martedì 23 febbraio 2016

In salute e in malattia

Quando l'hanno portato in sala operatoria, io ho chiesto alle infermiere dove fosse il blocco operatorio.
Al piano -1 mi hanno detto.
Con estrema calma, sono andata al bar, ho preso un caffè e ho fumato una sigaretta. Mentre fumavo, ho avvisato i miei genitori, mia suocera e le mie cognate che se l'erano portato via.
E poi sono andata davanti la porta del blocco operatorio, mi sono seduta per terra e ho aspettato.
Stamattina avevo messo un paio di jeans che mi piacciono tantissimo, ma che sono stretti e soprattutto non sono elasticizzati, quindi non riuscivo ad incrociare le gambe. Come una contorsionista, ho provato ad incrociarle tirandole con le mani, ho messo il cellulare in carica -c'era una presa proprio lì- ed ho aspettato. Seduta per terra, a due metri dalle sedie della sala d'attesa vuota.
Non mi sono mossa. Passavano infermieri, medici, barellieri e mi guardavano.
Poi si è avvicinato un ragazzo e mi ha chiesto se anche io stessi aspettando qualcuno.  Gli ho risposto di si ed abbiamo iniziato a chiacchierare.
Aspettava la moglie, operata d'urgenza. A casa avevano un bimbo di undici mesi, lasciato ai nonni. Era una gravidanza gemellare, ma uno dei bimbi non ce l'aveva fatta. Il bimbo che hanno a casa -l'ha chiamato così- era nato di 1,600 kg ed era stato ricoverato al Policlinico Gemelli e il parcheggio a pagamento era carissimo.  Mi ha raccontato dei quattro fratelli della moglie, di casa loro, dei suoi genitori. Io non ho detto nulla perché si chiacchiero tanto, ma so anche ascoltare. E lui era più nervoso di me.
Abbiamo deciso di fermare due barellieri - un ragazzo e una signora- per chiedere se sapevano qualcosa. Ci hanno chiesto i cognomi e sono tornati dopo due minuti a dirci che entrambi avevano finito. Adesso bisognava solo aspettare che potessero essere portati in reparto.
Dopo mezzora sono usciti nuovamente dalla porta del blocco operatorio, il ragazzo ha detto:"Adesso faccio felice uno di voi due". Ho visto Fidanzato.
Ho saluto il mio nuovo amico. "In bocca al lupo" gli ho detto.


A Roma, danno tutti del tu. Il lei non esiste. Non so perché e a me, francamente, va bene così.
"Puoi toccarlo, parlagli".
Mi è scesa la lacrima a vederlo addormentato con le labbra secche e queste bende giganti sul viso e le ho ricacciate indietro perché lui dice sempre che non ce n'è motivo. Va in sala operatoria con il sorriso, sempre.
Siamo arrivati su, in camera. 
Mi sono seduta, la stanza era in penombra, lui ha cercato la mia mano e io gliel'ho stretta.
"Amore, ti hanno messo il pigiama al contrario".
Io odio le cose al contrario, le cose storte. Ho un bisogno paranoico di raddrizzarle. Subito.
Non ha detto nulla, ancora un pò addormentato e mi ha stretto la mano. Per ore, sono rimasta così, con la mano stretta alla sua. 
Amore, sono qui.
Sono brutto? mi ha chiesto, ad un certo punto.
Con tutte quelle bende, le flebo, mille tubi.
No amore mio, sei bellissimo, come sempre.
Il compagno di stanza, operato stamattina, con un brutto drenaggio che faceva capolino da dietro un orecchio ha detto:" Alessà, per le mogli semo sempre belli, loro ci amano comunque".

Ho stretto la mano. E ho pensato che a Roma - non so per quale motivo- sei moglie e marito sempre e comunque, non importa che tu lo sia davvero. 
In salute e in malattia.

9 commenti:

  1. Che bello, sono proprio contenta per voi. Avanti così!

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  2. Sono felicissima che sia andato tutto bene!!!

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  3. Che commozione...
    Felice che sia andato tutto bene!siete delle rocce, tutti e due.

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  4. Certo dev'essere stato tremendo, uno stress che solo l'amore può aiutarci a gestire. Credo che "in salute e in malattia" sia una cosa che senti dentro, prima ancora che sulla carta. Ho sempre creduto in questo :') comunque sono felice per voi! Ed è vero, da romana posso confermare le considerazioni che hai fatto :D

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    1. Grazie :)
      Comunque si, sono cose che "senti" e che vengono assolutamente prima -a mio parere- del pezzo di carta :P

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