domenica 10 marzo 2019

Il giorno che è morto mio padre

Il giorno che è morto mio padre è stato il giorno più doloroso della mia vita.
Ve lo dico così, senza giri di parole.
Non credevo potesse esistere un dolore così grande, non credevo che questo giorno sarebbe mai arrivato, non credevo così tante cose che non so neanche da che parte cominciare ad elencarle.

Mi hanno raccontato di una me in preda ad una crisi isterica seduta per terra che abbracciava la bara di chi mi ha dato la vita e che un po' piangeva e un po' strillava.
Ho dei ricordi abbastanza confusi, ma so benissimo che ero in preda alla disperazione più nera, mista a quel senso di colpa che tutti abbiamo quando muore qualcuno che amiamo immensamente e per cui vorremmo avere fatto qualcosa di più o forse qualcosa di meno, sicuramente qualcosa di diverso.
Mio padre stava bene: era cardiopatico da quindici anni, tanti acciacchi dovuti ad un fisico bistrattato da un lavoro impegnativo che amava da morire, ma stava bene.
Se n'è andato un sabato mattina cogliendomi completamente impreparata di fronte ad una cosa del genere.
Se ho una certezza è quella che l'ultimo pensiero di mio padre sono stata io, quella figlia così tremendamente antipatica che ultimamente stava attraversando un periodo complesso.
Quel periodo complesso è diventato improvvisamente il nulla cosmico nel momento in cui mia madre ha pronunciato quelle parole che mai -credo- avrebbe voluto dirmi: "Gilda, papà non c'è più".

Ho firmato carte, scelto la chiesa per il funerale, sono stata benedetta dal prete.
Mi è stato chiesto di dire qualcosa in chiesa, il diacono che ha celebrato la messa mi ha detto che non ama chi ricorda i defunti tessendone le lodi.
Ho detto che mio padre era un rompiscatole, che mi chiamava alle tre di notte per chiedermi dove fossi e sottolineando che forse era il caso di rientrare a casa.
Non ho un orario di rientro da quindici anni, vivo da sola da dodici, eppure mio padre mi chiamava per dirmi che era tardi e dovevo tornare a casa. Di solito lo mandavo a quel paese.
Ho anche detto che mio padre mi amava da morire, ma non ho detto che è stato il miglior padre del mondo perché non lo è stato, così come io non sono stata -e mai sarò- la figlia perfetta.
Mio padre chiedeva sempre a mia madre: "Ma da chi ha preso sto carattere di merda tua figlia?" e lei rispondeva: "Da te". È vero: mio padre mandava a fanculo la giuria dell'ippodromo e io ho sempre mandato a fanculo i professori a scuola, entrambi con l'arrogante certezza di sapere il fatto nostro.

