mercoledì 18 dicembre 2019

Il primo Natale senza

Il primo Natale senza papà.
Non ho fatto l'albero, forse dovrei, ma non riesco a trovare la voglia.
Non ho voglia di Natale, credo.

La vigilia di Natale di qualche anno fa avevo cucinato tutto il giorno.
Papà seduto sulla sua poltrona in cucina, intento a giocare a carte -credo non abbia passato un solo giorno della sua vita senza fare il solitario con le carte da poker- e io che un po' cucinavo e un po' davo ordini ai miei aiutanti.
"Vuoi assaggiare papà?". Un po' assaggiava lui, un po' assaggiavo io, eravamo arrivati alla cena sazi.
"Mi dai un pezzo di salame?"
"Mi fai assaggiare la crema?"
"Com'è venuto il ragù?".
Così per tutto il giorno. 
Era il Natale in cui mi ero fissata con la zuppa inglese e avevamo cercato ovunque l'alchermes per poi trovarlo a cento metri da casa.

C'era poi stato quel Natale, quello in cui mi avevano tolto il frumento.
Ho sempre odiato il panettone, papà lo amava, ma quel Natale credevo di impazzire senza panettone.
Avevamo mangiato un panettone senza frumento, senza frutta a guscio, senza canditi, senza niente. Fatto di aria credo. Faceva schifo credo, come buona parte delle cose senza frumento.
"Ma no dai, è buono"
"E allora mangialo tu".

E poi c'era stato quel Natale, quello in cui mio padre aveva detto "Se non può mangiare mia figlia, non veniamo". Quella figlia così problematica, quella figlia che ha sempre guardato gli altri mangiare e che -forse per questo- ha sempre fame. 
"Ma questo Gilda lo può mangiare?"
"Possibile che ancora non hai imparato?"
 Papà che aveva imparato che a Natale non potevano esserci i bagiggi (le arachidi) e le noci, lui che aspettava Natale praticamente solo per avere la scusa di mangiarne come se piovesse e che aveva dovuto imparare a vivere senza.

E infine l'anno scorso, l'ultimo Natale, che non sapevo che sarebbe stato l'ultimo.
"Ma possibile che se non aspettiamo tua madre aspettiamo te?"
"Non so scegliere cosa mettermi"
"Tutto questo tempo e poi esci di casa così?"
Avevo un paio di pantaloni a campana e una collana che pesa più di me.
Mi ero addormentata sul divano mentre mio padre raccontava le sue storie, quelle storie che conosco a memoria e che adesso vorrei tanto sentire raccontare, ancora una volta.


Questo Natale sarà il primo Natale senza papà.
Il primo Natale senza qualcuno che mi dice "Buon Natale Bimba" appena sveglia.
Io non so se ce la faccio. Io davvero non lo so.
Ho sempre amato profondamente il Natale, mi sa di casa, di tortellini in brodo, di faraona, ma questo Natale non so se ce la faccio. 
Manca una settimana, non c'è l'albero, non ci sono le luci sul balcone, non c'è la ghirlanda sulla porta. non c'è la casa di pan di zenzero Lego.

Continua a Leggere

venerdì 6 dicembre 2019

L'inenarrabile difficoltà di scrivere una descrizione di se stessi

Oggi mi hanno chiesto di scrivere una descrizione di me stessa e io pensato subito a quando, alle scuole medie, dovevo imparare l'inglese (no, non ho studiato l'inglese alle elementari) e la prima cosa era dire che ho occhi e capelli marroni e poi subentrava il nulla cosmico perché, a dire il vero, io non sapevo che dire neanche in italiano, figuriamoci in una lingua che manco si scrive come si legge (avrei scoperto solo successivamente che la normalità è che una lingua non si scriva come si legge, ma cosa volete che ne sapesse una piccola italiana?).

La descrizione di me stessa, quella seria, ovviamente non l'ho ancora scritta e -probabilmente- mai lo farò, però ci volevo comunque provare. No, non a scrivere la descrizione seria che mi fa passare per una persona sana di mente (oddio, quello credo non accadrà mai), ma a scrivere una descrizione, ehm, come dire, cialtrona. Esattamente come me.

Mi chiamo Gilda e il mio nome è la cosa più bella che ho. O quanto meno, è la cosa che mi piace di più. È il nome di mia nonna e, da bambina, mi ha sempre creato un sacco di problemi (qui per saperne di più).
Ho superato i trent'anni, da poco, ma li ho comunque superati. E questo è stato un trauma perché io volevo avere venticinque anni per sempre (guardate il film In Time se non lo avete visto).
Ho occhi e capelli marroni, ma se dovessi imparare l'inglese oggi dovrei aggiungere che ho delle coattissime méches tendenti al biondo che però non sono esattamente bionde. E capelli corti, a caschetto.  Roba che quando le punte dei miei capelli sfiorano il collo comincio a dare di matto perché sono lunghi.


Il traguardo più grande della mia vita è stato comprare un paio di jeans taglia 42, anche se ecco, di me tutto direi tranne che i miei jeans sono una 42. In generale, passo buona parte del mio tempo a mangiare e, quando non mangio, dico che ho fame.
Pare che il mio complicatissimo rapporto con il cibo nasca dal fatto che non posso mangiare quello che voglio perché sono un soggetto allergico. Per dirla completa, dovrei dire che sono un soggetto poli-allergico grave (qui per saperne di più). Praticamente metà delle cose non la posso mangiare, la restante metà la mangio di continuo. Una volta il mio capo mi disse: "Ma è possibile che ogni volta che entro qui dentro tu stai sempre mangiando?" e io risposi semplicemente: "Ho fame" mentre seminavo Risolatte alla vaniglia sulla scrivania. 
Ho cinque tatuaggi, tre sulle braccia e non è ancora finita (mamma, fai finta di niente e passa avanti), di cui uno un po' vistoso. È un unicorno e ne vado molto fiera perché è frutto di uno studio lunghissimo. 
Mi piacciono gli unicorni. Ho talmente la testa tra le nuvole che gli unicorni li vedo pure.
E mi piace il rosa. Ho tutto rosa e fucsia, anche se il mio colore preferito è il giallo limone.
E ho una collezione di mucche pazzesca. E anche una collezione di Lego, praticamente vivo per i Lego, passerei la mia vita a costruire Lego. Ho anche pensato che vorrei lavorare dentro un negozio Lego, ma poi ho scoperto che -per politica aziendale- non amano i tatuaggi a vista e io ho le braccia tatuate.
Ho due cani: ho cani da quando ho memoria e non saprei immaginare la mia vita senza peli di cane ovunque. Il grande è l'estensione di me stessa, mi segue ovunque, dorme attaccato a me, respira quando io respiro, mangia quando io mangio, vive per me; la piccola è una circense anoressica e anche un pochino isterica, evidentemente bisognosa di affetto che richiede camminandoti sulla pancia mentre dormi.


Ecco, arrivata a questo punto mi fermo perché non so più che dire.
Probabilmente aggiungere che divido le cose nei cassetti e dentro l'armadio per colore pare brutto.
Insomma, che diamine si scrive su una presentazione? Cosa manca? Cosa tocca dire ancora?


Nb. Si, quella in foto sono io. Ho migliaia di foto bellissime in cui sembro quasi figa, ma questa rende l'idea del personaggio.
Continua a Leggere