sabato 30 maggio 2015

Tornare a casa

Finalmente sono a casa per un lasso di tempo superiore alle 36 ore.
Sono felice? Diciamo che, se fossi stato un cane, avrei fatto litri di pipì per la contentezza.
Ecco cosa ho trovato:
-Cane Gnappo è diventato completamente anarchico: prima dormiva sul letto accoccolato sui piedi di Fidanzato. Adesso dorme completamente sbracato sulla mia metà di letto e quando ho provato a spostarlo -sai com'è Cane Gnappo, questa è la mia parte di letto- non mi ha dato granchè retta.
Prima, a colazione, aspettava paziente che gli venisse dato un biscotto. Adesso apre il barattolo dei biscotti a musate e si serve da solo.
-La portiera del palazzo -che è una signora davvero tanto carina- quando mi ha vista stamattina con Cane Gnappo al seguito mi ha detto:"Ciao, come stai? Volevo dirti che tuo marito è stato bravo, non è venuta nessuna donna".
Grazie davvero, sono commossa da tanta devozione. Solo che, a parte che noi non siamo sposati (ma questo è un dettaglio perchè a Roma sono tutti marito e moglie, anche se hanno sedici anni e stanno insieme da ieri), la portiera c'è solo la mattina, quindi Fidanzato avrebbe potuto tranquillamente portarsi dietro dozzine di donne quando lei va via. Vero è che il palazzo è video sorvegliato, ma non so se lei ha visto pure le registrazioni. Questo non me l'ha detto.
-Quando sono partita la scorsa volta, avevo lasciato una tovaglia da tavolo rossa stesa, raccomandandomi con Fidanzato di rientrarla non appena fosse stata asciutta.
La tovaglia fino a stamattina era data per dispersa. Poi l'ho trovata conservata, piegata in modo estremamente accurato, tra un lenzuolo e gli asciugamani da bidet. E va beh.


-Il cesto della biancheria sporca viveva di vita propria.
Pur di non spiegare a Fidanzato come funziona la nostra lavatrice gli avevo detto che a quella ci pensavo io quando rientravo a casa e, nonostante lui avesse insistito, io l'avevo ignorato.
Domani è previsto un corso intensivo di utilizzo della lavatrice. Usufruiranno del corso sia Fidanzato, sia Cane Gnappo: su quest'ultimo ripongo buona parte delle mie aspettative.
-La nostra dispensa conteneva decine e decine di merendine, biscotti, patatine e altra roba assolutamente inutile.
Di commestibile per il pranzo c'erano solo uova e croccantini per cani.
Frutta e verdura ormai si rifiutano di entrare in questa casa.
-La casa era estremamente pulita e profumata, pure troppo.
In mia assenza, Fidanzato ha dato sfogo alle sue manie e pulito otto volte al giorno evidentemente.


Continua....

Ps. Roma continua a essere, almeno per me, la città più bella del mondo.

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giovedì 28 maggio 2015

Il mercatino e il pigiama con gli orsetti

Sotto casa mia a Milano c'è un mercatino.


Lo fanno il Mercoledì e devo dire che è molto carino: ci sono prevalentemente banchi di frutta e verdura -e per me che sono allergica non è il massimo, soprattutto nel periodo delle pesche- ma anche banchi di altro tipo: vestiti, scarpe, gioielli, trucchi e detersivi.
Io adoro i mercatini, li ho sempre amati da quando, da bambina, quando non c'era scuola, andavo al mercatino di Viale Francia, a Palermo, il Martedì con mamma e nonna (o solo una delle due, per lo più la nonna).
Magari non compro nulla, ma mi piace girare, guardare, osservare.
Sarà un caso che, la prima volta che Fidanzato è venuto a Palermo a casa dei miei genitori, la prima cosa che abbiamo fatto appena scesi dall'aereo è stata andare al mercatino? (quello di Viale Francia del Martedì ovviamente).
Comunque, parlavamo di questo mercatino del Mercoledì.
La strada in cui lo fanno è quella dove io parcheggio la macchina, si trova sempre posto, anche a orari assurdi ed è abbastanza frequentata anche di notte quindi non ho paura che arrivi un mostro e mi uccida o che mi rubi la borsa, cosa che mi farebbe comunque morire di crepacuore (e non per il contenuto della borsa nella maggior parte dei casi, ma proprio per la borsa).
Io che ci fosse il mercatino, ovviamente, non ne avevo idea, nessuno me lo aveva detto e figuriamoci se l'idea mi avesse anche solo minimamente sfiorata.
Ed è stato così che il primo Mercoledì che ho passato in questa casa mi sono affacciata alla finestra e ho notato degli strani movimenti nella strada. Poi ho visto i banchi. Poi, con calma e dopo aver preso il caffè, ho capito che, ebbene si, c'era un mercatino.E soprattutto, ho notato che tutte le macchine che erano parcheggiate lì la sera prima, quando avevo parcheggiato anche la mia, non c'erano più.
Solo che, ecco, io la mia macchina non l'avevo spostata. L'avevo lasciata lì.
Anche perché, per quale motivo avrei dovuto spostarla?
Attimi di panico: cosa ho addosso? Bene, il pigiama con gli orsetti che un tempo è stato di Fidanzato e una canottiera rossa che un tempo veniva utilizzata per uscire e che adesso è la mia fida canottiera per dormire. Forse non troppo fashion, ma abbinandoci le Converse, che sono grigie come gli orsetti, magari guadagno punti.


Sono scesa di corsa, pensando a  quanti milioni di euro mi sarebbe costato il carro attrezzi e aumentando l'isterismo a ogni passo in più verso la fine della via (ricordarsi di parcheggiare più vicino la prossima volta) man mano che mi rendevo conto che non c'era proprio più nessuna macchina. Quindi, lo sapevano tutti tranne io che c'era sto benedetto mercatino!
E poi, eccola lì: rossa fiammante come una Ferrari, tra un banco di frutta e un altro banco di frutta, utilizzata da un giovanotto (pure alquanto figo, a dirla tutta) per poggiare cassette di fragole (ad Aprile le fragole? Va bene che io non le posso mangiare e non mi interesso molto alla questione, ma le fragole ad Aprile non sono un po' premature?).
"Ehm ciao, quella è la mia macchina, Scusami, ma vivo qui da due giorni e non avevo idea che ci fosse questo mercatino"
"Non ti preoccupare, non c'è problema, tolgo subito le mie cose"
Un sogno: macchina ancora lì e giovanotto figo che fa il simpatico.
E come nei sogni migliori, subito dopo è arrivato il fruttivendolo imbruttito al quale delle mie scuse (c'è mancato poco che mi buttassi ai suoi piedi in lacrime implorando il perdono) non è che gli importasse molto e mi ha insultata come se non esistesse un domani. E ha pure ragione eh, anche io mi sarei insultata in quel momento.
Però almeno ho evitato la multa, il carro attrezzi e lo sbattimento di andare a cercare il deposito che difficilmente avrei trovato visto che stavo a Milano da tre giorni.
Il proprietario del bar sotto casa, intanto, continua a chiamarmi: la ragazza con gli orsetti. E va beh dai, poteva andare peggio.


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mercoledì 27 maggio 2015

Pensieri sparsi sulla ginnastica artistica

Non sono l'unica al mondo ad amare la ginnastica artistica immensamente.
E la cosa bella è che ne conosco parecchie di persone come me, quindi beccatevi le emozioni di qualcuno che non sono io, qualcuno con cui condivido la mia enorme passione per la ginnastica.

