giovedì 10 marzo 2016

Codice rosso

Alla fine è successo ancora.
È successo che gli occhi sono diventati rossi, che il labbro si è gonfiato, che le mani sono diventate rosse anche loro, che il prurito ha invaso tutto il corpo. E' stato un attimo: il prurito che peggiora, il labbro che comincia a penzolare, il respiro che inizia a mancare e poi la corsa in ospedale e il codice rosso.
Non si impara mai a convivere con le allergie alimentari. MAI.
Si crede di avere imparato, si crede di poter vivere una vita normale, ma poi succedono queste cose e tutte le certezze crollano.
Una fetta di carne alla brace, un po' di riso in bianco. Alimenti mangiati sempre.
Io non so se siete mai finiti in pronto soccorso in codice rosso. Per me non è la prima volta.

Io comunque stavolta riuscivo ancora a parlare, tanto da ripetere -come un disco rotto- che avevo degli shock anafilattici pregressi sul groppone, che avrei dovuto farmi l'adrenalina che porto sempre con me, ma che nel momento stesso io con cui ho capito che stava arrivando il black out, non ho trovato il coraggio di auto iniettarmi un farmaco del genere. L'unico coraggio che ho trovato è stato quello di prendere 4 mg di cortisone che non sono serviti a nulla.
Poi lì, nella parte del pronto soccorso destinata ai codici rossi, mi hanno preso la vena e hanno buttato giù altri 40 mg di cortisone e mi hanno attaccata al respiratore perchè io da sola non riuscivo a respirare.
È passata la dottoressa, mi ha guardata e ha visto che stavo forse un po' meglio, ma non bene: il labbro continuava a penzolare, la pancia e la mani erano completamente viola. Io respiravo, ma non da sola. E hanno buttato dentro altri 500 mg di cortisone. CINQUE GRAMMI E MEZZO DI CORTISONE.


Se accanto a me ci fosse stato un cavallo, sarebbe collassato molto prima di arrivare a cinque grammi e mezzo.
Io invece nulla. Stavo lì, a guardare i miei compagni di avventura.
Io con i miei cinque grammi e mezzo di cortisone, attaccata ad un respiratore, con delle grandi occhiaie e un labbro che finalmente cominciava a tornava normale, ero quella che stava meglio e con i miei occhini scuri guardavo cosa succedeva, in silenzio.
C'era Mario, un signore novantenne con il Parkinson che continuava a staccarsi il suo di respiratore e a chiedere un caffè. Gli hanno detto che era notte e che il caffè si prende la mattina. Io il caffè a Mario lo avrei portato.
C'erano gli infartati, era pieno di gente infartata. Il cardiologo avrà fatto avanti e indietro decine di volte.
C'era una signora che pensava di avere un principio di infarto, ma alla fine nulla, aveva solo la tosse. E no, non sto scherzando. Voleva andare a casa la signora, le hanno detto che avrebbe dovuto firmare.
A me hanno detto che mi avrebbero ricoverata e io non ho battuto ciglio, ho solo chiesto che avvisassero chi era fuori ad aspettarmi.
Non avevo il cellulare e nemmeno l'orologio, non sapevo da quante ore ero lì, ma sapevo che se era passata più di un'ora -tempo in cui di solito ti buttano fuori dal pronto soccorso se è una reazione  allergica normale e non grave- chi era fuori stava iniziando ad agitarsi.
La signora mi guardava, lei voleva andare a casa, io invece ho accettato passivamente che mi dicessero "ti ricoveriamo". 
È arrivata la dottoressa. "Vuoi andare a casa?"
L'infermiere napoletano che facevo fatica a comprendere, continuava a dire che ero intollerante e i suoi colleghi cercavano di spiegargli che io non sono intollerante, ma allergica. E io mi chiedevo in che mani ero. Lui pensava che non fosse nulla di grave, non aveva idea, rideva quando ho detto degli shock anafilattici e continuava a chiedere se sapevo cosa fosse uno shock anafilattico. 
Vorrei non saperlo, amico. Davvero.
"Vuoi andare a casa?"
"Io faccio quello che dite voi, Dottoressa".
"Come ti senti?"
"Ho sonno, ma sto meglio, grazie".

