venerdì 31 luglio 2015

Ma i milanesi esistono?

Sono passati quattro mesi da quando sono arrivata a Milano e di milanesi ne ho conosciuti. E, se per questo, ne conoscevo anche prima.


Su di loro esistono un sacco di luoghi comuni e, di norma, il milanese è quell'essere che gli altri guardano con un pò di sospetto. Il perché io non lo so:ho trovato milanesi simpatici e altri antipatici, alcuni razzisti e altri aperti verso qualsiasi cosa, alcuni con la puzza sotto il naso e altri no, quindi sono giunta alla conclusione che, ebbene si, anche i milanesi sono persone normali (anche quando dicono figa ogni due parole), ne trovi che ti piacciono e ne trovi da prendere a manganellate sui denti.
In generale, comunque, il milanese è colui che mangia il risotto. O almeno così mi hanno detto.
Quello che però li accomuna tutti è la casa al mare, poco importa se sia Puglia, Calabria o Sicilia. Loro hanno la casa al mare. Che lì per lì ti viene il dubbio che siano tutti milionari, ma poi ho scoperto che non è così.
"Mia madre è di Bari"
"Mio padre è di Catanzaro"
"Mio nonno è di Ragusa, ma mia nonna, beh lei è meno terrona, è di Benevento".
"I miei sono milanesi doc, ma i nonni sono di Piazza Armerina. Tutti e quattro"
Ah.
"Però, mamma è nata ad Agrigento, sai a Piazza Armerina non c' era l'ospedale"
"Ma non era milanese?"
"Rispetto ai nonni, si"
Ah.
"Milano è invasa dai terroni"
"Ah"
"Non pensiamoci: devo partire per le vacanze in Puglia"
"Bello, dove hai prenotato?"
"Ho la casa, sai, mio padre è di Alberobello"
"Ah".
Io non sono molto esperta di queste cose, ma giuro che ad un certo punto mi è venuto in mente che cento anni fa Milano fosse una specie di Silent Hill dove, man mano, calabresi, siciliani, pugliesi e company si sono insediati, hanno iniziato a figliare e hanno creato i milanesi.
Quindi non esistono nonni milanesi, ma al massimo genitori milanesi (dove per genitori si intendono i genitori di figli che adesso hanno dai 25 ai 30 anni), i cui figli adesso stanno iniziando a diventare genitori di baby milanesi.
Quindi insomma, un milanese che ha il trisavolo milanese non esiste.
Che poi, eh, io non posso proprio parlare.
Sono palermitana, ma sono l' unica della mia famiglia: mia madre non è palermitana (ma quasi, dai); mio padre è anche lui uno di sopra il Po; i miei nonni materni quasi palermitani anche loro e i miei nonni paterni di sopra il Po.
Ho i cugini palermitani, ma non tutti perché ho anche una cugina catanese (che però ve lo giuro, è simpatica, anche se per lei non ci sono le arancine, ma gli arancini). E questi sono solo i cugini figli di sorelle e fratelli dei genitori.
Se poi passo ai cugini di tutti gli altri gradi, di palermitano non ce n' è quasi nessuno.
Quindi niente da dire.
Il giorno che troverò un milanese nato a Milano con genitori, nonni e bisnonni milanesi gli pago da bere. Davvero, eh.
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martedì 28 luglio 2015

Il Matrimonio del mio grande amico

Avevo rotto le scatole con il conto alla rovescia, avevo aspettato con ansia questo giorno e, alla fine, è arrivato.

Visto che sono una persona estremamente organizzata, ho calcolato questa trasferta in modo molto preciso e, difatti, nessuno dei miei programmi è stato rispettato.
Sono partita da Milano, in direzione Roma,  con un treno che mi avrebbe permesso di arrivare a un orario decente e, difatti, così è stato. Fidanzato era a lavoro, ma, se avessi preso subito la metro, sarei arrivata vicino casa e lui -in pausa cena- mi sarebbe potuto venire a prendere, tanto più che non avevo nemmeno le chiavi di casa. Scesa dal treno, infatti, sono corsa alla metro per scoprire che un macchinista aveva fermato la metro perchè c'era lo sciopero bianco e ciao, lui non ripartiva manco dopo morto. Tra l'altro, morto ha rischiato di diventarlo visto che è scoppiata una rivolta popolare sulla banchina della metro, con tanto di intervento di polizia manganello munita e dei militari.
Ok, passiamo al piano B: autobus. Tre autobus, un traffico pazzesco e finalmente sono riuscita ad arrivare a casa: dalla stazione a casa mia ci ho messo venti minuti in meno che da Milano a Roma, ma non mi sono persa d'animo.
I primi segnali di esaurimento nervoso ho iniziato a darli quando, dopo essere arrivata a casa tardissimo (e non vi dico cosa ci siamo dovuti inventare per farmi avere le chiavi), ho portato fuori Cane Gnappo e tac, nel palazzo è andata via la luce. Fidanzato, avvisato con l'ultimo barlume di batteria del mio cellulare, ha chiamato l'Acea che gli ha detto candidamente:"Stiamo facendo dei lavori, la luce tornerà".
Quindi, ricapitoliamo: stanca, al buio, sudata, con la batteria del cellulare scarica, ho deciso di cercare le candele (avete presente quelle candele brutte, bianche e lunghe che si usavano nel 1918 quando andava via la luce? Ecco, quelle!) e mi sono messa a leggere un libro.
Luce e Fidanzato sono rientrati a casa contemporaneamente mentre io ero moribonda sul divano con Cane Gnappo che giustamente sembrava voler dire al suo padrone:"Questa qui porta sfiga, mandala via" (e, devo dire, mio amato Gnappo, che c'hai ragione, la sfiga mi si è attaccata addosso che Paperino, in confronto, mi fa un baffo).

La mattina dopo siamo partiti alla volta di Firenze e, quando eravamo quasi arrivati, la macchina segnava una temperatura esterna di 47°. QUARANTASETTE.  E io pensavo al mio  vestito blu lungo fino ai piedi  e al povero Fidanzato che si sarebbe dovuto mettere camicia, giacca e cravatta.
Tutti i mali del mondo li ho dimenticati quando la sera ho visto un amico che non vedevo da anni e la fidanzata -anche loro invitati al matrimonio- e una mia amica che purtroppo vedo molto meno di quanto vorrei.
E finalmente, è arrivato il tanto atteso matrimonio: vestiti a festa siamo andati a Palazzo Vecchio, a Firenze e, anche lì, ho rivisto persone che non vedevo da tanto tempo e mi si è aperto il cuore.
E poi c'era lo sposo, che, ecco, era giusto un tantino agitato, cercava di mantenere la situazione sotto controllo finché qualcuno non gli ha detto:"Tu pensa a sposarti che al resto ci pensiamo noi!"
Essendo una sala comunale ed essendo sabato, non era l'unico matrimonio e, visto che la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo, la sposa del matrimonio precedente è svenuta. SVENUTA, ciao. Non ha retto alla tensione e al caldo probabilmente, quindi chiama la nostra di sposa e dille che deve arrivare un pochino dopo perché qui tocca aspettare che l'altra sposa si riprenda e si sposi.
Ad un certo punto, a quanto pare, ce l'abbiamo fatta e difatti è arrivata la nostra sposa e UAU! Il vestito della sposa era bellissimo -se me lo fossi messa io sarei sembrata un insaccato- e lei stava benissimo. Quando si dice che un abito lo senti quando è il tuo, beh, ecco, quello era il suo abito e lei era splendida. Non che lo sposo non lo fosse, ma si sa: la sposa è la sposa.
La cerimonia è stata molto bella perché a celebrare il matrimonio era la maestra delle elementari dello sposo.
Lo sposo, tra l'altro, ha un secondo nome molto poco diffuso che però differisce solo per una lettera da un secondo nome maschile molto diffuso, per cui gli hanno chiesto se lui fosse Tizio Caio sbagliando la lettera e, ehm, lui ha detto di no (giustamente) e tutta la sala è scoppiata a ridere.
Io ad un certo punto, avevo i lacrimoni, Fidanzato rideva di me, anche se comunque non ero l'unica a essere commossa. Quindi la questione è stata più o meno:
"Vuoi tu, Tizio Caio, prendere in moglie Tizia Caia?"
"Si"
E giù di lacrime.
"Vuoi tu, Tizia Caia, prendere in marito Tizio Caio?"
"Si"
Altre lacrime.
Chissà perchè se i matrimoni sono una cosa felice, si piange così tanto.
(E comunque dite allo sposo che io l'ho sentito che quando ha detto si tratteneva a stento le lacrime).
Finita la cerimonia, ovviamente diluviava, che con il caldo che c'era fino a mezzora prima, sembrava una cosa impossibile, ma come si dice? Sposa bagnata, sposa fortunata, quindi...
(E per la cronaca, anche una nostra invitata è svenuta).


