martedì 24 febbraio 2015

Tre mesi da expat :Londra

Tanti anni fa, ma proprio tanti (o almeno, mi sembrano tanti, ma la percezione del tempo è relativa) sono stata per qualche mese a Londra. Praticamente sono stata un'expat, come si usa dire adesso.
Che poi, ecco, io mi sono sentita sempre un po' expat perché, anche se vivo comunque in Italia, mi sono dovuta adattare a stili di vita completamente differenti rispetto a quello della mia città d'origine.
Sembra incredibile che, allontanandosi di soli 1000 km o poco più cambino così tante cose, soprattutto rimanendo sempre nello stessa nazione, però vi assicuro che è così.
C'è stato però un tempo in cui sono stata davvero un'expat, anche se per solo tre mesi. 
LONDRA. La mia meta era Londra.
Banale direte voi, tutti gli italiani vanno a Londra.
A parte che non è vero perchè gli italiani vanno ovunque -se potessero pure su Marte- e poi per me non era poi così scontato. Prima di decidere di dirigermi a Londra ci ho messo un pò di tempo, ma una volta deciso sono partita subito.
Londra la conoscevo da turista, come praticamente tutti. C'ero stata persino in viaggio di istruzione con la scuola, ma viverci è tutta un'altra cosa.

Dopo un estenuante viaggio con tanto di scalo di ore a Torino (si, lo so che ci sono i voli diretti, ma in quel caso evidentemente l'unica soluzione era quella), sono arrivata a Gatwick in piena notte e morta di sonno.
Primo passo la mattina dopo: fare la Oyster card, senza la quale si è praticamente spacciati, visto che il biglietto della metro singolo costa uno sproposito. Non che la Oyster te la regalino eh, ma i mezzi inglesi funzionano benissimo -oh,se funzionano- e giustamente questo funzionamento se lo fanno pagare.
Poi: shopping. O meglio, io non volevo fare shopping, volevo soltanto girare un o'ò per capire cosa ci fosse intorno a me ed ambientarmi, ma mi è bastato mettere piede nel primo shopping center capitato a tiro per rendermi conto che l'Inghilterra è il posto dove dovevo nascere. Enormi quantitativi di fiori da mettere tra i capelli e di vestiti pieni di paillettes mi hanno fatto capire che sicuramente,da qualche parte,ho un antenato inglese. Ai tempi, ero nel pieno della mia fase kitsch -che continua anche adesso anche se un pò ridimensionata- e i negozi inglesi erano il massimo per una come me.
Ho trovato anche un negozio per le feste a tema. Ce n'erano per tutti i tipi di festa a tema, festa delle mele compresa. E io che pensavo che noi eravamo originali. 
E poi, nel reparto bagnoschiuma/creme/shampoo, non ho resistito al fascino esotico di roba al cocco con glitter dentro. Stima per gli inglesi che hanno unito il sapiente fascino del cocco alle paillettes glitterate pure nello shampoo. 
Ovviamente, adesso ringrazio il cielo che non mi siano caduti i capelli -chi mi conosce sa quanto ci tengo ai 5 kg di massa quasi informe che porto sulla testa- ma non avrei mai potuto resistere al fascino di queste cose.
Una menzione speciale a TKmaxx e a Primark.


La vita a Londra, passato questo primo giorno, è stata una continua scoperta e sono convinta che se ci fossi rimasta avrei scoperto ancora qualcos' altro.

Io abitavo ad Archway, sulla Northern Line, che è la fermata metro subito dopo Camden Town, una zona abbastanza tranquilla e anche abbastanza inglese (e pakistana, non ho mai visto così tanti pakistani in vita mia).
I coinquilini erano tutti italiani, ma roba che c'era una coppia di fratelli romani che ricevevano ogni settimana la visita dei genitori che, invece di mettere in valigia i vestiti, portavano chili e chili di guanciale e cucinavano a rotazione amatriciana, carbonara e gricia per tutti. E guai a non mangiare con loro!
Ho mangiate più paste romane a Londra che non adesso che vivo a Roma: la carbonara a casa mia la facciamo una volta l'anno se tutto va bene. E deve essere un'occasione speciale tipo che è venuto qualcuno a trovarci e vuole assolutamente mangiarla.
A dire la verità, quando sono all'estero io preferisco non fossilizzarmi troppo sulla cucina italiana, nel senso che, se devo cucinare io, cerco di comprare i prodotti più variegati possibili e inventarmi qualcosa, infatti alla fine compravo petto di pollo, garlic bread come se piovesse, salmone, uova e latte. TANTO LATTE. Le confezioni del latte inglese ricordano tanto quelle dell'olio per il motore della macchina, ma caspita se è buono. Non ho mai bevuto un latte così buono in vita mia!


Secondo una mia amica, il latte inglese è pieno di ormoni e infatti fa crescere le tette, ma se smetti di assumerlo le tette si rimpiccioliscono di nuovo.
E poi, mangiavo tanti cookies e tanti muffin al triplo cioccolato, roba da orgasmo.
I supermercati inglesi sono una delle cose più colorate che io abbia mai visto. A parte che sono aperti H24 e già per questo li amo, ma poi sono pieni di scatole giganti di mille colori che poi di fatto non compravo, ma amavo guardarle.  Una menzione speciale va al reparto italiano: milioni di cibi italiani precotti che in Italia...non avevo mai visto!!
Posso però dire che a Londra non si mangia male come dicono. Si trovano cibi di qualità e ci si può sbizzarrire. Inoltre, credo sia una delle poche città del mondo dove è possibile trovare ristoranti di qualsiasi etnia, anche quelle che non pensavate potessero esistere.
Poi, per carità, anche io quando ho visto una tizia inglese cuocere la pasta per quaranta minuti senza sale e poi mangiarla direttamente dopo averla scolata aggiungendo solo un pò di cheddar ho avuto i conati di vomito per due giorni. Ma lì era la tizia che aveva un problema, mica il cibo.

