Quando ho chiesto a Folco Donati, presidente della Brixia Brescia, se potevo intervistarlo, si è messo subito a mia disposizione. "Vieni quando vuoi" mi ha detto.
Folco è fatto così. È sempre disponibile per qualsiasi cosa, apre le porte di casa sua, il PalAlgeco, senza nessun problema e mette le persone a proprio agio, come difficilmente ho visto fare.
Entrare al PalAlgeco è una cosa che a me fa sentire bene perchè c'è sempre un sacco di gente: ginnaste, allenatori, genitori. Tutti lì, con un obiettivo comune.
Si respira una bella aria, sono tutti gentili, come se ti conoscessero da sempre e vi assicuro che non è una cosa così scontata.
Casa Iveco, la foresteria che ospita le piccole ginnaste della Brixia e le ginnaste della Nazionale in occasione di controlli tecnici e collegiali, é un posto curatissimo e pulito e, cosa che mi ha regalato più di un sorriso, le piccoline sono educatissime. Mentre eravamo io e Antonella, la mia spalla che credo proprio mi accompagnerebbe ovunque pur di vedere realizzati i miei progetti, Alice ed Elisa, due ginnastine infortunate che erano insieme a noi nella sala comune della Foresteria hanno fatto i salti mortali (in tutti i sensi, visto il tutore di una e il gesso fino a metà coscia dell'altra) pur di non fare rumore, saltellando a destra e sinistra e parlando a gesti per non disturbarci.
Abbiamo chiacchierato a lungo con Folco, circa quattro ore, e quando è dovuto andare via, ci ha detto con tutta la naturalezza del mondo:"Io vado, ma voi rimanete pure, state solo attente a non farvi chiudere dentro". Preciso che abbiamo davvero rischiato di farci chiudere dentro perché è un posto da quale né io né Antonella andremmo mai via, un pò per tutti i motivi che vi ho già detto, un pò perché in fondo siamo due impiccione e ci piace guardare cosa succede.
Abbiamo chiacchierato con Alessandro, il fisioterapista, e siamo state a lungo con la piccola Martina, una ginnastina bionda che è un tesoro.
-Ciao Folco, grazie per averci
ricevuto.Tu sei il presidente della Brixia Brescia. Ci racconti un
po' com'è nata , cosa hai fatto, da quanto tempo è nelle tue mani. Insomma, un po' tutta la storia di questa società.
-Allora, la Brixia nasce nel 1984 per
opera di Enrico Casella, la moglie Daniela Leporati e di una terza
persona che si chiama Paola Rietti che da tantissimi anni ormai non
fa più parte di questo club. La Brixia nasce perché Casella, che
era in un'altra gloriosa società che era la Forza e Costanza
Brescia, società ultra centenaria, non trovando più spazio
al suo interno per fare quello che realmente gli interessava ovvero fare ginnastica artistica ad alto livello, crea
questa nuova società, improntata sul volersi migliorare per
diventare qualcosa di importante nel campo della ginnastica artistica
femminile che da sempre è il vero obiettivo della Brixia.
Io mi avvicino (fa una pausa)... La mia
storia è per certi versi parallela a quella di Enrico e Daniela
perché dal 1970/71/72, io e Enrico, entrambi ginnasti (lui ha
qualche anno più di me) già ci frequentavamo, pur essendo in società
differenti. La mia storia non si lega subito alla sua perché io smetto di
fare ginnastica e decido di aprire una mia società che si chiamava
Ginnastica Nave che poi è diventata Ginnastica Azzurra, una piccola
realtà di paese, affiliata comunque alla Federazione Ginnastica
d'Italia, anch'essa dal 1984, ma che aveva un target diverso rispetto
a quello che avrebbe voluto Enrico. Fino al 1990 quando Enrico
mi chiese se volevo entrare a far parte della sua società, non dal
punto di vista tecnico, ma dal punto di vista dirigenziale.