Il ricevimento si è svolto in una villa molto bella, con una vista mozzafiato su Firenze.
Potrei passare ore a raccontare tutto, ma non avrebbe senso. Posso dire che io sono un pò un mostro e, di solito, trovo noiosi la maggior parte dei matrimoni. Sarà che voglio molto bene agli sposi, sarà che aspettavo questo giorno con ansia, ma io questo matrimonio l'ho trovato perfetto.
Il posto era incantevole, l'organizzazione impeccabile, il personale del posto gentilissimo e organizzatissimo, il cibo ottimo (e soprattutto, per la prima volta nella storia, ho potuto mangiare tutto a un matrimonio, alla faccia delle allergie), la cena non è durata quindici ore (cosa che personalmente apprezzo perchè io, sono come i bambini, se mi costringi a stare seduta per ore e ore, do di matto), la musica molto bella e l'atmosfera incantevole.
E poi, dai, nel tableau, il mio nome era il primo del mio tavolo, quindi mi sono sentita molto figa (ebbene si, mi basta molto poco per essere felice) e ho continuato a rompere le scatole dicendo frasi tipo:"Sono il capo del tavolo".
La cosa più bella è che questo matrimonio mi ha fatta sentire un pò cittadina del mondo: c'erano invitati italiani, persiani, spagnoli, francesi, americani, canadesi. Si parlavano tante lingue diverse, bastava girarsi a destra per sentire parlare una lingua  e a sinistra per sentirne parlare un'altra.
Gli sposi, tra l'altro, parlano diciotto lingue in due, quindi che ve lo dico a fare?
E quindi, insomma, la giornata è finita così.
Ci sono tante cose che potrei dire e non dico perchè, insomma, i ricordi non per forza vanno scritti, no? A volte basta custodirli nella propria testa e nel proprio cuore, quindi...W GLI SPOSI!



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lunedì 27 luglio 2015

Sull'abbandono dei cani e non solo

Qualche giorno fa parlavo con l'educatrice che seguiva Cane Nero che mi ha detto che, dall'inizio dell'estate, sono entrati in canile circa centocinquanta cani abbandonati. ABBANDONATI.
Parliamo quindi di cani che fino al giorno prima erano a casa, con la loro famiglia, e il giorno dopo si sono ritrovati in gabbia senza capire il perchè.
La cosa che mi consola è che almeno questi cani sono stati portati in canile e non abbandonati per strada, dove magari, impauriti, sarebbero finiti sotto una macchina o, peggio, morti di stenti. Perchè, ecco, non credo che per un cane cresciuto in casa sia così immediato mettersi alla ricerca di cibo. Figuriamoci poi trovarlo, il cibo.
Senza poi considerare il trauma che può subire un cane nell'essere abbandonato.
Io non giudico, non dico nulla, il mio pensiero sui cani - e più in generale sugli animali è abbastanza noto- ma una piccola riflessione vorrei farla.
Quando Cane Nero si è ammalato, io ho rifiutato per un pò l'idea che non c'era nulla da fare. Se vogliamo dirla tutta, in un certo senso, continuo a rifiutare quell'idea ancora adesso visto che non sono ancora riuscita a cancellare dalla posta in arrivo la mail con cui  l'oncologo mi mandava le lastre. Lastre che credetemi, io non sono un medico nè tanto meno un veterinario, ma sarebbero state chiare anche a un bambino di due anni.
Noi abbiamo lottato con tutte le nostre forze. Io non ho mai pensato che un giorno non ci sarebbe stata più -anche se lo sapevo- e ho fatto finta di niente. Sono andata avanti, insieme a Fidanzato, per lei e con lei. Ogni giorno.
La nostra routine giornaliera era cambiata, ma io cercavo di fare finta che così non fosse.
Abbiamo fatto in modo che apparisse assolutamente normale il fatto che Cane Nero non ci svegliava saltando sul letto, ma che ero io a dover andare da lei, cambiarle il pannolino, lavarla e poi portarla in braccio fino al prato. Gli ultimi giorni, quando al prato non c'è più potuta andare, io continuavo a pensare che prima o poi sarebbe tornata a correre. Ho sperato nel miracolo, anche quando era evidente che non ci sarebbe stato niente in grado di salvarla. Nè le medicine, né tanto meno il nostro amore.
E quando Cane Nero se n'è andato il vuoto che ha lasciato è stato pazzesco.
Tutti piangevamo. Nessuno di noi -Cane Gnappo compreso- riusciva ad abituarsi all'idea che non c'era più lei, così goffa e ingombrante.
Quando sono arrivata a Milano, non ho fatto altro che pensare a come sarebbe stato se lei fosse stata lì con me. Ho pensato che l'avrei portata con me perché lei senza di me sarebbe morta e io non avrei resistito lontana da lei.
Per chi se lo sta chiedendo, io sono molto attaccata anche a Cane Gnappo, ma non è un segreto che lui è innamorato di Fidanzato. Amore che per altro è totalmente ricambiato.
Ho pensato anche a come a Cane Nero sarebbe piaciuta Milano. Perché lei in fondo era un pò snob e già me la immaginavo con collare e guinzaglio abbinati a camminare per il Quadrilatero della Moda, ringhiando a destra e a sinistra a tutti quelli che non avrebbero incontrato la sua simpatia.
L'ho immaginata sul letto con me la sera e ho immaginato di trovarla seduta davanti la porta al ritorno dal lavoro, con il guinzaglio in bocca come a dire "Beh, scendiamo? Sbrigati!"
Ho immaginato i viaggi in treno con lei per tornare a casa nostra da Fidanzato e Cane Gnappo, cercando di capire come farle salire le scalette del treno senza farla cadere malamente (perché, ecco, lei era un cane molto intelligente, ma con le scale aveva un pessimo rapporto).

Immagino spesso anche dovrei avrei messo tutte le sue cose a casa nuova e, ogni tanto, io e Fidanzato ci guardiamo e immaginiamo che la sua cuccia sarebbe stata in un posto piuttosto che in un altro. Tutte le sue cose sono conservate, tranne la sua copertina che è rimasta con lei. Non riesco a buttarle vie e comunque non voglio farlo: se non posso avere lei, almeno voglio avere le sue cose.
In quest'estate tanto calda, abbiamo pensato a come avremmo fatto con lei che soffriva il caldo in modo esagerato e che l'anno scorso aveva avuto anche un colpo di calore, facendomi prendere uno spavento pazzesco.

Ho pianto quando qualcuno mi ha chiesto cosa le fosse successo, mi sono venuti gli occhi lucidi quando qualcuno vedendo per caso il salvaschermo del mio cellulare mi ha detto:"Che bel cane, chi è?",  non sono riuscita a finire un discorso in cui parlavo di lei senza che il mio interlocutore non mi dicesse:" Ok, basta basta" perchè avevo gli occhi troppo gonfi, cerco di fare finta di nulla quando qualcuno che non ci vede da tanto mi chiede come stanno i cani non sapendo che di cane adesso ne abbiamo solo uno.
Quindi, ecco, mi chiedo come si fa ad abbandonare un cane.
Mi chiedo come si fa a scegliere di privarsi volontariamente del proprio cane.
Io non ho avuto scelta, mi sono dovuta separare dal mio cane e faccio fatica a farmene una ragione.


Invece c'è chi carica il cane in macchina consapevole che lo porterà in canile o, peggio, lo legherà a un palo. Poi risalirà in macchina e ciao, vacanze.
E allora penso ai viaggi in nave, in macchina e in treno che hanno fatto i miei cani.
Penso a Cane Gnappo e Cane Nero che hanno girato un sacco di posti, hanno preso carezze da chiunque.
Penso che un tempo eravamo due matti che salivano e scendevano dall'aereo per viaggi di 4/5 giorni e che poi abbiamo deciso di fare un altro tipo di vacanze per portarli con noi.
Penso ai miei genitori che si sono accollati tutti noi per le vacanze e  ci hanno sempre accolto a braccia aperte quando in quattro invadevamo casa con tre valigie a testa (adesso gliela invadiamo in tre), penso a mio padre che quando ci hanno dato la diagnosi di Cane Nero piangeva e a mia madre che ha viziato i nipotini pelosi in modo indegno (e vizia ancora Cane Gnappo che quando riconosce la strada di casa dei miei si comincia a leccare i baffi come se non esistesse un domani).
E mi chiedo:"Perchè chi può scegliere, sceglie di separarsi dal proprio cane?"
Noi non abbiamo avuto scelta e se potessimo pagheremmo oro per riportare qui Cane Nero.
Solo che tutto l'oro del mondo, non basta.

In foto Cane Gnappo che dorme beato sui piedi del suo papà umano. La foto è scattata all'interno di una cabina della nave amici a quattro zampe (giuro che si chiama davvero così).
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domenica 26 luglio 2015

Quando si cerca lavoro

L'argomento lavoro é un argomento che mi interessa tanto, da sempre, e credo di non averlo mai nascosto.
I comportamenti di alcuni lavoratori mi hanno sempre lasciata un pò perplessa e, spesso, ho pensato di essere io un pò integralista.
Ho avuto modo di fare due chiacchiere con una ragazza che si occupa di ricerca e selezione del personale per conto di un'agenzia interinale che spesso mi racconta alcune perle del suo lavoro (e io che pensavo di fare un lavoro impegnativo!). Due chiacchiere oggi, due chiacchiere domani e mi è venuta l'idea di farle qualche domanda. 
Quando le ho detto che volevo intervistarla, all'inizio credeva che scherzassi... Poi pensava di essersi dilungata troppo, poi ci ha preso gusto e le è venuto in mente di creare una sorta di appuntamento a cadenza regolare.
Mentre pensiamo al da farsi, ecco a voi questa super intervista. È un po' lunga, ma tra due chiacchierone era inevitabile che finisse così.

É vero che in Italia non c’è assolutamente lavoro o ancora qualcosa si trova?
Non si può  dire che assolutamente non ci sia lavoro, qualcosa c’è e si può trovare, anche se è innegabile che alcuni settori abbiano sentito la crisi più di altri. Il vero problema, a mio modesto parere, è che il divario tra numero di persone senza lavoro e numero di posti di lavoro disponibili è così enorme da diffondere la sensazione comune che non ci sia possibilità di lavoro per nessuno.

