una piccola quantità. 
No, non posso ingerire nemmeno alimenti entrati per caso in contatto con quello a cui sono allergica.
Il mio sistema immunitario fa schifo, d'altronde -per farla breve- le allergie altro non sono che una difesa dell'organismo ad elementi che ritiene estranei e potenzialmente pericolosi.
E siccome, l'organismo è scemo, per proteggerti da qualcosa che autonomamente ritiene pericoloso, cosa fa? Ti provoca una reazione che ti potrebbe portare alla morte nel giro di due minuti.
Mi sembra davvero una cosa sensata.
Il mio di organismo non è nemmeno troppo intelligente, visto che mi impedisce di mangiare la Nutella. No, non mi interessa se c'è l'olio di palma, io voglio mangiare la Nutella.
E anche le fragole. E anche le arance, ma non tutte: mi basterebbe una bella arancia rossa, una sanguinella di cui, mentre scrivo, posso addirittura sentire il sapore in bocca.
Allergie e intolleranze non sono la stessa cosa. Io pagherei tutto l'oro del mondo per avere delle intolleranze e non delle allergie. E mi arrabbio quando dico di essere allergica e mi rispondono: "Ah, ma sei intollerante?"
Ci sono alcuni disturbi comuni tra le due cose, ma no: non è la stessa patologia.
Le mie allergie sono state diagnosticate in anni e anni, dopo ricoveri, day hospital, esami su esami.
Ci sono volute crisi allergiche su crisi allergiche, shock anafilattici, coma, polmoni collassati e tanto altro. 
Non ho mai ingerito volontariamente un alimento a cui sono allergica. No, nemmeno un pezzettino.
Eppure ho continuato a finire in ospedale in codice rosso perché a loro -le allergie- piace aumentare, un po' come alle scale di Harry Potter piace cambiare. 
Ci sono state contaminazioni di cui non ero al corrente, nonostante avessi fatto presente il problema e ci sono state reazioni molto violente ad alimenti a cui, fino al giorno prima, non ero allergica. E' un po' complesso da spiegare e non essendo un medico non credo che saprei comunque farlo nel modo giusto, ma non è questo il punto.
Quando ero adolescente, ai miei genitori dissero che forse -crescendo- sarebbero passate. Mia madre ci ha creduto fino alla fine, io nemmeno per un istante. Avevo ragione.
In ogni caso, io vivo bene. Certo, ogni tanto rosico e anche di brutto. 
Ci sono volte che faccio presente che il mondo è davvero ingiusto e che voglio la Nutella.
A casa mia, comunque, un barattolo di Nutella gigante non manca mai, Fidanzato si fa dei panini imbarazzanti per quanto sono grossi. Io ogni tanto li sniffo. 
Sniffo un sacco di cose, tranne quelle che so di non potere neppure sniffare.
Ho un olfatto finissimo, quando sono curiosa di sapere il sapore di qualcosa che non posso mangiare, mi metto ad odorare. E' una cosa che Fidanzato odia.
Una settimana fa, mia madre e Fidanzato si stavano ingozzando di fragole, io ho preso le loro ciotoline a turno e mi sono messa lì ad annusare. Potevo sentirne il sapore, mi è venuta anche un po' di bava alla bocca credo, finché mi sono state scippate dalle mani perché hanno preferito mangiarle invece di lasciarmele odorare un altro po'.
Comunque dicevo, vivo bene. Sono cicciotta quanto basta segno che proprio di fame non muoio, vado al ristorante, a casa di amici, viaggio. Ogni tanto litigo con qualcuno nei ristoranti con sommo imbarazzo di chi è con me.
Mi piace il cibo, in tutte le sue forme. Guardo Masterchef, constatando ogni volta che non potrei assaggiare mezza cosa e ogni volta mi ripropongo di scrivere una lettera agli autori proponendo una puntata senza cibi a cui io sono allergica, chiaramente con me come giudice speciale, ma alla fine non lo faccio mai.
Mi piace fotografare il cibo, anche quello proibito.
Sono rimasta digiuna ad inaugurazioni, feste e banchetti. 
Ho guardato gli altri mangiare senza poter assaggiare niente. Sono sopravvissuta, quindi direi che non è così tremendo. Non mi lamento mai  (Nutella a parte, ma mi sa che l'ho già detto).
Ho fissato vetrine piene di cibo che non potrò mai assaggiare. E, alla fine, l'ho comprato per qualcun altro. Mi piacciono le vetrine piene di cibo.