Per altro,
a quel tempo avevo una storia in ballo con un'altra Federazione ,
ovvero la Federazione Pallacanestro, che ho cominciato a frequentare
a partire dalla metà degli anni '80, anche lì non dal punto di
vista tecnico, ma dal punto di vista dirigenziale, ma a me questa
cosa di collaborare con la Brixia interessava quindi nel 1990 ho
accettato di far parte di quella che poi è diventata la mia società. Per qualche
anno ho fatto il general manager e poi a metà anni '90 sono
diventato il presidente e da lì nasce questa continua collaborazione
con Enrico e quindi...
-Quanto tempo ti impegna, nell'arco
della tua giornata, la gestione di questa società che adesso è
diventata...bella grossa?
-Diciamo che va a periodi: in questo
periodo e da tutto il 2015 direi quotidianamente, circa 7/8 ore al
giorno; sono sempre qua e quindi.. Per alcune scelte, di natura
professionale, ho deciso dal Primo Gennaio di dedicarmi interamente
alla Brixia e quindi sono qui dalla mattina al pomeriggio inoltrato
e, a volte, anche la sera.
-Questa società lega il suo nome a
Vanessa Ferrari. Non ti chiedo di parlarmi della sua carriera
sportiva perchè la conosciamo tutti, ma piuttosto del tuo rapporto
con lei, sulla base di alcune immagini del 2006, che sono diventate
famose, della tua esultanza alla fine del suo esercizio a corpo
libero di Arhuus, ancora prima che uscisse il risultato. Ci dici
qualcosa al riguardo?
-Innanzitutto faccio una piccola
precisazione: è vero che la Brixia lega il suo nome a Vanessa
Ferrari, però non va dimenticato un aspetto a cui teniamo: la
Brixia, dal 1996, anno delle Olimpiadi di Atlanta, ha comunque sempre
dato almeno una ginnasta alla Nazionale Italiana che partecipa ai
Giochi Olimpici: Francesca Morotti nel 1996, nel 2000 a Sidney ci
furono Bergamelli e Castelli, nel 2004 ad Atene ci fu Bergamelli, nel
2008 a Pechino ci furono Bergamelli e Vanessa Ferrari e nel 2012 ci
furono Vanessa Ferrari ed Erika Fasana. Per noi questo è un vanto
perché questa è davvero l'unica società in Italia in questo, secondo me
anche delle altre discipline sportive e non solo della ginnastica
artistica, quindi siamo davvero orgogliosi di questo curriculum.
Ovvio che con la vittoria di Vanessa ad Aarhus, ci riconoscono di più
per quello che abbiamo fatto con le sue gesta.
Vanessa Ferrari, ad Aarhus, è stata per certi versi una sorpresa perché Enrico Casella che è un tecnico di cui io mi fido moltissimo ovviamente, effettivamente mi disse prima di partire che se ci fossero state le condizioni ideali Vanessa poteva essere una da podio. Io che, anche se non sono un tecnico, un po' di ginnastica la mastico, vedendo i risultati mi sembrava abbastanza difficile e invece, come disse lui, un po' di cose si aggiustarono: la Memmel e la Liukin che all'ultimo non parteciparono alla finale a ventiquattro, beh, questo ovviamente è stato un vantaggio. Detto questo, Vanessa in quel periodo era una ginnasta in formissima che aveva un repertorio di primissima qualità; aveva dei valori di partenza altissimi e sta di fatto che pur cadendo in trave poi è riuscita a vincere.
Dietro a quelle immagini che ricordavi
tu c'è un piccolo preambolo da fare. Ovviamente non era nulla di
preparato: c'era un cameraman della televisione brasiliana che come
puoi immaginare, beh i brasiliani sono persone che guardano molto
all'esultanza piuttosto che al risultato come si nota in tante loro
telecronache (qui sono scoppiata a ridere) e quando mi notò che ero
un pochino esagitato, un po' così, su di giri, invece di riprendere
Vanessa, mi riprese.
Ho esultato prima che uscisse il punteggio di
Vanessa perché mi ero reso conto che, in effetti, era sufficiente
prendere poco più di 15,000 per vincere il Mondiale ed ero sicuro
al 100% che si fosse meritata quel punteggio . Una gioia
indescrivibile, ancora oggi faccio fatica a vedere quelle immagini
senza emozionarmi (e qui, si sente la mia vocina lacrimosa dire un
labile “anch'io” e Folco scoppia a ridere), quindi sicuramente è
stata la gioia più grande che un dirigente di una società, secondo
me, può avere. Hai una tua ginnasta che vince una medaglia ad un
Mondiale!
