martedì 24 maggio 2016

Avevo vent'anni, dieci anni fa.

Avevo vent'anni nel 2006.
Frequentavo l'università e lavoravo: uno stipendio piccolino, non arrivavo a 1000€, ma vivevo a casa con mamma e papà e mi sembravano un'infinità di soldi.
Non ho mai contribuito alle spese di casa, mi pagavo le mie di spese -probabilmente nemmeno tutte- ma i miei genitori non mi hanno mai chiesto di pagare l'affitto della mia stanza, né tanto meno mi hanno assegnato un ripiano del frigorifero dicendomi:" Bene, adesso vai a fare la spesa se vuoi mangiare".  Di genitori che chiedono queste cose ce ne sono sul serio, eh.
Dormivo poco, uscivo parecchio, all'epoca avevo un ragazzo che non era Fidanzato. Lo so, non si fa, ma tutti fanno degli errori.
Il 2006 è l'anno in cui l'Italia vinse il Mondiale, io studiavo e guardavo le partite, poi la sera del 9 Luglio -si, proprio quella sera- feci un incidente e la mia schiena mi abbandonò definitivamente. Era un ragazzo della nostra età quello che ci venne addosso, i freni avevano smesso di funzionare all'improvviso, non smise di scusarsi sia quella sera che nei giorni a venire, io passai l'estate a fare fisioterapia, ma avevamo vinto il Mondiale e poco importava.
Il 2006 è anche l'anno in cui la nazionale femminile di ginnastica artistica vinse l'oro a squadre agli Europei, nonché l'anno in cui Vanessa Ferrari vinse l'oro mondiale individuale sui quattro attrezzi, prima e unica ginnasta italiana di sempre e io ancora oggi, se guardo il video, mi commuovo, nonostante siano passati dieci anni.
È l'anno in cui aprii il conto in banca, lo stesso da sempre, perché mi liquidarono l'incidente: credo di non aver mai più visto tutti quei soldi insieme. Non avevo mai visto neppure un assegno intestato a me se per questo.
Il 2006 è l'anno in cui chiesi la tesi triennale, nonché  l'ultimo anno in cui ho vissuto a casa dei miei genitori, l'anno dopo me ne sono andata e non sono più tornata.
A vent'anni non cucinavo e non rifacevo neppure il letto non perché non volessi, ma mia madre, ancora oggi, sostiene che io non sia in grado di rifarlo sto benedetto letto. 
È l'anno in cui la Asl mi riconobbe il diritto a ricevere la fornitura gratuita di adrenalina auto iniettante, diritto per il quale i miei genitori hanno fatto una guerra all'Assessorato a non so cosa, in seguito ad uno choc anafilattico. E' l'anno in cui mio padre sfondò la guardiola del pronto soccorso dicendo che sua figlia stava morendo e nessuno gli dava retta. In quell'occasione dubitarono che fosse davvero mio padre perché tanto era spaventato che quando gli chiesero la mia data di nascita non se la ricordò.
Avevo vent'anni, mi truccavo poco e portavo ancora i tacchi, ci camminavo addirittura sui sampietrini. Portavo le minigonne e non avevo i capelli bianchi. Utilizzavo le pochette, ci mettevo dentro la patente, i soldi e il cellulare che, a quei tempi, più piccolo era più figo era.
Andavo tanto al cinema e volevo diventare un critico cinematografico, ero ancora convinta che di critica cinematografica ci si potesse vivere.
Quell'anno lo ricordo come un anno spensierato, l'ultimo della mia vita. Poi sono andata a vivere da sola, dividendomi tra studio e lavoro prima, poi tra lavoro e Fidanzato. Ad un certo punto, sono diventata grande, non so neanche quando. Mi fa ancora male la schiena, ho cominciato a tingere i capelli e ho smetto di portare i tacchi, non ho più il fisico per le minigonne e ho la testa piena di pensieri. 
Esco ancora, mi diverto, ma ho pochi amici rispetto a dieci anni fa, si contano nelle dita di una mano.
Pochi, ma buoni.
Ho sempre lo stesso conto corrente, non sempre pieno come vorrei, ho anche lo stesso numero di cellulare, anche se adesso ho una micro sim perchè la vecchia sim, nel cellulare che per quanto costa dovrebbe fare anche il caffè, non ci entra.
Oggi mi hanno detto che sono la manager di me stessa -non ho ancora capito se prenderlo come un complimento o no- perchè non mi fermo mai, corro avanti e indietro e come Wolf, risolvo problemi.

Torno a casa la sera che sono stanca e ho ancora tante cose da fare. Ho un'agenda, altrimenti mi dimentico cosa devo fare, che bolletta devo pagare, la spesa da fare. 
Oggi, quando finalmente sono riuscita a tornare a casa, invece di comprare online una borsa nuova, ho ordinato una fornitura decennale di olio per la macchina. Poi ho chiamato il medico che ha operato Fidanzato per fissare un appuntamento urgente. Alle 22 volevo morire sul divano e invece ho acceso il pc per finire di lavorare ad un progetto, poi ho scritto questo post.

Mi sono guardata intorno, ho visto casa nostra che mi piace proprio tanto, ho incrociato lo sguardo di Fidanzato, poi quello di Cane Gnappo e ho pensato che sono un pò più stanca di dieci anni fa, ma sono felice. Molto felice.

Una ventenne, estetista, venerdì mi ha dato buca. Per giustificarsi mi ha scritto:"Sono io quella impegnata".
Ho pensato a quanto ero spensierata a vent'anni, a quanto tempo avessi nonostante lo studio e il lavoro. Non so dove lo trovassi il tempo, ma fatto sta che ne avevo tanto e soprattutto non avevo i pensieri che sono quelli che mi fanno stancare davvero.
E poi niente, ho pensato che io gli appuntamenti li ho sempre rispettati, anche a vent'anni.

8 commenti:

  1. Assessorato alla Sanità. Questo è l'Assessorato. La Sicilia ha portato avanti questo diritto, altre regioni "più all'avanguardia" molto dopo. Quel che è peggio è che le allergie alimentari non sono riconosciute come patologia, a differenza delle allergie al polline ecc., per cui bisogna pagare tutto ciò che serve. Meno male,la vittoria del salva vita, ma quante battaglie......

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  2. Già sono i pensieri quelli che fanno stancare, e forse anche invecchiare.
    Quanto è bello, però, avere pensieri.
    E' segno che si è costurito e si costruisce

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    1. Concordo. Se non ne avessi (io come tutti), sarebbe preoccupante.

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  3. Ah..i miei vent'anni..quando l'unico grosso problema era Il (ex ormai) fidanzato stronzo...

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  4. Vabbè il 2006 è l'anno dell'ultima grande illusione: tu pensavi di campare come critico io come scrittrice!

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