-Se penso ad una delle gare più belle per me sicuramente la finale a squadre dei Mondiali 2010: non ero a casa quella settimana e non avevo né internet né la parabola per vedere la gara (non c'era il digitale) ho obbligato mia madre a registrare tutta la competizione.
Ho fatto di tutto per non vedere il risultato una volta tornata a casa (come tutte le volte che non vedo una gara in diretta). Mia madre mi aveva fatto capire che la Cina era arrivata terza e poi ho rivisto la finale tre o quattro volte.
Quando sul forum commentavano le gare davo telefonicamente le istruzioni a mia sorella per leggere tutti i commenti in ordine in modo da immaginare la gara in diretta, come ad esempio gli Europei Junior del 2012.
Guai se so direttamente il risultato senza sapete come è andata tutta la gara!!!
(Claudia)


-La ginnastica per me non è solo il bel Body, i capelli ben legati delle ragazze, e gli esercizi perfetti nelle gare, la ginnastica per me è la fatica, il sudore, i calli alle mani e tutto il lavoro che c'è dietro. È questo che mi affascina della ginnastica artistica, il fatto che nonostante tutte le difficoltà che si pongono di fronte alle atlete, loro continuano per la loro strada per inseguire il loro sogno più forti di prima
(Valentina)

-La prima gara a cui sono andata è stata la Golden League, riscaldamento pre-gara. sicuramente una grande emozione: alcuni rientri, per altre l'ultima gara... Un' atmosfera a primo impatto ovattata, entri e il tuo sguardo segue solo le ragazze all'attrezzo, chi già in body chi ancora no. Sei curiosa più che mai e non vedi l'ora di sederti e fare il tifo per la tua eroina che nel frattempo hai già cercato con la coda dell'occhio, per non fare la figura della stalker. Inizia la gara, sei più agitata tu delle ginnaste per poco, urli a più non posso e cerchi di motivare ogni singola ginnasta, è il loro momento e speri che diano il loro meglio. Certo, ogni tanto la delusione c'è, ma con essa il desiderio di fare bene. La lista delle vincitrici, la premiazione, tutto scorre veloce ma vorresti si ripetesse, vorresti riviverlo un'altra volta, da capo.
(Bianca)

-Parto dal fatto che sono nata nel '99 ed ho iniziato a seguire la ginnastica con le Olimpiadi di Sydney (sì, ero molto piccola).
Ogni giorno me ne innamoro sempre di più e ogni giorno mi dà un'emozione diversa.
Quello che vivono le ginnaste lo vivo pure io.
Quando tornano da un infortunio (che sia piccolo o più grave) sono la ragazza più felice perché tornano ad allenarsi pienamente e tornano a dare il meglio di se.
Poi ci sono le tanto amate quanto odiate gare: odiate perché non si vedono da nessuna parte o perché tu sei dall'altra parte del mondo o dell'Italia e non hai soldi per andarle a vedere, odiate quando mettono l'Italia nelle suddivisioni cosiddette "sfigate" (cosa che capita molto spesso) odiate quando non ci danno i punteggi che meritiamo oppure a noi danno i punteggi che meritiamo e ad altre ginnaste punteggi molto alti che non si meritano e ci fanno perdere moltissime medaglie.
Ma oltre a tutte queste cose io le gare le amo: le amo si, perché le ragazze e i ragazzi danno il tutto per tutto per fare ogni elemento alla perfezione e già questo ti riempie il cuore. È una cosa fantastica.
Quest'anno nonostante la mia salute traballante sono andata a Montpellier a vedere gli Europei, sono stati quattro giorni fantastici!! Ho visto Erika Fasana fare il Chusovitina per la prima volta in una vera competizione. Purtroppo, per quello che ti dicevo prima ho sofferto moltissimo per i due quarti posti (forse mi capirai ma mi sono messa a piangere come una deficiente), ma mi sono divertita a perdere la voce per lei, per il 9° posto AA ed il 5° posto a parallele di Martina, per Ludovico, per il nostro mitico Dog Matteo, ma soprattutto per la medaglia che aspettiamo da ben UNDICI ANNI di Albero Busnari ( e pure qui mi sono messa a piangere come una deficiente ma questa volta di gioia) Emoticon smile
(Giulia)

-La prima cosa che un allenatore dovrebbe sapere trasmettere ai propri atleti è la passione per ciò che stanno facendo. E non c'è niente di male se insieme alla passione che in prima persona non si è riusciti a realizzare: perché vedere i proprio sogni concretizzarsi è comunque la più grande forza di soddisfazione, non importa se ciò avviene nella persona di un altro. E un buon allenatore questo lo sa.
Ho scritto questo pensiero il giorno dopo la gara delle mie bambine (tra i sette e i nove anni).
Sognavo di farle diventare agoniste, o almeno di provarci, ma manca la struttura (, manca lo spirito, mancano i fondi, l'organizzazione, il tempo. Poi però ho capito che mi basta dare loro il massimo, mi basta averle fatte appassionare, mi basta vederle uscire soddisfatte dopo un allenamento produttivo, mi basta ricordarmi di quanto sono fortunata ad allenare queste splendide bambine!
(Aryanna)

-Avevo tredici anni, ero da un' amica a giocare e lei inizia a guardare la serie tv Ginnaste-Vite Parallele, mi girai e vidi quelle ragazze saltare, volare e fu da quel primo sguardo che la ginnastica entrò in me. Sono passati ormai quattro anni da quel giorno ma lo ricordo ancora. Quel giorno ha cambiato una parte di me. Guardai tutta la puntata con lei, mi spiegò anche tutti i personaggi, ma non capivo niente, ero troppo concentrata a guardare quelle ragazze volare.
Andai a casa, e iniziai ad informarmi sulla ginnastica cercando su internet, la conoscevo già ma avevo visto solo amiche che praticavano CSI fino ad allora.
Guardai per settimane video su video di Carlotta Ferlito: è grazie a lei se ora sono in questo mondo magico.

Arriva settembre e decido di iniziare ginnastica, c'è solo una piccola palestra qua da me, ma basta. Ricordo esattamente il giorno in cui sono entrata in palestra: avevo un sorriso a 32 denti, ero emozionatissima, vedevo le agoniste fare cose strane che allora non conoscevo. Quella lezione è passata velocemente, in un batter d'occhio ma fu magnifica. Avevo due allenatrici magnifiche, gentili e mi sentivo così soddisfatta a fare quello sport. Sembravo una bambina di otto anni in un luna park!!
Iniziai a imparare tutti gli elementi, gli attrezzi, i nomi delle ginnaste nazionali e non, di quelle che hanno fatto la storia.
Era il 2012, l'anno olimpico, passai quei giorni incollata alla tv, a tifare Carlotta, mentre scoprivo la bravura di Vanessa e ne rimanevo incantata.

Imparai velocemente, non solo i miei elementi, ma tutto ciò che riguardava la ginnastica italiana e straniera.
Volevo assolutamente vedere Carlotta, correvo per il palazzetto in cerca di autografi, e di Carlotta. Non sapevo niente di come funzionavano le gare.
6-4-2013: non è morto nessuno, io quasi!
Dopo aver insistito mesi per vedere queste ragazze dal vivo, vado con la società alla finale di Serie A.
Non sapevo cosa aspettarmi, non pensavo che era tutto così diverso dalla tv.
Entro al Mandela Forum, e i miei occhi non credono di essere lì. Fu il giorno più bello. Ero ansiosa, emozionata, dentro di me c'erano tutti i sentimenti possibili.
Ma la passione per questo sport è troppa, e mi pento tantissimo di averlo conosciuto così tardi. In questi anni sto provando l'amore, la passione per lo sport che non ho provato da bambina.
Ma arriva il momento della GAL. Durante gli esercizi di Carlotta non riuscivo a parlare, ero incantata nell'osservarla. Ero stupita.
Non vi dico l'emozione, ricordo quel giorno come se fosse ieri.