Poi credo che una medaglia ad un' Olimpiade sia una gioia
inarrivabile e non è che ci tiriamo indietro se adesso andiamo a Rio
e vinciamo qualcosa. Anche a Glasgow se vinciamo...
-Beh, le medaglie non sono mancate
neanche negli anni successivi.
-No no, assolutamente, però la prima è
quella che non ti dimentichi mai, almeno per me é così.
Ho esultato per
il titolo vinto a Volos, il titolo europeo, al di là che era già
una gara a squadre e non individuale, però questa è stata veramente
quella vittoria che ti ha cambiato anche un po': da lì, in casa
Brixia sono cambiate tantissime cose.
-Per esempio cosa é cambiato? Ce lo puoi dire?
-Per esempio, il modo con cui la gente,
con cui il mondo sportivo e non, ti guarda, ti considera.
Io ricordo che per diversi mesi dopo la
vittoria siamo stati subissati da richieste. Allora, diciamo che da
alcuni punti di vista la sua vittoria è stata fondamentale
altrimenti questa palestra, questa foresteria dove siamo adesso e
tante altre cose non le avremmo, mentre invece.. se vuoi ti racconto
com'è nata l'idea di questa palestra...
Allora, faccio un inciso su cosa
succede quando Vanessa vince il Mondiale.
Noi ci allenavamo veramente
in un buco, le Piscine Delfino. Tanto per dire, non c'era neanche la
ricorsa corretta per il volteggio, era più corta di sei metri
rispetto a quella che dovevano fare, quindi in quel periodo,
quasi tutte le settimane, un giorno o due, dovevamo spostarci a
Milano per fare le cose bene, ci siamo allenati davvero in
condizioni....
Quindi, Vanessa vince e la prima idea
che abbiamo è di dire a Vanessa:”Vanessa, mi raccomando, di che ci
serve la palestra”. Detto fatto, non eravamo ancora tornati da
Aarhus che nella nostra casella di posta abbiamo trovato una mail di
una persona, un ingegnere, che ci dice che attraverso l'azienda di
cui è dipendente, l'Algeco appunto, sarebbe stato in grado di aiutarvi per
potere costruire la palestra.
Noi ovviamente ci siamo messi in
contatto subito: loro volevano regalarci un garage, noi abbiamo fatto
la palestra più bella che c'è in Italia. C'è stata un po' una
trattativa e siamo riusciti a fargli fare due moduli diversi da
quelli che loro generalmente fanno. Loro, per capirci, sono quelli
che generalmente fanno i cessi sulle autostrade oppure i container
dove ci sono dentro i muratori che servono per appoggiare le cose nei
cantieri. Partendo dai loro moduli, noi gli abbiamo fatto fare una
cosa diversa.
Tutto è nato dal fatto che Vanessa
vince, Vanessa dice “ho bisogno di una palestra”,si mette in
mezzo l'allora Ministra dello Sport, la Melandri, che dice vi
aiuteremo, che viene a Brescia e facciamo questa cosa qui. Per
inciso, si può anche dire, non è mai arrivato niente dal governo
italiano, ci siamo dovuti arrangiare. L'interesse comunque c'era
stato e questo è importante perché i giornali ne parlavamo e così
via.
Detto questo, i pro quindi sono stati questi ovvero qualche
sponsor importante che si è avvicinato vedi Iveco, vedi Adidas,
TechnoGym, però la gestione di Vanessa Ferrari in quel momento lì
era una cosa difficilissima un po' perché non eravamo preparati perché questa società, checché se ne dica, è
Enrico Casella, Folco Donati e Daniela Leporati; non c'è nessun
altro. La società siamo noi e quindi ci siamo sempre dovuti dividere
un po' i compiti: tutti volevano Vanessa, lei usa molto della sua
ritrosia sia per la presenza sia per farsi voler bene, quindi in quel
periodo lì siamo stati sottoposti ad uno stress incredibile. E'
ovvio che non avremmo mai fatto cambio con nessun altro risultato,
sono cose che sopporti (sorride), però ripeto che è stato un
periodo molto molto difficile sulla gestione dell'atleta e della
situazione relativa al fatto di aver vinto, di essere la prima
ginnasta italiana della storia ad aver vinto (ride) e anche l'unica
e rimarrà l'unica per tanto tempo purtroppo.
