giovedì 10 dicembre 2015

Quello che serve in una casa

Sono quasi cinque anni che abbiamo una casa insieme, io e Fidanzato.
La nostra prima casa era un bilocale arredato, in pratica di nostro c'erano solo i piatti e le pentole. Eravamo andati a comprarli il giorno che ci eravamo trasferiti, il resto delle cose -asciugamani e lenzuola- erano quelle che avevo nella mia stanza in affitto.
Fidanzato aveva portato da quella che era casa sua un accappatoio arancione, la tv, la Play Station e una collezione di sciarpe delle varie squadre di calcio.

Poi, piano piano, cambiando, casa abbiamo iniziato ad avere qualcosa di nostro.
Per scegliere i mobili ci ho messo tantissimo tempo, sembra facile, ma non lo è perché oltre a tenere conto dei gusti, bisogna tenere conto anche delle misure delle varie stanze. Le misure le ho prese con un metro da sarta visto che da anni dico che comprerò un metro rigido e non lo faccio mai.
Alla fine, la camera da letto ci è stata regalata, noi l'abbiamo scelta, ma non l'abbiamo pagata. Un regalo dei miei genitori. E' la prima camera da letto che avevo scelto, ma non fidandomi nemmeno di me stessa, né tanto meno dei miei gusti, ho girato tutti i mobilifici del mondo prima di scegliere lei che, durante il pellegrinaggio per negozi, era rimasta sempre nel mio cuore.
La parete attrezzata è stata la scelta più complessa, visto che Fidanzato voleva convincermi a prenderne una lilla, manco fosse casa della mucca della Milka. Con tutto il rispetto per il lilla, ma io lo so che mi sarei stufata subito e avrei scorticato il muro a mani nude pur di toglierla di mezzo dopo nemmeno un mese. Alla fine, la parete attrezzata è stata scelta bianca. Bianco lucido per essere precisi, visto che io ho un debole per il bianco lucido.
Poi è stata la volta del tavolo e delle sedie, la scelta di Fidanzato era stata pessima, quindi anche in questo caso, in modo assolutamente democratico, ho scelto io.
Il divano che volevo io era un mega sofà bianco e verde acido e mentre io lo guardavo adorante, Fidanzato minacciava di lasciarmi e di non farmi vedere più il cane. Alla fine, quando ci siamo ritrovati quasi d'accordo, io ero lì che dicevo "lo prendiamo" senza manco fare un consulto finale per paura di ripensarci  e magari anche litigare per un divano.

Il lampadario del salotto è un atto osceno in luogo pubblico: è un lampadario di quelli che hanno le nostre mamme, a goccia lo chiamo io, solo che invece che essere, che ne so, di cristallo, è di plastica multicolore. Io lo trovo stupendo, Fidanzato vorrebbe fiondarlo fuori dalla finestra, ma tanto di fatto non lo accendiamo mai perché, tenetevi forte, fa troppa luce. La piantana che invece utilizziamo l'ha scelta lui, io la volevo arancione, lui rossa e alla fine, rosso è stato.
Gli altri lampadari della casa non esistono visto che sono banali plafoniere, anche se, se fosse per me, riempirei di lampadari plasticosi e multicolore tutta casa, maledicendo l'inventore delle plafoniere che saranno pure comode, ma diciamoci la verità: sono un insulto al buon gusto. O quanto meno, al mio gusto, il che è pure peggio.


In una casa, si sa, ci vogliono un mezzo milione di cose, uno pensa che è a posto con quelle due cosette essenziali e poi scopre che più passa il tempo, più si cominciano a ritenere indispensabili cose di cui fino a l'anno prima si ignorava esistenza.
Per avere un asse da stiro ci ho messo quattro anni e mezzo, la scarpiera è stato un parto lungo nove mesi e, nel frattempo, in preda a raptus maniacali, ho comprato aggeggi indispensabili per la cucina che manco Cracco. Ad oggi, però, non ho un passapomodoro e non ho nemmeno un servizio di piatti degno di essere considerato tale.
Le posate me le mangia il cassetto, quindi a casa mia aggiungi un posto a tavola che c'è un amico in più non è fattibile perché non ci bastano le forchette. Le ricomprerò, forse un giorno.
Ho però un mezzo milione di presine, arnesi per fare dolci in stile Il boss delle torte (esiste? o era Il boss delle cerimonie?)), persino una formina per gli hamburger, ma non un piatto da portata. Per dire, eh.
Non ho nemmeno una tazza decente se per questo. Sono anni che aspetto di trovare delle belle tazze e, alla fine, utilizziamo due tazze orribili di Ikea, quelle che costano 50 centesimi per intenderci, una azzurra e una di un improbabile arancione cacca sciolta dopo aver mangiato la vellutata di zucca inguardabile.
Ho però una trentina di coppie di asciugamani (e ovviamente utilizzo sempre le stesse) e più copripiumini io che il negozio Ikea all'Anagnina. Di sicuro, ho tutti quelli che negli anni hanno messo in commercio. E otto cuscini sul letto che comportano innumerevoli lamentele da parte di Fidanzato che non apprezza le mie composizioni artistiche. Il cane però si che apprezza, lui si che mi capisce.

Negli anni, abbiamo comprato quadri, soprammobili, tappeti, scendiletto in pelle (finta ovviamente) di pecora, un attaccapanni a forma di albero, farfalle tridimensionali da parete, omini tridimensionali che si arrampicano sui muri, una testa gigante di Lego, un mappamondo in scala 1:56.000.000.000 (o qualcosa del genere), un portapenne a forma di televisore, ma non abbiamo le tende. E io, impicciona come sono, sbircio sempre dentro le case del palazzo di fronte, non rendendomi conto che visto che non le tende anche loro probabilmente fanno lo stesso.

È incredibile come dopo quasi cinque anni non ho ancora tutto quello che dovrei avere, come manca sempre qualcosa. Ogni tanto faccio due conti -io che sono una contabile nata- e mi rendo conto che in una casa piccola come la mia ci sono tutte queste cose e che di conseguenza sono stati spesi un sacco di soldi. E ancora troppo ne vanno spesi, anche se, ci metto la mano sul fuoco, mancherà sempre qualcosa. SEMPRE.

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