Ogni gara è un emozione, l'adrenalina che mi trasmettono le gare, le ginnaste è tantissima. Mia madre si è stancata di vedermi urlare mentre guardo le gare e mi considera una morbosa della ginnastica ormai ahaha
(Marika)

-Una delle emozioni più belle legate alla ginnastica per me si vive nel momento in cui il tabellone dei punteggi mostra esattamente il punteggio che ti aspettavi ed esattamente quello che serviva alla ginnasta per poter vincere o comunque per raggiungere la finale che si aspettava. Poi ovvio che le emozioni si moltiplicano all'ennesimissima potenza quando ciò accade alla tua ginnasta )e su cosa intendo con "tua ginnasta" può capirlo solo chi ne ha una): la sua soddisfazione diventa la tua. E quel numero che compare sul tabellone, che poi in realtà è solo un numero. è il risultato di anni e anni di duro lavoro e il fatto che ti venga dato ciò che ti meritavi ti fa sentire appagato degli sforzi fatti. 
Non voglio ridurre la bellezza della ginnastica ad un numero, sia mai, ma le emozioni che quei numeri, quando sono "giusti", ti danno sono impagabili, Se poi si ha la fortuna di poter essere lì davanti al tabellone e vicino alla tua o alle tue ginnaste e quindi hai anche la possibilità di stritolare e gioire con loro del risultato, beh dai, è indescrivibile!!
(Silvia)

E infine c'è chi mi ha raccontato a voce l'emozione che ha provato a ricevere il primo accredito come giornalista per una gara, dopo aver assistito alle gare dagli spalti. L'emozione di potersi avvicinare alle nostre ginnaste, di instaurare con loro un rapporto che piano piano potrebbe trasformarsi in amicizia. L'emozione di avvicinarsi alle ginnaste americane che fino a quel momento magari si sono viste solo in tv: ginnaste olimpioniche, campionesse mondiali. Ginnaste che hai talmente tanto idealizzato che hai quasi paura che non siano vere.
So che sembra una follia, so che non si può capire fino in fondo. 

Le ginnaste sono delle persone come noi, ma viverle da vicino è un'emozione immensa, ma questo, ve lo racconto la prossima volta con un'intervista speciale.

La foto del post è di Valentina Ricci.

Nb. I mini racconti sono stati pubblicati esattamente come mi sono arrivati, non ho aggiunto né tolto nulla.
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domenica 24 maggio 2015

Quei luoghi comuni sui cani che proprio non sopporto

A me piacciono i cani.
Mi piacciono tantissimo. Tutti.
Ovviamente il mio cuore batte soprattutto per i miei cani: Cane Gnappo e Cane Nero, che anche se non c'è più è sempre nel mio cuore.
Mi capita spesso, però, di sentire delle cose che mi lasciano basita. In certi casi, mi sono infastidita, ma poi davvero: sono rimasta esterrefatta all'idea che dalla bocca di certe persone potessero uscire delle simili castronerie.


-I cani sono sporchi.
Quando abbiamo preso Cane Nero, puzzava. Puzzava sul serio, eh. Ma veniva da una situazione particolare e, ovviamente, una volta arrivata a casa è stata lavata. Non ha mai più puzzato.
Cane Gnappo è sempre stato un fighetto e figuriamoci se puzza.
Quando andiamo fuori e si sporcano le zampe, gliele puliamo prima di entrare in casa. E non solo le zampe: se si sporcano qualsiasi cosa, vengono puliti.
D'altronde anche io mi faccio la doccia, il bidet, mi lavo le mani o il viso e via dicendo.
-I cani mordono tutti.
I cani hanno i denti per mordere e su questo non ci piove.
Può capitare di essere morsi da un cane, è successo anche a mia cugina in una situazione davvero inspiegabile e che, per fortuna, è finita bene.
Ma non è che i cani azzannano la gente a casaccio: ci sono cani che vengono tirati su aggressivi -e lì dipende dal padrone- e situazioni in cui forse è il caso di non avvicinarsi e non rompere le scatole al cane.
Io ho sempre messo le mani in bocca ai miei cani, gli ho scippato l'osso per giocare e non mi hanno mai morsa. Se l'osso gliel'avesse scippato dalla bocca un estraneo forse l'avrebbero morso, non lo so. Ma perchè mai tu, estraneo, devi scippare l'osso dalla bocca del mio cane e pensare che questo non abbia una reazione? Se tu passi per strada e io ti scippo la borsa, la tua reazione sarà quella di inseguirmi e, se mi prendi, di corcarmi di botte. Giustamente, direi.
-I cani fanno la pipì e la cacca in casa.
Questa mi è stata detta da poco. Mi sono offesa.
Al di là del fatto che abbiamo sempre portato fuori i cani molte volte al giorno e per molto tempo (e non solo per fare i bisogni, ma anche per farli muovere, correre, giocare), cosa ti fa pensare che io che ho dei cani, vivo in mezzo agli escrementi? Cosa ti fa pensare che casa mia sia un tappeto di cacca? Lo trovo offesivo pensare che le case di chi ha cani siano ricoperte di bisogni.
Quando Cane Nero era malato, la chemioterapia aveva distrutto tutto e lei non tratteneva più i bisognini: aveva il pannolino, della traversine e delle coperte che eventualmente avrebbe potuto sporcare. Il pannolino veniva cambiato più volte al giorno, veniva lavata e, per completare l'opera, le mettevo anche il borotalco. Non è che siccome aveva un problema, casa mia si era trasformata in un tappeto di escrementi. Cane Nero, poi, era particolarmente intelligente: se il pannolino era pieno, muggiva finchè qualcuno non glielo cambiava. Se dormivi, ti svegliava muggendo:”Cambiami il pannolino che io sono un cane pulito. E sbrigati pure”.
-I cani fanno danni.
Quando Cane Gnappo era cucciolo mi ha mangiato una maglietta. Era viola, mi piaceva da morire. Lui l'ha presa e ciao, l'ha bucata. Aveva un mese circa. Se avesse avuto anche lui dei vestiti, per dispetto, avrei tagliato con le forbici una sua maglietta, ma siccome a lui basta il pelo, non ho potuto vendicare la mia amata maglietta viola.
Era cucciolo e va bene così. So che ci sono casi che, pur crescendo, fanno qualche danno -l'educatrice di Cane Nero, per esempio, mi diceva che i doberman sono un po' teste calde da questo punto di vista- ma ecco, ho anche io una casa con tanti bei mobili che, pensate un po', ho pagato profumatamente, e vi assicuro che non li cambio ogni mese perchè vengono mangiati, rosicchiati, sgranocchiati. E se per questo, non mi rifaccio nemmeno il guardaroba ogni due settimane perchè i miei vestiti sono stati mangiati, rosicchiati, distrutti.
Vero è che se Cane Gnappo volesse incentivarmi a rifarmi il guardaroba così spesso mangiando qualcosa, gliene sarei molto grata,
-I cani sporcano i prati, lasciando i bisogni in giro.
Io odio le cacche abbandonate per strada. Prima le odiavo e basta, poi un giorno Cane Nero ha pestato una cacca abbandonata e per ripulirle la zampa ci ho messo un giorno intero e dal quel momento, le odio ancora di più.
Odio anche le gomme da masticare buttate per terra.
Ma ecco, i miei cani non sono mai riusciti a raccogliere i loro bisogni da soli, probabilmente non sanno nemmeno che i bisogni vanno raccolti, d'altronde sono cani e a loro basta svuotarsi l'intestino.
Se i padroni sono incivili e non raccolgono i bisogni, non è colpa dei cani.
-I cani piangono e abbaiano tutto il giorno.
Ogni cane ha il proprio carattere e so che ci sono cani che, effettivamente, piangono quando i padroni li lasciano soli o che abbaiano quando qualcuno si avvicina troppo.
Di norma, un cane che abbaia per 24 ore di fila ha un problema che andrebbe risolto.
E, in generale, se il mio cane abbaiasse per 24 ore di fila darebbe fastidio in primis a me, non solo al vicinato.
-Devi tenere chiuso il tuo cane se io vengo a casa tua.
Diciamo pure che casa mia è anche casa del cane, lui è il padrone di casa e tu l'ospite.
Io faccio sempre attenzione che i cani non saltino addosso alle persone o non diano fastidio, ma se proprio non ti piacciono i cani, beh, a casa mia ci sono e bisogna farsene una ragione.
Lo so, sembro un po' polemica, ma è giusto per capire che se qualcuno ha dei cani, gli piacciono, li ama e via dicendo non c'è bisogno di criticarlo, rimproverarlo e riprenderlo perchè, in fondo, non è un problema vostro.
I miei cani hanno sempre fatto parte della mia famiglia, sono cresciuta, grazie a due genitori fantastici, in mezzo agli animali e ne sono felicissima.
Fidanzato non aveva mai avuto cani: provate adesso a toccargli Cane Gnappo. Potrebbe mordervi.
Per la serie, non è detto che i cani mordano, ma i loro padroni si.
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sabato 23 maggio 2015

Tu chiamale se vuoi...emozioni!