-Da quando sei
dentro la Brixia il momento più difficile che avete dovuto
sopportare e affrontare qual'è stato?
-Un momento durato
qualche anno. Dopo le Olimpiadi del 2008, ovvero alla fine del 2009, Casella non
accetta più quello che la Federazione gli offre per fare il
responsabile della squadra nazionale e noi, in sostanza, andiamo in
trincea perché abbiamo questo impianto da gestire e la Federazione
non lo sfrutta più per qualche anno e quindi
andiamo in difficoltà dal punto di vista economico e della gestione
perché questo è un posto che costa, questo è un posto che non ha
delle entrate, le mie ginnaste non pagano le retta per fare
ginnastica, sono tutte ginnaste di alta specializzazione e quindi i
nostri introiti arrivano da altre cose, ovvero da sponsor, da
sovvenzioni comunali e dalle sovvenzioni della Federazione perché ovviamente quando la Federazione ci manda qua le ginnaste
per allenarsi paga quello che deve pagare. Quindi dal 2009 al 2012
abbiamo delle serie difficoltà. Nel frattempo Vanessa vive un suo
momento particolare perché l'infortunio che ha patito nel 2007, ai
Mondiali di Stoccarda, si rivela più grave del previsto e per due anni abbondanti noi perdiamo anche Vanessa e quindi quello è
stato il periodo peggiore sotto tutti i punti di vista, ma, nonostante
questo, abbiamo vinto comunque qualche scudetto e qualche gara, non è
che ci siamo mai tirati indietro. Diciamo che abbiamo avuto la forza
in mezzo a tutte le difficoltà del momento di continuare a lavorare
seguendo quello che è il nostro modus operandi, cioè quello di
continuare a lavorare sulle ginnaste di punta di quel momento e sul
settore giovanile.
-Ho letto il libro
di Giulia Leni in cui lei parla di te un po' come di un secondo papà,
lasciando trasparire che c'è un rapporto molto particolare. Ci
racconti il tuo rapporto con lei e il rapporto che si instaura con
queste bambine che arrivano qui e poi man mano vanno crescendo.
-Giulia
Leni è una ginnasta e una ragazza del tutto particolare che esce un
po' da quelli che sono i canoni che ci possono essere tra un
presidente, come nel mio caso, e le proprie ginnaste. E' differente
perché, come tutti ben sanno, ha vissuto a casa nostra per quasi tre
anni in due tranche.
A casa nostra c'era stata in un primo
momento, viveva tra Casa Iveco e casa nostra, ma quando doveva stare
qua andava in crisi e allora veniva a casa, ma l'idea, in quel
periodo, era proprio quella di riempire la foresteria, però lei
questa cosa qui non l'ha mai amata tanto, quindi appena poteva veniva
a casa . C'è stata questa prima volta, poi è andata a Milano perché con noi , diciamo così, non c'era più feeling, quindi si è
trasferita a Milano. O meglio, scappa da Brescia, va a casa e da casa
la Federazione -era il periodo 2009/2012- la fa andare a Milano, dove
rimane per poco più di un anno, finché, tra una cosa e l'altra,
finalmente torna a Brescia dove otterrà i risultati migliori della sua carriera, secondo me anche qualcosa in meno di
quello che avrebbe potuto.
Tornando al rapporto, Giulia Leni è una
ragazza fantastica sotto tutti i punti di vista, una ragazza
educatissima, una ragazza a cui non si può ovviamente non voler
bene. Ancora oggi che sono quasi due anni che manca, anzi due anni in
questo periodo, noi ci sentiamo se non quotidianamente, quasi. Le
mando un messaggio quando so che ha l'esame, lei studia medicina, per
farle l'in bocca al lupo e poi, quando è possibile, ci vediamo: lei
viene a Brescia o io passo da Siena per salutarla. Con la famiglia
c'è un rapporto spettacolare.
