mercoledì 31 agosto 2016

Com' è possibile che non se ne rendano conto?

"Com' è possibile che non se ne rendano conto?" era la frase che mi mancava.
L' ha scritta Valentina, in un commento sul mio profilo Facebook, quello personale.
Se fossimo ad una riunione in stile Alcolisti Anonimi mi piacerebbe che tutti dicessero in coro "Grazie Valentina", ma non me ne vorrà se grazie glielo dico solo io.
"Com' è possibile che non se ne rendano conto?" è la frase che mi mancava, quella con la quale posso dare una risposta a tutto quello che mi frulla per la mente ultimamente.
Non sono una persona simpatica,a dire il vero sono piuttosto antipatica, ma sono buona. 
Dico sempre di si e, a volte, come tutti, prendo certe padellate in faccia che fanno male. 
Parlo tanto io, sono una gran chiacchierona, ma quello che mi affligge me lo tengo per me. Sono fatta così.
Male, sono fatta male probabilmente.
E a volte mi ritrovo ad aver frantumate le palle dalle domande e dalle considerazioni altrui.
E il lavoro.
E i figli.
E la casa.
E il cane.
E il matrimonio.
E i marò, che ci stanno sempre bene.
E andiamo di qua.
E andiamo di là.
E fai questo.
E fai quello.
E perchè non fai così.
E perchè non fai colì.
E perchè non sei così.
E perchè non sei colì.
E secondo me dovresti fare questo.
E invece secondo me dovresti fare quello.
E come mai non sai fare questo.
E come mai sai fare questo, ma non quello.
E perchè non cucini così.
E perchè non vai da quel medico lì.
Vado avanti o è abbastanza chiaro così?
"Mollami" risponderei se fossi milanese.


Io, invece che milanese non sono, alle domande invadenti, cerco sempre di rispondere in modo educato. Ci provo.
Ai consigli non richiesti pure.
Ai pareri idioti anche.

Ci provo, ma non so se ci riesco.
Mi mette a disagio dover dire ad una persona:" Sei un imbecille, non mi rompere le scatole".
A volte, però, perderebbe la pazienza anche il Dalai Lama. 
Io però la pazienza non la perdo mai.
Non so come sia possibile, sono tanto antipatica, quanto paziente.
Vorrei essere simpatica e non avere la pazienza.
Quando distribuivano la pazienza e la simpatia, ho evidentemente fatto la fila sbagliata
Poi, però, mi rode il fegato. 
Vorrei che le domande inopportune non mi venissero fatte.
Vorrei che le cose stupide non mi venissero dette.
Vorrei che, qualora fossi io a fare una domanda inopportuna o a dire una cosa stupida che urta la sensibilità del mio interlocutore, mi venisse fatto notare. Chiederei scusa. 
Qualche anno fa, forse, avrei fatto fatica a chiedere scusa, ma ho scoperto che è una cosa che fa bene al cuore e alla mente.
"Com' è possibile che non se ne rendano conto?" ha detto Valentina. 
Ha ragione lei, forse non tutti si rendono conto di essere inopportuni. Forse anche io faccio parte di quelli che non si rendono conto.
Impariamo a renderci conto allora, proviamoci. Tutti insieme, un pò come farebbero gli Alcolisti Anonimi.


La foto è di Samira El Bouchtaoui.
Mentre scrivevo questo post, non so perchè pensavo a Samira.
Sono andata a cercare tra le sue foto sperando di trovarne una adatta a questo post. Ho trovato subito questa foto che mi trasmette serenità e spensieratezza.
Sami non mi delude mai. E due righe tutte per lei, se le meritava.