Le candidature che ricevete sono in linea con quello che cercate o arrivano anche CV che non centrano nulla con la posizione?
Direi che il 70% delle candidature che riceviamo non si avvicinano nemmeno lontanamente a quello che abbiamo scritto nell’annuncio. Io capisco la disperazione di chi non trova lavoro e risponde a qualsiasi annuncio, ma purtroppo così si finisce per ottenere l’effetto contrario.
Mi spiego meglio: se in una settimana pubblico 4 annunci di lavoro in 3 province diverse e mi risponde sempre la stessa persona (che ovviamente non ha nemmeno una caratteristica simile a quanto richiesto), la tendenza col tempo è quella di non aprire più nemmeno il CV non appena si riconosce l’indirizzo mail o si legge il nome della persona. Rispondendo a centinaia di annunci a caso poi, si corre anche il rischio di fare un copia e incolla di frasi scritte per altre posizioni, altre aziende o altre agenzie per il lavoro e questo non è mai un bel biglietto da visita. Ricevere una mail con scritto “Mi candido perché sono un amante della natura e mi piace stare all’aria aperta” quando ci si sta proponendo per una posizione di operaio in una fonderia non è propriamente il massimo, così come scrivere “disponibile a fare solo part-time la mattina” quando si risponde ad un annuncio in cui era messo in evidenza che era necessario dare la disponibilità a lavorare su turni e ciclo continuo. Stesso discorso per chi scrive “Spettabile Azienda/Agenzia inserendo di seguito il nome sbagliato”. Visto che di mail ne arrivano centinaia al giorno e solitamente il tempo scarseggia sempre, quando si vedono queste incongruenze si tende a non aprire nemmeno l’allegato con il CV, dando la preferenza a candidature che appaiono, almeno in un primo momento, più  in linea con quanto si sta cercando.
Pubblico un annuncio perché sono alla ricerca di un tecnico di laboratorio in ambito alimentare? Mi rispondono commesse, aiuto cuoco, saldatori, badanti, giardinieri.
Cerco un magazziniere con patentino per carrelli elevatori? Ricevo CV di assistenti alla poltrona, elettricisti, muratori, estetiste, oss.
Una cosa che poi personalmente non concepisco sono le candidature provenienti da centinaia di km di distanza quando nella mail era ben specificato che venivano valutati profili di persone in un raggio di 20-30 km, soprattutto perché spesso si tratta di lavori di breve durata e di inserimenti urgenti, per cui non ho la possibilità di chiamare candidati che abitano a 400km e farli venire in giornata per un colloquio conoscitivo che poi magari non si conclude in nulla. Il problema in realtà non è chi dichiara di abitare a Taranto se l’offerta di lavoro è a Milano (piuttosto che di abitare ad Aosta se l’offerta è a Roma), ma di chi dichiara di avere il domicilio nelle vicinanze della zona in cui è stata pubblicata l’offerta. Peccato che però, puntualmente, ci sia sempre la fregatura! Tra l’altro nella gran parte dei casi queste persone si indispettiscono anche quando li chiami per fissare un colloquio, perché sempre (e dico sempre) sono casualmente appena tornati al paese di residenza e quindi non sono disponibili per il colloquio… e diventano pure arroganti quando gli ricordi che nell’annuncio c’era scritto che il contratto potrà avere al massimo la durata di 1 mese, perchè ti dicono che in così poco tempo non hanno nemmeno il tempo di trovarsi un appartamento in affitto e che non si spostano mica se l’offerta non è duratura. Al che tu resti li, con il telefono in mano, realizzi di aver buttato via del tempo prezioso (non sono i tre minuti di telefonata in sé, sono quei tre minuti moltiplicati per tutte le decine di chiamate che faccio a CV di questo tipo) e ti domandi se sei tu che non ti spieghi abbastanza bene quando indichi i requisiti nell’annuncio o se sono le persone che non leggono nemmeno e rispondono a caso a tutto quello che trovano. Ma soprattutto… se indichi sul curriculum la possibilità di domicilio in zone limitrofe, com’è che quando ti contatto mi dici che devi cercarti un appartamento in affitto?

Vi capita che qualcuno non si presenti a colloquio?
Apriamo il lungo capitolo di chi non si presenta a colloquio. Anzi no, non apriamolo se no rischiamo di star qui delle ore. Ovvio che si, capita che chiami i potenziali candidati, fissi il colloquio, sembrano entusiasti e non sanno più come ringraziarti dell’opportunità che gli stai offrendo e poi:
  • Si rompe la macchina (questa è la scusa che va per la maggiore, la più usata, abusata, consumata, gettonata); io ammetto anche che in una parte dei casi sia vero, la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo dicono. Però almeno avvisa! Ovvio che se sento il candidato disperato, che non sa più come scusarsi e sotto di lui rumori di officina e persone che parlano di motore, freni e pistoni posso anche pensare alla classica giornata storta e certamente fisso il colloquio in un altro giorno.
  • Un parente che ha avuto un malore: sicuramente meno usata rispetto al guasto dell’auto, per fortuna, ma capita con una discreta frequenza. Non potendo e volendo indagare sulle cartelle cliniche dei familiari dei candidati, non si può far altro che manifestare il proprio dispiacere e fissare il colloquio in un altro giorno
  • Si presentano oppure chiamano e ti dicono che nel frattempo ci hanno ripensato. Nessuna obiezione, si auto eliminano e puoi solo prenderne atto
  • Chiamano per dire che non verranno a colloquio perché hanno guardato su Google Maps o sul navigatore e i km da fare sono troppi (generalmente mai più di 30), oppure la strada è brutta o trafficata, oppure non vale la pena spendere soldi di benzina per un lavoro che poi non è nemmeno sicuro
  • Vengono inghiottiti da un buco nero. É l’unica spiegazione che ho trovato per chi non si presenta e non si degna nemmeno di avvisare.
Quando offrite un lavoro a qualcuno, tutti i candidati accettano o c’è anche chi rifiuta?
In alcuni casi qualcuno rifiuta, ma se devo essere sincera non capita così frequentemente, forse anche perché cerchiamo di selezionare bene le persone quando abbiamo una ricerca. Tra le decine di persone che invece vengono a fare domanda di lavoro settimanalmente, ce ne sono alcuni che, con le dichiarazioni che fanno e le pretese che hanno, praticamente è come se rifiutassero le opportunità di lavoro prima ancora che tu possa avere la possibilità di proporgliele. Poi magari sono gli stessi che chiamano o passano ogni 2-3 mesi e ti dicono che è inconcepibile che non siano ancora stati richiamati (ma con i parametri che hanno indicato in termini di orari, distanza, stipendio, durata ecc. Io credo che di lavori ne esistano veramente molto pochi)

Quali sono le motivazioni che portano a rifiutare, soprattutto di questi tempi, un lavoro?
La più comprensibile, dal mio punto di vista, è quella di chi rifiuta perché magari sta già lavorando e ha preso in considerazione l’idea di cambiare, ma una volta valutati azienda, retribuzione e altri fattori preferisce mantenere il lavoro che già ha. Gli altri casi invece riguardano persone che non sono occupate ma che per due diverse ragioni decidono di non accettare: alcuni rifiutano perché percepiscono ammortizzatori sociali (disoccupazione, mobilità ecc.), altri rifiutano perché magari il contratto è troppo breve oppure troppo lontano da casa (per alcuni, ad esempio, 20 km sono già un ostacolo insormontabile) e ritengono non ne valga la pena. Su questi ultimi non ho molto da dire, se non che spesso sono le stesse persone che si lamentano che l’Italia fa schifo, che non c’è lavoro, che i loro figli non avranno futuro e che servirebbe una rivoluzione popolare. Non ci perdo nemmeno troppo tempo in questi casi, perché è gente che ha preso la propria decisione e la accetto… Quello che mi crea un po’ di acidità di stomaco invece è la risposta “No, rifiuto, tanto sono in disoccupazione/mobilità”. Quando accade di sentire questa frase faccio sempre delle riflessioni che vanno in questa direzione: rifiuti un lavoro? Benissimo, perdi il diritto agli ammortizzatori sociali (anche perché, non me ne intendo di economia, ma non credo proprio che l’Italia sia attualmente nella condizione di mantenere gente che approfitta in questo modo del sussidio di disoccupazione). In tanti comuni so per sentito dire che funziona così con la mobilità, se ti chiamano per fare i lavori socialmente utili e ti rifiuti, perdi il diritto alla mobilità.
Ognuno è libero di fare quello che vuole della propria vita e della propria condizione di disoccupato, ma quando si presentano persone che non lavorano da mesi e che hanno iniziato a cercare lavoro soltanto a ridosso del termine della loro disoccupazione, mi viene proprio da pensare che ci siano troppe cose che funzionano male. Io posso anche immaginare il piacere di godersi dei soldi per dei mesi stando a casa a far nulla, ma vorrei almeno poter dire a queste persone di avere la decenza di non lamentarsi con frasi del tipo “Così non si può andare avanti, siamo disperati, non c’è via di uscita, non ci sono più i soldi nemmeno per fare la spesa”.
Ciliegina sulla torta, poi chiudo il capitolo, una persona un giorno si è giustificata così: “Certo che sono stato a casa 9 mesi a far niente, ma sa che soddisfazione? Che poi qualche lavoretto in nero si trova sempre da fare. Me lo merito con tutte le tasse che mi fa pagare questo Stato”.