Io non sono simpatica.
Non sono nemmeno divertente.
E ho un sacco di difetti.
Ho un sacco di fisse -lo sapete voi che non cammino sopra le grate perchè ho il terrore che si rompano e di cadere giù?- alcune delle quali davvero strane.
Però ci sono persone che, nonostante tutto, mi vogliono bene.
Persone che sanno come prendermi e, soprattutto, come rendermi felice.
Facciamo un passo indietro: qualche giorno fa è venuto fuori che stamattina sarei andata a Brescia da Antonella, quella che affettuosamente è la mia fotografa. Mia.
Da un paio di giorni, Anto continuava a dirmi che c' era una sorpresa. Poi ha aggiunto che lì, dalla sorpresa, faceva freddo. E poi ancora che bisognava arrivare entro le 11.
Siccome non sono molto sveglia, io annuivo e non capivo. "Tanto mi fido" ho pensato.
E stamattina, insomma, siamo partite per la sorpresa.
"Ti devi bendare".
Avete presente Tre metri sopra il cielo? Si, lo capisco non è esattamente un film da Oscar, ma io avevo diciassette anni quando è uscito -nel periodo in cui Facebook non esisteva, non parliamo poi di tutto il resto- e l' ho visto.
Quindi, dicevamo: avete presente Tre metri sopra il cielo? Quando lui la benda e la porta al castello dove fanno l' amore la prima volta?
Ecco, io ero bendata così.
Viaggio in macchina di dieci minuti durante i quali sentivo Antonella lamentarsi perchè forse aveva sbagliato strada (e il forse mi preoccupava più della strada sbagliata) e siamo arrivati.
Scendiamo dalla macchina.
Sento il rumore di un cancello che si apre.
"Adesso sbendati".
Mi sbendo.
Davanti a me il Palalgeco. Cioè, ma il Palalgeco vero, non, che ne so, una puntata di Ginnaste dove fanno vedere il Palalgeco.
Per chi non sa cosa sia il Palalgeco, beh, è un posto figo, altro che Hollywood di Milano. È la palestra che hanno costruito per Vanessa Ferrari, dopo che ha vinto il Mondiale (qui per saperne di più). Ci si allena Vanessa, ma non solo perchè ci fanno anche i collegiali della nazionale e poi è la sede della Brixia Brescia, che è la società più vincente che abbiamo in Italia.
A momenti svengo. Perché, sapete, a me piacciono le gare, mi piace l' adrenalina, ma ho un amore pazzesco per gli allenamenti. Non c' è un motivo, ma potrei stare ore a guardare gli allenamenti.


"Andiamo a vedere chi c'è dentro".
Qui va aperta una parentesi: Silvia, di cui ho tanto parlato, era da giorni che diceva che il sabato è il giorno libero dagli allenamenti. Io ero sempre stata convinta fosse la domenica, ma siccome come dicevo non sono tanto sveglia, ho pensato di essermi sbagliata.
Poi hanno aggiunto il carico da novanta: "Enrico (Casella, il direttore tecnico della nazionale) il sabato mattina va in bici".
Con queste premesse, chi vuoi trovare? Io intanto, tanto mi ero commossa ed emozionata che piangevo come una fontana e non mi ero accorta che forse c' era qualcosa che non sapevo.
Siamo entrate e abbiamo trovato Folco Donati, che è appunto il presidente della Brixia e che, ehm, lui lo sapeva che saremmo arrivate. Allora ho capito.
Insomma, per giorni, mi hanno tenuto all' oscuro di tutto, mentre organizzavano la super sorpresa. La potente macchina della ginnastica si è mossa per farmi felice, insomma.
Ok forse sono un pò megalomane, ma ero e sono felice.
E quindi ci siamo godute gli allenamenti.
Io ero particolarmente contenta perché c'era Giorgia Campana -che non è così scontato che sia lì visto che è romana- che è una ginnasta che mi piace moltissimo.
E poi c'era Vanessa che ormai, lo so, vi ho talmente rotto le scatole con lei che state pensando di farmi internate al centro di igiene mentale.
Non me ne voglia nessuno, ma vedere Vanessa allenarsi è una cosa bella. Mi hanno detto che non ama essere osservata mentre si allena, per cui mi scuso, ma non ho potuto fare a meno di osservarti, Vanessa. Perché sarà anche piccolina, ma è uno spettacolo per gli occhi. Cioè, io ero morta di sonno, stravolta dalle ore piccole (fatte a lavoro, che pensate?) e dai 100 km di guida sotto la pioggia per andare a Brescia e lei era lì, di sabato mattina, a fare cose che boh, io mi chiedo come faccia.
L' avevo vista tante volte in gara dal vivo, ma ti trasmette quel non so che anche quando di allena.
Poi l'allenamento è finito e quindi, col dolore nel cuore, siamo andate via.
Io ci ho provato a imboscarmi in bagno, sotto a un materassino o da qualche altra parte, ma niente. Ora di pranzo, tutti a mangiare.
E quindi, che dire?
Mi hanno fatto un video in cui, appena sbendata, piango. Ma piango sul serio, eh. Non so come ho fatto a non infartare.
Non so com'è possibile che il sia ancora viva, ma visto che sono viva colgo l' occasione per dirvi grazie.
Grazie ad Antonella che mi ha fatto un regalo enorme, molto più enorme di quanto immagini.
Grazie a Folco Donati che mi ha aperto le porte di casa sua con una gentilezza e una disponibilità che vi assicuro non sono facili da trovare.
Grazie a Silvia che è stata una complice perfetta, visto che non ho capito un tubo.
Grazie anche a Enrico Casella che, ecco, nonostante le cagate che tira fuori la mia bocca -tipo "ma non eri più grasso?"- l' ha presa a ridere ed è stato super gentile.
Grazie a tutti voi che mi volete bene, che, nonostante io lo so che è una follia, mi venite dietro e mi appoggiate in questa follia.
Grazie perché magari a volte non può essere vero, ma stavolta lo è eccome.


N.b. Lo so che non è Mercoledì, ma non potevo aspettare per raccontarvi questa cosa.
Il post non ha foro volutamente:perchè alcune emozioni non possono stare in una foto. Su Facebook, se siete bravi a cercare, trovate il video delle mie lacrime.
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venerdì 22 maggio 2015

Benvenuto disordine!