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domenica 28 agosto 2016

Se la terra trema

Sono in vacanza da ormai un mese.
Non facevo una vacanza così lunga dall'estate del diploma, nel 2004.
In Sicilia, dove sono, il terremoto non è arrivato, l'ho scoperto la mattina alle 8 quando ho guardato il cellulare e ho trovato decine e decine di messaggi.
Se fossi stata a casa mia, probabilmente l'avrei sentito perchè così è stato per tutti quelli che abitano nei dintorni.
L'unica volta che ho sentito la terra tremare, in piena notte, avevo sedici anni. 
Credo che il terremoto sia una delle cose più spaventose che esistano: la terra trema e sei sopraffatto dalla paura.
Conosciamo qualcuno che era lì, nei pressi di Amatrice, la notte del terremoto, ma sta bene. Sotto choc, ma sta bene.
Altri non sono stati più fortunati.
C'è gente che scava da giorni. La speranza di trovare qualcuno ancora vivo diventa sempre più flebile, ma ci si prova lo stesso.
C'è altra gente che cura chi si è salvato, anche se le ferite dell'anima probabilmente saranno difficili da curare. Il tempo lenisce ogni dolore, dicono.
C'è chi si occupa dei bambini, alcuni sono rimasti soli e io non credo ci sia qualcosa di più brutto che restare soli al mondo.
C'è chi prepara da mangiare, chi si occupa delle tende.
L'Italia si è mobilitata in fretta, come sempre in questi casi.
Chi ha potuto ha dato una mano, chi non ha potuto non va colpevolizzato. Ognuno fa quel che può.

Qualcuno ha detto "armiamoci e partiamo", ma non è una buona idea.
Una come me, ad esempio, ad Amatrice o ad Accumuli non andrebbe a fare nulla, darebbe solo fastidio.
Non sono un'infermiera, nè un medico.
Non sono un vigile del fuoco, nè faccio parte della Protezione Civile, nè della Croce Rossa.
Sarei d'intralcio. Occuperei un posto letto di cui qualcuno ha più bisogno, non potrei nemmeno sbucciare un frutto ad un bambino perchè la frutta non posso toccarla.
Come me, ce ne sono tante di persone che probabilmente sarebbero d'intralcio.

Qualcun altro ha detto "organizzo una raccolta di vestiti o di giocattoli".
La protezione civile è satura di cose, le organizzazioni spontanee sono tanto belle, quanto probabilmente inutili. 
Ogni paese, ogni tendopoli, ogni sopravvissuto ha delle esigenze che probabilmente noi comuni mortali non comprendiamo.
Ci sono i canali ufficiali, basta chiamare chi di competenza e chiedere se serve qualcosa o se magari servirà qualcosa tra qualche tempo.
Non si può passare per portare coperte o cibo, le strade sono aperte solo per chi è del mestiere.
Ed è giusto così.

L'emergenza sangue sembra essere rientrata, ma di sangue c'è bisogno sempre.
Il sangue si conserva solo per un periodo limitato -circa 40 giorni- dopo viene buttato, quindi anche questa è una cosa che va fatta con intelligenza.

Amatrice - Orologio fermo all'ora della prima scossa
Il problema non è oggi, il problema per chi sotto le macerie ha perso tutto ci sarà anche domani.
Arriverà l'autunno, poi l'inverno e ci sarà gente che avrà ancora bisogno di tutti noi.
I comuni colpiti avranno bisogno di ripartire, proveranno a farlo e io spero che ci riescano. Me lo auguro. 
Non sarà facile, come non lo è mai in questi casi.
Non so cosa voglia dire perdere tutto, non posso capire davvero.
Però, davvero, non dimentichiamo domani quello che è successo, non dimentichiamo queste persone.


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martedì 16 agosto 2016

Ciao Vanessa, grazie di tutto!

Ciao Vanessa,
da giorni pensavo e ripensavo a cosa avrei potuto scrivere domani su di te, alla gioia incontenibile che tutti avremmo provato, a quanto bello sarebbe stato il mondo.
Domani non ci sarà, c'è oggi ed è un oggi che fa parecchio schifo.
Ci siamo incontrate tante volte, tra una gara e l'altra e soprattutto a casa tua, al Palalgeco, le cui porte mi sono sempre state spalancate da Folco. Ogni volta che sono passata da Brescia, tu eri lì ad allenarti.
Ti hanno sempre definito antipatica, io ho sempre pensato che, in fondo, nonostante tutte le invasioni da parte delle persone nella tua palestra, eri sempre educata e gentile.
Non sei mai stata la mia ginnasta preferita, ma ho sempre avuto per te un amore particolare, quello che si da solo ai campioni.
Ogni volta che ti hanno data per spacciata, ho pensato che se andavi avanti, c'era un motivo e nessuno meglio di te poteva sapere come davvero stavi. I campioni, d'altronde, non si arrendono.
Non mi dilungherò a elencare il tuo palmares e non mi metterò nemmeno a raccontare la tua storia di ginnasta.
Oggi c'era tanta tensione nell'aria, ho letto e scritto decine e decine di messaggi che avevano te come protagonista, abbiamo aspettato la finale con un'ansia tremenda.


