martedì 29 novembre 2016

Cosa è successo

É mezzanotte passata, fuori fa freddo e noi siamo ancora una volta qui, in ospedale, al pronto soccorso.
Stringo una mano piena di rughe, non so di chi sia. Dall'altra parte c'è Lui che mi tiene stretta.
Piango disperata perché non ne posso più.
Mi fanno sdraiare, sento freddo e continuo a piangere.
Mi fanno una puntura di qualcosa, un bruciore assordante, poi devo essermi addormentata tra le lacrime. Mi svegliano cercando di spostarmi su una barella, sento una voce che dice: "è troppo dolorante, fai piano" e mi guardo intorno.
Siamo in ospedale ancora una volta, ma sto meglio di prima. 
Mi rivoltano come un calzino, mi portano di qua e di là.
Per terra vedo del vomito e mi salgono i conati, qualcuno sta cercando di pulire.
C'è un lenzuolo sporco di terra, forse sono state le mie scarpe. Chiedo una coperta perché tremo, mi dicono che non ne hanno, ma mi coprono con il mio giubbotto e io rimpiango di non avere il piumino lungo.
Ho addosso dei leggins leggeri che mi fanno sembrare le cosce più enormi di quanto non siano e non mi riparano dal freddo.
Mi rendo conto che sono in due, una dottoressa e un infermiere.
L'infermiere mi chiede come sto più volte, gli dico che ho ancora dolore, ma non è più come prima.
Continuano a portarmi di qua e di là, mi piazzano su una sedia a rotelle con una ruota divelta, ma non ne hanno un'altra.
Non c'è molta gente, vicino a me una signora con il femore fratturato, dall'altra parte una donna anziana con il figlio che ha un'emorragia. Mi viene di nuovo da piangere.
Gli spiego, con un filo di voce, la mia storia clinica dell'ultimo periodo, forse salto qualche pezzo, non lo so.
Si chiedono e mi chiedono come mai non ho fatto una tac, gli rispondo che l'ho prenotata, ma che i tempi di attesa sono lunghi. Si dicono qualcosa, loro la tac non possono farmela perché non hanno il personale, ma possono farmi ecografie e radiografie.
Gli dico che queste nessuno mi ha detto di farle e che questi dolori me li tengo da un mese, ma mai così forti. Ricomincio a piangere perché non riesco a stare in piedi.
Sento tutto quello che succede intorno a me, sono sdraiata su un lettino duro, non c'è un materasso o qualcosa di morbido perché non ne hanno.
Accanto a me un tavolino pieno di farmaci, non so cosa siano, comincio a leggere tutto quello che c'è scritto. Una tenda mi divide dal resto del mondo, anche se posso sentire tutto.
Potrei portarmi via medicine e quant'altro e nessuno se ne accorgerebbe.
L'infermiere mi chiama Piccolè che sta per Piccoletta. La dottoressa invece ha imparato il mio nome, continua a ripeterlo.
Fanno il possibile per darmi una diagnosi completa che io, rispettando i tempi delle prenotazioni degli esami, non sono ancora riuscita ad avere.
Ricomincio a piangere perché sto ancora male, gli chiedo se nessuno mi dice cosa ho perché è qualcosa di brutto e non vogliono spaventarmi. 
"Perché non sei venuta prima?"
"Sono venuta un mese fa, ma una dottoressa bionda mi ha detto che non avevo niente"
"E che hai fatto?"
"Sono andata dal mio medico e dal mio allergologo e loro mi hanno dato una lista di esami da fare, ma per alcuni non ho ancora trovato posto"
Aggiungo che due stipendi se ne sono andati solo per i miei esami, che alcuni li ha pagati mia madre perché siamo andati privatamente per fare prima, che stiamo bene, ma non siamo milionari e che quello che abbiamo potuto fare, lo abbiamo fatto.
"Piccolè, per alcune cose c'è una lista di attesa di anni"
Mi sento protetta, sono molto scrupolosi e cercano di fare quello che possono, anche se non hanno né i mezzi né il personale. Sono in due e c'è gente che sta male, anche se non troppa. 
Non sono quella che sta peggio.
Dopo ore e ore, ho una diagnosi finalmente completa, mi resta solo la tac, a quella ci devo pensare io.
Gli dico che dobbiamo andare a lavoro entrambi e mi dicono che non è possibile, che devo stare a riposo.
Il fegato è tornato normale, il colon è talmente infiammato che ci vorrà del tempo.
Sappiamo tutti da cosa dipende, glielo spiego, mi guardano e mi dicono che qualcosa posso ricominciare a mangiarla. 
Mi sono procurata una lesione muscolare addominale, cercano di darmi una spiegazione.
Ricomincio a piangere perchè voglio andare a lavoro, ma sono irremovibili. 
Lui invece a lavoro ci deve andare, anche se non ha dormito ed è stato lì fuori ad aspettare. Odia gli ospedali.
Mi guardo intorno e vedo un ospedale in un quartiere di ricchi fatiscente, dove in due devono sopperire alle esigenze di decine e decine di pazienti, dove gli aghi si spezzano e non ci sono nemmeno le barelle. E mi chiedo cosa è successo alla sanità italiana che è sempre stata eccellente, gratuita, a portata di tutti.
Ma so che hanno fatto il possibile per darmi una risposta e per rimettermi in piedi.
"Vuoi restare?"
"Se posso, preferisco andare a casa"
"Solo se non ti muovi dal letto e se succede qualcosa torni"
"Si, torno e spero di trovarvi"


20 commenti:

  1. Ma nessuno ru ha detto che va tutto bene?

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  2. Cavoli! Auguri di cuore che tutto si risolva per il meglio!

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  3. io spero che si possa dire!!! che è finito bene! questo il mio augurio!
    Tomaso

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  4. Cavoli mi spiace tanto!!!spero passi tutto presto!!

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  5. Mi spiace.... spero tu stia bene presto :(

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  6. Ehi, speriamo che si risolva tutto al meglio e che tu possa stare presto benissimo! Un abbraccio

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  7. Che va tutto bene mi riferito alla sanità italiana.Secondo la ministra funziona tutto benissimo

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    1. Perchè quando va lei in ospedale cacciano gli altri pazienti e chiudono l' ospedale per dedicarsi a lei, certo che pensa che vada tutto bene!

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  8. Ti abbraccio forte e spero che si risolva tutto per il meglio <3

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  9. Trovare persone così piene di umanità in momenti difficili è indispensabile.
    Un abbraccio

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  10. Ma non ne sapevo nulla....cavoli! Come stai ora????

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    1. Meglio devo dire, anche se sono imbottita di farmaci e sto immobile a letto o sul divano come una sfigata!

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