Vorrei raccontare tante cose, potrei iniziare da quella malsana abitudine di farci le punture da soli: da qualche anno mio padre si fidava a farsi fare le punture da me e da nessun altro, così come io -prima di imparare a farle e a farmele- me le lasciavo fare solo da lui.
Mio padre che mi comprava il gelato sempre nella stessa gelateria dall'altra parte della città e che si arrabbiava con mia madre se gli diceva che non era necessario che io avessi il gelato ogni santa sera.
Mio padre che mi chiedeva sempre se avessi bisogno di soldi e quando rispondevo di no mi allungava comunque qualcosa perché non si sa mai.
Mio padre che mi dava i soldi per il pane e mi diceva di tenere il resto, nonostante avessi superato i trent'anni.
Mio padre la cui domanda più ricorrente era: "Ma questo Gilda lo può mangiare?" e che ha sfondato -letteralmente- la porta del pronto soccorso quando -era il 2006- la sua unica figlia stava per morire e gli infermieri prendevano tempo.
Mio padre che ha sempre amato mangiare, che ha visto sua figlia poter mangiare sempre meno cose negli anni e che mangiava spaghetti di soia perché la sua bambina non poteva mangiare la pasta di frumento come tutti gli altri.
Mio padre che, da quando esistono i cellulari, mi ha sempre mandato un sms la mattina con scritto "buongiorno bimba" e uno la sera con scritto "buonanotte bimba" con in mezzo decine di messaggi con scritto "che fai bimba?", che mi chiamava sempre al momento sbagliato per dirmi "ti volevo salutare" e che si lamentava che non gli raccontavo mai niente: "guarda che quella sera c'ero anche io" mi diceva almeno tre volte al giorno.
Mio padre che prima di ogni partita della Roma mi scriveva "spegni tutte le luci e abbassa le serrande, avete già iniziato il silenzio stampa?" e che mi chiedeva di scrivergli un sms ad ogni gol.
Mio padre che mi accompagnava ovunque, a trent'anni suonati, dovendosi sorbire le lamentele di mia madre: "Ci può andare anche da sola, ha la patente" alle quali rispondeva: "È mia figlia e la accompagno io" perché lui sapeva che odio guidare, odio cercare parcheggio, odio il traffico. Lo sapeva dal giorno del mio diciottesimo compleanno quando, qualche ora prima della festa, mi aveva portata di peso a scuola guida e mi ci aveva iscritto.
Mio padre che mi ha comprato il motorino, lo Scarabeo, senza dire niente a mia madre: avevo quindici anni e credo che lei lo abbia insultato per questo fino a un mese fa.
Mio padre che quando avevo vent'anni mi faceva fumare in macchina e diceva sempre "non dire niente a mamma che poi se la prende con me".
Mio padre che aveva una cicatrice sul braccio dovuta ad un mio morso dato il giorno che mi avevano fatto una medicazione dolorosissima a ventidue anni e io avevo voluto disperatamente che lui entrasse con me perché avevo paura.
Mio padre che il giorno della mia laurea piangeva e che, quando gli avevo detto che mi sposavo, aveva solo detto: "Ma mi devo mettere la cravatta?". Non l'aveva messa la cravatta, non l'aveva neanche il giorno del suo matrimonio.
Mio padre che qualche giorno prima che mi sposassi scriveva sms al Marito per dirgli: "Non te la sposare, è una rompicoglioni".
Mio padre che quando la gente lo fermava per strada mi guardava e mi chiedeva: :"Ma chi è?".
Mio padre a cui chiedevano gli autografi e che amava profondamente il suo lavoro.
Mio padre che mi ha fatta crescere in mezzo ai cavalli e che le mattine d'estate mi portava con lui a fare prove alle quattro e mezza di mattina. Qualche anno fa, io e mio padre eravamo poggiati sulla ringhiera dell'ingresso pista dell'ippodromo di Palermo, c'era il Gran Premio del Mediterraneo: "Papà vince quello che sta girando di fuori" gli avevo detto.
"Che cazzo dici cogliona, non capisci niente" mi aveva risposto, perché questo era mio padre.


Il giorno che è morto mio padre era il 2 Marzo 2019 , otto giorni fa.
Un articolo che è uscito qualche ora dopo la sua morte recita così"Si è spento all’età di settantacinque anni, per sopravvenuto arresto cardiocircolatorio, Ezio Serafini, popolare driver ippico degli anni d’oro del trotto siciliano, da tempo fuori dalla scena e dalla attività appunto per motivi di salute. Trevigiano di nascita, era figlio di Ernesto, grande maestro delle redini lunghe, stabilitosi, fine anni sessanta, con tutta la famiglia in Sicilia per allenare e guidare, all’epoca, i cavalli delle mitiche e gloriose Scuderia Atlas e della Scuderia Manatthan, entrambi di proprietà della famiglia Guttadauro, titolare peraltro di una imponente azienda agricolo-alimentare per l’esportazione degli agrumi in tutta Europa. Leggendari i nomi dei cavalli passati sotto allenamento a papà Ernesto ed al figlio Ezio: Quintilio, Cuper, Boomerang, Maracaibo, per citare i più rappresentativi. Morto Ernesto, la dirigenza tecnica della scuderia passò ad Ezio, che si contornò sempre di ottimi proprietari e di altrettanti ottimi cavalli, ricordiamo Pennar, Arpione, Cadaval, Arezzo, per citarne alcuni di una interminabile lista.
Figlio di papà, Ezio era solito frequentare la Palermo bene degli anni d’oro dell’isola ed era per questo che contribuì a fare appassionare tanti validi e ricchi imprenditori che non lesinarono acquistare ed affidargli ottimi soggetti.
Alla moglie ed alla figlia Gilda le più sentite condoglianze per la triste perdita".