C'era una signora con un'insufficienza respiratoria grave, hanno chiamato il rianimatore.
Sono arrivati altri infartati. Era pieno di infartati.
E' tornata la dottoressa, ha detto all'infermiere che ero l'unica che non si lamentava.
Ero anche l'unica sotto i settant'anni. Ed ero drogata di cortisone.
Il cavallo sarebbe stramazzato al suolo e io ero ancora lì a guardare il mondo intorno a me.
Mi hanno lasciato dormire, mi hanno sistemato la barella per farmi stare comoda. 
Hanno tirato su la sponda della barella per evitare che cadessi giù.
Un uomo si lamentava,  urlava. Non so cosa avesse.
Loro, i medici e gli infermieri, continuavano a fare avanti e indietro tra tutti quei codici rossi.
Io ero sempre quella che stava meglio, nonostante il respiratore. Poi me l'hanno tolto.
Ho ricominciato a respirare da sola, il labbro era tornato normale, il colore della pelle era di nuovo bianco sbiadito e non rosso, niente più prurito.
"Se vuoi ti mandiamo a casa"
"Davvero, decidete voi, mi fido".
"Oppure ti ricoveriamo"
"Va bene, come preferite"
Alla fine, hanno deciso di mandarmi a casa. Le funzioni vitali erano di nuovo a posto.
"Devi fare ancora cortisone, ti scriviamo tutto"
"Ok, posso portarmi via la mascherina? Tanto è usa e getta, no?"
"Portatela pure"
"Grazie"
"La prossima volta fai l'adrenalina, hai rischiato grosso"
"Ok, ci proverò"

 Sono uscita da lì.
"Ho chiesto, ma non mi hanno detto nulla"
"Avevo detto di avvisarti che ero ancora viva"
"Cos'hai in mano?"
"La mascherina, mi hanno attaccato al respiratore, volevo fartela vedere"
"Andiamo a casa, amore, sei stanca"

12 commenti:

  1. Ti ammiro Gilda, perché riesci a raccontare tutto ciò con l'ironia che ti contraddistingue.
    A me è successo di andare al pronto soccorso negli ultimi quattro anni e mi vengono i brividi solo a ripensarci.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie Elisa ;)
      In realtà -sarà l'abitudine di tante corse al pronto soccorso causa allergie- che non mi fa più effetto, quindi, a ripensarci dopo un paio di giorni, mi soffermo su tutto il contorno e non sul resto. In fondo, se lo posso raccontare, è perchè è andato tutto bene :)

      Elimina
  2. Ommadonna santa che disavventura e che spavento! Tu ci sarai anche abituata ma a me viene un colpo ogni volta che racconti esperienze del genere.
    Tutto ok adesso?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Si adesso tutto ok ;)
      Vedrai che a furia di leggermi ti ci abituerai anche tu :P

      Elimina
  3. Mia sorella conduce esattamente la tua stessa vita, ha almeno 4 shock anafilattici pregressi, svariate e misteriose allergie alimentari, l'unica mortale riconosciuta è quella al lupino. A volte neanche l'adrenalina ha scongiurato uno shock, l'ha solo ritardato. So di cosa parli, so che vivete pericolosamente. Sai come vive e con quanta paura vi guarda mangiare chi vi ama. Un abbraccio.
    Monica

    RispondiElimina
    Risposte
    1. A me hanno sempre detto che dopo l' adrenalina bisogna correre comunque in ospedale, è solo un modo per "prendere tempo" :(
      Mi spiace per tua sorella, ha tutta la mia comprensione...

      Elimina
  4. ma perché non hai fatto l'adrenalina santiddio!?!?!?!?! grrrrrrr

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E hai ragione :(
      Da quando me l' hanno data (2006) è la prima volta che ho una reazione così grave. Non mi aspettavo di non trovare il coraggio, ma ci stiamo lavorando :(

      Elimina
  5. Mamma mia.....meno male si è risolto tutto......
    Ma la mascherina come ricordo??? :)

    RispondiElimina