Non voglio intenerire nessuno con questo post, non voglio fare pena, non voglio compassione. Voglio solo sfatare un paio di miti. O almeno provarci.
Era da tempo che pensavo a questo post perché ne leggo e ne sento di ogni e ogni volta mi girano le palle. A me e alla mia siringona di adrenalina che cammina sempre con me. 
No, non si fa nel cuore. Maledetto Pulp Fiction. Si inietta sulla gamba: io so come fare, chi mi sta accanto sa come fare. Costa un sacco di soldi, ma a me la danno gratis.
I miei genitori hanno lottato anni per farmela avere e ogni anni devo presentarmi alla farmacia ospedaliera con tanto di piano terapeutico. Devo riconsegnare quella vecchia scaduta o in procinto di scadere e se non ce l'ho, devo presentare i referti che attestano l'utilizzo della stessa.
Qualcuno mi ha chiesto se potevo fargliene avere una siringa per provare lo sballo da adrenalina. Non gli ho sputato in faccia perché sono una signora.
Non spaccio adrenalina, insomma. E non ho intenzione di mettermi a spacciarla. Non saprei neppure come fare, né voglio farlo.
Se diventassi vegana o vegetariana, ripulendo il mio organismo come mi è stato detto, non mi passerebbero le allergie. Anzi, considerata la quantità di alimenti pericolosi facenti parte del mondo vegetale probabilmente l'unica cosa certa sarebbe un posto al camposanto.
Se mi affidassi a Dio, tanto meno. Tanta stima per l'Onnipotente, ma non può fare niente per me, che piaccia o meno.
Odio chi va al ristorante e dice di essere allergico a qualcosa solo perché non gli piace. Se proprio volete farlo, non fatelo quando sono seduta a tavola con voi perché partono gli insulti.
Dite che non vi piace e basta.
Elimino dalla mia vita chi mi lascia volontariamente digiuna: è successo davvero. Colletta per cena di Capodanno, mi ero offerta di pensarci io perché so che è una rottura di palle, alla fine sono rimasta digiuna. 
Elimino anche chi mi fa pesare di essere allergica, chiedendomi magari di ringraziarlo per avermi dato cibo che non mi facesse morire nel giro di tre minuti. Se non volete un'allergica alla vostra tavola, non invitatemi a cena, sopravvivo lo stesso, ma se lo fate sappiate che sarà complicato. E sappiate anche che non l'ho scelto io.
Sono arrivata alla conclusione dopo anni e anni che privarsi volontariamente di un alimento sia follia, ma rispetto le scelte di tutti. E proprio perché le rispetto, pretendo che nessuno metta bocca sulla mia patologia perché io non ho scelto.
Mangio tutto quello che posso mangiare, in modo tutto sommato vario. Dipende da che intendete voi per vario.
Vorrei avere una dieta diversa da quella che seguo, ma non ce l'ho e me ne sono fatta -a fatica- una ragione.

E, ma questo l'ho già detto, non ditemi MAI che allergie e intolleranze sono la stessa cosa, non ci provate con me che mi arrabbio. E tanto anche.

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sabato 1 aprile 2017

Di quando ho copiato un tema e mi è andata male

Quando andavo a scuola, al liceo per essere precisi, producevo temi bellissimi.
Quando la prof. d'italiano, che mi ha accompagnato dal primo all'ultimo anno, riportava i compiti corretti era sempre una gioia: non c'era praticamente mai un segno rosso e di solito prendevo 8.
Solo una volta, decisi di copiare pensando: "Se da sola riesco a prendere 8, copiando prendo 10".
Era un'analisi del testo, l'autore era Giovanni Pascoli, credo che non lo dimenticherò mai, e presi 5.
Non so se la prof. si accorse che avevo copiato dal libro e decise di punirmi in questo modo, se avevo copiato male o se il libro era più scarso di me a scrivere. Non l'ho mai saputo e mai lo saprò, ma credo di avere imparato la lezione, visto che me ne ricordo ancora.
Il giorno del tema dell'esame di maturità ero abbastanza tranquilla, scelsi un saggio breve sul tempo, presi 10/15 che, da quanto mi dissero, corrispondeva ad un 6. Ci rimasi malissimo, ma proprio tanto male.
Ho sempre pensato, nonostante siano passati 13 anni, che anche se quel tema non era uno dei miei migliori, poteva sforzarsi di darmi qualcosa in più memore dei miei temi senza un segno rosso, prodotti in cinque lunghi anni di scuola. Evidentemente lei, la prof., non la pensava così e questo è rimasto a lungo uno dei grandi crucci del mio percorso scolastico.
A lungo ho detto, in quei cinque anni, che prima o poi avrei scritto un libro, lo volevo chiamare La Plebe e parlare di un mondo immaginario di cui tutti erano a conoscenza nella mia classe e tra i miei amici che si chiamava Mondo Omino. Non ho mai scritto nessun libro e forse non mi sembra più una buona idea quella di Mondo Omino, nonostante ai tempi mi piacesse davvero tanto. Chissà perché poi.
Insomma, mi è sempre piaciuto scrivere, ma proprio tanto, volevo fare della scrittura una lavoro, ho sempre detto che avrei fatto la giornalista (qui e qui per saperne di più), difatti la vita mi ha riservato un lavoro tecnico e ho imparato a provare odio profondo per i giornalisti. Non tutti, ma in anni di televisione, ne ho viste di cotte e di crude ed ecco, non so se in fondo mi sarebbe piaciuto essere davvero una giornalista.
Mia madre sostiene che questa voglia di scrivere l'ho presa da mio zio, suo fratello. E mi piace pensare che sia davvero così perché lo amavo profondamente, come un secondo papà.
Alla fine ho aperto un blog che mi regala qualche soddisfazione, poca roba, ma io sono contenta così.
E insomma, la mia vita è andata diversamente da come l'avevo immaginata durante l'adolescenza, ma non tornerei indietro. Probabilmente è stata tutta colpa di Pascoli, non saprei.


L'altro ieri ho scritto un post che è diventato virale, almeno nell'ambiente per il quale è stato scritto, e qualcuno ha pensato l'avesse scritto qualcun altro, quindi questo qualcun altro si è preso i complimenti al posto mio.
Che poi io dei complimenti non me ne faccio nulla, eh, anche se un pochino ci sono rimasta male. 
Forse ci sarebbe rimasto male anche l'autore del libro di letteratura italiana da cui avevo copiato quella benedetta analisi del testo, tale Guido Baldi. Chi lo sa.
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