lunedì 12 dicembre 2016

Nulla è possibile finchè non viene fatto

Il 12 Dicembre 2007, il professor Tomasino mi proclamava Dottore in Scienze e Tecnologie dell'Arte, dello Spettacolo e della Moda con voti 110 su 110 e la lode.
In quel preciso momento, sentendo quella frase, sono scoppiata a piangere. Ho abbracciato il mio relatore che, quando dovette presentare me e la mia tesi, aveva detto: "Gilda si è immedesimata in questo lavoro, ha vissuto mangiando carote per sentirsi più vicina a Bugs Bunny".
Quarantacinque minuti di discussione. 
L'attesa di quella discussione era stata tremenda, seduta in un'aula magna stracolma di gente. Tremavo, avevo paura.
Ho pensato di tirarmi indietro, mi ero svegliata alle 10 e avevo fissato il vuoto per ore. Avevo un tailleur nero, l'unico tailleur che io abbia mai avuto, una camicia verde smeraldo, una collana così bella che stento a credere che sia davvero mia. Sono ancora dentro l'armadio questi vestiti, anche se non li metto più. Stanno lì a ricordarmi di quando ero magra perché mangiavo carote per immedesimarmi in un coniglio antipatico.
Io e Bugs Bunny avevamo sofferto insieme, passato notti intere faccia a faccia dicendoci che nulla è possibile finchè non viene fatto. Noi ce l'avevamo fatta. Io con la voce tremante e lui con quella sua faccia da cazzo. Che vi pare che non lo so che è odioso?
Era stato proiettato un video, ero stata la regista di Bugs e del mio giorno, avevo creduto in quel coniglio antipatico e lui aveva creduto in me. Era scoppiata a ridere la gente, il video era stato montato ad arte. Mi avevano detto che lo avrebbero tagliato perché c'era poco tempo e invece era stato proiettato tutto.
C'era stato un applauso, un lungo applauso. Non perché io fossi un genio credo, ma perché non è da tutti presentarsi di fronte ad un commissione e mettersi a parlare di un coniglio per quarantacinque minuti, senza mai prendere fiato. Non ci credeva nessuno che avrei trovato il coraggio di parlare davvero di un coniglio, pensavano che scherzassi.
Sono sempre stata orgogliosa di quel lavoro, è la cosa più mia che esista. 
Alla fine, avevo tagliato il traguardo, avevo la casa invasa dai fiori, mio padre aveva pianto.

Il 12 Dicembre 2016, in una calda mattinata invernale, ho discusso per quarantacinque minuti di broadcasting. L'ho fatto in videoconferenza. In inglese.
Io che odio l'inglese, che tremo al solo pensiero di spiccicare due parole. Io che ho paura di non capire e di non essere capita.
Ho studiato per giorni, ho ripassato l'inglese, ho parlato con lo specchio, con il cane, con il muro e con la porta di casa di broadcasting. In inglese.
Ho esordito dicendo che il mio inglese fa schifo, di essere comprensivi, ma che volevo fare questa cosa, la desideravo.
Ho pensato di tirarmi indietro, mi sono svegliata alle sette, ho portato fuori il cane, io che fino a due giorni fa potevo stare solo sul letto o sul divano. "Cammina piano, Fuffi che mamma non ce la fa".
Ho iniziato a tremare: mi tremava la voce, la gambe, le braccia. "Non ce la faccio" ho pensato.
Mi è venuta la cacarella e non in senso letterale.
Si è bloccato il pc, era sparita la connessione, io ho cominciato a dare di matto.
Poi ho digitato un messaggio che diceva: "I am ready. Let me know when you are ready".
Non è vero, non sono pronta manco per niente.
"I am ready" mi hanno risposto dall'altra parte.
E sono partita. Quarantacinque minuti, come nove anni fa, non un minuto di meno, non uno di più.
A parlare di broadcasting. In inglese.
A rispondere alla domande, a cercare di essere chiara, comprensibile.
Non c'è stato un applauso, ma dei complimenti. Non lo so se erano complimenti sinceri, ma voglio credere di si.
Stavolta ci credevano tutti che ne sarei stata capace, ma non ci credevo io. E sbagliavo. Sbaglio spesso, sono una che fa un sacco di errori.
Non so ancora se ho tagliato il traguardo, non ho la casa invasa di fiori, ma mio padre mi ha detto che sono stata brava.

Stamattina ho preso Bugs, gli ho scattato una foto e gli ho detto che non c'è mai stato un giorno in cui non ho pensato che quello che sono oggi lo devo anche a lui.
Si è chiuso un cerchio. Il 12 Dicembre 2007 iniziavo la lunga strada verso quel mondo che sento mio, quella della televisione, solo che ancora non lo sapevo.
Il 12 Dicembre 2016 sono stata in grado di parlare in una lingua non mia di quel mondo. E Bugs era accanto a me.
Perchè nulla è possibile finchè non viene fatto.


17 commenti:

  1. Devo essere sincera una tesi su Bags sembrava strana pure a me.Ma e stato un successo

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    1. Ammetti che eri la sua prima fan, in fondo le carote le compravi tu.

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  2. Brava!!!!You are the best: you should have told me and we could have done some conversation in English, although you would have lost me in the technical aspects of your job. Brava Gilda!!!!

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    1. Non ci riesco a parlare in inglese con chi so che parla da madrelingua italiano, quindi altro che conversazione :D
      Però un giorno tutti gli aspetti tecnici del mio lavoro te li racconto lo stesso. In italiano, of course.

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  3. Bravissima! Comunque sia andata, è andata. E mica è poco!

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  4. Bravissima ! Mi piace sempre chi ci prova! Mimma

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  5. Complimenti!! Bravissima.

    Sono l'unica ad essersi commossa?? Mi sono immaginata l'ansia e poi la liberazione e l'orgoglio di aver dimostrato a te stessa che sei grandissima.

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    1. Simo, grazie :)
      Hai descritto perfettamente la sensazione: mi sono sentita libera e super orgogliosa. 😘

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  6. Ma come odi l'inglese?!

    Rob.

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  7. Scusa ho scoperto il tuo blog cinque minuti fa, me lo leggerei tutto di botto,sto zompando fra i post a random, in uno dici di essere antipatica! Sei simpaticissima, divertente, ironica, fai tenerezza e sai commuovere! Mi hai acchiappata!

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    1. Ma grazie: quante cose belle in un commento solo 😁😘
      Simpaticissima comunque non sono, almeno così dicono quelli che mi sono vicini, però ecco, io tendo a ignorarli 😊

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