lunedì 17 ottobre 2016

La guerra dei licei

Io ho frequentato il liceo linguistico.
Sono una brutta persona e ho scelto questa scuola perché era davanti casa e perché si facevano i viaggi all'estero. Ah, anche perché la ricreazione durava mezzora abbondante e si poteva uscire.
In un primo momento, ero orientata per il liceo classico, non perché credessi nell'utilità del greco e del latino, ma perché il liceo classico più vicino a casa mia, il Meli, era rosa.


Solo che si entrava alle 8 ed era almeno un km più in là rispetto al linguistico, serviva prendere l'autobus e io ero già stanca solo all'idea.
Quindi alla fine, l'entrata alle 8.30 (con seconda campana alle 8.35, mica pizza e fichi) e gli 800 metri scarsi che separavano casa mia dal portone d'ingresso della scuola hanno vinto sul rosa.


A tredici anni ero davvero una ragazzina assennata, adesso non lo so mica se riuscirei a rinunciare facilmente al rosa. 
E comunque, a metà del primo anno, hanno deciso di chiudere i cancelli durante la ricreazione e non farci più uscire. Almeno nella scuola rosa avevano il bar interno, noi manco quello: veniva un panellaro -lo zio Umberto- e una macchina del tizio del panificio con la rosticceria dentro, roba da ufficio d'igiene.
C'è stato un altro momento, quello in cui volevo frequentare il liceo artistico perché volevo dare sfogo alla mia creatività, ma poi mi è tornato in mente che la professoressa di educazione tecnica diceva sempre che tenevo la matita come fosse una zappa. In effetti, quando disegnavo, lasciavo il solco sul foglio.
E comunque il liceo artistico era dall'altra parte della città.
Il liceo scientifico non l'ho preso manco in considerazione, la matematica è un crimine contro l'umanità e comunque io ero scarsa, ma proprio tanto scarsa. 
Comunque, ho studiato il latino, ma non il greco, e mi piaceva da impazzire.
A dire il vero ho studiato anche la matematica, ma avevo una prof. che riconoscendo la nostra inettitudine aveva stabilito che non ci avrebbe mai fatto fare un compito scritto. Si limitava ad interrogarci e a prendere quel poco di buono che ognuno di noi avesse da offrirle. Nel mio caso, non c'è manco quel poco, il mio encefalogramma è sempre stato piatto quando si parla di numeri.
Durante il compito in classe, eravamo molto furbi: ci dividevamo la versione in quattro parti, un pezzo per uno e ognuno poi passava il pezzo che aveva tradotto. Essendo tutti e quattro i complici di questa malefatta piuttosto bravini, arrivavano voti alti ed eravamo tutti felici.
Quando ho saputo della morte della prof. di latino mi sono sentita una merda per quella truffa attuata anni prima. E comunque, c'era chi faceva di peggio e la versione se la faceva fare dalla zia tramite cellulare.
Di certo non si può dire che non eravamo ingegnosi.
Il latino l'abbiamo mollato alla fine del biennio, sostituendolo con la filosofia.