Arrivano mail e CV che fanno si che un candidato venga scartato a priori? Quali sono gli errori più comuni che fanno si che un CV non venga neppure preso in considerazione?
Personalmente difficilmente scarto qualche CV o mail per una questione ortografica, a meno che gli errori non siano così clamorosi da non permettere proprio di prendere in considerazione una candidatura; diciamo pero’ che, ad esempio, se una persona si candida per posizioni impiegatizie e il CV è pieno zeppo di errori grammaticali o di utilizzo di abbreviazioni come “Ke, Xkè, Qnd” non è proprio una bella presentazione. Gli errori di battitura ci possono stare, il correttore automatico del Tablet o del cellulare da cui si mandano i CV possono giocare brutti scherzi, ma quello che si chiede a chi si candida per posizioni in cui i requisiti sono serietà e precisione è almeno di ridare una lettura veloce di controllo a ciò che si manda.
Mi capita invece frequentemente di avere impressioni non molto positive durante i colloqui conoscitivi e non nascondo che ci siano state cose che mi hanno portato a non considerare idonea una persona per il modo che aveva di porsi o per ciò che diceva. Fermo restando che tutto dipende dal trascorso lavorativo di una persona, dall’età e da altri fattori, ci sono cose che mi permetterei di suggerire perché ritengo siano proprio da evitare:
  • presentarsi senza Curriculum e dire che è stato dimenticato a casa oppure dire “Ah ma non pensavo servisse”; piuttosto apprezzo la sincerità di chi mi dice che non aveva in previsione di entrare a fare domanda di lavoro e che mi invierà il CV appena possibile
  • Non avere la minima idea di che cosa si sta cercando. L’abusata frase “Va bene tutto” a volte non dimostra piena disponibilità al lavoro ma copre la più totale assenza di idee su cosa si voglia fare. Sia che una persona abbia esperienze lavorative, sia che ancora non le abbia, non sapere minimamente quali siano le proprie caratteristiche e i propri punti di forza, che distanza si valuta per raggiungere il luogo di lavoro, che tipo di orario si è disposti a fare, non è un indicatore che ispira molta fiducia nella persona che sta tentando in pochi minuti di farsi un’idea di chi ha davanti
  • Andare al colloquio con mamma/papà/nonni/moglie/marito/conviventi/parenti vari. Non tanto perché mi diano personalmente fastidio gli accompagnatori, quanto più per il fatto che di solito chi si porta un familiare fin dentro l’ufficio in cui si svolge il colloquio generalmente non ha modo di esprimersi. Che siano mamme o mogli, papà o mariti, uomini o donne, gli accompagnatori non tacciono mai e parlare con i candidati diventa davvero impossibile. Hanno sempre la risposta pronta, soprattutto se si tratta di smentire o ritrattare quelle poche parole che il candidato è riuscito fortunosamente a dire.
Mi racconti qualche aneddoto particolare successo da quando fai questo lavoro?
Così su due piedi sicuramente non mi verranno in mente tutti, ma cerco di far del mio meglio per ricordare i più significativi, non tutti divertenti ovviamente:
-Durante il primo colloquio con i candidati faccio generalmente compilare una scheda riassuntiva che serve come breve introduzione al CV; il campo da completare che da maggiori problemi è indubbiamente quello dello stato civile, dato che mi sono state fornite le seguenti risposte: “Repubblica” - “Italia” - “Libero cittadino” - “Attualmente sono single” (spesso usato per levarsi dall’impiccio di Celibe e Nubile, che confondono non poco e raramente vengono azzeccati) Altri si sono lasciati confondere dal campo “Città di residenza”, lasciandolo vuoto e sostenendo di non poter completare perché loro abitavano in un piccolo paese. (Vorrei precisare che gli esempi riportati, anche di seguito, sono tutti di persone ITALIANE, sotto i 45 anni e dotate di un diploma di scuola superiore o di istituto professionale. Giusto perché lo capisco anche io che uno straniero o una persona italiana quasi analfabeta – e vi assicuro che ci sono, mi chiedono di scrivere al posto loro perché non sono capaci – siano giustificati nel fare errori)
- Qualche mese fa durante un colloquio un candidato mi soffiava ripetutamente in faccia il “fumo” della sigaretta elettronica e quando gli ho chiesto se per favore potesse smetterla mi ha detto che stava cercando di smettere di fumare e quindi quello era l’unico modo per resistere - Durante una ricerca per una stagista in un ufficio amministrativo, è capitato di ricevere un CV da una giovane neo diplomata con scritto “Disponibile per tiroCIGNI” (ripetuto anche nella mail di presentazione, dubito potesse trattarsi di una doppia svista)
-Nel CV di una ragazza che cercava un lavoro nel settore impiegatizio ho trovato le frasi “Ho partecipato a diversi corsi di compiuter” e “Ottimo utilizzo del compiuter” - Sembra banale, ma più di una volta mi è capitato che il recapito telefonico sul curriculum risultasse inesistente e non ci fosse altro modo di contattare la persona che, per disattenzione nell’inserimento del numero, perdeva chissà quante possibilità di lavoro
-Un ragazzo di circa 20 anni è venuto a fare un colloquio ma prima ancora che potessi farlo accomodare mi ha detto: “Sono qui solo perché mia mamma mi dice sempre che sto a casa tutto il giorno a far niente e mi ha obbligato a venire, ma le dico subito che io non sono interessato al lavoro che offrite” (inutile dire che alla mia domanda “E allora che lavoro ti piacerebbe fare?” mi ha risposto “Boh, non c’ho ancora pensato e poi adesso arriva l’estate, uno si deve divertire”
-Ok che siamo in estate e le temperature sono roventi, ma presentarsi a fare domanda di lavoro in copricostume, infradito e capelli bagnati perché magari si è di ritorno dalla piscina non mi pare molto indicato (lasciando tra l’altro la scia di gocce su tutto il pavimento dell’ufficio e bagnando la sedia)
-Un capitolo a parte lo meriterebbero le foto che i candidati mettono sui CV, perché ne ho viste davvero di tutti i colori: in costume, vestiti da carnevale, in discoteca, con in mano un cocktail, con gli occhiali da sole, abbracciati ad un cane. Senza dimenticare chi ha messo una foto in cui c’erano due persone ed una in cui il soggetto era cosi da lontano che l’unica cosa che si distingueva era il paesaggio.
-Talvolta arrivano mail di “insulti”, se cosi si possono chiamare, rigorosamente in forma anonima poiché le persone rispondono direttamente dai siti su cui pubblichiamo gli annunci. E’ capitato che scrivessero che l’annuncio era falso e minacciassero di fare una denuncia perché in quel modo si prendevano in giro le persone disperate, che scrivessero che dovevamo vergognarci perché non avevamo mai risposto ad una persona che aveva già mandato decine di volte il suo Curriculum, che ci dicessero che eravamo degli incompetenti, nascosti dietro un PC e seduti ad una scrivania, che si prendevano gioco della condizione di disoccupazione della persone.

Qualche consiglio a chi cerca lavoro?
Innanzitutto di non stancarsi e non scoraggiarsi. Di posti di lavoro ce ne sono sicuramente meno che un tempo e le persone che cercano sono tante, ma se si hanno delle capacità, un po’ di flessibilità e si è determinati prima o poi qualche opportunità può  arrivare. Ci possono essere colloqui che non vanno a buon fine, ciò non vuol dire che non si troverà mai lavoro e ci si deve arrendere. Semplicemente in quell’occasione magari c’erano persone più vicine a ciò  che il selezionatore stava cercando.
Essere sinceri, sia nel CV che in fase di colloquio. Non dare disponibilità di orario che non si hanno, non fingere di aver già svolto per anni mansioni che a mala pena si conoscono, non inventare esperienze di lavoro che non sono mai state fatte. Magari in un primo momento e in certi casi il selezionatore potrebbe anche cascarci, ammettiamo anche che vi faccia un contratto di lavoro. Non appena l’azienda (o il selezionatore) si rendono conto che la persona aveva mentito (e vi assicuro che generalmente avviene dopo la prima ora di lavoro) le conseguenze sono sempre molto gravi e si rischia di compromettere eventuali altre opportunità future. Un altro consiglio riguarda la presentazione del CV: non troppo lungo e noioso, ma nemmeno troppo sintetico. Scrivere le cose in modo chiaro e solo ciò  che è fondamentale, soprattutto riguardo alle mansioni svolte in precedenza (scrivere semplicemente”Operaio” in tutte le proprie esperienze non aiuta molto il selezionatore a capire se il CV è compatibile o meno con quello che sta cercando, vale la pena di specificare almeno il settore e la mansione svolta); indicare anche le date delle esperienze e i nomi delle aziende.
Consiglio per i neo diplomati o neolaureati: magari non avrete esperienze di lavoro da inserire nel CV, ci può stare, ma mettete tutto ciò che possa far capire che persona siete e che qualità avete da offrire al mondo del lavoro (avete fatto stage scolastici o corsi di formazione per lingue straniere o PC, viaggi studio all’estero, siete allenatori in qualche disciplina sportiva, animatori presso centri ricreativi, vi dilettate nella scrittura o nella musica ecc.)
Certamente non si può non consigliare di iscriversi a tutte le agenzie per il lavoro, di monitorare sui siti di annunci le ricerche di lavoro inerenti le proprie competenze e magari fare anche una mappatura delle aziende della zona in cui abitato e in cui vi piacerebbe lavorare (o quelle in cui pensate che le vostre conoscenze/competenze potrebbero essere apprezzate)
Ultimo, ma non meno importante...Presentarsi bene! Anche se non avete familiarità con i colloqui e il mondo della selezione del personale, il segreto è mostrarsi sicuri, determinati e decisi. Niente incertezze, sguardi persi nel vuoto, risposte evasive; se anche non siete ancora convinti di quale sarà il vostro percorso e valutate più strade, argomentate ciò che dite in modo da non dare l’idea di essere colti impreparati. Cercate sempre di portare la conversazioni su quelli che sono i vostri punti di forza, o su quello che ritenete più significativo per descrivervi e valorizzarvi al meglio!