Con tutte le altre é così, un po' di meno. Io voglio bene a tutte le ragazze che ci
sono, qualcuno di più, per esempio Vanessa, ma solo perché la
conosco da più anni, ormai ha 25 anni e sono 18 anni che ce l'abbiamo
in palestra. Io personalmente credo di essere abbastanza amato dalle
mie ginnaste, a parte qualche volta che le rimbrotto perché sporcano
e non puliscono.
Io credo di avere
un ottimo rapporto con tutte le ginnaste, anche perché sono il loro
primo tifoso quando andiamo sui campi di gara.
(Si rivolge ad Alice ed Elisa, che sono ancora lì con noi e che, anche se un pò intimidite dal registratore, ci confermano quanto dice)
-Spesso sei stato
criticato, adesso che la ginnastica artistica è così tanto presente
sui social network, per delle reazioni definite eccessive in difesa
delle tue ginnaste. Ci dici qualcosa al riguardo?
-Ne sono
assolutamente orgoglioso, anzi penso e sono convinto di essermi
trattenuto tantissimo, anzi se succederà State tranquille che farò
il tifo nel modo più passionale possibile- Ognuno tifa come vuole,
io non mi offendo per queste critiche, tifo solo per le mie ginnaste,
anzi non sono contento quando le avversarie della mia squadra
cadono, ma tifo per la mia squadra e ci mancherebbe altro. Sono
orgoglioso di come tifo, anche perché è una cosa spontanea.
Sono contento
quando loro eseguono bene un esercizio e mi arrabbio quando
sbagliano.
Nella gara di
sabato scorso (la Golden League 2015) mi sono arrabbiato perché non
abbiamo vinto e siamo arrivati secondi: abbiamo sbagliato e siamo
arrivati secondi , ha vinto la Gal ed era meglio, per me, se
vincevamo noi. Poi con questo, bisogna dire che loro hanno vinto con
merito perché noi abbiamo sbagliato, però c'era da arrabbiarsi e
mi sono arrabbiato.
-Ma c'è una grande
competizione con le altre società di ginnastica italiane?
-Io sono un
agonista e quindi a me piace gareggiare e mi piace vincere, quindi è
ovvio che ci sia un po' di rivalità, però il fatto di gestire
questa Accademia Internazionale dove se non quotidianamente ma quasi
sempre, ci sono qui ginnaste della Nazionale di altre società, mi
induce ad essere un po' più tenero nei loro confronti . Però è
ovvio che quando c'è una gara, soprattutto tra noi e la Gal Lissone,
perché con le altre obiettivamente non c'è mai stata, soprattutto
negli ultimi dieci/dodici anni, una rivalità perché siamo stati sempre noi e loro, soprattutto noi che loro, questo
scrivilo che ci tengo a precisarlo. Quindi si c'è molta rivalità,
assolutamente.
La rivalità nello
sport deve esserci perché ti crea quella adrenalina per continuare,
soprattutto più da parte mia che da parte delle ragazze. Quando c'è
club contro club è ovvio che la rivalità ci sia, così come quando
sei in gara con la Nazionale ci sia quella rivalità tra nazioni alla
nostra portata: Cina, Stati Uniti... (ride e poi mi dice che scherza).
-So che segui anche
il basket. Ci racconti qualcosa?
-La mia passione
per il basket nasce all'inizio degli anni ottanta perché nella
frazione di Brescia dove abitavo c'era una squadra di pallacanestro e
anche lì inizio prima ad appassionarmi come semplice tifoso che fa a
seguire la squadra e poi notano la mia propensione a rendermi utile
nel fare qualcosa e nel giro di qualche anno divento direttore
sportivo di questa squadra che è arrivata fino alla serie C. Nel
frattempo, però, la mia professione mi porta ad occuparmi, per il il
giornale per il quale scrivo, di pallacanestro ed entro sempre più
in questo mondo, anche se non era stata la mia disciplina di gioventù
e ,14 anni fa, sono eletto presidente provinciale della Federazione
Italiana pallacanestro, una carica che ho tenuto fino a Marzo di
quest'anno. Poi per “problemi politici” ho abbandonato e mi
limito a scrivere di pallacanestro e a seguire mio figlio che gioca a
pallacanestro.