La costante della mia vita, al liceo, è sempre stata lo studio dell'inglese e del francese.
Come terza lingua scelsi il diritto che mi direte voi non è una lingua straniera, infatti i sensi di colpa furono tali che al terzo e quarto anno mi accollai di uscire da sola alle quattro di pomeriggio per studiare anche lo spagnolo del quale, per la cronaca, non ricordo una sola parola.
Però conosco a menadito il diritto di famiglia di quindici anni fa che nel frattempo è pure cambiato. 
Comunque dicevamo dello studio dell'inglese e del francese.
Al biennio si faceva essenzialmente grammatica, a distanza di anni conosco le regole grammaticali come l'Ave Maria (questo è un modo di dire, ma io in realtà l'Ave Maria non me lo ricordo) e sono ancora in grado di ripetere a menadito i paradigmi dei verbi irregolari.
Dal terzo anno, si iniziava con lo studio della letteratura, rigorosamente in lingua. La mia prof.d'inglese del triennio era talmente simpatica che se osavi pronunciare una parola in italiano ti faceva pagare una multa e ti spediva fuori dalla classe.
In ogni caso, per tutti e cinque gli anni, era prevista la presenza di una conversatrice (o conversatore, ma le mie erano tutte donne) madrelingua ed effettivamente era una cosa molto utile.
Per perfezionare l'uso della lingua straniera, facevamo un sacco di viaggi d'istruzione tutti rigorosamente all'estero e c'erano i gemellaggi: in casa mia sono passati una biondissima svedese e un brufolosissimo greco che chiaramente non parlavano una parola d'italiano. O parlavi in inglese o questi non capivano. Giustamente, eh.
Mia nonna comunque al greco parlava in italiano e lui le rispondeva in greco. E si capivano, eh. 
Alla seconda prova dell'esame di maturità potevamo scegliere se fare il tema in inglese o in francese, io scelsi inglese e presi 15/15. Il francese me lo ritrovai alla terza prova.
Una volta diplomata, scelsi l'utilissimo corso di laurea in Scienze e Tecnologie dello Spettacolo che ancora adesso mi chiedo cosa mi diceva la testa. 
In ogni caso, nella scelta del corso di laurea, la distanza da casa non poteva influire perché la città delle scienze, come la chiamavano, era lontanissima da casa e quella c'era, non avevo alternativa.
Il primo anno mi toccò sostenere l'esame di lingua e traduzione inglese da nove crediti, io estremamente paracula come sempre andai alla prima lezione e quando la prof. cominciò a spiegare l'uso dell'articolo determinativo e indeterminativo decisi che col cavolo sarei andata ancora a lezione.
Il giorno prima dell'esame presi il libro di testo -tutta grammatica- e per passare il tempo feci gli esercizi. 
All'esame presi 28 completando cinque esercizi che comprendevano più o meno i primi tre giorni del programma del liceo linguistico (primo anno, eh) e poi passai all'orale. Dovevo parlare di me stessa, qualcosa tipo: "My name is Gilda and I'm 19 years old". Roba di alto livello, insomma.
L'anno dopo mi toccò sostenere l'esame di letteratura inglese che praticamente era tutto su William del mio cuore. Studiai qualcosa, andai all'esame, raccontai al professore tutto quello che mi ricordavo del liceo e presi 30.
L'assistente era incantata dal fatto che sapessi parlare di Shakespeare in inglese, io in realtà ai tempi avevo buona memoria e praticamente recitai i riassunti del mio quaderno del terzo anno di liceo.
Rimasi comunque profondamente offesa dal fatto che non mi mise la lode.
Poi alla fine della fiera, ho iniziato a lavorare e non mi è servito né l'inglese né il francese, né tanto meno il greco e il latino, quindi con buona pace di tutti fate un po' la scuola che volete -e scegliete in base a criteri davvero importanti come ho fatto io- che tanto poi la vita è un'altra cosa.

18 commenti:

  1. Una cosa è certa, non farò mai e poi mai leggere i tuoi post sulla scuola ai miei figli.
    Tanto alle tue conclusioni ci arrivano da soli.
    ;)

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    1. Magari loro saranno fortunati: incontreranno professori competenti e non faranno mai i furbi ad un'interrogazione o compito... (Niente, non riesco a credere a nemmeno una parola di questo commento che sto scrivendo) :D

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    2. Io dico loro di essere corretti, rispettosi e non barare.
      Nell'anno in cui ho fatto laboratorio sperimentale di fisica però, il compito di fine anno, ce lo fece l'assistente di laboratorio. Avevo una compagna che, a 14 anni, era una bellezza rara e lo sapeva

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    3. Secondo me, barare a scuola è una fase naturale della crescita.
      Oggi ti dico che eravamo dei delinquenti per tante cose, all'epoca non lo capivo/capivamo. Ed è giusto così :)

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  2. e dici pure che non bisogna frequentare le scuole dove insegnano i propri genitori. In quanto alle scuole da frequentare, nemmeno io ho fatto il classico e tantomeno il linguistico che non esisteva, ma erano altri tempi e volendo le tue aspirazioni diventavano quasi sempre realtà-

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    1. Dedicherò un post, prima o poi, al fatto che frequentare la scuola in cui insegnava mia madre contrariamente a quello che pensavano tutti, mi ha causato più problemi che altro.
      In ogni caso, se rinascessi di sicuro non sceglierei la scuola che ho frequentato e tu sai perchè.