Non scrivetemi condoglianze, non fatelo. 
Non mi piace la parola condoglianze e non piaceva manco a mio padre.
Qui trovate i miei ringraziamenti per tutto l'amore ricevuto.

Per la foto di un giovanissimo mio padre ringrazio Giuseppe Mangano e la pagina Facebook Riaprire l'ippodromo di Palermo.

61 commenti:

  1. Solo una cosa: ❤❤

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  2. Forse non era un padre perfetto, come dici tu, ma doveva essere un papà tenerissimo per quello che ho letto ❤️

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    1. Tenerissimo solo a volte, molto rompicoglioni (come me d'altronde) 😅😘

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  3. Senza parole. Un abbraccio stritolante a te e una dolce carezza alla tua mamma

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  4. Grazie per questo post.
    Mi sono sentita meno sola.
    Purtroppo per te.
    Era il 17 dicembre 2011.
    Papà aveva 51 anni.
    Quando avrai la forza per leggere la mia storia con distacco, potrai trovarla facilmente.
    S'intitola "Dicembre, dalla cenere al sole".
    Io sono Gilda.
    Tu sei Claudia.
    E chissà quante come noi.
    Loro vivranno. Per sempre. Nei nostri ricordi meravigliosi e in questo carattere di merda che ci hanno donato.
    Ti abbraccio

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    1. È brutto da dire e non consola, ma ce ne sono tante come noi. Quasi nessuna delle mie amiche più care ha il papà, mia cugina non ha il papà, nemmeno mio marito ha il papà...eppure io pensavo che a me non sarebbe capitato, la vedevo una cosa lontanissima da me :(
      Un abbraccio grande Claudia!

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    2. Verissimo, parole sante che condivido appieno. Mio padre è morto l' 11 dicembre ma mi sembra una cosa impossibile. Prina ancora impossibile e lontana.

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  5. Condoglianze Gilda

    Per quanto possa valere, hai scritto un post bellissimo

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  6. Io ti abbraccio forte, ti ho letto tutto d’un fiato, col cuore stretto. Mio padre io ce l’ho ancora, spero per tanto, ma è alla soglia dei 70 e inizio a pensarci, ogni tanto, che sto diventando grande, tanto...

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    1. Non pensarci, anche se capisco possa capitare di pensarci, ma credo sia peggio 😘

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  7. Ho perso mio papà in ottobre. Capisco cosa provi. Un abbraccio

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  8. Ciao, vivere senza di loro è dura. Non sé mai pronti, nel nostro caso se ne è andato piano piano.
    Un abbraccio

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    1. È proprio durissima, ma spero che piano piano le cose si "semplifichino" 😘

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  9. Ho letto. Ho pianto. Proprio oggi, che ho scritto un post pesissimo su mio papà.
    Mi dispiace davvero davvero tanto. Non si è mai pronti per una perdita del genere. Mai.
    Un forte abbraccio.

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    1. No, non si è mai pronti.
      Forse ci si prepara all'idea in caso di malattia, ma non so se sia davvero così...

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    2. Dall'esperienza che ho avuto, mio padre è morto per causa falsi un male incurabile, posso dirti che non si è mai pronti. Anche in caso di malattie inesorabili sorri sempre fino alla fine, guai se non fosse cosi. Un saluto

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  10. Non mi sarei mai aspettata di leggere questo post, così, all'improvviso. Mi dispiace moltissimo.
    Il post è molto emozionante e fa capire come l'amore dei nostri cari (o per i nostri cari) assuma molte forme e venga esternato in mille modi diversi.
    Un abbraccio.