Mio padre, che di ginnastica non capisce nulla, mi ha chiesto per tutta la gara com'era l'esercizio dell'una o dell'altra, mi ha visto nervosa quando mi sono resa conto che l'insidia è arrivata da dove meno ce l'aspettavamo, abbiamo tifato Erika e a te abbiamo regalato il silenzio, quel silenzio che si regala solo ai campioni.
Ho chiuso gli occhi a quell'arrivo un pò sbavato, ho pensato che non era possibile.
È vero però che la ginnastica è fatta di giudici, sono loro che decidono e a volte le loro decisioni lasciano perplessi. E allora ho pensato: "Vi prego, dateci la medaglia che è nostra, datecela anche se forse oggi non ce la meritiamo completamente, datecela per tutto quello che è stato fino ad oggi, datecela perchè ce ne avete rubata una in modo clamoroso, datecela e basta senza farvi troppe domande, non dateci un altro legno perchè sarebbe troppo amaro da digerire".
Non so se tu abbia pensato qualcosa di simile, ma so che ci hai sperato fino alla fine.
Quando è uscito il punteggio sono scoppiata a piangere disperata, so che le mie lacrime non sono niente in confronto alle tue, così come non valgono nulla le lacrime di nessuno che non sia tu, ma è stato un dolore enorme.
Si lo so, sembrerò ridicola, ma questo è. Sarei ipocrita se dicessi che non è stato tremendo.
È pure peggio di Londra, non credevo fosse possibile, eppure è così.
Potevano darci il bronzo, potevano farlo e non l'hanno fatto. 
E io penso che non sia giusto per tanti motivi.
Così come penso che non sia giusto che la tua carriera finisca così, non posso sopportare la ginnastica senza di te, ci sei sempre stata da quando guardo la ginnastica e vorrei che ci fossi per sempre.
Ma se non cambierai idea sul tuo ritiro, lo capisco.
Eri a Rio per la ciliegina, la torta l'hai già avuta. L'abbiamo avuta tutti grazie a te, quindi ti dico grazie di cuore per questi dieci anni pazzeschi in cui tante volte ci hai fatto sognare.

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"Ti hanno inventato il mare"

Qualche tempo fa, una persona mi ha detto che non gli piace il mare.
Io devo aver fatto una faccia strana -faccio davvero fatica a mascherare le cose- e questa persona mi ha detto che, essendo isolana, probabilmente non avrei mai davvero compreso chi dice di non amare il mare.
Quando ero bambina, pensavo che tutte le città avessero il mare, denotando sin da piccolissima non solo una scarsa attitudine per la geografia che mi accompagna ancora adesso.
Ho imparato a nuotare prima che a camminare.
Ho imparato a rispettare il mare che è tanto bello, ma sa essere anche tanto cattivo.
Ho imparato a guardare il mare e a perdermi nel suo blu.








Tutte le foto sono scattate a Palermo.

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giovedì 11 agosto 2016

Quando il cibo ti uccide

In questi giorni, è stata presentata una proposta di legge che mira a perseguire penalmente quei genitori che impongono ai minori di sedici anni una dieta priva di elementi essenziali per la crescita sana ed equilibrata del minore stesso.
È evidente che la proposta di legge vuole colpire quei genitori che impongono ai propri figli una dieta vegana.
Non mi soffermo ad analizzare il veganesimo perchè, francamente, mi interessa molto poco quello che mangiano gli altri, almeno finchè non vengono a rompere le scatole a me.
Da qualche parte sul web, ho scritto, in risposta ad un articolo sulla questione, che trovo -in linea generale- sbagliato che un genitore imponga qualsiasi cosa ad un figlio che, non lo vorrei dire, non è una sua proprietà, ma prima di tutto una persona.
Comprendo l'impossibilità per un pargolo di dieci mesi di spiegare in modo accurato alla mamma cosa vuole o non vuole mangiare, anche se mia madre racconta sempre che io ero già un'emerita rompiscatole già nei primissimi mesi di vita.
È passata alla storia quella volta in cui mia madre, proprio a dieci mesi, voleva propinarmi le pappine insapore e io ho azzannato una sogliola intera, piangendo infastidita quando era finita e nessuno si premurava di darmene un'altra. Accuratamente spinata, ovviamente.
Una serie di madri si sono schierate a favore dell'imposizione nei confronti dei figli di quelli che vogliono i genitori, che sia la scelta della scuola, dello sport o, viene da se, dell'alimentazione.