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  3. Per quel che vale...non conta la scuola, contano i maestri.

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  4. Ti ricordi che quando ti ho dato qualche lezione di "crimine contro l'umanità" avevi deciso di iscriverti in questa facoltà? E abbiamo fatto una scommessa?
    Meno male che ho vinto....come suora non mi vedo proprio! 😂😂😂😂😂😂

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  5. Cara Gilda, ecco cosa non mi piace leggere!!! sentire una che le cose non vanno come avrebbe voluto!!! Mi dispiace per te, e spero che tu posso superare questi problemi e che un giorno si possano realizzare tutto ciò che desideri.
    Ciao e buona settimana, con un abbraccio e un sorriso:) sorridere fa bene!
    Tomaso

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    1. In realtà, io sono pienamente soddisfatta della mia vita,ma dubito che in questa soddisfazione la scuola abbia influito :)

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  6. Mi hai fatto ricordare la mia scelta dell'Università. 19 anni e mezzo. Indecisione totale tra ingegneria e matematica. I primi 2 anni le materie erano identiche, ma sai all'epoca diventare ingegnere contava ancora qualcosa... ma... Ingegneria erano 5 anni, 8 ore al giorno tra corsi e laboratori, essendo semestrale si iniziava il primo ottobre e i primi esami erano a febbraio. Matematica invece erano 4 anni, 4 ore di lezioni al giorno ed essendo coi corsi annuali si iniziava il primo novembre e i primi esami erano a giugno. Indovina cosa ho scelto? :-P
    Ovviamente erano nella stessa struttura. Altrimenti distanza e colori sarebbero entrati di diritto nei criteri di scelta.

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    1. È bello sapere di non essere l' unica a fare scelte basate su criteri assurdi :D
      Cmq io ancora oggi, ho il brividino quando sento che qualcuno fa matematica all' università... mi mette ansia solo l' idea, tanta stima per te :D

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    2. A me hanno sempre messo i brividi i tomi da 2mila pagine di giurisprudenza.
      I miei libri max 150 e se capivi a lezione da studiare c'era davvero poco. :-P
      Essendoci portata è stata la scelta più comoda e di minor fatica.

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    3. Anche io (ma solo in triennale) avevo libri da 2000 pagine ed era effettivamente angosciante :D
      Cmq, quello che ho capito negli anni è che per quei pochi eletti in cui per altro ti inserisco, la matematica è davvero semplice. Confesso che sono sempre stata un pò invidiosa.

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  7. io ho frequentato il liceo classico
    ne sono uscita indenne studiando pochissimo, cosa che nessuno si capacitava fosse vera, ma tant'è...
    facevamo inglese ed io ero scarsa nello scritto, una canna nel parlato, grazie ad una faccia tosta, che come vedi ancor non m'abbandona
    ah, sai che sinceramente non ho mai sentito di una scuola dove la campanella non suonasse alle 8

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    1. Credo dipenda molto dalle capacità di ognuno, anche io avevo compagni di scuola che studiavano poco, ma erano davvero bravi, mentre altri studiavano tanto, ma non erano altrettanti capaci :)
      Comunque, ai tempi io entravo appunto alle 8.30 (seconda campana alle 8.35 che significava più o meno:" Dovete essere seduti o operativi), qualche anno dopo nella stessa scuola hanno cambiato e adesso si entra alle 8, si esce alle 14 e non si va più a scuola il sabato (io ci andavo).

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