Sono una persona ordinata, molto ordinata!
Casa nostra, a Roma, è ordinata in modo maniacale: tutto al suo posto, armadi suddivisi per colore, tutto perfettamente piegato.
Se vedo un vestito abbandonato nel servo muto devo piegarlo.
Le scarpe vanno riposte, abbiamo una gigante cabina armadio solo per quelle e i giubbotti.
Piatti sporchi abbandonati in cucina non ce ne sono: Fidanzato è ossessionato dalla caffettiera e, mentre il caffè fa ancora blub blub blub, lui ha già lavato la caffettiera.
La polvere, a casa nostra, non esiste: ogni mattina si passa l'aspirapolvere e si spolvera.
Si lo so che detta così sembriamo due maniaci, ma giuro che non lo siamo.
Sarà che per avere una casa come la volevamo ci abbiamo messo anni (e soldi, ma questo è un dettaglio secondario), ma è sempre stato tutto perfetto.

E poi sono venuta a Milano. Bentornata adolescenza! Bentornato caos!
Perché mai i vestiti devono stare piegati dentro l'armadio se possono stare tranquillamente sulla sedia, sul letto, sui mobili?
L'unica cosa che è rimasta uguale è la mancanza di polvere: tutto pulito, lindo e pinto, anche se casa mia da su una piazza super trafficata, quindi appena si apre la finestra, entra una quantità di polvere che credo sia al limite della legalità.
E' che io sono creativa e, si sa, il disordine stimola la creatività.
L'unica cosa su cui continuo a non transigere è il letto: se non è rifatto potrei diventare scema. SCEMA. Ma scema seriamente, eh.
Poi, una volta rifatto, è pronto a ospitare i miei vestiti.
E poi i vestiti sparsi mi fanno sentire bene. Almeno a tempo determinato, così come la mia permanenza qui a Milano.


Un periodo limitato di tempo, in cui le regole contano poco, fatto salvo per quelle che ci sono a lavoro (e vi assicuro che ce ne sono tante).
Sarebbe contenta mia madre che, da sempre, continua a ripetermi:"Tu sei disordinata dentro!".
Io? Ma no dai. Al massimo sono bipolare.
E poi, pare che si viva benissimo pure se c'è un pò di caos intorno a noi.

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giovedì 21 maggio 2015

Ciao Tania

Solitamente non parlo mai di tragedie.
Ho sempre creduto di non avere il diritto di entrare nel dolore delle persone che restano e che potrebbero leggere le mie parole, pensando magari "Ma questa qui che vuole?".
Ma stavolta è diverso.

Qualche tempo fa avevo parlato dei problemi dei dipendenti di Almaviva. Problemi che, ad un certo punto, si erano risolti, facendo tirare un respiro di sollievo, non so se temporaneo o definitivo, a tutti quei ragazzi, che in parte conosco, che lavorano lì, alla sede di Palermo, che in fondo resta pur sempre la mia città, quella dove ci sono gli affetti più importanti.
Ho sposato, seppur da lontano la causa di questi ragazzi, l'ho seguita ed ero davvero contenta quando la bufera è passata.

La sede di questo call center è in una bella zona, quella che io trovo che sia la zona più bella di Palermo: è in una traversa di Via Libertà che cavolo se è una bella via. Ogni volta che torno a Palermo, la passeggiata in Via Libertà è d'obbligo, mi piace camminare in quell'enorme viale alberato pieno di negozi chic.
Non ho mai pensato potesse essere una via pericolosa, l'ho sempre vista molto trafficata, anche la sera e non avevo mai sentito di incidenti mortali lì. Probabilmente la mia è stata una disattenzione perchè ho scoperto che, in realtà, di incidenti ce ne sono stati.

Domenica scorsa una ragazza della mia età, Tania Valguarnera, ha perso la vita.
Stava attraversando la strada, era praticamente arrivata al lavoro e un pirata l'ha travolta e uccisa.
Il pirata si è fermato poco più avanti e, quando ha capito che era successo, è salito in macchina e ciao, se n'è andato. Parlava al telefono e forse era drogato.
I colleghi di questa ragazza hanno visto tutto dalla finestra -erano affacciati perché c'era stato un momentaneo black out e non potevano lavorare- e hanno chiamato la polizia.
L'uomo è stato fermato. Arrestato. E' venuto inevitabile chiedersi tra quanto sarà libero, visto che siamo in Italia e in Italia, si sa, non è detto che se ammazzi qualcuno pagherai per quello che hai fatto.


Questa ragazza doveva sposarsi a Settembre. era già tutto pronto.
Immagino il dolore del fidanzato. Non li conosco, non so niente di loro, ma quella è l'età dei progetti, dei sogni, dello sguardo al futuro con un misto di paura ed eccitazione.
Chissà quante volte questi due ragazzi avevano parlato di come immaginavano il loro matrimonio, la loro vita insieme da sposati e tutte quelle cose di cui è normale parlare quando non hai nemmeno trent'anni.
A trent'anni non pensi di poter morire da un momento all'altro. Non pensi che mentre stai andando a lavoro, una domenica mattina come tante altre, potresti morire.
E dall'altra, i tuoi familiari non pensano di poter ricevere una telefonata che dice "Pronto siete i familiari di questa ragazza? Venite subito!". Telefonate che non si vorrebbero mai ricevere.
Telefonate che non si dovrebbero ricevere.


Ho letto che il fidanzato ha voluto farle indossare l'abito bianco che lei stessa aveva scelto e la fede per darle l'ultimo saluto. E' una cosa che ho trovato, seppur nella tragicità delle cose, molto bella: la dimostrazione di un legame molto forte che un povero cretino ha spezzato. Così. Perché era al telefono, forse era drogato, ma si è messo lo stesso alla guida tanto cosa vuoi che succeda. E invece non va sempre così, non sempre non succede nulla. A volte ad un'azione corrisponde una reazione: in questo caso l'azione è guido in condizioni folli e la reazione è uccido una ragazza, con tanti sogni e progetti.

Al fidanzato di Tania e alla sua famiglia vorrei dire coraggio, fatevi forza, stringetevi in questo momento tremendo, ma in certi casi le parole non servono a nulla. Probabilmente sanno già che devono stringersi e farsi coraggio, ma non è facile.
I colleghi di Almaviva hanno organizzato un sit-in per chiedere che, in quel punto di strada dove è stata uccisa Tania, venga messo un semaforo pedonale, onde evitare che in futuro succeda ancora una cosa del genere.
I ragazzi di Almaviva hanno la mia stima perché sono capaci di unirsi e protestare insieme, di lottare per avere qualcosa, di stringersi quando c'è bisogno di farlo. E mi auguro che riescano ad ottenere anche questo: non servirà a portare indietro Tania, lo so. Ma magari servirà in futuro.
Questi ragazzi sono quelli che hanno chiesto all'azienda di poter contribuire, di poter aiutare in qualche modo la famiglia. E stanno riuscendo a fare anche questo: Almaviva ha diffuso una circolare, visto che i ragazzi volevano poter dare una mano, per permettere a chi lo volesse di donare un'ora della propria retribuzione alla famiglia.
Sarà un piccolo gesto, ma a me sembra grandissimo.


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mercoledì 20 maggio 2015

Effetto Farfalla: spoilerare che passione!!

19 Ottobre 2006.
Comincia con il racconto di cosa accadde quel giorno, il libro di Vanessa Ferrari, Effetto Farfalla.
É una data che io -e non credo di essere l'unica- ho ben impressa nella mia mente.
La prima volta non si scorda mai: il 19 Ottobre 2006 è il giorno in cui, per la prima volta nella storia, una ginnasta italiana salì sul tetto del mondo. Ad oggi, quella prima volta è anche rimasta l'unica.
Vanessa aveva quindici anni ed era una ragazzina.
A quindici anni siamo tutti dei ragazzini, abbiamo voglia di divertirci, di uscire con le amiche, di fare qualche cavolata, di innamorarci, di piangere per il primo amore. Ma non per tutti è così: c'è chi a quindici anni diventa campione del mondo.
E non sempre è facile: perché se sei un campione, nessuno accetterà mai che un giorno potresti non esserlo più, anche solo temporaneamente.