Ad un certo punto, una di queste mamme, ha tirato fuori il sacrosanto diritto di un genitore di imporre delle cure, facendo un discorso per me un tantino troppo elaborato da capire ad Agosto mentre sono in vacanza e ho spento il cervello, se legate all'alimentazione.

Ho una patologia legata al cibo, non è un segreto.
Una patologia che, da quindici anni, tre mesi e quattro giorni condiziona la mia vita.
5598 giorni.
799 settimane e 5 giorni.

Esattamente metà della mia vita. 
Una vita di m***a da questo punto di vista, anche se nessuno -a parte i miei genitori e il fidanzato- lo direbbe mai.
Quando si dice allergie alimentari, la gente pensa che al massimo ti vengono le bolle e ti gratti un po'. 
Nel mio caso -e in quello di qualche altro sfigato- non è così (qui per saperne di più).
È un attimo che non si respira più, che i polmoni ti fanno ciao come le caprette di Heidi e poi si ferma anche il cuore. Nel frattempo, l'intero corpo smette di rispondere e si perdono, man mano, tutti i riferimenti: i cinque sensi ti salutano a poco a poco e, ve lo assicuro, non sono sensazioni troppo piacevoli.
Esiste un farmaco che può rallentare o fermare tutto questo, se si ha la prontezza di auto somministrarselo (o si trova qualche baldo giovane volenteroso, ma io ancora non l'ho trovato), a patto e condizione di correre comunque in ospedale.
Io, per scelta, ho sempre abitato nei pressi di un ospedale, il mio criterio di valutazione di una casa -che sia da prendere in affitto o da acquistare- è sempre stato condizionato dalla vicinanza o meno di un ospedale.
Vengo portata in ospedale, in codice rosso, circa una volta al mese.
Una volta che mi hanno dato un codice giallo alto mi sono pure offesa.
Non mangio tantissimi alimenti, così come non mangio alimenti che potrebbero contenere anche solo un traccia di moltissimi altri alimenti.
Rischio ogni istante a causa della contaminazione, mi basta che qualcuno non abbia lavato una padella con cui ha cotto qualcosa a cui sono allergica a 495° per almeno sette ore di fila e compariranno le caprette che fanno ciao.
Se un cibo entra in contatto con un altro cibo (basta che si trovi all'interno dello stesso frigorifero) a cui sono allergica, arrivano le caprette.
Mi sono sensibilizzata ad una proteina contenuta praticamente in tutti i cibi del creato e devo dosare la misura in cui ingerisco i vari alimenti che contengono questa proteina nel corso di una stessa settimana, dello stesso mese, dello stesso anno, altrimenti caprette.
Caprette ovunque. Ah no, erano i polmoni che facevano ciao come le caprette. Insomma, ci siamo capiti.
Nonostante questo, io mangio. E sono anche cicciotella, come le atlete del tiro con l'arco.
Vivo una vita normale, anche se, intorno al cibo, ruota buona parte della nostra esistenza.
E qui torniamo alla parte iniziale del mio discorso: io ho sempre scelto autonomamente come affrontare questo problema. I miei genitori non si sono mai permessi di imporre nulla relativamente alla mia alimentazione e al modo in cui ho deciso di curarmi, ammesso che di cura si possa parlare.
Io sono peggiorata con gli anni, eh.
All'inizio non era così.
A dire il vero, va sempre peggio, ogni tanto quando arrivano le cattive notizie mi faccio anche un piantarello. Esco sempre piangendo dai controlli, a dire il vero.
Oh certo, sono stati i miei genitori ad armare una lotta senza uguali quando ero adolescente per farmi riconoscere una serie di tutele che ai tempi non esistevano, ma erano -oltre che i miei genitori- anche i miei tutori legali e io ero minorenne. Stavo per compiere quindici anni.
Nessuno di noi ha realmente scelto l'allergologo che mi ha avuto in cura per 14 anni e mezzo. All'epoca, nell'unico reparto di allergologia di un ospedale pubblico a Palermo, c'era solo lui. Negli anni, però, sono stata io a confermare, anno dopo anno, la mia scelta di affidarmi a lui.
Abbiamo consultato diversi specialisti -o sedicenti tali, visto che siamo incappati anche in alcune fregature- e sono stata io a scegliere di non vederli mai più.
Una volta dissi proprio: "Mamma, a me questi rimedi da sciamano del Dottor Tal de Tali, mi sembrano inutili, non mi interessano".
"Ok" fu la risposta.
Quel sedicente medico è rimasto, nei secoli dei secoli, lo Sciamano. Lo chiamo ancora così, quando capita di parlarne.
Quando mi fu proposto di entrare in un programma di sperimentazione -o di fare la cavia, come ho sempre detto io- sono stata io a scegliere di non prendere nemmeno in considerazione l'idea. Con delle motivazioni che all'epoca -ma anche adesso, in realtà- mi sembravano valide.
Quando hanno proposto ai miei genitori -io ero minorenne- di fare un percorso riabilitativo, sono stata io a dire che non se ne parlava proprio. Negli anni, dopo che alcune persone ci hanno provato con risultati non solo scarsi, ma anche rischiosi per la propria vita, la mia scelta si è dimostrata giusta.
I miei genitori hanno cercato ovunque una possibilità di restituirmi la vita che avevo prima sperando che qualche parte esistesse una cura o qualcosa di simile, sono stata io  a dire di smettere di cercare, nella speranza, però, che un giorno la medicina faccia dei passi avanti tali da permettermi di mangiare di nuovo quanto meno la Nutella e le fragole.


