giovedì 22 ottobre 2015

Una settimana fa: il rientro a Roma

È una settimana che sono a casa, a Roma.


Una settimana senza turni, senza alzatacce alle sei del mattino, senza notti, senza cibo spazzatura, senza assalti alle macchinette in preda alla fame delle tre di notte.
Una settimana senza il buio dell'emissione, senza monitor, senza loghi che spariscono, senza emergenze. Niente di niente.
Senza colleghi (e qui partono i fuochi d'artificio). Tranne qualcuno. In fondo, qualcuno che mi manca c'è. Pochi, pochissimi, molto pochi, quasi nessuno. Immagino che non li rivedrò mai più.
Vorrei raccontare che mi dispiace, ma sarebbe vero fino ad un certo punto.
Mi sono ripresa la mia vita.
Sono tornata a sorridere.
A fare lunghe passeggiate con il mio cane
A godermi Fidanzato e casa mia.
Ho sempre amato il mio lavoro. Credo di non sapere fare altro.
E non sono molto brava a stare a casa senza fare niente. Quindi mi sono inventata un sacco di cose da fare coinvolgendo la mia famiglia strana, ho prenotato un biglietto aereo per Palermo, ho fatto la spesa per un esercito, ho fumato sigarette guardando il panorama dal mio terrazzo.
In fondo, non è colpa mia se, spazio per noi, nella mia azienda non ce n'era più. Succede.
E in fondo non capita tutti i giorni di lavorare per un'azienda che ti paga per stare a casa. Sono certa che molti mi invidiano. E in fondo, mi invidierei anche io se fossi un'altra persona.
E forse adesso, a mente lucida, capisco anche il perchè di alcune scelte.
Ma sono felice. Non sono mai stata così felice in vita mia.
L'aspettativa finirà, bisogna già guardare oltre, ma ho ancora un po' di tempo. E quel tempo voglio farlo mio.
Di tempo ne ho perso anche troppo.
Ho passato la mia vita a inseguire tante cose, a riempire un curriculum già troppo pieno, a cercare il mio posto nel mondo senza rendermi conto che questo posto nel mondo ce lo avevo già.
So schiacciare pulsanti. No, forse dovrei dire che so quale pulsante premere e in quale momento farlo. Mi piace troppo questo lavoro e, ma questo l'ho già detto, è la cosa che mi riesce meglio fare (a questo punto, magari qualcuno dirà: figuriamoci le altre). So fare una diretta. Mi esalto ancora come il primo giorno quando il mio nome comprare su un titolo di coda. Mi esalto ancora di più quando il mio nome lo legge qualcuno che conosco e me lo dice. Fidanzato li fotografa tutti i titoli di coda con il mio nome, abbiamo un book fotografico di titoli di coda. Ho video di backstage di dirette, foto di macchinari.
Qualcuno mi ha detto che dovrei uscire da questo ambiente, dovrei provare l'esperienza di avere una collega, parlare di unghie e capelli invece che di tette e culi. Dovrei. Ma non so se lo farò mai.
L'ho già detto che mi piace proprio questo lavoro? Che mi piace quello che faccio?
Non vedo l'ora di abbracciare i miei genitori, proprio loro che mi hanno sostenuto ogni secondo, che hanno asciugato le mie lacrime a distanza.
Voglio sposarmi. Finire di arredare casa mia. Riposarmi. Non mettere quattro sveglie la mattina per paura di non riuscire a svegliarmi (per la cronaca, mai successo) per un po' di tempo. 
No, non farò un figlio nel frattempo. Me l'hanno già detto in quindici.
Voglio passare il Natale a casa con la mia famiglia. Sono anni che non succede.
Voglio fare l'albero, oggi ho visto le prime decorazioni nei negozi e volevo comprarle tutte.
Voglio riprendere il lavoro, da un'altra parte.
Come si dice? Nuovo lavoro, nuova vita? Non si dice così?
Facciamo che da oggi si dice.



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