sabato 11 febbraio 2017

Lavorare in Svezia

L'azienda per cui lavoro é svedese. E fin qui mi pare che sia chiaro.
È un'azienda nata un pò di tempo fa, che si è espansa un po' ovunque. Quindi ecco: noi siamo ovunque, ma l'azienda resta svedese, infatti la sede principale -o meglio l'headquarter- é a Stoccolma e poi ci sono svariate sedi nel resto del mondo.
Il motivo per cui io sono in Svezia é che il mio reparto é qui e, in questo momento, ho necessità di lavorare a stretto contatto con loro, ma torno, state tranquilli che torno. 
Non è l'unica trasferta che farò. Ce ne saranno altre. Ed è uno dei motivi per cui questo lavoro mi piace così tanto.

La concezione del lavoro in Svezia é un tantino differente rispetto a quella italiana, basti pensare che io continuo ad esplorare i meandri del mio ufficio restando sempre più stupita da tanta magnificenza, mentre giusto oggi un mio collega mi ha detto che questo ufficio è ugly (ricordate Ugly Betty?) rispetto a quello della sua precedente azienda. Ugly. Gli ho detto di venire a lavorare un giorno -non di più che probabilmente il suo cuore non reggerebbe- in Italia e poi ne riparliamo. Ha riso, probabilmente non pensava dicessi sul serio.
Io posso arrivare a lavoro orientativamente quando mi pare e andarmene ovviamente quando mi pare, la cosa importante é finire il proprio lavoro e rispettare eventuali impegni.
La mia settimana é schedulata in modo molto rigoroso, ho parecchi meeting ogni giorno ed é fuori discussione avere un impegno e non presentarsi in orario. Se si lavora da soli o comunque non si hanno meeting, invece, nessuno si preoccuperà dell'orario di entrata o di uscita.
Diciamo che, giusto per avere un'idea, l'orario di arrivo é tra le 8 e le 9 e l'orario di uscita tra le 17 e le 18, ma non c'è una regola. Io arrivo intorno alle 8.40, fatta eccezione per stamattina che avevo da fare e sono arrivata mezzora prima.
Quando ho finito di lavorare posso andare a casa, sono io l'unica responsabile di me stessa.
Nessuno va via dall'ufficio dopo pranzo (per dirne una), ve lo assicuro. È evidente che qui il buon senso ce l'hanno. 
La pausa pranzo dura un'ora, viene fatta di norma dalle 12 alle 13, ma ho pranzato alle 11.40 un giorno. Per dire, eh.
In generale, io cerco di pranzare sempre per le 13 perché oh, in fondo sono italiana e non posso pranzare all'ora in cui generalmente faccio colazione per la seconda volta.
Se vuoi pranzare con qualcuno in particolare glielo chiedi in anticipo e fissi un appuntamento. Un date.
Io sono qui per un periodo limitato di tempo, quindi l'agenda dei miei pranzi é abbastanza piena.
Il mio capo ieri mi ha scritto una mail dicendomi "se non hai nessun impegno domani a pranzo, c'è questa opzione" e io ho sorriso perché oh, fa ridere anche me l'idea di avere l'agenda sempre pienissima, manco fossi la regina (di Svezia ovviamente).
Durante il giorno, se si ha bisogno di una pausa non c'é nessun problema, ci si alza e si va in pausa senza rendere conto e ragione a nessuno. Se la necessità impellente di caffeina, per dirne una, arriva durante un meeting, basta dire: "Facciamo una pausa per un caffè?" e pausa sarà. Le pause non sono conteggiate al secondo, ognuno conosce i propri tempi e sa se ha bisogno di cinque o di venti minuti per riprendersi.
Io un paio di pomeriggi fa, in pausa, ho fatto i pop-corn nel forno a microonde che, ecco, qualcuno lo sa quanto mi piacciono, soprattutto quelli non scoppiati. L'odore si era sparso quasi per tutto l'ufficio ed è iniziata ad arrivare gente. Ammetto di aver fatto fatica a dividere i miei pop corn, ma va bene così.
Ieri invece ho trovato queste caramelle mou. Così, per dire.