Lo ammetto: ci sono delle cose, in questo libro che mi hanno colpito particolarmente.
La gestione della dieta di queste piccole atlete è quella che mi ha colpito di più: Io ero piccola, non mangiavo granchè già di mio, però ricordo di aver sofferto la fame. Così dice Vanessa
Io comprendo che la forma fisica sia importante -so che non ci crederete mai, ma ebbene si, anche io ho fatto sport e lo so bene- ma affamare delle ragazzine mi pare troppo.
Io avrei girato i tacchi e me ne sarei andata:”Ciao, vado a prendermi un gelato con tripla panna, è stato bello”. Vanessa ha resistito. Credo che si possa resistere a tutto, ma non alla fame.
In fondo, bisogna essere campioni anche in quello, bisogna avere una forza di volontà enorme. ENORME.
E difatti, puntuali come un orologio svizzero, sono arrivati i problemi alimentari.
È  la parte del libro che mi ha colpito di più. C'è stato un periodo in cui Vany era visibilmente fuori forma. Io non sono un genio, ma si vedeva. Se però mi avessero chiesto (che poi, chissà perchèéavrebbero dovuto chiederlo proprio a me?) che parte della causa erano dei problemi alimentari, non lo avrei mai detto.
Era il periodo dei problemi fisici, quello in cui Vanessa la davano per finita.
I problemi fisici in effetti c'erano, ma c'erano anche questi disordini alimentari. C'è voluto parecchio tempo per risolverli.
Sapete, a me leggere questa cosa mi ha un po' turbata: le pesate collettive, le perquisizioni in camera per vedere se c'era del cibo che non doveva esserci non sono una cosa che fa bene a delle ragazzine, secondo me.
Tutto questo mi fa pensare a quanto deve essere difficile la vita di un campione, soprattutto in uno sport dove se non vinci nessuno parla di te.
Ti puoi allenare ore e ore, fare mille sacrifici, ma a nessuno interesserà davvero di te come persona.
Si interesseranno a te esclusivamente come atleta se vinci, se no ciao. Nessuno ti considera.
La fortuna di Vanessa è che lei voleva vincere. E sapeva di poterlo fare.
Arrogante dirà qualcuno. Mentalità vincente dico io.
Perchè puoi avere un talento naturale, ma se non hai voglia di vincere, non vinci.
Se non hai voglia di fare le cose in grande, stai pur certo che non le farai.
Avevo fatto tutti quei sacrifici? Dopotutto valevano la pena se il risultato era così clamoroso.
E' vero, valevano la pena.
Io sono sicura che diventerò fortissima.
E infatti, Vanessa, lo sei diventata. Anzi, diciamo pure che lo sei ancora.
Non protestai, non dissi nulla. Obbedii e basta.
Obbedire. A 15 anni vuoi fare tutto tranne che obbedire, vuoi ribellarti, vuoi mandare tutti a quel paese.
Non se sei una ginnasta fortissima, a quanto pare.
E io il motivo lo capisco, ma non lo condivido.
Forse sarebbe stato diverso se a queste ragazzine fosse lasciata un po' più di libertà. Poca, eh. Quel poco che basta per farle sentire delle ragazzine come (quasi) tutte le altre.
Col senno di poi ovviamente non si va da nessuna parte, ma mai dire mai.
Vincere un Mondiale per me significa essere una star.
Per qualcun altro significa non poter mangiare una torta con la panna e sentirsi a disagio quando ti fermano per strada per chiederti un autografo.
Io sta storia degli autografi non l'ho mai capita: cosa ve ne fate degli autografi?
Io incontro un campione, di qualsiasi disciplina, mentre passeggia per le vie di Milano e gli chiedo l'autografo. Perchè? Tanto lui non si ricorderà comunque di me e, a meno che non ho intenzione tra vent'anni di rivendermi l'autografo che magari nel frattempo vale pure qualcosa, del suo autografo di fatto non me ne faccio nulla.
A parte averlo molestato mentre magari stava discutendo con il fidanzato o con la mamma o con il fratello. O mentre stava facendo shopping e, si sa, lo shopping non va disturbato e interrotto per nessun motivo il modo.
Il libro racconta anche dell'Olimpiade di Pechino, una spedizione disastrosa per la ginnastica artistica femminile. Col senno di poi, non sarebbe potuta andare diversamente.
Vanessa aveva avuto dei problemi fisici ed era fuori forma. Non era l'unica in squadra ad essere fuori forma, ma su di lei le aspettative erano molto alte.
Comprensibile che fosse così: e quando ci ricapita una ginnasta così forte?
Troppa pressione addosso a questa piccola ginnasta ed è da lì che i problemi alimentari vengono fuori in modo dirompente. Oltre ai problemi fisici ovviamente.
Forse, in quel periodo, Vanessa andava preservata un po' di più, forse andava capita.
Ma quello che vale più di tutto è che alla fine, Vanessa è tornata a splendere.
I problemi alimentari sono stati risolti -non in un giorno, non senza l'aiuto di qualcuno di competente, ma comunque risolti. Ed è tornata a vincere.
Forse non quanto vinceva a 15 anni, ma ho come l'impressione che queste medaglie conquistate da donna abbiano un enorme valore, significano qualcosa tipo “Ehi, voi, finita a chi? Provate a dirlo ancora!”
A me questo libro fa pensare a una Vanessa consapevole delle sue capacità -passate, presenti e future- che si è rotta le scatole di passare per arrogante solo perchè sa di vincere perchè è capace di farlo.
E comunque, Mondiale o no, nemmeno io avrei dato il numero di telefono a Mario Balotelli.
Resta un ultima cosa da fare prima dell'inizio di una vita nuova per Vanessa: Rio de Janeiro.
Ce la farà? Io dico di si.

Il libro comunque a me è piaciuto. È una biografia e come tale va presa. 
Sicuramente dentro non c'è tutto quello che è successo nella vita di Vanessa, ma c'è quel tanto che basta per fare vedere cosa c'è dietro, a volte, la vita di uno sportivo vincente.
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domenica 17 maggio 2015

Da grande voglio fare la giornalista #2

Ieri non ci avevo pensato.
È un capitolo della mia vita che avevo rimosso.
E poco importa se me l'avevano ricordato poco tempo fa . Io l'avevo rimosso di nuovo.
Ebbene si, sono stata giornalista. Del giornalino del liceo per essere precisi.
Quando andavo a scuola, a me piaceva studiare.
Mi piaceva un pò meno recarmi fisicamente a scuola, la mattina presto per giunta, ma ero comunque uno che non faceva assenze e che tutto sommato la scuola la sopportava.
La mia scuola era una scuoletta, intesa non come una scuola di serie B, ma come una scuola piccola dove, bene o male, ci conoscevamo tutti.


Ad un certo punto, abbiamo avuto la brillante idea di fondare un giornale della scuola. Correva l'anno 2003.
Aveva un sacco di rubriche fighe e ce le eravamo divise: c'erano  rubriche che parlava di sport, di pettegolezzi, di musica, di film e sicuramente di qualcos'altro che adesso, a distanza di dodici anno ho rimosso.
Riunione di redazione, sapere per conoscersi bene, poi ognuno ha scritto il proprio pezzo e siamo passati alla fase impaginazione e stampa.
Orgogliosissimi del nostro lavoro, abbiamo distribuito le copie che sono state molto apprezzate da tutti, soprattutto dai professori e dal preside il consiglio dei professori riuniti, il preside, il WWF, i vigili del fuoco e la polizia penitenziaria hanno ordinato di ritirare immediatamente perché, ecco, diciamo che non avevano gradito la rubrica dei pettegolezzi.