Sono stata io a scegliere di cambiare allergologo e ospedale per una questione logistica, più che per altro. L'allergologo l'ho scelto io.
A trent'anni suonati, però, ai controlli semestrali, ci voglio andare con la mamma, ma questa è un'altra storia.
Sono io, ogni giorno, a scegliere come gestire la mia alimentazione e lo faccio adesso, che sono adulta, così come lo facevo quando ero adolescente.
Le mie scelte sono sempre maturate dopo aver valutato con dei medici super competenti la situazione e dopo aver, ovviamente, indetto riunioni a cui tutti i membri della famiglia sono costretti a partecipare. 
Guardandomi indietro, so di avere fatto scelte sbagliate a volte, di essere stata poco attenta altre volte, ma l'ho fatto con la mia testa.
Nessuno mi ha mai imposto delle cure o delle scelte al riguardo, nemmeno quando ero minorenne.
E sono fiera di avere dei genitori che non hanno mai pensato che imporre sia la soluzione giusta per curare un figlio  che ha già delle difficoltà oggettive.
Forse, da adolescente, se mi avessero imposto qualcosa, avrei mangiato un kg di Nutella per dispetto, non rendendomi conto che il dispetto l'avrei fatto in primis a me stessa.
E invece, adesso, riesco persino a controllare la bava in stile Mastino Napoletano quando vedo qualcosa che vorrei mangiare, ma non posso.

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mercoledì 10 agosto 2016

Chi ha paura del blog cattivo?

Un blog non è un mezzo di informazione.
Serve per condividere fatti, pensieri e altre amenità simili.
Avere un blog non è un lavoro, ma può diventarlo.
In ogni caso, tenere un blog a me fa rilassare. Certo, potrei iscrivermi ad un corso di boxe e scaricherei la tensione nel migliore dei modi, ma ecco, diciamo che preferisco scrivere al sudare prendendo a pugni qualcuno o, nella peggiore delle ipotesi, un sacco.
Che poi forse il problema è più il sudare che il sacco, ma tant'è.
In giro per il web si trovano un sacco di blog a tema, tra i più gettonati ci sono i mummy blog, i food blog e i fashion blog.
Questo blog non rientra in nessuna delle tra categorie, oserei definirlo più un fancazzismo blog, ma poi pare brutto, quindi lo farò rientrare nei life style blog e buonanotte al secchio.

