domenica 3 luglio 2016

Mai dire mai: storia di un corso che mi ha insegnato un sacco di cose

C'è stato un momento della mia vita in cui ho deciso che volevo imparare qualcosa di (quasi) nuovo, così a caso.
Sono anni che mi sento ripetere che dovrei seguire un corso di quello che mi piace e puntualmente ho sempre trovato una scusa.
Poi non so cosa è successo e di fatto mi sono ritrovata iscritta ad un corso, ho mandato i documenti che mi hanno chiesto e, il giorno prima, ero lì a ripetere a me stessa:"Ma che ci vado a fare?"
Ho deciso comunque di provarci e ho raccolto gli ultimi consigli di mia madre:"Non parlare subito troppo, stai zitta più possibile, fai parlare gli altri, non rincoglionirli dopo cinque minuti".


A me la gente non piace. No, non sono gentofobica, è che a me piace stare a casa mia con i miei amici e so bene che non lo direste mai, ma a me questa cosa di fare amicizia con gente nuova e magari pure interagire non mi è mai piaciuta granché.
Aspettative sul corso pari a zero, quel lunedì mattina di quasi due mesi fa, mi sono svegliata all'alba, mi sono lavata e vestita con una sola idea: quella di conquistare l'ultimo banco, possibilmente il posto nell'angolino. Tablet, cellulare, caricabatterie, il pranzo che sia mai che poi mi tocca andare a mangiare con la gente e far scoprire a tutti che sono una disagiata che non può mangiare un tubo, magari mi prendono pure un giro e sarò costretta a mangiare loro per eliminarli.
E poi magari sono tutti più piccoli di me, magari tutti nati dopo il '90 e quelli nati dopo il '90, si sa, non esistono.
L'incubo degli incubi si è materializzato quando sono stata costretta a dire chi ero e cosa facevo: va beh, diciamo pure della televisione (qui per saperne di più), ma non nominiamo Mtv. Omettiamo pure la ginnastica, il blog, le interviste sul giornale che poi pensano che sono una mitomane.
Sei giorni su sette, nove ore al giorno. Alle 9. No insomma, non è un corso che fa per me.
E difatti, il primo giorno, tornando a casa in macchina ho chiamato la mamma per dirle:"Uau, mi piace un sacco, l'insegnante è figa, dice un sacco di cose interessanti".
"Ci torni?"
"Si".
Ci sono tornata, infatti.
Che non mangio un tubo lo hanno scoperto dopo tre giorni perché sono dovuta andare al controllo per le allergie (qui per saperne di più). Ditemi voi  se ne faccio quattro l'anno e uno di questi quattro deve cadere proprio durante il corso. A 300 km da Roma che mi serve una giornata intera per andare,  farmi vivisezionare e tornare.
Nel frattempo, avevamo iniziato a lavorare in gruppo, il primo gadget da regalare alla gente stava per essere un teschietto con gli occhi a mandorla con un bottoncino che quando lo premi dice "essele o non essele" e da lì è scoppiato l'amore. Non con tutti, eh. 


È nato il gruppo whatsapp e poi siamo diventati dei bulli. Non so quando è successo, non è colpa mia e comunque ho trovato un paio di persone più bulle di me. I primi giorni, ad una delle bulle in questione, avevo anche detto che mi trasmetteva tranquillità. Chiaramente sbagliavo.
Nel giro di poco -corso a parte- ho imparato che esiste gente che lancia soldi a caso per intimidire gli altri, che anche i vegetariani sono simpatici, che la gente alta è molto cattiva con quella bassa, che esiste un mondo fuori dal Gra e che gli abitanti di quei posti sono pure simpatici, che anche la gente nata dopo Cernobyl in fondo non è male.

Mi sono spinta verso i confini del nulla, in un viaggio a Palestrina (no, non Palestina, Palestrina) in piena notte che ancora mi chiedo come i cinghiali non ci abbiano ucciso. Ho anche scoperto che chi nasce a Palestrina ha G274 nel codice fiscale, mentre io che sono nata a Palermo ho G273.
Ho imparato che se dici a chi mangia gallette che è sfigato, quello il giorno dopo ti saluterà e quello dopo ancora ti dirà "oi" che dai su, ma oi lo dici a tua sorella, non a me.
Ho snobbato quelli nati dopo il '90 per tutta la vita e, alla fine, mi sono fatta fregare, ma non posso dire di più perchèého pur sempre una reputazione da difendere.
Ho maniato cibo napoletano come se non esistesse un domani e le coronarie sono ancora a posto. Una menzione speciale va al Casatiello con la sugna. E io che pensavo che la sugna fosse un'invenzione dei media, un pò come Roma Nord.
C'era anche la pazza del corso, eh. Un giorno ha sbattuto la porta e se n'è andata, ma poi -disgraziatamente- è tornata. Lei rinnegava il mio ruolo di creatrice di gadget inutili fighissimi. Mi ha anche detto che sarò una pessima madre se un giorno non sacrificherò la mia vita per dare ai miei figli delle pesche per merende. Ha anche chiamato i capi del corso per dire che eravamo bulli. 
Ha ragione, oh se ha ragione. Siamo dei bulli. Bulli belli però.
Abbiamo sventato colpi di stato, tentativi di emarginazione di persone a cui vogliamo bene. 
Abbiamo avuto due insegnanti: la seconda, ad un certo punto, ha chiamato i capi del corso per dire che quelli dell'ultimo banco ridevano di lei. Non posso dire se è vero o meno, ma posso dire che lei non si veste di nero perché gli angeli non vogliono. E poi ti chiedi perché ridiamo.
Il corso è finito ieri e, alla fine dei conti, è stato costruttivo: ho imparato un sacco di cose e ho anche insegnato agli altri che un uomo vero insegue porci e se li mangia vivi. 
Io non so se rivedrò mai gli altri, se tra qualche mese ci vorremo ancora bene, se avremo modo di spiegare ad altri ancora che inseguire porci è cosa buona e giusta, ma so che è stato bello.
E mi è scesa anche la lacrimuccia. 
Perché è stato tutto un po' più bello in questi quasi due mesi.


4 commenti:

  1. Non ho capito che corso hai fatto, ma ti sei divertita e mi sembra la cosa più importante.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non l' avevo proprio scritto: un corso in ufficio stampa :)

      Elimina
  2. E alla fine contro ogni aspettativa ne è valsa la pena!

    RispondiElimina