Leggo di mamme che si scannano per tutore si, tutore no, doppio pannolino si, doppio pannolino no.
Mamme che si rifiutano di curare i loro figli perché il tutore sarebbe invalidante. A sei mesi, un'età di cui non si hanno ricordi.
Sto parlando di displasia dell'anca.
Ne sto parlando con le orecchie che mi fumano.
Con la parola invalidante che mi rimbomba nelle testa.
Facciamo un passo indietro: le anche sono una delle prime cose che viene controllata ad un neonato.
Se si fanno questi controlli è perché la displasia dell'anca è purtroppo molto diffusa.
Nei neonati viene curata in modo semplice e indolore con il doppio pannolino o con un tutore che tiene le gambine cicciose divaricate curando, in modo naturale, il problema.
Ci vuole tempo, qualche mese o, in alcuni casi, addirittura un anno, ma permette di vivere bene per il resto della vita.
Per alcune mamme, il doppio pannolino o il tutore sono invalidanti e no, non si può rovinare la vita -che poi, in realtà, è solo qualche mese- ad un neonato, quindi è giusto che la malattia -perché questo è- faccia il proprio corso. IL PROPRIO CORSO.
Conosco un bambino di cinque anni a cui è stata diagnostica una displasia congenita bilaterale del grado più grave. A cinque anni, quindi non curabile con un tutore o il fantomatico doppio pannolino.
Una diagnosi tardiva di un problema che, preso in tempo, sarebbe stato curato con buona pace di tutti.
Sul motivo per cui questa diagnosi è stata fatta così tardi non mi dilungo.
Questo bambino, dai cinque ai dieci anni ha subito cinque operazioni. In anestesia totale. Ogni singola operazione è durata ore, molte ore.
La prima operazione era programmata in un ospedale pubblico, ma non è mai stato trovato il posto in sala operatoria per questo bambino, quindi l'unica soluzione era rivolgersi ad una clinica privata.
Dieci, venti milioni di lire ad operazione. E dieci milioni, negli anni '80, erano tanti soldi.
Oh si, lo so che la salute non ha prezzo, lo so bene. Ma non tutti nascono miliardari.
Dopo ogni operazione, questo bimbo ha portato il gesso per almeno sei mesi. SEI MESI. Passati a letto, ad annoiarsi, saltando la scuola, aiutato da un compagnetto di classe a non rimanere troppo indietro rispetto agli altri.
Questo bimbo amava il calcio, ha sempre detto che sarebbe diventato un calciatore. A calcio non ci ha mai potuto giocare perché le sue anche malandate non lo hanno mai permesso.
Questo bimbo ha sempre zoppicato, gli altri bambini lo chiamavano Gambadilegno, anche se una gamba di legno non ce l'ha mai avuta. Ha delle lunghe cicatrici, una a destra e una a sinistra che, a volte, a distanza di anni, sanguinano ancora.
Le cinque operazioni non hanno risolto il problema. Il medico che lo ha operato è sempre stato chiaro con i suoi genitori: non è guarito, gli stiamo solo permettendo di camminare, ma un domani si dovrà intervenire ancora.
Non so quanto questo bimbo abbia sperato che quel domani non arrivasse mai.
So però che quel domani è arrivato, inesorabile, allo scoccare dei trent'anni del bimbo.
Il bimbo, ormai uomo, un giorno non ha più camminato.
E' stato portato in ospedale. Poi da uno specialista. Aveva il femore in necrosi, oltre alle anche completamente fuori asse, consumate, distrutte.
Gli è stato detto che o si operava o, nel giro di poco, non avrebbe camminato. Mai più.
Si è operato, ha messo due protesi. Ha fatto l'intervento ad entrambe le anche contemporaneamente.
Vorrei raccontarvi di quanto schifo facciano i drenaggi, i cateteri, le ferite che un'operazione del genere lascia.
Vorrei raccontarvi che non è stato possibile aprire ancora le cicatrici già presenti perché già troppo compromesse e che è stato necessario aprire da un'altra parte, creando altre due cicatrici, altrettanto lunghe e orribili.
Vorrei raccontarvi dei mesi di riabilitazione, della fatica di questo bimbo cresciuto e di chi gli stava accanto. Vorrei raccontarvi di quei mesi in cui la vita si è fermata, in cui non si poteva andare al lavoro, non si poteva uscire, non si poteva nemmeno fare una doccia, allacciarsi le scarpe, sedersi su una sedia.
Vorrei raccontarvi che è stato facile, ma no, mi spiace, è stato orribile. È stato pesante, doloroso, difficile e costoso. Si, costoso. Perché l'intervento e la riabilitazione sono costati circa 100.000€. E se i 100.000€ non ce li hai o non hai un'assicurazione sanitaria, ti attacchi.
La vita migliora, ma non si guarisce mai. Le protesi vanno revisionate, si fanno controlli, si è invalidi per sempre. No, non sei mesi -il tempo di permettere al tutore di guarire un neonato affetto da displasia. PER SEMPRE.
Si, certo ci sono dei privilegi. Insieme alla displasia vinci la possibilità di diventare invalido civile e litigare con l'Inps per tutta la vita. Voglio dire: chi non vuole passare ore ed ore allo sportello invalidi civili dell'Inps? È il sogno segreto di tutti, no?
Vinci una pensione da 258€ (che adesso credo siano 278€, ma non sono molto informata al riguardo) al mese che, voglio dire, coprono sicuramente il costo delle operazioni. Avanzano anche soldi per comprare il gelato.
La pensione, se lavori, te la tolgono ovviamente perché, abitando in un paese i cui stipendi sono notoriamente molto alti e dovendo sostenere spese elevatissime per non finire in sedia a rotelle, hanno paura che poi con quelli che avanzano ci vai a prostitute (che nel frattempo, essendo il bimbo cresciuto, sono cambiate le priorità).
Vinci un codice che ti accompagnerà per sempre che indica che sei invalido, un tesserino con scritto che sei invalido e un milione di fogli con su scritto la percentuale di invalidità.
E anche una bella dicitura che quell'invalidità è permanente e immodificabile. IMMODIFICABILE. Invalido per sempre.
Care mamme, quando decidete che la displasia del vostro bimbo deve fare il suo corso, questo è quello che potrebbe succedergli. Quello che si prospetta davanti a lui, a voi.
Questo bimbo che conosco adesso ha 32 anni ed è la persona con cui ho scelto di condividere la mia vita.
Per tutti i dettagli dell'ultima operazione qui il link al post.