Ho girato tanto, evitando i luoghi troppo turistici -tanto quelli li avevo già visti- e ho scoperto luoghi incantevoli come Angel e Brick Lane. Ho amato anche Covent Garden e Portobello Road, che sono un o'ò più frequentati dai turisti, ma comunque incantevoli, soprattutto al mattino presto.
E ho incontrati tanti italiani. TROPPI. Andare da Primark in Oxford Street era come andare a Villa Borghese il Primo Maggio.
Su un autobus, nei pressi di Tower Bridge, ho sentito tutta la discussione di un tizio che raccontava al suo interlocutore la notte di fuoco con la coinquilina spagnola. CON TUTTI I DETTAGLI. Tanto lui parlava italiano e mica ci sono altri italiani a Londra. Quando ha concluso la sua telefonata, con fare estremamente educato, mi sono avvicinata e gli ho chiesto se sapeva quale autobus dovevo prendere per arrivare alla mia destinazione. L'autobus sapevo qual'era, ma non volevo perdere la mia occasione di fargli sapere che, ebbene si, c'era un'altra italiana sull'autobus. 
Questo tizio non solo era italiano, ma era anche palermitano. Amico di amici. E alla fine, siamo pure diventati amici.
Sarà che sono rimasta troppo poco, ma alla fine ho fatto amicizia praticamente solo con italiani. E questo è un mio grande rammarico. 
Di Londra ho amato gli scoiattoli che si avvicinavano alla mia finestra e i bambini con la divisa della scuola. Ho amato i mercatini  e le signorine con le gambe scoperte e i sandali a Dicembre.
Ma non so se ci tornerei. Se un giorno dovessi decidere di emigrare, non sceglierei Londra.
Sono tornata a casa a Natale 2010. Quel Natale in cui tutti gli aeroporti erano bloccati causa neve.
Ho passato tre giorni in aeroporto a mangiare le mele distribuite dalla protezione civile e KitKat distribuiti dalla Emirate Airlines. Uno di questi tre giorni l'ho passato con un mio compagno del liceo che non vedevo da anni. Una signora sarda mi ha regalato un pacchetto di sigarette -in aeroporto erano finite pure quelle- e mi ha detto che se volevo potevo unirmi a loro che stavano cercando di trovare il modo per attraversare La Manica e arrivare a Calais per poi trovare, da lì, il modo per tornare in Italia. 
"Signora, ammiro molto il suo spirito di avventura, ma io non mi muovo da qui"
Ad un certo punto, al quarto giorno, Alitalia ha avuto l'autorizzazione a fare partire un volo per rimpatriare piloti e hostess. Se i passeggeri di quel volo non si presentavano, avrebbero cominciato a rimpatriare pure gli sfigati come me.
E mentre mia madre litigava con il call center di Alitalia, io supplicavo un tizio che doveva essere qualcuno di importante dell'Alitalia di mettermi su quell'aereo.
Ho aspettato. Poi mi ha detto:"Porta i bagagli al check in, eccoti la carta d'imbarco e corri. Tra cinque minuti il volo parte, non aspettano nessuno" e ha aggiunto:"Ah, noi ti portiamo a Milano, poi per arrivare a Palermo ti devi trovare il volo da sola".
Ho corso, non ho nemmeno chiamato i miei genitori che per quasi due ore hanno pensato fossi morta ibernata o che fossi quanto meno diventata una mela.
Arrivata a Milano, sono andata alla biglietteria Alitalia dove mi guardavano come se fossi una scimmia in gabbia:"Davvero vieni da Londra? Ooooooo"
"Guarda Pina, questa ragazza viene da Londra. Oooooo"
"Ma dicci, è davvero tutto bloccato?"
"No, è uno scherzo, gli inglesi, si sa, sono dei burloni"
"C'è un volo per Palermo, ma parte tra mezzora, devi correre"
"Bazzecole. Io ho percorso due ore fa cinque km in cinque minuti, mi hanno anche dato il premio Forrest Gump per la corsa".
Poi sono arrivata a Palermo, con la febbre a 40° e un'infezione e mio padre ha pure dovuto portarmi, delirante, al pronto soccorso. Ma almeno non ho passato il Natale a mangiare mele e Kit Kat. E poi avevo delle deliziose ciabatte nere piumate, una nuova valigia leopardata e un'infinità di vestiti che non ho ancora trovato il coraggio di mettere.



6 commenti:

  1. se penso ancora al tuo soggiorno a Londra, ho gli incubi!

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  2. e la tua stanza è ancora piena di schifezze inglesi. Ma io non amo Londra............

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  3. Grazie mille!!!!
    Io Londra la adoro, ci sono stata tre volte ma solo di passaggio ma ho vissuto 5 mesi a Plymouth durante l'università. Pur essendo un luogo triste io ero entusiasta e mi sono girata tutta la Cornovaglia!

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