Un ringraziamento particolare a questa amica, con cui condivido più di una passione (nonché l'amore per lo stesso calciatore) che è stata gentilissima e disponibilissima. Grazie davvero!!!
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giovedì 23 luglio 2015

Di madre in figlia

Mia nonna viveva con noi.
Cioè, non ha sempre vissuto con noi, ma ad un certo punto, per una serie di motivi, venne ad abitare con noi e la mia stanza dei giochi divenne la sua camera da letto.
Quando mia mamma, la mattina non andava a lavoro perchè era domenica o festa (mia nonna aveva già smesso di lavorare ed era in pensione) e anche io ero a casa, mi svegliavo sentendo le loro chiacchiere. E si che la mia stanza era al piano di sopra e c'erano tre porte e una scala di mezzo. Ma io le sentivo lo stesso.
Si raccontavano i pettegolezzi. E commentavano tutto.
Una cosa che mi ha sempre colpita è che, queste chiacchierate venivano fatte in dialetto e nessuno, a casa mia, parlava in dialetto di solito. Io difatti il dialetto non lo parlo e - a voler dirla tutta- non lo capisco nemmeno poi così bene, quindi capivo -ancora mezza addormentata nel letto- 1/3 dei loro discorsi e la cosa, ammetto, era un pò seccante perchè io, in fondo, ho  l'animo pettegolo.
Mia nonna non c'é più da quasi dodici anni, se l' è portata via la leucemia, in sei mesi, che aveva appena 71 anni. Quando si è ammalata, mia madre non si è arresa, le ha provate tutte, anche se i medici alzavano le braccia.
Era il 2003: l' anno di quell' estate caldissima che tutti i tg nominano in questi giorni, l' anno del super black out che colpì tutta Italia (ho scoperto pochi giorni fa che a Milano la luce venne riattaccata dopo poche ore; noi a Palermo eravamo rimasti senza per giorni).
Io avevo 17 anni.


Sono passati gli anni e, quando sono a casa, passo le mattinate a spettegolare con mia mamma. Visto che viviamo lontane ormai da quasi dieci anni, se non ci vediamo, spettegoliamo al telefono o a volte per messaggi.
Parliamo in italiano perchè io non parlo il dialetto. 
Ma è proprio vero: la vita è un ciclo che si ripete.

Ti voglio bene, Mamma!
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martedì 21 luglio 2015

Cosa cerca la gente su Google

Ne avevo già parlato qui. E oggi ne riparlo.
Lo ammetto, le ricerche che la gente fa su Google (e che portano al mio blog) mi lasciano sempre un attimino perplessa. E poi, sono un po? invidiosa perché  a me queste ricerche originali non vengono mai in mente. Sono una persona banale: devo farmene una ragione.
Al di là delle ricerche sulla ginnastica artistica che mi fanno pensare che, ebbene si, ve l'ho già detto, anche io guardo Ginnaste e vi assicuro che lo guardo più di tanti altri, anche quando non vorrei guardarlo, ma devo farlo. Però, ecco, cercare ripetutamente su Google come si fa a diventare la nuova Vanessa Ferrari se si inizia a fare ginnastica a ventidue anni, non è sano.
E non lo è nemmeno cercare come si fa a incontrare per caso le ginnaste di Ginnaste. Che poi, vi siete dimenticati di specificare dove volete incontrarle: l'Italia è grande e non che girano a caso facendo avanti e indietro per lo stivale come se non esistesse un domani.
Per chi invece ha cercato Carlotta Ferlito batte Vanessa Ferrari, beh, a te devo dire  che, ebbene si, è accaduto davvero. Nel 2011, agli Europei di Berlino (ma comunque non eravamo sul podio con nessuna delle due) nella finale AA e alla finale al corpo libero degli Assoluti: preciso però che, in quest'ultimo caso, erano a pari merito e solo una regola ha fatto si che la medaglia d'oro venisse assegnata a Carlotta (diciamo che, ecco, col pari merito, Vanessa non è mai troppo fortunata).


Le ricerche Google del mese comunque sono queste. Deliziatevi.
-Come risolvere megavescica.
Ti prego, dimmi in quale post di questo blog hai trovato la soluzione ai tuoi problemi, davvero.
E poi, dai, lo sanno tutti che Google non è un dottore.

-Storia tra fratello e sorella.
Io sono per il vivi e lascia vivere sempre e comunque, ma questo è incesto, eh.

-Mancanza di una sorella che non ho mai avuto.
Fidati, se ce l'avevi non ti sarebbe mancata. Come si dice? Ah si, meglio soli che male accompagnati.

-Sono diventata vecchia.
Anche io, ma gallina vecchia fa buon brodo, quindi non tutti i mali vengono per nuocere.

-Bimba di due anni e mezzo.
Cosa? Ne cerchi una in omaggio?

-Chi va dal parrucchiere prima di partire?
Io dal parrucchiere ci vado una volta l'anno e solo perchè costretta da doppie punte e primi capelli bianchi, se no ciao. Quindi non posso aiutarti.

-A fatti miei.
Scusa, ma i fatti tuoi li cerchi sui blog altrui?E poi quella A davanti, mi perplime.

-A Fazana dovete andare a mangiare.
Questa non l'ho capita, anche se Google dice che Fazana (o Fasana) è una località croata, che dalle foto sembra anche molto bella.

-Avete preso voti non soddisfacenti. Come risolvere?
Non c'è soluzione a questa piaga sociale, rassegnati.

-Come fare crescere tette.
Col latte inglese. Conosco decine di persone che sostengono che il latte inglese fa crescere le tette.

-Chi vende il mini frigo da viaggio.
Sto mini frigo è un incubo, ma perchè lo cercate tutti?

E' anche per stavolta è tutto.



Nota: Pare che una delle ricerche più frequenti in rete sia come nascondere un cadavere.
Non ho fonti attendibili, ma ho letto questa cosa e volevo condividerla.
Certo che, io non sono troppo sveglia, ma forse cercare dal pc una cosa del genere non è troppo furbo se davvero vuoi nascondere un cadavere, no?
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domenica 19 luglio 2015

Storia di una multa sul tram

Per la serie Succedono tutte a me, ho preso la mia prima multa su un mezzo pubblico.
Avendo il biglietto.
È che a Milano fa caldo, molto caldo, un caldo che proprio non si respira. E quindi la mia mente geniale aveva partorito un' idea anti caldo: andare in Duomo, incontrarsi con un' amica, prendere un gelato e poi tornare a casa.
Che poi, lo so bene che andare in Duomo in piena estate col sole a picco non è proprio un'idea anti caldo, ma questo passa il convento e quindi va bene così.

Il caso vuole che sotto casa mia c' è un tram che porta dritto in Duomo: è un po' vecchiotto -le altre linee sono tutte fighissime, questa ha i tram che manco nel dopoguerra- ma funziona, è puntuale e quindi ne usufruisco volentieri quando ho bisogno.
Chi mi conosce sa che sono affetta da disturbi psicotici da biglietto dell'autobus (o tram o metro che sia) e quindi se devo fare una sola corsa, ho quattro biglietti. 
Se disgraziatamente il mezzo è troppo affollato -a Roma capita sempre- e non riesco a raggiungere agevolmente l' obliteratrice do di matto perché io senza biglietto mai.
Lo so -non ditemelo- che i mezzi fanno schifo (a Milano non è esattamente così, per altro), che per protesta bisognerebbe non pagarli e via dicendo, ma io il biglietto l' ho sempre fatto e sempre lo farò.
E difatti, anche in questo caso, sono salita sul tram col mio bel biglietto dell' Atm, l' ho timbrato e mi sono seduta. 
Data la psicopatia, ho messo il biglietto nella tasca della borsa -quella in cui vanno i biglietti del viaggio in corso- e mi sono bellamente messa a farmi i fatti miei.
Arrivata a destinazione, scendo dal tram e mi fermano i  controllori (ma un tempo non salivano a bordo?) e mi chiedono il biglietto, glielo mostro, lo passano in una macchinetta misteriosa e...
"Il biglietto non è timbrato"
"Scusi?"
"Si, non è timbrato"
"Guardi, mi pare strano:l ' ho timbrato alla fermata X quando sono salita"
"Si, a volte succede che l' obliteratrice scali la corsa (che nel caso del biglietto singolo è una), ma poi non si legga la timbratura"
A questo punto speravo che comparisse la telecamera e qualcuno mi dicesse "Sorridi, sei su Scherzi a parte", ma niente: il controllore ha voluto il documento che io prontamente gli ho dato.
"Allora le faccio la multa di 50 €"
"Ma scusi la macchinetta non legge, l" obliteratrice non oblitera e lei mi fa la multa?"
"Si, ma non si preoccupi. Se va in Via Tizio Caio  gliela tolgono".
Mentre il Tizio  -che tra l' altro era anche gentile- compilava il verbale, io bestemmiavo al telefono con mia madre. Lui deve aver sentito le mie gentili parole e mi ha detto che capiva che quando si paga il biglietto rode, ma lui la multa doveva farmela, poi a toglierla ci pensavano i colleghi di Via Tizio Caio.
Ah, ovviamente il biglietto incriminato non può più essere usato, anche perchè da altre obliteratrici -come ad esempio quella della metro- viene letto come utilizzato.