I post di questo blog spaziano tra gli argomenti più vari, praticamente quello che succede, io scrivo. 
A volte accumulo cose da raccontare -come ad esempio in questo periodo che non so di cosa scrivere prima- che poi magari non sono poi così interessanti, ma al massimo chi legge aprirà il post, lo troverà insulso e cliccherà sulla X per chiudere tutto, sperando di dimenticare in fretta le castronerie appena lette.
Qualche tempo fa, ho scritto un post che è stato molto letto, pure troppo considerato l'orario e il giorno di pubblicazione avrebbero fatto rabbrividire pure il meno esigente dei social media manager. Che poi chissà, magari qualche social media manager si è davvero suicidato vedendo cotanta strafottenza nei confronti delle regole dei guru del web.
Un post interessante, carino, come ne ho scritti tanti, ma tanti altri (cliccate qui per leggerlo) e si, insomma, mi hanno chiesto di rimuoverlo.
No davvero, mi hanno chiamata per chiedermi di rimuoverlo perché un tizio si è sentito offeso. 
Che poi io nel mio post parlavo di donne, mica di uomini, quindi non so come un uomo si sia potuto sentire chiamato in causa e, di conseguenza, si sia offeso. Non conoscendo il tizio in questione non so se soffre di manie di persecuzione.
Che poi io lì per lì ho detto che avrei guardato il post non appena avrei avuto a disposizione un pc.
Ho chiesto un parere a svariati professionisti -chiamiamoli così- che mi hanno intimato di non rimuovere un bel niente, al massimo di offrire il diritto di replica.
E così, dopo altre insistenti richieste -a tratti maleducate- di rimuovere il post mi sono sentita dire che:
Tanto ormai le visualizzazione le avevo fatte.
A belli, ma mica è una questione di click. E poi io non mando i dati di Analytics a nessuno, me li guardo io quando non ho proprio da fare e solo se nelle vicinanze non ci sono Pokèmon da acchiappare.
Al tizio non interessava il diritto di replica perché questo è un blogghino e non un giornale.
A parte che, se chiami blogghino la mia creatura, se anche potevo pensare di venirti incontro, a questo punto non lo faccio manco dopo morta, ma poi, se non è un giornale e quindi non puoi nemmeno degnarti di dire la tua perché ti abbasseresti ad un livello che a quanto pare non ti appartiene, che ti frega di quello che c'è scritto?
Il tizio rischiava di perdere credibilità.
Come fa a perdere di credibilità una persona che non viene nominata e della quale non sapevo nemmeno l'esistenza, attendo di ricevere informazioni in materia.
Il tizio minacciava querele anche se non ce n'erano gli estremi.
Querele a chi non si è capito, forse ce l'aveva con me, non saprei.
Sarebbe carino querelare una persona perché racconta un fatto accaduto alla presenza di decine di persone, in cui l'unica parte offesa era la sottoscritta. 
Sottoscritta che, per altro, della maleducazione altrui se ne frega abbastanza, al massimo ci si fa una risata.
Un blog è solo un blog.
Vero, ma allora perché vi preoccupate tanto di  quello che viene raccontato in un blog? Posso capire se fosse qualcosa di falso, ma se è vero, che problema vi crea? Che fate brutta figura? Ma non era solo un blogghino? E allora chi ha  paura del blog cattivo?
Che poi dai, siamo nel 2016, nemmeno Benny avrebbe chiamato una inutil blogger -come sono stata gentilmente definita- per rimuovere un post solo perché un tizio sconosciuto piange con altri tizi che non c'entrano nulla con il blog in questione perché non gli sta bene che vengano raccontate cose che nemmeno lo riguardano personalmente.


Censura? Minacce? Ad un blogghino che ormai le visualizzazioni le ha fatte?
Dai su ditemelo: chi ha paura del blog cattivo?

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sabato 6 agosto 2016

Essere terroni d'estate

Agosto. Caldo. Molto caldo.
Appartengo alla generazione di quelli che al sud il lavoro non l'hanno praticamente manco cercato -tanto non lo avremmo trovato- e, in gran parte, manco ci hanno studiato.
Lavoro e studio dalla capitale in su, al sud solo per le vacanze. 
Sono arrivata a Palermo il primo Agosto, a bordo di un volo RyanAir un po' troppo affollato, un bambino che prendeva a calci il mio sedile e sua sorella che prendeva a calci il sedile del mio vicino.
L'aeroporto di Punta Raisi completamente ristrutturato e uno scirocco spaventoso.
La strada che dall'aeroporto porta fino in città è un'autostrada a due corsie. Non si paga, niente caselli e Telepass. A sinistra il mare, a destra la montagna.
Con l'occhio critico di una trentenne anche qualche casa abusiva che, grazie al condono, adesso è perfettamente in regola e che sta lì da quando ho memoria.