Ma guarda te: studenti volenterosi (vi assicuro che in quella redazione improvvisata c'erano delle belle teste, gente che comunque adesso non è in giro per le strade a spacciare cocaina, ma anzi di strada ne ha fatta) creano giornalino e loro che fanno? Censurano.
E non solo censurano, ma vietano anche qualsiasi altra uscita del giornalino, il ritiro immediato di tutte le copie (roba che nel frattempo erano arrivate pure alle scuole vicine e ce le siamo dovute fare ridare).
Fine ingloriosa del giornalino della scuola e, inconsciamente, anche della mia carriera di giornalista. Sarà stato per quello.
E se vi state chiedendo come faccio ad essere in possesso della copertina se tutte le copie sono state ritirate... Beh, evidentemente non sono state ritirare tutte.
Evidentemente ce n'è ancora una giro. Toccherebbe fotocopiarla e distribuirla davanti la scuola. Chissà come la prenderebbero.
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sabato 16 maggio 2015

Da grande voglio fare la giornalista

Quando andavo alle elementari e mi chiedevano "Cosa vuoi fare da grande?" io rispondevo che volevo fare la giornalista.
Nella mia mente era tutto chiaro: avrei fatto la giornalista, quella che andava in giro a intervistare la gente, magari in situazioni particolari. L'inviata, insomma.
Alle elementari feci anche un cartellone gigante (ma si fanno ancora i cartelloni a scuola?) in cui illustravo la mia futura professione. Avevo anche fatto un autoritratto con tanto di coda di cavallo rosso fuoco e microfono in mano.


Difatti, a diciotto anni, fresca fresca di diploma, feci i test di ammissione alla facoltà di giornalismo -tra l'altro in compagnia di una mia carissima amica- oltre a quelli per il Dams.

Abbastanza ovviamente, mi iscrissi a giornalismo. Sono durata una settimana. Poi ho deciso che proprio giornalismo non mi piaceva, era meglio il Dams, curriculum Spettacolo.
Dopo il primo esame, Storia del Teatro e dello Spettacolo -un mattone clamoroso, con un unico testo di 1052 pagine che per leggere serviva la lente d'ingrandimento e tanto sangue freddo, visto che era tutto incentrato su una teoria fallo centrica- non volevo fare più la giornalista, ma la critica teatrale.
Poi ho dato il mio primo esame di Cinema e ho deciso che volevo fare la critica cinematografica.
Poi ancora ho dato altri quaranta esami di cinema -tutti diversi, eh- e di cinema non volevo più saperne. Ho studiato le pippe mentali di migliaia di tizi che si alzavano la mattina, si inventavano una teoria folle su un puntino visto per caso su un film e ciao: libri, libretti, libroni su quel puntino.
Uno dei peggiori -che in realtà era un filosofo e non un critico cinematografico- si chiama Gilles Deleuze. Se avete istinti suicidi -ma anche se non li avete perchè potrebbero venirvi- non leggete mai L'immagine tempo e L'immagine movimento. Un giorno mi ringrazierete.
Finita l'università, volevo fare la costumista. L'ho pure fatto per un po' e devo dire che non mi riusciva male. E poi mi divertivo.
Insomma, ho cambiato idea parecchie volte e alla fine sono finita a fare un lavoro che non sapevo nemmeno che esistesse.

Fidanzato, quando gli chiedevano cosa voleva fare da grande, rispondeva che voleva fare il telecronista sportivo. Sportivo è un parolone perché lui voleva fare il telecronista di calcio.
Difatti pure lui fa un lavoro che non sapeva nemmeno che esistesse.
E poi, parliamoci chiaro: se fosse diventato telecronista altro che sciabolata morbida e mucchio selvaggio di Sandro Piccinini. Non ho mai conosciuto una persona così molesta quando guarda le partite di calcio. Roba che se il televisore avesse facoltà decisionali, entrerebbe in sciopero a ogni partita. OGNI BENEDETTA PARTITA.
Se avessimo tenuto fede ai nostri desideri iniziali, io sarei diventata Ilaria D'Amico e lui Fabio Caressa.  Però, a quanto pare, non va sempre come si è immaginato. E, diciamolo pure, meglio così se no non ci saremmo mai conosciuti.

E comunque per la cronaca, i giornalisti non mi fanno troppa simpatia: ho avuto la sfiga l'onore di conoscerne qualcuno e gli avrei volentieri messo le mani al collo. Solo che poi mi sono ricordata che sono una persona estremamente pacifica e ho evitato.


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venerdì 15 maggio 2015

Allergie alimentari: guida alla sopravvivenza.

Allergie alimentari: adesso vanno parecchio di moda, sono praticamente tutti allergici a qualcosa.
Io, però, sono tra i precursori. Allergia alimentare gravissima scoperta nel 2001, a quasi quindici anni, quando nella sala d'aspetto del reparto di allergologia che tuttora mi ha in cura, c'eravamo solo io e un'altra ragazza che stava pure peggio di me.
Quindi dicevo, dall'oggi al domani allergia alimentare gravissima a talmente tanti alimenti che ogni tanto me ne dimentico qualcuno. Vita cambiata, abitudini modificate, rapporti interpersonali messi in serio pericolo.
Perché quando non puoi mangiare (quasi) nulla, la gente semplicemente non ti invita a cena perché ha paura di mandarti all'altro mondo. Oppure pensa che è solo un capriccio, ti dice che quell'alimento non c'è e ti manda davvero all'altro mondo.


Era il 14 Aprile 2001 e non me lo dimenticherò mai.
Corsa all'ospedale: "Signora, lo sa che sua figlia è allergica?"
"Mia figlia non è mai stata allergica a nulla"
Un mese a pasta scondita e poi il duro responso: allergica ad una dozzina di alimenti.
"Ma si può guarire, vero? Esistono le cure, no?"
"Si, Signora nei film, possono solo peggiorare"
E, difatti, cinque anni dopo sono peggiorate.
Io me lo ricordo come se fosse ieri il giorno in cui mia madre mi ha preparato polpette coi piselli, mangiate fino a due giorni prima, e ho avuto lo shock anafilattico più brutto della storia
Mi ricordo le mie medicine che non hanno fatto effetto, mio padre che mi carica in macchina e poi il resto me l'hanno raccontato.
Mi hanno raccontato di come mio padre ha praticamente sfondato la guardiola del pronto soccorso quando gli infermieri gli dicevano di aspettare perché stavano fumando una sigaretta e intanto io ero più di là che di qua. Mi hanno raccontato dei tubi e della faccia deformata. 
Almeno, però, me l'hanno raccontato. E se me lo hanno raccontato vuol dire che mi sono salvata. Quella volta, come tante altre.
Come la volta in cui una gelataia mi ha detto che non c'erano nocciole in quel gelato e invece c'erano, come quella volta in cui per farmi uno scherzo mi hanno riempito di pesca e ho collassato per strada in pieno shock anafilattico o come la volta in cui un pacco di patatine mi ha mandata in ospedale in codice rosso.
Un pò di tempo fa un papà con la figlia allergica mi ha chiesto:" Ma tu, come hai vissuto la tua adolescenza quando andavi in discoteca e c'erano i cocktail con la frutta a cui sei allergica? Sai, sono preoccupato per mia figlia".
La figlia aveva sei anni. E comunque i genitori normali dovrebbero preoccuparsi della droga, mica della frutta.
Ma capisco che vivere con un allergico, se grave, possa provocare ansia. Capisco che sia impegnativo. E quindi vi spiego come sopravvivere.
Ormai per me sono 14 anni e un mese di allergie.
Mi è cambiata la vita? Si, perché so che posso morire. E non è divertente.
E non sono esagerata, eh. 
Mangio una pesca e ciao, muoio. 
E ok che non sono così stupida da mangiare una pesca e suicidarmi, ma provate ad andare al supermercato. Adesso leggete le etichette di una decina di cose a caso: quasi tutte conterranno, ad esempio, frutta secca, alla quale io sono allergica. Il che significa che io di quella roba non posso comprare niente.
Altro che seguire le offerte: ci sono quelle due marche che sai che puoi comprare e compri quelle, se no digiuni.
Diventare allergici gravi a quattordici anni significa vedersi mancare la terra sotto i piedi perché devi smettere di mangiare delle cose che fino al giorno prima hai mangiato e che magari ti piacevano pure.
Io sono allergica alla Nutella, cosa ve lo dico a fare?  
E la terra sotto i piedi manca anche a chi vive con te: a casa mia certi alimenti non sono mai più entrati perchè per me era ed è un problema.
Una volta mia madre comprò delle albicocche e le nascose in bagno -un bagno che io non utilizzavo mai- e annusando annusando -di fronte allo sguardo allibito dei miei genitori- io ho scovato le albicocche e urlato al complotto. Da quella volta, non ho mai più visto alimenti a cui io sono allergica in casa e, quando io non ci sono, visto che vivo lontana, se mio padre mangia, che ne so, una pesca, mia madre disinfetta tutto, persino le maniglie delle porte che potrebbero essere disgraziatamente contaminate.
Da quando vivo con Fidanzato, anche lui ha dovuto rinunciare: è stato un po' uno scegli o me o la pesca. Quando lavoravamo insieme, entrai nella regia dove lavorava lui per caso e lo scovai nascosto a mangiare un'arancia. Non l'ha più fatto. E non chiedetemi perché.
Gli amici, beh, qualcuno non vi chiamerà più perché è oggettivamente noioso cucinare eliminando decine e decine di alimenti e utilizzando padelle e pentole che non sono mai state usate per cucinare gli alimenti proibiti. Qualcun altro invece si farà in quattro per avervi a cena, magari la prima volta vi lascerà digiuni, ma sarà bellissimo perché è commovente quando qualcuno si preoccupa per voi.