Due giovedì al mese c'é il pranzo aziendale tutti insieme che, con somma gioia di molti, è vegetariano. Io non sono tra questi molti.
Il venerdì alle 15 c'é la pausa del venerdì, non saprei come chiamarla. Si fa merenda tutti insieme, si brinda, si beve qualcosa, si mangia e poi, chi vuole, può andarsene a casa.
Il mio capo ieri mi ha detto, dopo una merenda a base di prosecco e salumi (tutto italiano, per altro) che se volevo potevo andare. Io avevo ancora da fare e lui non si capacitava di come potessi voler rimanere ancora in ufficio. "Se tu mi dici che posso andare via quando mi pare, a me viene voglia di restare e lavorare" avrei voluto dirgli.

Per saperne di più sul mio ufficio svedese, cliccate qui.

14 commenti:

  1. Te lo posso dire?? Che invidia (buona eh...), un posto così me lo sogno la notte! Ricordo gli orari assurdi e le pause pranzo flash dei miei precedenti lavori...ok sono ambiti diversi ma il principio dovrebbe essere lo stesso "l'importante è fare il tuo lavoro"...o nO??

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    1. Il principio dovrebbe essere lo stesso, anche perchè così si lavora meglio. Molto meglio.

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  2. qua invece abbiamo i furbetti. Se anche da noi venisse adottato questo sistema che a me piace tantissimo, sona sicura che gli uffici rimarrebbero vuoti!!!!

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  3. Sottoscrivo quello che hai "detto". L'importante è fare il lavoro e non quante ore uno lavora, puoi prenderti tutte le pause di cui hai bisogno e il caffé/te/cioccolato/ecc te lo pagano loro e spesso anche i dolcetti/panini per la fika :-). Però devi pensare che stai raccontando di un'azienda privata (mi sembra di aver capito) e del tuo "settore", non so esattamente con che cosa lavori. Voglio dire se uno lavora nella sanità per esempio, a contatto con il pubblico ecc non è che funziona così, "ok, in questo momento non ci sono pazienti io vado a casa!". Se lavori in fabbrica, al supermercato, in negozio ecc non funziona così. Oppure per lo stato, come faccio io, è vero che nessuno mi controlla, prendo le pause di cui ho bisogno e posso lavorare da casa però devo registrare tutto quello che faccio in un database (si controllano come i soldi statali vengono usati, mi sembra giusto), ogni ora devo scrivere quello che ho fatto e alla fine devo aver lavorato in media 40 ore alla settimana. Io ho lavorato per l'università, per una ditta privata ed ora lavoro per lo stato, ho visto quali sono le differenze. Lavorare in Svezia ha molte sfaccettature, però probabilmente l'ambiente e le condizioni lavorative sono migliori di quelle italiane.

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    1. Io lavoro nel settore broadcasting ed è ovvio che se sei un cardiochirurgo non lasci un paziente con il cuore in bella vista per andare a casa ;)
      Il paragone è con aziende dello stesso settore in Italia, visto che faccio questo lavoro da anni :)

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  4. Hanno un senso civico che molti di noi dovrebbero imparare, invece da noi fanno i furbetti alle spalle nostre o del titolare.
    Io, abituata a dipendere da me stessa, pretendo molto da me e se inizio un lavoro non smetto finché non l'ho portato a termine eppure, o lo faccio io o nessun altro, potrei procrastinare e invece non ci riesco.

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    1. Io avevo colleghi che a lavoro non ci venivano proprio se sapevano che il capo non c' era, chiedendo ad altri di coprirli. Capito, si?

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  5. Sarebbe bello che un lavoro così ben organizzato fosse diffuso anche in Italia; purtroppo per colpa di tanti furbetti da noi devi stare attento più alle regole che al lavoro (di cui spesso non frega niente a nessuno). Io per un lungo periodo ho goduto di grande libertà (niente cartellino da timbrare, ecc.), ma ero sempre tra i primi ad arrivare e gli ultimi ad uscire. Poi ho cambiato lavoro ed è cambiata anche la musica...

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    1. Io lavoravo in un' azienda dove non si timbrava il cartellino ed era un vero disastro!

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  6. Se ti piace il lavoro che fai, lavori a prescindere dalle condizioni. Credo valga un po' per tutti... ;)

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    1. Insomma...io a determinate condizioni non lavorerei mai, non bisogna mai svendersi ;)

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  7. Direi che non so come tu sia finita li, ma ti sta andando di lusso

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