E mentre io prendevo la mia bella multa per aver pagato il biglietto, una dozzina di persone scendevano dallo stesso tram senza avercelo proprio il biglietto.
"E ma a quelli non possiamo fare la multa, quelli non hanno i documenti".
Non ci credo che l' ha detto davvero. NO, NON CI CREDO. O quanto meno, non voglio crederci.

Messaggio ricevuto: prima di prendere i mezzi pubblici, buttare la carta d' identità nei rifiuti. E non pagare il biglietto, tanto anche se lo paghi, la multa la prendi lo stesso (e poi la tolgono, ma in fondo, chi non ama andare a fare la fila all' Atm per farsi togliere una multa presa per aver pagato il biglietto?).
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sabato 18 luglio 2015

Il diritto al sonno

Io ho sonno. Sempre.
Avevo sonno da bambina, poi da adolescente e ce l' ho anche adesso che sono grande. 
L' altra sera parlavo con un collega che mi ha confermato che, anche secondo lui, noi turnisti abbiamo un brutto rapporto col sonno. Brutto nel senso che, siccome sfruttiamo ogni singolo momento utile per dormire, quando ci svegliano diventiamo brutte persone.
Io cerco di dormire otto ore, ma visto che non sempre queste otto ore possono essere usufruite durante la notte, dormo di giorno. 
A volte non dormo proprio: succede di voler uscire la sera prima di un turno di mattina, dicendo ovviamente "Tanto torno presto" e poi vedere che il tempo passa, le probabili ore di sonno diminuiscono inesorabilmente e ridursi ad andare a lavoro direttamente senza passare da casa. O al massimo di passare da casa per una doccia, senza manco guardare il letto.
Almeno una volta nella vita l' abbiamo fatto tutti. E se vi state chiedendo come si fa a lavorare senza aver dormito, credetemi che si fa. E si è anche più svegli e attivi del solito. 
Poi, però, non appena si esce dal lavoro, si pensa solo a una cosa: DORMIRE.
Quando invece si lavora di sera o di notte, si dorme fino a tardi il giorno dopo. Per un totale di circa otto ore, a volte anche meno.
Io dormo col il cellulare spento, proprio per non essere disturbata, tanto chi mi cerca lo sa che spesso dormo di giorno. E le poche persone che devono rintracciarmi sempre -genitori e Fidanzato- sanno come fare. Ma sanno anche che non devono chiamare mentre dormo se c' è un motivo valido. E non lo sanno perché li ho minacciati, ma perché a volte il buon senso aiuta.
Ovviamente, odio tutti coloro i quali citofonano a casa per motivi assolutamente inutili, vedi i tizi delle agenzie immobiliari che vogliono sapere se nel palazzo vendono case (e io che cavolo vuoi che ne sappia?), i tizi che vogliono venderti contratti del gas, della luce e di chissa cos' altro e via dicendo. Li odio. Perchè se è vero che loro non possono sapere che io sto dormendo, ogni volta che qualcuno invade i miei spazi divento matta.
Io comprendo che gli orari strani sono i miei - ma vi assicuro che siamo in tanti ad avere questi orari- difatti ho imparato a dormire con qualsiasi tipo di rumore, con la luce, sulle sedie, sul pavimento, in macchina, ovunque. Io dormo davvero ovunque. E spesso mi bastano venti minuti di sonno su una sedia -magari scomoda- per essere di nuovo fresca e pettinata.
Genitori e Fidanzato non amano particolarmente viaggiare in macchina con me perchè dopo 200 metri io sono lì che dormo. Loro mi parlano e io sto già dormendo. Una narcolettica, insomma.
Un giorno di qualche anno fa, ho costretto Madre e Fidanzato a passare quattro ore dentro a un negozio perchè dovevo scegliere una borsa e, visto che era un acquisto particolare, avevo bisogno di tempo. Loro erano lì, Fidanzato è pure uscito un paio di volte dal negozio a fumare una sigaretta, ad aspettarmi con pazienza. Conclusa la questione, siamo saliti in macchina per tornare a casa e io dopo un secondo netto dormivo. Alle sei del pomeriggio. Ed ero pure in ferie, quindi non avevo nemmeno la scusa del lavoro.
Il mio corpo, secondo me, ormai è abituato a recuperare quando può.


Una cosa che mi è successa e che mi ha infastidito tantissimo è stata quella di essere svegliata da qualcuno che cercava di aprire la porta di casa mentre dormivo perché non rispondevo al citofono. Io il citofono non l' ho manco sentito -per dormire di giorno è necessario essere indifferenti ai rumori- e il cellulare era ovviamente spento, chiaro segno che no, non sono sveglia e quindi, amen, devi fartene una ragione. 
E non vi dico la paura nel momento in cui vieni svegliata di soprassalto da quello che pensi essere un ladro. Anche perchè, suvvia, chi mai si piazzerebbe dietro una porta di casa, ad armeggiare con la serratura, se non un ladro? 
Il mio sonno, però, vale quanto il tuo, che magari la sera prima eri a letto alle 22, mentre io fino alle 3 ero a lavoro e quindi, giustamente, la mattina dormo. E poco importa se per te la mattina è l' orario in cui si va a casa delle persone, senza avvisarle. Per me la mattina è quella parte del giorno in cui si dorme se ho lavorato fino a tardi. Io rispetto i tuoi orari e tu i miei.
È un po' come se io, quando mi sveglio alle 5.30, cominciassi a telefonare in giro o ad attaccarmi al citofono di qualcuno perché io sono sveglia e quindi chi se ne frega degli altri.
O come se in piena notte pretendessi che tutti stiano a dare retta a me perchè io sono sveglia, in orario da lavoro, e quindi chi se ne frega degli altri.
Io, insomma, rivendico il mio diritto a dormire quando posso e non in orari canonici senza che le persone ritengano giusto molestarmi o svegliarmi. O peggio, provare ad entrare in casa mentre io dormivo, con tutte le conseguenze che questo sgradevole episodio ha comportato.

Molte volte mi è capitato che mi dicessero frasi tipo:" Ma se esci da lavoro alle due di notte, alle due e venti sei a casa tanto non c' è traffico e alle due e mezza dormi".
Ditemi: voi quando rientrate dall'ufficio alle 19, dopo più di nove ore fuori casa, vi fiondate immediatamente a letto senza aver fatto quelle cose che purtroppo in una casa vanno sempre fatte, indipendentemente dall'orario ( e no, non mi riferisco alle pulizie di primavera o al cambiare la disposizione dei mobili del salotto)? Non scambiate nemmeno due chiacchiere con chi trovate a casa (ovviamente se è sveglio)? Non fumate una sigaretta letteralmente svaccati sul vostro divano sorseggiando magari una bibita fresca? Non portate fuori il cane? Non vi spogliate, struccate, mettete il pigiama?
Per non parlare di frasi tipo:"Ma anche se ti svegli a mezzogiorno, massimo alle 12.10 sei operativo!". Voi, quando vi svegliate, siete subito sull' attenti? Io ci metto almeno un' ora a essere sveglia e attiva e se non faccio colazione -qualsiasi ora sia- mi sento male. E poi anche io mi lavo, mi vesto (operazioni che richiedono un minimo di tempo), sistemo casa e via dicendo. Non ho il robot che fa tutte queste cose per me.
Quindi, ebbene si, anche noi siamo persone normali con delle esigenze. Non l' avreste mai detto, vero?

Sapete quante volte ho scritto a Fidanzato, ma anche a dei colleghi, e non mi hanno risposto subito? E sapete perchè? Perchè dormivano.
E no, non li ho svegliati. E nemmeno li ho molestati. Semplicemente li ho rispettati, che so che è difficile, ma credetemi che si può fare.
E occhio: che l' amico o il conoscente turnista ce lo avete tutti e spesso -non e il mio caso però- i turnisti sono quelli che salvano le vite umane. Quandi lasciateli dormire, davvero.
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giovedì 16 luglio 2015

Conto alla rovescia: -9

Io non sono un fan sfegatata dei matrimoni. O meglio: non sono un fan sfegatata del mio matrimonio, ma quelli degli altri mi piacciono da morire.
E poi mi emoziono sempre. SEMPRE.
Comincio ad emozionarmi dall'annuncio e, man mano che si avvicina il gran giorno, divento sempre più nervosa. Manco fossi io a dovermi sposare.


Immaginate di avere un amico, molto amico. Ma proprio tanto amico. Una persona a cui volete tanto bene, forse troppo. 
Immaginate di vivere in due città diverse, quindi di non riuscire a vedervi quanto vorreste. 
Immaginate anche che, nonostante la distanza, questo amico sia diventato amico anche di Fidanzato, con cui condivide la passione per le lamentele calcistiche. Non vi dico cosa ho sopportato per Roma-Fiorentina di Europa League con uno che frignava da una parte e l' altro che frignava dall' altra parte.
Immaginate che un giorno questo amico vi dica:"Quando puoi collegarti su Skype che ti devo dire una cosa?"
Ecco, io Skype non lo uso da anni e poi di solito ci scriviamo su Whatsapp.
Cosa cavolo è successo? Stai morendo? Stai male? Tragedie?
MI SPOSO.
Questo amico ha una fidanzata adorabile e ammetto che, quando dovevo conoscerla, ero in ansia manco fosse la fidanzata di mio figlio. Mi piacerà? Sarà la ragazza adatta a lui? Per fortuna, è la ragazza migliore che potessi desiderare per una persona a cui voglio bene. E alla fine, mi sono affezionata anche a lei.