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    1. E io confesso che non avrei voluto mai dover/voler scrivere questo post 😓😭

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  11. Cara Gilda, credo che le parole nn possono alleviare questo immenso dolore, perdere il padre è una cosa che a nessuno si può augurare, io cerco con il pensiero esserti più vicino possibile.
    Ciao e buona settimana con un forte abbraccio e un sorriso:-)
    Tomaso

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  12. Era un bel tipetto tuo padre :)
    Forse dico un'eresia, ma credo che se avesse potuto scegliere il tipo di morte avrebbe scelto questa, piuttosto che farsi vedere spegnere lentamente e malamente da te. Non ti ha dato il tempo di salutarlo, ma io - che nell'arco di un mese ho assistito all'effetto domino che ha portato alla morte di mia madre avendo quindi modo di prepararmi - avrei preferito un decorso più rapido purché indolore.
    Un abbraccio a te e tua mamma

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    1. Livia credo tu abbia ragione.. quando si è ammalata mia nonna, ormai sedici anni fa, vederla spegnersi è stato terrificante!

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  13. Le parole su tuo padre lo rendono familiare a tutti, anche a chi come noi non l'ha mai conosciuto. Ti abbraccio

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  14. Niente condoglianze allora ma solo un fortissimo abbraccio. Mi dispiace tanto, ho un padre malandato da qualche anno ma credo non ci si prepari comunque mai.

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  15. Mi dispiace. Non sono riuscita a leggere nemmeno il post. Non ho parole.

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  16. Io il mio babbo l'ho visto spegnersi lentamente, e soffocare, letteralmente.
    Ci sono state corse all'ospedale e medici che, prima di chiudere la porta, ci guardavano con profonda compassione, uno, una volta, mi ha anche chiesto se lo avevo salutato, perché non sapeva come lo avrei rivisto.
    Non c'è un meglio o un peggio.
    C'è la vita.
    E la vita e anche questo, purtroppo.
    Non ti faccio le condoglianze, ma un augurio, spero.che tra qualche mese, tu possa tornare a sorridere ricordando tutte le cose speciali, piccole e grandi, che sono per te l'essenza di tuo padre, le vostre discussioni, le espressioni che erano sue e sono entrate a fare sorte del vostro lessico famigliare, i tratti del.carattere che vi accomunano e.di cui ti troverai a parlare con tua madre o col marito.con la.consapevolezza.che lui è li

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    1. È vero, la vita è anche questo. È che a volte la vits ci coglie impreparati ammesso che si possa mai essere pronti per una cosa del genere.

      Grazie per quello che hai scritto Ciacco, ne farò tesoro.

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  17. Quando ho letto la data sono rimasto di sasso, e triste, mi dispiace davvero tanto, un abbraccio di cuore.

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  18. Avevo visto su FB.
    Non posso che mandarti un grande abbraccio.
    E, comunque, rimanerci per questo post scritto davvero con l'anima.

    Moz-

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  19. Avevo letto la triste e brutta notizia su Facebook e mi ha colpito molto, inutile dirlo. Posso solo mandarti un abbraccio, mandarlo anche a tua madre e spero che insieme possiate, per quanto possibile, trovare la forza di andare avanti.

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  20. Allora, solo, un affettuoso abbraccio.

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  21. Mi spiace tanto Gilda...un abbraccio immenso...commossa mentre legge col.magone...non si è mi pronti a certe perdite...

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  22. tanti abbracci. Ho letto solo ora.
    barbara

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  23. Oh cara. Ho la gola asciutta ma sugli occhi tanti fotogrammi luminosi di questo papà tutto speciale che hai saputo ritrarre così bene. Ti auguro, e voglio credere, che continui a vivere con te ed in te, nelle cose belle che farai, nei momenti più o meno memorabili che vorrai dedicare a lui.
    Ho ancora il mio papà con me, chea 42 anni (io, eh, non lui!) ancora mi aspetta in auto alla fermata del bus quando faccio tardi, anche se dal bus a casa sono 10 minuti ma "... sei GIOVANE e non si sa mai".

    Ti abbraccio forte forte, dolce Gilda!

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    1. Per i papà siamo sempre delle bimbe, c'è poco da fare!

      Grazie per l'abbraccio che mi prendo tutto 😘

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