I ristoranti scordateveli, almeno all'inizio. Proveranno a uccidervi. Poi prenderete confidenza col problema e imparerete a dire che se non stanno attenti, morirete. Anche lì vi capiterà di restare digiuni - a me è successo più di una volta.
Una volta andai con i miei genitori ad un'inaugurazione: la persona che ci aveva invitati teneva tantissimo alla presenza di mia madre. C'era un rinfresco da paura, pieno di cose buonissime, ma io non potevo mangiare assolutamente nulla. E quando dico nulla, intendo nulla.
Mia madre ringraziò, saluto dicendo che la sua bambina non poteva mangiare nulla e non poteva lasciarmi morire di fame e ce ne andammo. La sua bambina all'epoca aveva diciannove anni.
Arriveranno le crisi. 
Io le ho avute nel periodo compreso tra i 19 e i 21 anni. Semplicemente non mangiavo perché avevo paura di morire.
Mia madre era terrorizzata all'idea di uccidermi dopo l'esperienza delle polpette con i piselli e in casa c'era un clima di terrore. Terrore puro. Il prossimo pasto potrebbe uccidermi.
Pensate a una madre che manda in ospedale la figlia senza volerlo. Pensate ai sensi di colpa.
Mia madre, però, è la migliore mamma del mondo: da quando io non posso più mangiare la Nutella, lei che ne è sempre stata golosissima, non l'ha più mangiata.
Poi il terrore è passato e io mi sono abituata. 
Abituata a non mangiare mai una torta ad una festa di compleanno, abituata a dire sempre sono allergica, abituata al fatto che quando vado ogni anno a fare i controlli non c'è più solo una ragazza, ma è pieno zeppo di gente. E mi dispiace per loro, soprattutto per i bambini, perché prima o poi passeranno le stesse cose che ho passato io.
Mi sono abituata a girare con l'adrenalina che per richiederla ogni volta è una trafila lunghissima, abituata ai controlli con tre infermieri intorno pronti a salvarmi la vita se qualcosa dovesse andare storto durante i test. 
Mi sono abituata anche all'idea che non passeranno. C'è stato un periodo in cui i miei genitori le hanno provate tutte, hanno contattato specialisti su specialisti e siamo incappati anche in quello che io ho ribattezzato lo sciamano perché voleva convincermi che indossando un paio di guanti monouso e non toccando la plastica dura (che poi, cosa è la plastica dura??) sarebbe passato tutto.
Sono seguita bene, da un professore che si ricorda di me ragazzina e mi ha visto diventare donna, che si ricorda i pianti disperati perché io volevo mangiare tutto, che mi ha tenuta giorni in ospedale per cercare di capire perché l'istamina nel mio sangue fosse pazza, perché due alimenti a cui non sono allergica se combinati tra loro mi mandano in shock anafilattico. Gli voglio bene perché mi ha aiutato a imparare a convivere con un problema che forse non è nulla di grave rispetto ad altro, ma che quando ti dicono "occhio che potresti morire" non ti fa vivere bene.
Come mi ha detto lui, sono diventata il miglior medico per me stessa: riconosco una reazione e ne comprendo la gravità. E se gli altri intorno a me si agitano, io -mentre mi si sta chiudendo la gola e l'ossigeno di lì a poco non passerà più- mantengo la calma. E questo è sempre stato un bene perchèécon l'agitazione si perde tempo e il tempo è importantissimo in questi casi. Un secondo in più e sei spacciato.
Quindi, insomma, se avete un amico o un parente allergico sappiate che non è facile, quanto meno per i casi più gravi.
E non ditegli mai "io sono intollerante al cibo x"  o u"n mio amico è intollerante" perché, per immensa fortuna degli intolleranti, non è la stessa cosa.

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lunedì 11 maggio 2015

Il treno

Ho sempre amato il treno, sin dai tempi della Freccia del Sud, un carro bestiame che in venti ore mi portava da Bologna a Palermo, durante gli anni gloriosi della vita da studentessa fuori sede.
Venti ore di treno che, in molti casi, sono diventate trenta perché smontando e rimontando il treno per caricarlo sul traghetto, spesso c' erano degli inconvenienti: caffè e sigaretta del macchinista, birra doppio malto del capotreno, motrice dispersa nelle campagne messinesi e via dicendo.
La Freccia del Sud, da quanto ne so, non esiste più. Ed é un peccato perché io ho fatto un sacco di belle amicizie, alcune delle quali conservo ancora oggi.
Da quando la Freccia del Sud non esiste più e io ho fatto il salto di qualità da studentessa fuori sede a lavoratrice fuori sede, il treno non l' ho preso per anni.


Aereo, nave, via terra (la Salerno-Reggio Calabria, che goduria!), ma non il treno.
Almeno finché nella mia vita non è arrivata Milano a stravolgere tutto: ormai a Casa Italo sono una di famiglia, anzi diciamo pure che presto entrerò tra gli azionisti di Italo.
Stasera ho accompagnato Fidanzato e Cane Gnappo in stazione -dopo dieci giorni milanesi, sono tornati a casa nostra- e mi è preso un po' il magone.
Però ero la più composta.
Mentre una serie di persone continuavano a baciarsi -con tanto di tre metri di lingua che, per carità, io capisco lo slancio emotivo, ma la vostra lingua gigante rosa è uno spettacolo che avrei fatto volentieri a meno di vedere- a piangere, a inseguire il treno che ormai era quasi a Bologna, io mi sono limitata a depositare Cane Gnappo e Fidanzato, assicurarmi che avessero acqua e cibo per affrontare il lungo viaggio (ben tre ore), che avessero soldi, fazzoletti, libretto sanitario del quadrupede e ciao.
Ehm, ciao nel senso che ho atteso che il treno partisse sbracciandomi per salutare Cane Gnappo che chiaramente guardava altro e per mandare baci -casti e puri che, si sa, sono una puritana io- a Fidanzato.
E ora inizia il conto alla rovescia per il prossimo treno.
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