Sono mesi che faccio il conto alla rovescia, mi sono accorta solo due settimane fa che nella partecipazione che mi ha spedito a casa c' è scritto che bisognava dare conferma entro il 31 Maggio, conferma che chiaramente non ho mai dato ufficialmente, ma immagino che, visto quanto li ho molestati, lo sanno che al matrimonio ci andiamo.
Considerate che, appena arrivata a Milano, la prima cosa che ho detto al lavoro è stata:" Io non voglio ferie quest' estate, non mi interessa, ma il 25 Luglio non contate su di me". Persino il capo ormai lo sa che c' è questo matrimonio, potrebbe persino infiltrarsi visto che gli ho sfracellato le gonadi con tutti i dettagli.

"Ho comprato il vestito"
"Giallo?"
"No, blu elettrico"
"Pensavo giallo".
Il giallo è il mio colore preferito. Ma alla fine avrò un vestito blu elettrico, che ho comprato con mia madre, anche lei presa e compresa da questo matrimonio.

E allora, adesso che siamo quasi arrivati alla data e io ormai non contengo più l' entusiasmo, volevo brindare virtualmente a un pò di cose:
A Venezia, quando sei stato scambiato per facchino dalla signora ingioiellata che ti ha fatto portare i suoi bagagli e a quando abbiamo fatto serata e ti sei addormentato nel divano di casa, con conseguente cazziatone della padrona di casa.
A Dublino, quando per non svegliarmi, hai dormito con le lenti a contatto.
A San Marino, quando Little Tony non vi ha fatto l' autografo. Un autografo che adesso varrebbe miliardi.
A Milano, quando abbiamo fatto quel super mega aperitivo sui Navigli. Ci sono tornata in quel posto, ma non mi è più sembrato così figo.
A Bologna e al " Facciamo serata?" , "Non vuoi fare serata? Sei vecchia!", alle feste a tema, a quando sono stata costretta a tornare dal KinderGarten in autobus alle sei del mattino, alla Casetta della Felicità nella quale non ci si può rotolare perché il corridoio è troppo stretto, alla campagna di San Donato e a un milione di altre cose di cui ho tantissime foto che non posso di certo pubblicare qui perchè ormai siamo cresciuti e abbiamo una reputazione da difendere.
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mercoledì 15 luglio 2015

Quando ero piccola io erano gli anni '90

Quando ero piccola io, non si faceva il prefisso prima di un numero di telefono.
O meglio, si faceva, ma solo se chiamavi altre province. E siccome chiamare altre province costava troppo, non si faceva mai il prefisso.

Se spedivi una lettera o una cartolina, si poteva mettere il cap generale della città e non quello specifico e la posta arrivava comunque. Ci metteva secoli, ma arrivava (non mi sembra comunque che il servizio postale nel tempo sia migliorato).
A Palermo non c' era il Mc Donald's. È arrivato a Luglio 1997 con conseguenti file che arrivavano fino a Catania.
Il tutto per gustare un Mc Menù a 4.800 £.
Mio padre aveva un cellulare, che pesava 15 kg e costava quanto comprare una casa. Si pagava un abbonamento alla Sip e tanto non prendeva mai.
I biglietti aerei costavano tantissimo, arrivavano a circa un milione (di lire)per le tratte nazionali, si facevano in aeroporto ed esisteva la famigerata lista d' attesa, in pratica fino all' ultimo non sapevi se saresti partito o meno.
A Palermo, il lunedì mattina i negozi di abbigliamento e simili erano chiusi e il mercoledì pomeriggio erano chiusi invece gli alimentari. Oltre alla domenica ovviamente.
Dalla scuola si usciva alle 13 e si andava a pranzo a casa. E no, non era che i genitori non lavoravano. I miei lavoravano entrambi, eppure io pranzavo a casa.
E si andava a scuola il sabato: io sono andata a scuola il sabato dalle elementari alle superiori.

Quando si partiva per andare all' estero, bisognava andare a cambiare i soldi. Ed era una delle cose più eccitanti da fare.
Ancora oggi, quando si parla del cambio Sterlina/Euro io dico sempre che sono rimasta a quando una sterlina valeva 3.300£.

Il 1 Maggio, almeno a Palermo, il mondo si fermava: tutto chiuso e gli autobus non circolavano. In occasione di altre festività, Natale compreso, c' era il servizio ridotto. Il 1 Maggio manco quello.
C' era l' elenco telefonico. Ed era una manna dal cielo.
Tutti comparivano sull'elenco con il nome del papà e io ero turbata dal fatto che noi comparivamo con il nome della mamma, quindi non ci trovava nessuno comunque (o quanto meno, non i miei compagni di scuola che, giustamente, conoscevano il mio cognome).

C' erano i banchetti con le sigarette di contrabbando e la domenica c' erano anche quelli del pane in mezzo alla strada, che vendevano il pane di paese. E se volevi mangiare il pane o quello o niente.
C' era la moda delle amiche di penna. E io ne avevo un sacco. Conservo ancora tutte le loro lettere.
C' era il Game Boy. E ogni gioco costava uno sproposito, se non ricordo male sulle 45.000 £ che all' epoca erano soldi.
C' era il My Magic Diary, che per la cronaca io non avevo, e c' era il Tamagochi, che avevo. Ed ero già fanatica di raccogliere cacche di cane.


C' era l' appuntamento fisso con il cinema al sabato pomeriggio che, nel mio caso, erano il King o il Metropolitan. Il biglietto costava meno di 5000£ ed era un pezzetto di carta colorata con su scritto Siae. La stessa Siae che due anni fa mi ha chiamata per un colloquio.
C' erano Giochi senza Frontiere, Festivalbar, Non è la Rai e, nel mio caso, Caro Maestro.
C' erano gli Articolo 31 che cantavano 2030 e giusto qualche sera fa ci siamo accorti che qualcuna delle loro profezie si è avverata con quindici anni d' anticipo.
Continuo comunque ad aspettare che Ambra diventi il primo presidente donna.
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martedì 14 luglio 2015

Festino di Santa Rosalia

Tra le cose che più mi mancano di Palermo c'è lui, la festa dell'anno: il Festino di Santa Rosalia.
Santa Rosalia è la patrona di Palermo, cosa che non possiamo dimenticare facilmente visto l'enorme orribile statua che guarda tutta la città da Monte Pellegrino.
Siccome noi palermitani siamo speciali, la Santa la festeggiamo due volte l'anno, il 15 Luglio e il 4 Settembre. Ebbene si, due giorni rossi sul calendario per festeggiare la Santa e non uno come tutte le città normali.
Siccome a noi piace fare le cose in grande, noi non ci limitiamo a festeggiarla il 15 Luglio (oltre al 4 Settembre). Cominciamo a festeggiare già dal giorno prima.
Ed è per questo che la sera del 14 Luglio c'è quella che per me è la festa dell'anno e che consiste più o meno nel chiudere un sacco di strade e fare sfilare il carro in cui si trova la statua della Santa dalla Cattedrale a Porta Felice, al Foro Italico passando per il Cassaro che è l'asse viario più importante della città.
E per chi si aspetta un carro con quattro scalmanati al seguito, ebbene, sappiate che vi state sbagliando.
L'ultima volta che sono andata al Festino, nel 2010, hanno sfilato cento carri siciliani trainati da cavalli con sopra una modella stra figa. Alla fine, era arrivato il carro con Santa Rosalia -sontuosissimo- e che, quando è uscito a mare, sono partiti dei fuochi d'artificio a ritmo di musica che sono durati circa due ore. DUE ORE.
Chiaramente, io e le mie amiche -altre invasate di Festino come me- eravamo arrivate alla conclusione che tanto valeva cenare a Piazza Marina (anche perché dopo, non si passa più) e aspettasse che la Santa passasse di là e poi accompagnarla fino al mare (che dire 500 metri è dire poco). Ma è il clou della festa.
Io non sono esattamente religiosa, ma questa festa mi affascina in modo particolare e, da quando non riesco più ad andare, ogni volta che arriva il 14 Luglio mi viene la malinconia, quella vera.
Saranno le bancarelle, sarà il fatto che si mangiano le lumache (che a me non piacciono, ma sono un fan sfegatata della tradizioni popolari), sarà che quando arriva la Santa è sempre un'emozione pazzesca, sarà che mi piace il fatto che è il Festino unisce tutte le classi sociali. Di fronte a questa festa, non c'è differenza culturale che regga: siamo tutti là per la stessa ragione. Per il Festino.