Fame. Mi si apre lo stomaco quando arrivo a Palermo, una fame selettiva dico io perché sono interessati solo una serie di cibi che, negli anni, ho imparato a non dare troppo per scontati..
Tenerumi come se piovesse, cotti, crudi. Foto di rito al pentolone pieno di pasta coi tenerumi freschi freschi che io capisco che fare le foto al cibo è da poveri, ma i tenerumi una foto se la meritano sempre. Esistono per essere prima fotografati e poi mangiati, te lo dice proprio il venditore di tenerumi che non so come si chiama, ma sicuramente ha un nome.


Brioche col gelato. Un'enorme brioche col gelato. Mangio il gelato solo per mangiare la brioche, io di solito durante l'anno al gelato non ci penso mai.

Foto alla brioche col gelato. Commenti del padre polentone che ancora, dopo più di cinquant'anni a Palermo, si chiede come si fa a mangiare il pane col gelato.
Non è pane, è brioche. Il pane è solo di rimacino
Mia madre, prima di venirmi a prendere in aeroporto, è passata al panificio. Non un panificio qualunque, ma quello di Francesco che io, se il pane non è di Francesco, non lo mangio.
Io mi ricordo suo padre e lui si ricorda di me bambina.
Comunque, dicevo: mia madre prima di venirmi a prendere è andata da Francesco.
"Quattro bocconcini, due di rimacino"
"È arrivata Gilda?" ha chiesto Francesco.
"Si, è arrivata"
Il giorno dopo sono andata a salutare Francesco e ho appiccicato le mie manine al bancone.
"Stai guardando il gelo? Quello non lo puoi mangiare, ci sono i pistacchi, però puoi prendere la crostatina se vuoi il gelo"
"Crostatina al gelo, aggiudicato"
Io il gelo di mellone lo saprei anche fare, ma lo mangio solo a Palermo e non di certo fatto da me visto che togliere i semi dall'anguria é un lavoro sfiancante.

E poi alle 9 del mattino -tutti i giorni, tranne il sabato e la domenica- si va al mare. Che io lo so che voi sapete che faccio una fatica boia a svegliarmi presto la mattina, ma al mare ci si va la mattina che è l'unico momento in cui il sole non mi schiva.
Lavare faccia, denti, mettere costume, trasferirsi a dormire al mare. Svegliarsi, fare il bagno, rimettersi a dormire. Svegliarsi, salire a casa a pranzo che a me appollaiata sugli scogli, sotto al sole cocente,  mi si chiude lo stomaco e poi, nel caso, tornare il pomeriggio dopo aver cambiato il costume che non sia mai sedersi a tavola con il costume bagnato addosso.
Il sabato e la domenica non si va al mare perché c'è confusione, si va al villino o in barca. 
Tutti hanno un villino o una barca.
Tranne la sottoscritta, ma questo è secondario visto che, nonostante la mia nota antipatia, ho tanti amici.
Che poi diciamo le cose come stanno: io a Palermo dormo talmente bene che non ho bisogno di dormire almeno dodici ore a notte.
Tre ore di sonno e sono completamente ricaricata che, davvero, manco a quattro anni dormivo così poco.
E vuoi mettere che ci sono gli zii e i cugini? Bisogna capire che tutta la mia famiglia abita nel raggio di due km e io da mia cugina ci potrei andare pure a piedi. Potrei, ma non lo faccio che qua se non si parcheggia  la macchina a 3 metri dalla meta, tanto valeva lasciarla a casa.

E sempre lei la fame atavica: prima di dormire non si può non mangiare un pezzo di rosticceria. O un cornetto con la ricotta di pecora che si può ancora sentire il beeee della pecorella.

E la mamma che ti rifà il letto che "figlia, tu non sei capace di fare il letto come si deve". 
E -sempre secondo mia madre- non so nemmeno lavare i piatti, fare il bucato, piegare le mutande. 
E, quindi come tutti i terroni, d' estate torno a fare la figlia.
Figlia di sette anni da compiere, ovviamente.


Nb. A Roma, se mi ricordo di comprarlo, mangio anche il pane del discount.
Vado al mare e non mi porto dietro il costume di ricambio.
Faccio il letto ogni mattina.
Lavo i panni, li stendo e -talvolta- li stiro anche.
Non lavo i piatti, quello mai.

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