-Lui il ginnasta
no, eh?
-Assolutamente. Mio
figlio e mia figlia assolutamente no, ma non approfondiamo (ride).
-Tu sei sempre in
giro a seguire le tue ginnaste. Questa cosa toglie spazio e tempo
alla tua famiglia?
-Assolutamente si,
ma sono vaccinati. E' da sempre così. Sono in giro almeno da
vent'anni, anche perché facendo il giornalista sportivo, il sabato e
la domenica lavoro sempre e quindi sono assolutamente vaccinati.
Certo, sentono la mancanza, ma non credo ne venga fatta una malattia.
Fa parte del gioco!
-Per me va bene
così, c'è qualcosa che ci vuoi dire?
-Un mese e mezzo
fa, eravamo già tornati dalle vacanze, i primi di Agosto, c'era qui
in ritiro la Nazionale e suona il campanello, noi apriamo e in
palestra arriva un genitore con una ragazzina e ci dice:”Noi non
volevamo disturbare, scusi, possiamo?”. Gli rispondo: ”Oggi non
c'è problema, prego si accomodi". Questa ragazzina qui era ovviamente
impazzita e quindi sta qui tutto il giorno, finché non escono le
ragazze che fanno anche delle foto con lei.
Solo che il papà
fa un grave errore: va a casa, dopo aver continuato a ringraziarci, e
mi scrive una mail nella quale ci ringrazia per la nostra grande
disponibilità, ci dice che non pensava che ci fossero delle persone
così disponibili e ci dice che lui fa il falegname, quindi se ci
serve qualcosa, è a nostra disposizione: grave errore con noi, con
me e Casella questo è stato un gravissimo errore.
L'abbiamo convocato
per dirgli che abbiamo appena costruito una casetta dove ci sono
quattro posti letto che ha bisogno di una copertura esterna. E'
venuto, ha preso le misure e adesso, in questi giorni, verrà a
posare gratuitamente la pedana di copertura e noi li ospiteremo la
prossima volta. Per questo che ti dico che ha fatto un grave errore!
Questo per farti
capire che ogni tanto c'è qualcuno che viene qui, magari aspetta
fuori perché non ha il coraggio di suonare, ma tanti invece
entrano.
Spesso mi scrivono
le ragazzine, ma spesso dico che non è possibile, però se capitano
qui ed è possibile, li facciamo entrare.
-Folco ,tu lo sai
che se scriviamo qualcosa del genere capiteranno qui per caso anche
da Bitonto?
-Puoi scriverlo,
tanto se non possiamo farle entrare non entrano, non siamo come Via
Ovada che prendono gli appuntamenti per farli andare a vedere.Questa intervista è stata trascritta esattamente com'è stata registrata. Quello che non è possibile trascrivere, sono gli sguardi, i toni, le risate, così come è impossibile trascrivere tutte le ore di chiacchiere tra e me e Folco, due chiacchieroni nati.
Questo è un progetto, o, come preferisco dire io, un viaggio che comincia da qui, ma non finisce qui.
Un viaggio alla scoperta del mondo della ginnastica visto dai suoi protagonisti.
Grazie a Folco Donati e ad Antonella Di Ciancia per il loro assecondarmi nelle mie idee. Grazie davvero, di cuore. Io non devo dirvi nulla perché voi sapete già tutto.
La foto di Folco Donati sul podio é di Antonella Di Ciancia.
La foto di Folco Donati insieme alle ginnaste é di sua proprietà.
io non capisco niente di ginnastica, ma come al solito hai saputo interessarmi!
RispondiEliminaChe bella intervista. Io ho seguito spesso Vite parallele.
RispondiEliminaGrazie :)
EliminaIo "Ginnaste Vite Parallele" l'ho sempre guardato,ma da una visione un pò distorta del mondo della ginnastica artistica italiana....