Se doveste capitare a Palermo la notte tra il 14 e il 15 Luglio, mi raccomando, andateci.
E no, non sto scherzando: non ve ne pentirete assolutamente.
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lunedì 13 luglio 2015

Amore a distanza

Quando ho aperto questo blog, volevo parlare di vita quotidiana.
Una cosa tipo:"Cosa succede nella mia vita di ogni giorno? Cosa ho fatto oggi?"
Non una sorta di diario segreto che, per carità, mi bastano quelli che ho scritto tutti i giorni dai 10 ai 13 anni circa, ma qualcosa di un po' più interessante.
Ho anche cercato di raccontare chi sono le persone che mi circondano (e ancora non ho finito di farlo), parlando di Fidanzato (altresì noto come il Tizio che non mangia salame), dei miei genitori, dei cani, dell'amica di sempre.
A quei tempi -pare una vita fa, ma in fondo sono passati poco più di sei mesi- la mia vita era abbastanza lineare, fatto salvo per questo: casa nostra, il lavoro, alcune preoccupazioni, tanto amore e un po' di malinconia per i genitori lontani.
Poi, prepotente come poche cose al mondo, nelle nostre vite si è insinuata Milano.
Milano è entrata a fare parte della nostra vita dalla sera alla mattina con una telefonata che diceva più o meno:"Ciao, ci vieni a Milano?". Passati due giorni da quella telefonata, stavo sistemando dei piatti nella credenza della cucina, è arrivata un'altra telefonata che diceva:"Allora ci vediamo lunedì a Milano?".
A momenti casco dalla sedia, mi sono passate per la testa un sacco di cose.
Sono arrivata a Milano quel lunedì senza sapere esattamente come sarebbe andata a finire.
Nel giro di tre giorni ho avuto una data per il trasferimento. Erano tutti felici per me, in modo sincero: i miei genitori, Fidanzato, le mie amiche.
Ok, non sono andata dall'altra parte del mondo e, all'inizio, ero davvero convinta che al massimo ogni dieci giorni sarei riuscita a tornare a casa mia a Roma, ma, visto che tra turni e biglietti del treno che costano uno sproposito, non è andata esattamente così.
Fidanzato, anni fa, quando ci siamo messi insieme mi aveva detto che lui era assolutamente contrario alle storie a distanza e questa cosa io non l'ho mai dimenticata, quindi un pò di paura ce l'avevo. "E se si rompe le scatole e mi manda a quel paese?"
Lui, però, è un uomo eccezionale e mi ha appoggiato in pieno. Abbiamo deciso insieme, ci siamo guardati in faccia e abbiamo capito che questo trasferimento era la cosa migliore da fare, per me, ma soprattutto per noi.
Non è stato facile perché io ho lasciato una casa che ancora doveva essere finita, ho lasciato la nostra quotidianità e soprattutto ho lasciato tutto sulle sue spalle. Tutto quello che prima facevamo in due, adesso deve farlo quasi sempre da solo, senza di me.Così come io, tutto quello che faccio, sono costretta a farmelo da sola.

A volte, complice il lavoro che facciamo, non riusciamo nemmeno a sentirci, se non grazie a Whatsapp: a volte, lui dorme mentre io lavoro e poi, quando lui a lavoro, io dormo e anche quando l'altro si sveglia, cerchiamo di non stare al telefono quando siamo a lavoro perché  non è esattamente una cosa carina da fare.
E' difficile dormire da sola, per me che sono abituata ormai da anni a dormire nel lettone con lui; è difficile rinunciare alle piccole abitudini quotidiane, come quella della colazione a letto che per me è praticamente un must. E so che io manco a lui, anche se ogni volta che sono a casa, dice al Cane che non vede l'ora che me ne ritorno da dove sono venuta!
Ma, alla fine di tutto, è più facile di quello che pensavo: ero convinta che avrei passato il mio tempo a piangere in attesa di rivedere Fidanzato e, invece, passata la grande malinconia iniziale (che ogni tanto torna per carità), mi sono adattata a questa nuova situazione, che per fortuna non sarà per sempre.


E se non sarà per sempre è perchè io so che lui mi seguirebbe ovunque se dovesse essere il caso, così come io lo seguirei ovunque. E sono felice di avere un Fidanzato così.

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domenica 12 luglio 2015

Lavorare la domenica

È  sempre la stessa storia: in giro per il web è pieno di polemiche sul fatto che la domenica non si dovrebbe lavorare perché sai, il settimo giorno Dio si riposò e quindi ci dobbiamo riposare anche noi.


Il che, potrebbe anche avere un senso se il fatto di lavorare la domenica non fosse compensato dal riposare nei giorni feriali, cosa che personalmente preferisco.
E poi, a me la domenica piace lavorare. Dicasi la stessa cosa per il sabato e per i giorni festivi.
Non c'è traffico, le strade sono libere, ci si mette un attimo ad arrivare e si evita di andare in posti che, per antonomasia, sono colmi di persone nel fine settimana. Avete mai provato ad andare al mare a Ostia la domenica? Sveglia alle 7 (che io, manco durante i giorni feriali, a meno che non sono costretta a farlo dal tanto amato turno di mattina), due ore di coda per fare quindici km (che, anche lì, sarà che sono turnista ed esco di casa ad orari poco canonici, ma stare in macchina due ore per andare al mare, anche no grazie), spiagge affollatissime che più affollate non si può, bambini urlanti che ti lanciano la sabbia in bocca (true story, con tanto di conseguente istinto omicida tenuto a freno da non so cosa) e poi, dopo ore di questo grande relax, altre due ore di coda -se va bene- per tornare a casa.
E mettiamo che non si voglia andare al mare, ma fare qualcos'altro (o che non sia estate e quindi il mare non sia esattamente consigliabile): vai al centro commerciale? Una confusione che pure se non hai sofferto di agorafobia, stai pure certo che comincerai a soffrirne. E poi, si sa, al centro commerciale la domenica non ci si va per solidarietà verso quei poveri commessi costretti a lavorare.
E lo stesso dovrebbe valere per tutti gli altri lavoratori. Almeno così dicono i fautori delle proteste.
I protestanti (no, non mi riferisco alla religione) sono quelli che rivendicano il sacrosanto diritto a non lavorare la domenica perché, si sa, la domenica si passa davanti la tv con la famiglia (d'altronde è risaputo che la tv va da sola, non c'è nessuno in tv che lavora la domenica per permettervi di vederla), si va al cinema (dove non ci sono un bigliettaio, un venditore di pop-corn e Coca Cola, un proiezionista e via dicendo), a mangiare il gelato (che si mette sul cono o dentro la brioche da solo), al ristorante (dove le pietanze si cucinano da sole, i piatti si autotrasportano al tavolo e poi si lavano grazie alla legge dell'autolavaggio gravitazionale dei piatti), alle giostre (anche quelle, risaputo, si azionano da sole), al museo e via dicendo. E non dimentichiamo che la prima cosa da fare la domenica è uscire per comprare il giornale (che non è stato stampato la notte stessa, che non è stato portato all'edicola da qualcuno che di lavoro fa l'omino che consegna giornali e l'edicolante è una proiezione della nostra fantasia) e a fare colazione al bar (per i bar vale la stessa regola dei ristoranti).
Però guai se devo essere io a lavorare la domenica perché io no, io non posso lavorare la domenica perché devo stare con la famiglia. Gli altri no, sono stronzi.
Da che mondo è mondo, per permettere a tutti di usufruire di determinati servizi nei giorni festivi, ci sarà qualcuno che lavora. E, nel 90% dei casi, per altro, si beccherà anche delle maggiorazioni non indifferenti per farlo. E poi starà a casa il lunedì o il giovedì o comunque un giorno feriale che vi assicuro, non è poi così brutto.

Che poi, di solito, chi lavora la domenica, non è che lavora esattamente tutte le domeniche. Si fa a turno: oggi io, domani tu, dopodomani Tizio e dopodomani  Caio.
E io lo capisco che lavorando la domenica non si può stare con la famiglia, ma sono fortunata è ho una famiglia anche nei giorni feriali, quindi se vedo Fidanzato e Cane Gnappo il mercoledì va benissimo comunque. E sono cresciuta con un padre che lavorava 365 giorni l'anno quasi H24 ed era spesso in viaggio e, paradossalmente, lo vedo meno adesso che viviamo lontani, ma lui è in pensione che non quando lavorava. Mi adora, lo adoro, è stato ed è un padre eccezionale, ma, come tutti -anche i figli di quelli che lavorano da lunedì a venerdì- per qualsiasi cosa chiamo la mamma.
"Mamma, ho sonno, ho fame, ho freddo, ho un problema, mi serve questo, aiutooooo" (si, lo faccio anche adesso che ho 29 anni, i figli sono figli per sempre, no?).
Io adoro stare a casa nei giorni feriali e non la domenica: se devo sbrigare qualche commissione non sono costretta a prendere giorni di ferie o ore di permesso che posso sfruttare per fare qualcosa di più entusiasmante e poi la maggior parte delle persone lavora, quindi i luoghi dove la massa si riversa nel week end sono praticamente vuoti, vedi negozi o, d'estate, la spiaggia. Avete mai provato ad andare a fare shopping alle 10 di mercoledì mattina? Ci sarete praticamente solo voi, non farete lunghe ed estenuanti file ai camerini di prova (che personalmente mi fanno passare la voglia), le commesse non saranno arrabbiate come un lupo che non mangia da sei mesi e non ci sarà confusione che manco fossero passati gli Unni.
Idem per la spiaggia. Io e Fidanzato, da bravi turnisti, andiamo al mare in settimana -quando i nostri riposi coincidono- e, di solito, abbiamo la spiaggia tutta per noi. E non dobbiamo picchiare nessuno per il lettino o l'ombrellone.
E poi, volete mettere la grande soddisfazione, quando si riceve un invito sgradito la domenica a pranzo e poter dire "No, mi spiace lavoro, non posso"? (Ebbene si, anche quando non è vero).

Mi dite cosa c'è di così speciale la domenica che non si possa fare anche negli altri giorni della settimana?
Un tempo, erano le partite di calcio, ma adesso il campionato di Serie A è talmente spezzettato che non può più essere quello.
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